Alfabeta - anno IV - n. 41 - ottobre 1982

Giorgio Agamben OIiagaaggio e la morte. U■ semiurio sai l■ogo del negativo Torino, Einaudi, 1982 pp. 133, lire 15.000 e Vingt ans de pensée allemande•, numero speciale di Critique 413, ottobre 1981, Paris, t: XXXVII, con articoli di H. Gadamer, K.O. Apel, R. Bubner, J. Habermas, D. Henrich, N. Luhmann, O. Marqllard, E. Tugendhat, R. Wiehl, W. lser, H.R. Jauss, G. Kortian Vincent Descombes Le mème el l'aulre Quarante-cinq ans de philosophie française (1933-1978) Paris, Les éd. de Minuit, 1979 11pensiero della Krisis ha rappresentato, per una non più breve stagione, il punto di riferimento della crisi del marxismo in Italia. Lo sfaldamento della teoria marxiana del valore e l'impossibilità di riportarla ad uno schema razionale di pianificazione - che significava, nel contempo, crisi storica della pianificazione e delle formule politiche che ad essa si erano richiamate -determinano la necessità. tipicamente italiana (e cioè imposta dall'alto livello di lotte e di politicizzazione comunque esistente lungo gli anni settanta), di salvare la politica comunista oltre la crisi della teoria comunista. li pensiero della Krisis sembra svolgersi in questo quadro. Sulla crisi della teoria del valore, e cioè del fondamento della razionalità complessiva del sapere rivoluzionario. si pone lo sforzo di rifondazione del progetto. Un prometeismo della politica in assenza di una scienza, anzi, in presenza della crisi radicale del suo fondamento. La scienza è perciò del progetto, nella misura stessa nella quale non può più essere scienza del fondamento. Una sorta di acuta schizofrenia coglie cosi la teoria di una parte consistente del comunismo italiano: quanto più la scepsi si approfondisce e va indietro alle origini stesse del pensiero filosofico e politico dell'occidente moderno, tanto più viene svolgendosi una specie di scienza pura della politica. Il fondamento sprofonda nella mistica ad indicare l'assenza di ogni validazione per quella razionalità tecnica cui si accede tuttavia nel disincanto della politica - nel «cinismo• si rappresenta il fantasma della weberiana Buuf politica (talora non si evitano moralistiche inflessioni tratte da quell'antica socratica scuola-come quelle, absit iniuria, rilevabili nel famoso discorso dell'Eliseo). li pessimismo della ragione e l'ottimismo della volontà raggiungevano un paradossale apogeo. C'è da aggiungere che queste traiettorie filosofico-politiche negarono con insistenza, o riconobbero con estrema ~ difficoltà, la matrice tecnica che auten- .s ticamente le sosteneva. Non se ne in- ~ tende la ragione: non per la prima volt>. ta infatti la teoria socialista dell'auto- ..... .... nomia relativa del politico, dello Stato e del diritto avrebbe esplicitamente assunto una dimensione tecnicistica - come ad esempio avvenne a pensatori della statura di Lundstedt, in fecondo contatto con l'irrazionalismo etico della scuola di Upsala negli anni trenta. In mancanza di questo riconoscimento la funzione del «pensiero negativo• rischia chez.nous di risultare misfficatoSull'orldoell'essere ria -: e la mistificazione può godere di disprezzo ed oblio. Il libro di Agamben ha un primo merito storico-critico: ed è quello di afferrare il pensiero della Krisis per i capelli e di sganciarlo dalla mistificazione politica che lo animava. Da questo punto di vista reintroduce il pensiero negativo nella discussione filosofica del nostro tempo, riconsegnandogli la dignità di passaggio critico. Rispetto a che cosa? Rispetto appunto al problema della definizione del fondamento. Ed è qui anche il ,ccondo merito del libro di Agamben: il fatto di attaccare con grande determinazione la posizione stessa del problema del fondamento, e di consegnarne la soluzione non all'ipostasi della Krisis ma alla riscoperta di un nesso dell'essere e della pratica. Agamben muove dalla convinzione che: il luoµn di na,cita ddla filn"nfia Antonio Negri occidentale, la sua ricerca del fondamento ontologico, articolandosi necessariamente alla definizione del linguaggio che lo esprime, sia luogo essenzialmente mistico - la ricerca del fondamento ontologico si aggira infatti fatalmente attorno alla definizione di un dicibile che null'altro può essere se non la ripetizione dell'essere detto. La fondazione si riduce al mezzo di espressione: la fondazione può esserci solo in quanto è detta, ma l'esser detto non ha così fondazione. è pura voce. L'éscamotage del pcn,icro