Paragggi iapponesi <Nonguardo con amore a una essen,a orientale. L'Oriente mi t indifferente, mi fornisce solo un reputorio di tratti la cui organiUM.ione, il cui gioco inventato, mi consente di 'lusingare' l'idea di un sistema simbolico inaudito, completamente staccato dal nostro.> R. Barthes, L'empire des signes Q uel paese che chiamiamo Giappone ... è restio a farsi oggetto di dossier, a lasciarsi descrivere come qualcosa di immediato e di cui basti riprodurre l'immagine seguendone i contorni. Anche a voler adottare la via pii'l sbrigativa, < Giappone, terra dei contrasti•, nella quale il miracolo economico convive con l'inesprimibile Zen - accessibile soltanto al mistico,a-colui-che-non-è-espostoalla- tentazione-di-voler-capire- attraverso-una-via-diversa-ciò-che-l'esperienza-mistica- stessa-gli-ha- negato (sic). Quel paese che chiamiamo Giappone ... sarebbe una faccenda di peregrinavone. «La peregrinazione - dirà D0gen 1 - è, per fare un esempio, come la primavera; in primavera, ci sono molti aspetti; è questo che si chiama peregrinazione. Si capisce bene come la peregrinazione si svolga senza mediazione•. Agisce su un campo di immanenza definito da una circolazione di stati senza causa, una ripetizione di affetto senza soggetto, mille germogli che costituiscono un corpo di eventi, corpo collettivo le cui «avventure• sono di ordine infinitesimale. Laggii'l, notava Barthes, accade sempre qualcosa. Questa è una possibile risposta alla domanda «Perché il Giappone?» Per dire molto velocemente TokyoKyoto (Tokyoto: declinare la metropoli sull'infinito del giardino secco), basta ricordarsi che il cammino di un uomo, la corsa di una nuvola, sfidano i punti cardinali e il cammino della linngua. Dai diari di viaggio di Bash0 ( 16441694), l'eterno errante, nei quali si diluisce lo spazio codificato dello haiku, alla macchina di scrittura di O0gen (1200-1253), che pone la linea Zen in uno stato di variazione continua 2 - attraverso l'iscrizione della inaa cura di Eric Alliez deguateua sintattica del cinese e del giapponese nel corpo polisemico del testo3 -, dal romance di !zumi (sec. XI), che autorizza alla terza persona della modernità... all'arborescenza sottile di Miura Bai'en ( 1723-1789), che si connette al modello platonico della tessitura, nella sua volontà di far risuonare cii rapporto dell'uno con il due, cioè della pienezza con la mancanza», a tal punto cè importante vedere l'unità che trascende la differenza,.". La scelta di quest'ultimo testo potrà sembrare ambigua a molti lettori. Il suo argomentare non è forse pii'loccidentale che «orientale•? La sua forma non è forse sottoposta alla triade aristotelica taxis-symmetria-horismenon, per tacere di una sicura pregnanza neoplatonica? Ricordiamo prima di tutto che, quali che possano essere stati i contatti di Miura Baien con la filosofia occidentale, le fonti dirette del suo pensiero si trovano nel Libro delle mutazioni e in un libro di fisica, il Wulixiao-lun. Il che è già sufficiente a dimostrare come sia troppo semplicistico presentare un «Oriente di rizoma e di immanenza» ... Ma non è tutto perché, leggendo la definizione del «principio di ramificazione» (cfr. Lettera a Tago Rokkyb), si passa insensibilmente dalla «meccanica• rami-radici a una idraulica dei canali, che pone, come si sa, problemi tutt'altro che irrilevanti ... E.A. Note ( l) Lo stesso personaggio che amava irridere quanti pretendevano che le parole del venerabile Lin-tsi fossero inconoscibili: «Sfortunatamente, ignorano che ilpensiero non è che parole». Citato da Ryoji Niakamura e René de Ceccatty, «Lire le zen: Sh6b6genz6 de DOgenet les Entretiens de Lin-tsi•, Le Japon, n. 9, aprile-giugno 1981. Li ringrazio qui per il bel lavoro di traduzione e per la preziosa collaborazione; senza di loro questa expeditio non sarebbe stata possibile. 