Alfabeta - anno IV - n. 41 - ottobre 1982

a che tipo di somiglianza si può applicare? Secondo me, a questa: Ai sentimenti di Yoshitomo assomiglia il vento d'autunno». (Non lamentiamoci, perché Bash6 - nella esposizione di questi «sentimenti» - sfoggia una inconsueta prolissità. Mi pare che Barthes avesse trovato, come commentario fatto da un discepolo a una poesia di Bash6, una secca ripetizione ...) Brevi poesie, di una discontinuità che non lascia tracce, gli haiku nascono da una scrittura della seccheua e del denudamento, da una scrittura povera, come tutte le scritture-evento che «spingono la deterritorialiuazione sino al punto in cui non esistono più che intensità», s(no a «condurre lentamente, progressivamente, la lingua nel deserto» 9 : la facoltà di collocarsi naturalmente al di qua della letteratura; per esempio, in quei «racconti di viaggio», nei quali lo haiku ha per molto tempo trovato la propria collocazione naturale. L'uomo dello haiku è un eterno errante: Per strada, la febbre: e tra i miei sogni, pianta disseccata, vado errando ... (Bash6) « Penso anzitutto -scrive Yves Bonnefoy -al nomade che erra da un'erba rara all'altra tra le plaghe di sale e le pietraie del Medio Oriente o delle steppe( ...). Sulle piste del deserto, non c'è nulla che spinga a enumerare o classificare; anzi, tutto induce a una testimonianza di fronte a Dio, assente e ancora accecato - ma già splendente -di quella vita che si sente vegetare nella siccità, la vita chepotrebbe non essere stata, come una unicità fondamentale al di qua delle specie particolari» 10 • Ovviamente, in Giappone non c'è il deserto, ma una proliferazione di erbe selvatiche in primavera. Tutti i vari i difficili nomi delle erbe selvatiche di primavera. Perché «in primavera le erbe si moltiplicano imponendo a chi ha la cura dei nomi - della verbaliuazione di quel mondo, della sua riduzione al 'soggiornare' - il compito di moltiplicare sempre più rapidamente e in modo sempre più sottile i nomi che distinguono le specie: benché ciò che si svela anzitutto, in tale nuova abbondanza, sia la forza che la produce, un avvenimento tanto immediatamente percettibile quanto impossibile da definirsi». Allora lamoltiplicazione delle intensità è un attraversamento della steppa, nasce da una economia della rarità, dell'erba rara. La parola non è più fatta «per differenziarsi quasi all'infinito nelleparole esatte di un intelligibile», si apre «a questo avvento che significa un altro modo di esistere,se non addirittura altri livelli» 11 . Una folgorazione de/l'Aperto nel movimento del sorgere, e i nostri occhi non saranno più, per noi, come accecati, trabocchetti che ne ostacolano il libero slancio... Ancor sempre nel meuo si perde la catena causale,spezzata dalla sua scia: ed ecco, come per disattenzione, il grande sguardo dell'Evento. Per Bash6, uno haiku «èsemplicemente ciò che accade in un certo momento, in un certo luogo». Haiku per dire ciò che accade, ciò che ne è della scarnificazione dell'evento sulla superficie liscia dell'esistere. Come se il compiersi (dell'evento) scambiasse l'incarnazione nelleprofondità delfenso contro il bagliore neutro e impersonale di una vita inorganica, vita i cui «accidenti» (quello che accade) sposano continuamente il tracciato silenzioso del ci nel c'è. Che il divenire si declini nel presente-composto, che il divenire sia la determinazione originaria del comporsi dell'evento con il desiderio di manifestare il proprio assenso a tutto quanto accade... Presso il minimo di declinazione de/l'evento si dispiega la scrittura-clinamen dell'Amor Fati. Per il poco che è possibile dire. 5, 7, 5... Nello iato, «né singolare, né profonda, l'eco si limita a sottolineare la nullità del senso» (Barthes). Haiku, nella instabilità fluida dell'ora, corre la parabola di una linea dell'universo «e l'inchiostro, ora lieve e ora pesante, ricordava i moti de/l'atmosfera satura di umidità» 12 . Alla periferia delle circostanze, arde il presente, nell'arabesco delle cose, ed è una scrittura: rapida, folgorante, fatta di pieni e di vuoti - la scrittura del «bianco che vola». «Che cosa sono le parole?» li vecchio monaco, scoppiando a ridere: «l, 2, 3, 4, 5... » «Cosa