Blackout Questa rubrica di Alfabeto è destinata a raccogliere interventi, documenti, informazioni che per varie ragioni (politiche, giuridiche o di mercato) subiscano una forma di silenzio stampa. Alfabeto non per questo condivide necessariamente i contenuti dei testi pubblicati. «Blackout» contiene riflessionie notizie con le quali riteniamo giusto confrontarsi (aldilà delle singole opinioni) e ingiusto mantenere il silenzio. Lettera dei 420 da Rebibbia L'appello e la lettera qui pubblicati ci sono pervenuti da Rebibbia unitamente alle firme di 420 detenuti. Il 24 ouobre 1981, a Viterbo, in un processo ormai famoso, si sono confronrate due linee, due figure. Il tradimento e la dignità umana. L'infamia e la tenace volontà di non abdicare ad alcuni principi etici irrinunciabili. Anche il verdeuo di quella sentenza è noto: 13 anni a/l'infame Viscardi; 17 e 24 anni ad altri due «pentiti minori». L'ergastolo ad un /atitame e ad un «irriducibile» assente al processo. L'ergastolo a chi ha voluto assumersi la propria responsabilità - senza infamare, tr.adire nessuno, senza richiedere un prezzo - ed indicare una strada per il futuro: Roberto Vitelli. Proviamo a dimenticare che quella vicenda sia legata ad w1 fallo di «terrorismo», cogliamone l'essenza che riguarda llllti noi. E allora, lo scrillo, il «documento» che segue, non concerne più il singolo, il suo cretlo politico, la sua ideologia ma i valori che ha espresso. Non è, non vuole essere, un doet,- mento «politico»; è w1 appello alla ragione, alle coscienze. Riguarda tuui noi, detenuti di ogni tipo, l<inostre famiglie, i rapporti solidali che devono esist'erein ogni convivenza civile. Richiede, prima di una firma, una leuura allenta, un interrogare se stessi, un chiarire «da che parte si sta», un convincimento morale profondo. li sottoscriverlo è gesto meditalo, è sGelta,è riapertura, individuale e collelliva, di una «questione morale». Viterbo, 24 ouobre 198/. Unagrave sconfiua giudiziaria, ma, anche, una drammatica sconfiua dello Stato; - questo da una parte. Una villoria della ragione, una villoria morale contro il partito delle varie morti; - questo, dall'altra, la sua contraddiltoria realtà. Sì, l'ergastolo a Roberto Vitelli è tutto questo. I:; soprauuuo punto di non ritorno, neanche di un secondo, al passato. Anzi, è prospeuiva futura. Può sembrare un assurdo paradosso, un giuoco lucido e nello stesso tempo sinistro della fantasia, ma, non è cosi. Questo compagno, questo nostro amico, diventa un simbolo etico e di speranza. La sua condanna giudiziaria può sembrare una sconfilla politica. Dolenti, Signori della guerra, filosofi ae/l'infamia e del terrore: non lo è. Non giudiziaria perché il suo ergastolo dal 24 ottobre diventa problema sociale, colleuivo. Non politica perché contro l'appiauimento tentato dallo Stato di ogni posizione sul «pentitismo», è uscita limpida la distanza che esiste -giuridica e politica - tra la delazione, l'infamia, il pentimento-baratto e la capacità di severa e serena autocritica e criticadi percorso che significa possibilità di guardare, legittimati, al futuro. Equesto nostro amico e compagno è simbolo di questa possibilità,in virtù della forza e dello spessore della sua figura umana: in virtù di una distanza dal terrorismo espressa attraverso un alto morale. Lo Stato con quella sentenza non ha sconfitto il terrorismo. Ha lanciato un boomerang e ha sconfiuo se stesso. Ha giuridicamente decretato di essere asserragliato in un bunker; cultura giacobina del terrore senza le sue giustificazioni storiche. La «sinistra», dal canto suo, attraverso un appoggio senza troppe riserve o dubbi, alla pratica del «pentitismo», ha espresso uno degli aspeui della sua crisi. Caduta dei criteri etici di base nel comportamento politico, filosofia della guerra spinta all'eccesso della distruzione cosciente del comportamento morale (e, di nuovo, giustificata solo da un' effelliva emergenza e dalla sicurezza del risultato, in questo caso del tuuo inesistente, anzi); ma ancora: filosofia del risentimento: la «sinistra» imputa al terrorismo, e indifferentemente, ad ogni fenomeno sociale autonomo, la fine delle sue speranze di governo, l'incapacità di rinsaldarsi alle generazioni successive al '68; e questa perdita secca di consenso va fatta pagare ai «responsabili», - e non importa il modo. Si è passato il segno. Le coscienze non possono essere violentate più che tanto. Il tarlo del dubbio che a salvaguardia della societÌJ siano chiamati i Fioroni, i Viscardi, i Peci, i Barbone, questo manipolo di pazzi, questi mercanti di amici, fratelli. jìaanzate. mogli (tal So/imeno, sconosciuto ai pili, ha mandato in galera la sua fidanzata dalla quale, dopo un paio di mesi avrebbe avuto un figlio);-questo tarlo ha intaccato, con la semenza di Viterbo, milioni di individui. Il tarlo della certezza che è necessario riaprire interamente un discorso che riproponga con forza la «questione morale», che ripristini valori che siano coesivi per la convivenza umana, che consenta - come Roberto, al processo, ha sollecitato nelle coscienze - un obbligato e purificatore ritorno ai Vangeli, questo testo oggi così cristiano e così laico contro l'infamia del «pentiti»; - questo tarlo si è con forza sovrapposto negli animi come speranza attorno alla