2) Dato che, per ragioni di spazio, non abbiamo potuto riportare estratti nt di BashO nt di DOgen, rimandiamo alle traduzioni francesi: BashO,Jownaur de voyagt, Publications orientalistes de France, 1978; DOgen,Sh6b6gm:6, Paris, td. de la Difftrence, 1980. (3) Ricordiamoci che scrivendo la Sh6b6- < genz6 in giapponese, DOgen cbmpivagià un atto eterodosso rispetto alla ·tradizione del buddismo giapponese, che ve<leva nel cinese la lingua madre. • (4) Cit. da Kisho Kurokawa 'nel saggio clmprécision, ambiguité et zones intermtdiaires». Ispirandosi alle analisi di D. Suzuki e di M. Takahashi, egli rifiuta la qualificazione «dialettica• applicata al pensiero di Miura Baien (cfr. L'AufkliJrung giapponese}, e preferisce farlo derivare dalla scuola buddistica Mahayana della coscienza pura, anche se «non t certo che Miuraabbia.mai studiato questa dottrina» (Architecturt et design, Paris, Èditions du Moniteur, 1981, p. 31). I disegni di Erika Magdalinski non sono né illustrazioni del Giappone. né in 'stile' giapponese. Sono 'linee' grafiche, l'attualizzazione visibile di una certa linea Zen; la loro sccchcua t la stessa di un giardino giapponese. E bisognerebbe guardarle con il medesimo spirito con cui si legge un haiku - uno spirito di superficie e insieme di essenzialità. Luna d'Acqua di DOgen.Occhio Deserto. Di Erika Magdalinski, i cui blocchi visivi fanno intuire una materia-flusso in cui comunicano l'Elementare e il Cosmico. Panai di Eric Alliez «Se vuoi ottenere un effetto giapponese, non fare come i turisti, non partire per Tokyo. Resta invece tranquillamente a casa tua, làsciati assorbire dall'opera di certi artisti giapponesi, e una volta penetrato appieno lo spirito del loro stile, e colto adeguatamente il loro modo immaginativo di vedere le cose, allora va' un pomeriggio a sederti nel Parco o a passeggiare per Piccadilly. Se non riesci a riconoscervi un effetto assolutamente giapponese, non potrai coglierlo in alcun luogo.• Oscar Wilde, The Decay of Lying laggiù, liscio e opaco, in cui le forme si dissolvono per non mostrare più che le minuscole variazioni delle linee turbinose e rigonfie di sabbia (bianca) che serpeggiano attorno a rilievi rocciosi, e ogni loro panico/a sembra proliferare e saturare lo spazio per trasparenza. Con questa libera,ione di una materia anonima che risuona dell'impercettibile, la visione, fuggendo la perce,ione mediatrice di un soggetto e di un oggetto, si t fatta granulare, vibrata - orbitale, direbbe Dbgen: il-mondo-fino-in-fondo e il-vuoto•fino-in-fondo è l'orbita svelata Id-dove-non-c'è-ancora-segno-di-colpo. Il giardino Zen: un movimento caleidoscopico bianco che pone lapercezione di fronte al suo limite analogico, in cui «il silenzio come riposo sonoro sottolinea anche lo stato di movimento assoluto» (Deleuze-Guattari, Mille plateauxJ. dell'infinito (Wou-Men). Un linguaggio alquanto heideggeriano, si dird, come approccio all'Oriente ... Tranne che per l'assenza de/l'essere e del pensiero del presente come parusia, poiché l'evento• Dbgen non caratteriua affatto il rapporto tra essere e tempo (per Heidegger, il tempo altro non era che il problema de/l'essere in quanto posto dall'uomo in una situa,ione affettiva di deie,ione e di angoscia). Laggiù, l'apertura dello spazio non significa (necessariamente, qualcosa come «dissodare, sarchiare»...) l'evento - e l'appropriazione: Ereignis - di un chiarore che precede la luce; in questo senso, il pensiero heideggeriano nasce visibilmente dal «giardinaggio» - ma nel senso tecnico del termine, cioè: modo di sfruttamento delle foreste che consiste nel saper riconoscere gli alberi secchi, malati, nocivi alla buona salute del bosco. Ora, in Oriente, se capita di incontrare degli alberi, sono secchi e senza radici. «Il mare secco, è l'albero secco (...) di cui parlano i buddha eccellenti, è: cercare il mare secco di cui non si vede il fondo» 7 • li giardino dell'Oriente è la steppa: giardino-luce de/- l'Occhio-Deserto, quando la luce è deserto. Nell'orbita dell'oblio, anche l'albero di Buddha diventa rizoma ... Bisognava cominciare bene - sottolineando lo scano rispetto a qualsiasi velleità di scrittura sul Giappone - strana contrada, che mette chi ha « fatto• il viaggio in una posizione difficile: dove I' accostarsi ali'oggetto comincia con la sua perdita. Quel paese che da noi si chiama Giappone altro non sarebbe, per parafrasare Barthes epoi Sollers, che un arbitrario prelievo di tracce e indizi, un modo di intrecci e arabesch~ che reduplica il tracciato insignificante di una ripetizione sen,a memoria, «pugno di mosche» dove compare subito il soffio che attraversa il braccio scarnificato (il soffio t l'osso, dice Zeami nel suo trattato segreto del Nb), e che isola nel flusso della perce,ione fremiti e increspature della superficie sensibile in cui si inventa, con un solo tratto di pennello, un «modo grafico di esistere»: l'effetto giapponese. Il Giappone come effetto, come movenza dell'effetto: divenire (il divenire come «in• sé di Dbgen), t l'arcipelagq del «vuoto della parola che costituisce la scrittura••, e che non colrnerd alcun soggetto, «un'altra specie di intensitd, in cui fiammeggia l'assenza ne/l'esistere libero del senso» '-scrittura bianca e dorata: che l'occhio-ricettacolo-degli-eventi-nella-loro-giusteua (Sh0b0genz0 3 ) e il cuore del lampo del nirvana si trasmettono sen,a contaminazioni, si dice: <l'occhio sfumato, il fiore del vuoto>. Recare il fiore e striuare gli occhi, t il Koan in cui si realizza l'occhio sfumato e il fiore del vuoto. Un precursore: <il fior di loto auu"o si apre nel fuoco». Dbgen completa: «il fiore dell'aria, il fiore della terra, il fiore del mondo, ecc., è la scrittura». Divenir-giardino. cGid non c'era più spazio ma, mentre la prospettiva si perdeva, qualcosa di apeno si dispiegava davanti a lui, levandosi dolce e possente, senza davanti né sfondo, non vuoto", ma consistente e incandescente» (Peter Handke). ~ un piano di natura - di una natura che rinvia a un anificio iperbolico. Iperbolico significa Il ventunesimo buddha emerito Vasubandhu diceva: «Il cuore è come il mondo dell'aria-vuota: espone l'evento dell'aria vuota». Aria-vuota, Koka - è quel che si sottrae alla designazione e àlla limitazione, alla localizzazione. Il giardino non ha spazio proprio, dissolve la memoria stessa del luogo•. Il carattere KO designa al «Sappiate che il vuoto è u,;'erba»... l'erba che esiste solo nella steppa, tra i grandi spazi non coltivati, aperti e vaghi. Nel Ryoan-ji, trasabbie e rocce, l'erba è il muschio. Il muschio non colma il vuoto, lo moltiplica («il vuoto sboccia come se fiorissero migliaia d'erbe» ...) accelerando e combinando i tempi dellaperce,ione intorno a divenire intensivi e aleatori («come vi sono dei fiori del vuoto, cosi vi sono dei tempi della primavera» 8); esso dispiega il tempo nella memoria del luogo figurando un disordine nomade e fluido; lo diffrange come se crescesse in qualche modo in mezzo ai