della Krisis è quello di ammettere la crisi del fondamento e di accertare il suo affondare nel pensiero mistico, ma di assumere nel contempo, simultaneamente, la voce e la logica di espressione come intenzioni autonome ed indipendenti dal misticismo del fondamento: sicché la logica del progetto non solo si vuole ,.,_•n1afnndaml~ntoma - ai,;1u1i.1 dccli dei - lo è davvero. Il pensiero del progetto risulta, su queste basi, ineffettuale- esso vive dell'illusione di riprendere la potenza logica di un problema insoluto. Potenza logica, quindi, insussistente. R icostruendo storicamente lo sviluppo del problema del fondamento, ovvero del rapporto fra fondamento ontologico e voce che lo esprime, Agamben taglia due nodi principali: Hegel e Heidegger. In Hegel l'identificazione del problema del fondamento e della dimensione logica della sua espressione è totale. Ma è proprio questa assunzione radicale del problema del fondamento nella dimensione della logica a far esplodere il problema. La circolarità indefinita della soluzione è da Hegel assunta a fondamento. Il cattivo infinito che "i vnrrc:hhc:evitare divic-nl' il • principio. Il fondamento diviene, e non può che essere nella logica, l'infondato. L'insignificanza della voce pretende a fondamento dell'essere - ma la voce è solo una modalità dell'essere e non lo fonda. li circolo ontologico-linguistico non si chiude. Heidegger mostra come questo circolo non si chiude in nessun caso. E a ragione: egli spinge l'intenzion°alità husserliana fino all"identificazione nel tempo dell'essere, e qui il senso (significato) dell'essere può concludere solo alla vanificazione di ogni senso (direzione) dell'essere, alla dichiarazione della completa inessenzialità dell'esistente. Quindi, ad uno statuto ontologico completamente negativo anche per la voce che esprime l'essere. Il tentativo di considerare l'essere, in Hegel, come relazione di tutte le relazioni è vanificato nel riconoscimento che ogni relazione è infondata - il senso della metafisica è dunque il cogliere questa nullità delle relazioni. Heidegger porta paradossalmente a termine, nel nihilismo, il più antico programma sistematico dell'idealismo tedesco, che era consistito nel disegno di riportare il negativo, attraverso la dialettica, nel processo della totalità - come dichiarazione dell'essere e probabilmente, data la connessione fra senso della totalità e senso etico della vita, come idea di autocostituzione etica del mondo. La rete logica che stringe questo progetto è per Heideggerdissolta - e l'eticità ridotta a logica è essa stessa tratta dentro questo processo non di autofondazione ma di autodissoluzione. Invero, sottolinea Agamben, quest'autodissoluzione nihilista dell'essere lascia libera la voce - ma un'altra voce, una voce assoluta, assolta dalla negatività di cui si è fatta portatrice, effettivamente poiesis ora, in quanto essa permane come unica potenza di quest'universo dissolto. La voce si libera dalla genealogia della negatività-prima in una dispera-' ta solitudine, poi tentando di riorgan.izzarsi nel rapporto linguistico, e quindi di riassumere l'esistente nel rapporto etico. È possibile dunque un'assoluzione della voce che la proponga come base di una umana metafisica? È possibile nella misura nella quale la voce non si presenti come logica, a riassumere in sé la metafisica, bensl si presenti come etica e da questa dipani le ragioni dell'essere: solo in questo modo il valore del nihilismo può essere colto. E rovesciato? La voce, dopo essere• stata la chiave della logicizzazione dell'essere ed aver quindi éostituito il terreno della dissoluzione del suo stesso senso, nella costituzione dell'infondatezza del dire il fondamento, - può dunque ora costituirsi in orizzonte di senso? E verso dove? La voce pone comunque il problema dell'etica. Non sono certo di interpretare correttamente Agamben, a questo punto. A me sembra che qui intervenga un terzo autore, mai citato ma presente. s·i tratta di Marx. Di un Mar strappato su, fino al livello della sus~ sunzione reale e cioè all'orizzonte di una completa riduzione dell'essere alla voce, della catena dei rapporti produttivi alla comunità delle relazioni linguistiche. Qui si potrebbe presentare una teoria della voce come voce della coniazione dell'essere. Ma coniare l'essere ha senso solo se la voce è assunta in termini etici: una coniazione logica dell'essere sarebbe semplicemente

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