significa padroneggiare la via?» gli chiede allora D6gen. «li-mondo-sino-in-fondo non è mai stato nascosto». Era il 1223, da qualche parte vicino al porto di Ching Yan Fu. « Ero un pirata che aveva lasciato affondare la propria nave, un bandito recidivo ... Non ero forse semplicemente vittima di miraggi? No, non erano miraggi. Nulla provava che la città che avevo lasciato e quella a cui tornavo fossero la stessa. Di fatto, tra le due, c'era uno scarto infinitesimale e io non avevo saputo riconoscerlo proprio per la sua piccolezza. Anche uno scarto infinitesimale era importante». Abe Kobo, Le pian déchiqueté E nuovamente mi mostrò il cammino, strade polverose, la via troppo bianca confusa con il cielo lattiginoso, il cielo bianco... dove sembrava finire la strada: una coltre grigia e silenziosa - ero immerso sino all'osso nei rumori ma non sentivo Nulla -solo certe torri (la polvere dei grattacieli coincide con l'ingresso della capitale nell'era informatica, 1968), rocce isolate, arcate di una immensità opaca e schiacci'!nte. Per terra, ovunque, disegni lasciati dai copertoni dei camion. Magma suburbano, lunghi nastri di luce tra enormi palazzi per uffici cheproliferano secondo l'estro dei grandi capitali che dominano la città (il più be/l'esempio al mondo di integrazione del settore fondiario per opera dei capitali industriali) - « Eh Shinji, Tokyo ti sembra bella, come città?» -e il mare tempestoso di colline di ogni dimensione e la singolarizzazione formale degli iso/011ipersi nel labirinto della struttura urbana, come le nervalllre di una foglia. Colline e isolotti che non sventrano l'universo di case basse attorcigliate tra i blocchi di cemento; sopravvivenze dell'età in cui ancora ci si spostava a piedi. li giardino secco giapponese, e al tempo stesso il territorio urbano. - « È la più bella del Giappone. Come un deserto, immenso, con tutto quello che vi si può fare ... » -più cheunacillà, un caos di rocce, le stradine di terra ba/Iuta al modo in cui del muschio un po' sporco saliva sino a portare il suo umido regn.osu dal muro alla pavimentazione di cemento. !'reda notturna dei martelli pneumatici. li tempio buddista-futurista di Reiyukai, con il pavimento pulito come uno specchio riflette un ribollire di flash argentei. Nel 1227 tornò a mani vuote, senza portare come i predecessori nuovi sutra q riti o immagini sacre: tornò in Giappone - «No, per me, è piullosto un ... un campo di rovine» - capire con un'occhiata la funzione Tokyo-is-an-ugly-town ... (Nel 1880 lo Stato cedeva a Mitsubishi il terreno militare di Marunoushi) né giorno né notte, in cillà sotterranee collegate tra loro e accentrate su stazioni proliferanti, la nebbia fotochimica - «/ neon, le autostrade, è una allucinazione, lo credo davvero, perché tutto è rovine». - Centri Vuoti, destinati dalle sta• zioni a una traslazione generaliuata, tornarono a Ginza con una traielloria di neon spasmodici: i mezzi di trasporto mostrano come proprio l'incompiutezza sia desiderabile: segni vuoti come tracce di rastrello sulla sabbia, ci fanno abitare la ci/là-senza-difese. L'occhio è libero, i zengakuren stanno per ballersi. Allora la Tokyo della notte si proieua su uno schermo (con 14.715 abitanti per chilometro quadrato - cioè chi ancora abita le case di famiglia, esistenti da tempo, diventa un mezzo di controllo. Vietata nel 1945, l'Armata.rossa dei cartelli stradali). - «Trovo che sia straordinaria, ho voglia di entrarci, ma proprio allora mi accorgo che è una immagine proiettata su uno schermo bianco... » - È una storia che penetra nei buddha mostruosi. Non c'è una lacca della velocità? Nella accettazione determinata, lo spazio del capitalismo di organizzazione in continua creazione, globale, e il mondo-sino-in-fondo sono la superficie di un quadro. And the voice said this is the end, l'Oriente mitico ora non la distoglie più dalla sua interiorità. (Non abitate nella capitale e nelle città. Vivete semplicemente nelle montagne lontane o nelle vallate isolate e). « È la detokyoiuazione!» aveva ironizzato Shinji - tranne alcuni territori appartenenti allo Stato: la Stazione, le Poste Centrali, ecc. Mitsui, la base è un po' più a nord. (In due, i gruppi Mitsubishi e