tempi dell'oblio. «Con il muschio -scrive Daniel Char/es -il luogo si dd e consacra all'oblio come forza vitale, come forza del tempo. Questa forza( ...) liquida i simboli( ...) Non c'è un unico vuoto, ve ne sono • molti, e 'il' vuoto della sabbia, o della sabbia e delle rocce, è solo un effetto linguistico, un brusio linguistico che serve a mostrare una 'infinitd di linee di fuga, proprio come i filamènti del muschio mostrano l'incontrollabile». Proprio come la gemmazione mostra - è anche - l'albero secco dell'arrossarsi del dragone. Benché ammassata per far fuoco la sterpaglia prende a gemmare. .,, qui l'oscillare e il distaccarsi, lo <staccarsidal quadro> dello schema -;; spazio-temporale che si astrae da qualsiasi sostanza, da qualsiasi .5 punto di riferimento formale (dove sono? in quale luogo chiamato: g'. ;:r~::a::u:.~/piaggia, dune o montagne, brume e sponde: quan- ; tempo stesso il vuoto e il cielo. «Senza velante svelamento, senza rovescio diritto, è ciò che si chiama il 'largo cielo'. Un uccello vola in questo cielo: t un evento di volo celeste. L'atto stesso del volo celeste non t misurabile. In effetti, poiché il volo celeste è il mondo-sino-infondo, c't volo-celeste-del-mondo-sino-in-fondo( ...). È nel momento in cui il cielo vola che l'uccello vola. È nel momento in cui l'uccello vola che il cielo vola. Per cercare l'espressione del volo, diciamo: è semplicemente nei paraggi. Ecco il rimedio del suolo roccioso. Quale che sia la distanza, è semplicemente nei paraggi» 6 . li Largo Cielo - o lo stato assoluto del movimento come 'paraggi' dell'evento, stormire indefinito del c'è: laggiù. Vedo Temp0rin, il circolo degli eventi; e qui il Ryoan-ji come crea,ione ritmata, peregrinazione del nervo temporale, propaga,ione ritmica. «Non capisco. L'arrossarsi del dragone, che significa?» Il maestro rispose: «Non so che siano le parole. Chi sente l'arrossarsi del dragone si perde». Perdita di conoscenza, vacillaredella coscienza - satori (l'evento Zen): sospensione panica del rimuginamento interiore che istituisce la «persona», appiattimento del lavoro simbolico (e della tensione interpretativa) che segue ogni perce,ione semiotica significante: haiku. Nb-comment. Impossibile parlarne (dello haiku) senza ripeterlo, sen,a far girare a sua volta l'evento, senza declinarlo in un tempo più breve del minimo tempo continuo pensabile. Ecco Basho nell'atto di «commentare» alcuni versi del poeta Moritaké di /sé: :::; L'occhio tende ad appigliarsi a una struttura significante capace di t stabilire rapponi proporzionali - una relazione -, si estenua ad .., isolare figure, discernere contorni, ordinare blocchi (ognuno isola- ~ tamente e ciascuno rispetto all'altro), classificare gli elementi della composil.ione (schiuma, sabbia, ghiaia, rocce), interpretare motivi che fissano la semplice necessitàformale dell'accomodamento, figu- ..... ... rasullo sfondo ... Venigine di traiettoriecieche indefinitamente spezzate e riprese. Sino al flusso di coscienza, diluito in una sono di appiattimento, Si capisce che la peregrinazione avviene senza mediazioni. Perché la peregrinazione t la virtù di ogni tempo, e il turbine esplosivo del luogo (j0-i, j0: abitare, i· /d dove si t) di un evento t precisamente il-tempo-che-c'è. Sul filo della molteplicitd dei tempi dell'oblio, accostarsi a/l'involucro di evento dell'Aria-vuota. Cercare il mare secco di cui non si vede il fondo, e vedere in un istante tutti i tempi «Ciò ché nei suoi versi Moritaké di /sé dice: Al Sire Yoshitomo simile al vento d'autunno
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