Mitsui possiedono quasi per intero il Centro degli affari), un tempo ama lungo tulle le coste, pescose di alghe o di perle: sono scomparse, o sono divenute, per ultime. « Vuoi dire la denipponizzazione!» aveva rellificato la Tondeuse (davanti ai miei occhi il deserto ... Shuji Terayama). Megalopoli non è più popolata da residenti, ora è al/raversata da passant~ viaggiatori e passeggeri; la città come scia, come siderazione aleatoria di una straordinaria cinetica lanciata a/l'inseguimento del flusso umano: nebulosa; che l'architettonica svanisca con i contorni della cillà, a vantaggio di una logistica dell'accumulazione pura, cheproceda per contiguità e avvolgimenti successivi; e la velocità acquisita dal passeggero - velocità passeggera - per tenere insieme tutti i possibili architettonici, esemplare quartiere dei piaceri nel quale le case di appuntamento, con uno stile azzurro da moschea, accostano castelli medioevali e costruzioni 'jet'. Un quartiere kitsch. Megalopoli gira attorno a un lago nero, centro vuoto i cui specchi d'acqua occultano allo sguardo l'abitante sacro, un imperatore che non si vede mai, residente anonimo di un tempo immobile. Nominabile e innominabile: affinché la ciuà cominci a esistere? Benché trenta raggi convergano al centro è il vuoto mediano che fa avanzare il carro. (Lao Tse) È sicuramente la ruota che permeue la rivoluzione dei trasporti, l'economia politica della velocità e della megapolizia della strada - ma è anche la velocità Zen, la linea di transizione assoluta... del Vuoto (vide) come nuova Velocità (vite) 13• Epilogo. In occidente vi si è voluta riconoscere l'eco lontana dell'urbanismo barocco che ambiva ad assicurarsi un unico punto di vista, lo sguardo del potere e l'efficacia della sua irradiazione muovendo dal vuoto mediano•~ « Qui l'architeuura interviene efficacemente con le proprie linee razionali, introducendo l'ordine, la regolarità, la simmetria, souoponendo gli oggetti naturali stessi a una elaborazione architellonica». Hegel scrive questo non d,!llacittà, ma del giardino di ambiente, non distinguendo l'uomo dall'umano, non distogliendolo dalla sua interiorità. Umano, troppo umano -l'uomo del Centro Pieno sarà sempre e soltanto un bambino destinato a ricadere sui suoi «muri perpendicolari» fatti di alberi tagliati regolarmente, perfe11amenteallineati, e di bossi potati allo stesso modo, che compongono viali regolari, filari di alberi capitozzati e allineati a filo 15• «/ Cinesi hanno solo disprezzo per i giardini europei costruiti in modo simmetrico (...). Dicono che anche un ragazzino che sapesse contare fino a cento potrebbe piantare filari d'alberi in linea retta, gli uni dopo gli altri, a piacere, indefinitamente» ••... «Ma allora, perché la ci11à?Che linea separa il dentro dal fuori, il rombo delle ruote dagli ululati dei lupi?» (Italo Calvino, Le città invisibili). Note (I) R. Banhcs, L'tmpiredessignes, Pario, Aammarion, 19801 , p. IO. (2) Y. Bonncfoy, Du Hoiku, prefazione a Hoiku, Pario, Fayard, 1978, p. XVII. Corsivo mio. (3) Sh6b6gtnz6 t il titolo che il monaco giapponese DOgcn ba dato a un insieme di testi scritti in vari monasteri tra il 1231 e il 1253, anno della sua monc. Sh6b6gtnz6, che significa letteralmente «occbio-ricettacolo-dcglicventi-nella-loro-esattezza», ricostruisce in un centinaio di capitoli il percorso teorico, pratico e poetico di DOgcn, dopo il suo incontro con il maestro Ru-jing, che lo convince a sviluppare la sua deformJU.ione di una cena tradizione (svalutazione della preghiera, delle scritture ... a vantaggio esclusivo della meditazione seduta Czaztnl). Va notato che la filosofia comparata ha voluto fare dell'autore di questo testo (d'una bellezza e di un'illuminazione inaudite ...) un pre- o sub-Hcidcggcr! Per la critica di questa interpretazione, cfr. Nott sur l'lvlntmenl, in DOgcn, Sh6b6genz6, Paris, M. dc la Diff~rcncc, 1980, pp. 133-34. (4) «Non vuoto ... •, nel senso che non si sarebbe in grado di dire se si tratti di uno spazio vuoto. Zeami, in un trattato intitolato Il libro dtUo studio t dtll' tf/ttto visivo dei divtrtissemtnts musicali, ricordava il detto del SbingO: «la materia ~ identica al vuoto, il vuoto ~ identico alla materia>. In una prospettiva più eterodossa, ritornando a Pctcr Handl<c,si potrebbe dire che il vuoto non ~ altro che la «consistenza> dell'incandescente ... (5) Dire del giardino «in• se stesso (si noti quanto una simile espressione sia risibile) ciò che scrive Daniel Cbarlcs cpcr attestare l'utilità dei muschi del Ryoan-jio: Cfr. cGloscs sur le Royan-ji•, Trov,rs,s, nn. 5-6, settembre 1976 (ripreso in Glos,s sur John Cogt, Paris, UGE, 1978, pp. 269-88). (6) DOgen, op. cit., p. 56. (7) Ibid., p. 87. (8) lbid., p. 112. (9) Gillcs Delcuze, Hlix Guattari, Kafka. Ptr uno lttttroturo minor,, Milano, Fcltrinclli, 1975. (10) Yves Bonnefoy, op. cit., p. Xl. {I I) lbid., p. XIV. (12) Nicolc Vandier-Nicolas, An et Sagesse en Chint, Mi Fou (1051J/07), Paris, PUF, 1963, p. 221. (13) Ricordiamo la bella espressione di Paul Virilio, il «vitt commc nouveau vide» («L'~tat d'urgcocc, ou du lieu d'~lcction au Jicu d'ljcction>, Trov,rses, n. 9, novembre 1977). (14) «Proponendo un'ottica•, la geometria proiettiva aprirebbe una prospettiva di Stato. Su questo punto, cfr. Eric Allicz, L' otil tt lo rut, urbonismt baroqut et synopsis mucanrilistt, testo inedito. (15) G.W.F. Hcgcl, Estttico, trad. it. di Nicolao Mcrkcr e Nicola Vaccaro, Torino, Einaudi, 1967, p. 783: «Ma il principio architettonico t realizzato soprattutto nel giardinaggio francese che abitualmente si esercita attiguo a grandi palazzi, pianta alberi rigorosamente allineandoli in grandi viali, li aggiusta con il taglio, forma delle pareli vegetali con le siepi tagliate regolarmente». ( 16) William Tempie, Upon the Gordtn o/ Epicurus, in MisctUoneo Il, London 1690. Citato da L. Mario, «L'cffet Sbarawadgi ou le jardin dc Julic. Notes sur un jardin et un tcxte (Lcttrc Xl, ~mc panie, La Nouvelle Héloisc)», Travuses, nn. 5-6, cit. Diario di lzumi Shikibu Il Diario di [zumi shikibu pone due problemi. In primo luogo, la designazione di «diario» è ingannevole. Certamente, a partire dal Diario di Tosa, passando per il Diario de/l'effimero (Kager6 nikki) e il Diario di Murasaki shikibu, si tratta di un genere che tende al romanzo. Ma, nel nostro caso specifico, si tratta di un romanzo nel senso moderno del termine, benché fondato su un'esperienza reale. li secondo problema è il modulo narrativo: !zumi shik.ibu è designata in terza persona. Proprio questo fatto, insieme ad altre ragioni che fanno dubitare dell'autore, ha reso contestabile l'attribuzione del testo a !zumi shikibu. Per alcuni, esso è stato redatto da Fujiwara no Shunzei (1114-1204), padre di Fujiwara noTeika (il compilatore delle Cento poesie), consultando la raccolta di waka di lzumi shikibu (che contiene un migliaio di poesie, fra cui quelle del diario). La vita di !zumi shikibu ha del leggendario. Nel diario della contemporanea Murasaki shikibu, autrice di Genji monogatari, c'è un suo ritrailo poco lusinghiero. Pur riconoscendone le qualità letterarie (con qualche riserva), Murasaki taccia Izumi shikibu di keshikaranu («sconvenienza»). Non si conoscono le date di nascita e di morte. Figlia di un governatore di provincia, fu moglie di Tachibana Michisada, governatore della provincia di lzumi (da cui il suo nome). Anche la figlia fu poetessa, e madre e figlia sono citate nelle Cento poesie (la figlia di !zumi shikibu muore prima di lei, nel 1025). !zumi shikibu fu istitutrice del principe Tamekata (morto nel 1002). li racconto del diario inizia nella primavera del 1003, quando il fratello di Tamekata, il principe Atsumichi, tenta di sedurla, e termina alla fine dell'anno 1004. Atsumichi mori nel 1007, a ventisette anni. Izumi shikibu ne celebrò la morte con un centinaio di waka. Il primo marito, da cui era separata, mori soltanto nel 1016. Intorno al 1009, !zumi diventò dama d'onore dell'imperatrice Akil<o. Nel 1013, sposò Fujiwara no Yasumasa, che nel 1020 sarà governatore della provincia di Tamba. Tutte le autrici di letteratura «femminile» dei secoli X e XI hanno una biografia di genere analogo. Sono dame d'onore alla corte. Provengono dalla famiglia di un governatore di provincia (zuryo). Appartengono dunque a una classe intermedia fra l'alta aristocrazia e la gente comune. 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