figura di Roberto Vitelli. Ergastolano, se noi vogliamo, solo delle nostre coscienze. Sarebbe stato più sopportabile, per l'intera società, la plastica facciale e il rifugio a/l'estero per i «pentiti». Almeno sarebbero stati espulsi dal tessuto sociale; ogni nota stridente, con la sordina, diventa più acceuabile. Mai ostracismo sarebbe stato più salutare: per non permettergli, veri identificatori untori di una peste sociale di diffondere ancora il morbo della loro infamia e di mendicare i loro trenta denari. Via! Questo pesante fardello di morte e di ipocrisia, fuori costoro che gli stessi tribuna/i sono stati costreui a definire mentitori costituzionali! Invece c'è chi Ulegittima come moralizzatori e uomiBibliotecag1nob1anco ni pubblici: chiedendo loro pareri, dandogli la possibilità balbeuanre di esprimersi, alla televisione di Stato, su inflazione, disoccupazione, terrorismo. Tra un po' Barbone, l'assassino di Tobagi, verrà chiamato a risolvere il caso del Corriere della Sera. Pentiti: verità di Stato. Di uno Stato che è convinto di risolvere i problemi sociali con i Viscardi ed invece li riproduce e li estende ricorrendo alle galere. Con i processi che non si svolgono mai, le carcerazioni preventive vengono ormai usate come struinento di ricauo e mercato della libertà in cambio di chiamate di correo. Senza verifiche processuali, ogni imputato (politico o comune che sia) viene sollecitato dal giudice a far carcerare, con la sua sola parola, più persone che può (innocenti o colpevoli che siano) perché più ne fa carcerare più può barattare i propri benefici. Così si vanno estendendo a tutti i reati le chiamate di correo fatte per vendeua, con i sentito dire, trasformando per il proprio tornacomo, in associazione a delinquere persino le amicizie, le solidarietà, le parentele. Questo è il frutto del(a legge Cossiga e dell'uso indiscriminato della chiamata di correo, che ha persino distrullo i dirilli degli avvocati difensori sollo il ricauo della loro diretta incriminazione, come è successo in molti casi. Per tutto ciò lo Stato ha tentato di espellere Vitelli e di condannarlo -barbarameme -al silenzio a vita. All'illfl'rno delle istituzioni malate di una Pl cronica, dentro un ceto politico senza progeuualità futura e teso solo alla conservazione di un tragico presente, un vento di dignità, di pulizia, un atteggiamelllo morale, diventano letali. Viscardi invece se lo tiene streuo e lo espone come suo simbolo! Lo espone in Tv con i suoi ipocriti lamenti per la morte del fratello di Peci e lascia che ci informi anche che intende continuare a «collaborare» con la giustizia. Espulso, isolato, occultato, condannato al passato, farà la spia anche ai carabinieri di guardia. Gli è rimasta solo quella possibilità, solo quel ruolo. E non sa, come non lo sanno tanti altri suoi pari, che questo Stato debole e feroce, così come è stato debole e feroce con Aldo Moro, non lo pagherà, così come non è stato capace di pagare i piccoli pentiti del processo di Viterbo. Non li libererà perché già gli anticorpi nel tessuto sociale, contro la loro opaca, ambigua e ripugnante immagine, si stanno riproducendo con grande rapidità. E non serve nemmeno saltare strumentalmente, a/l'ultimo momento, sul carro di una posizione di dignità politica (quando finalmente si è capito, tardi e dopo tanti guasti, l'effeuo positivo, importante, progeuuale di questa) tentando di far viaggiare l'awocritica e l'assunzione delle proprie responsabilità con il «pentitismo»; lapulizia morale da una parte e gli sconti agli infami dall'altra, su due binari paralleli e convergenti. Non signori! Non c'è convergenza né parallelismo, non c'è compatibilità tra comportamenti che sono antagonistici. Sono due comportamenti umani dalle conseguenze politiche alternative. L'uno è speranza, è futuro, è prospettiva di superamento e di uscita dalla guerra e di impegno contro la guerra. L'altro è nuove morti, condanna al passato, proseguimento, sul fronte opposto, della stessa logica. Nelle carceri non si parla di «dissociazione». Difenderla o attaccar/a non ha più senso; il dibattito è spostato radicalmente in avanti, sull'impegno auivo che il suo potenzia/e innovativo ha trasferito nei falli, nei comportamenti di masSa del movimento carcerario, nella volomà di lasciarsi alle spalle un'esperienza consunta e di saldarsi alle speranze che crescono nelle piazze di tutta Europa. Rispello a quella trasformazione in auo, la figura di Roberto Vitelli è oggi emblema di uno spartiacque radicale fra il passato, il presente e il futuro, tra l'infamia e la dignità, tra la continuazione endemica del terrorismo e il suo superamento. Dunque, sul piano del movimento carcerario, l'effe/lo di questo ergastolo è esauamente, da ora, l'opposto di quello cercato con l'intenzione di distruggere ogni comportamento morale; ogni tensione alla speranza, ogni possibilità dignitosa di autocritica e di cambiamento. Per paradosso, la Corte di Viterbo, con la condanna a vita di Roberto Vitelli, rendendo evidenti le proprie intenzioni politiche, favorisce la consapevolezza e la crescita del movimento: ha cioè chiarito, una volta per tutte, la differenza profonda, radicale, fra la costruzione di un esercito di traditori prezzolati e la riapertura di una dia/euica di trasformazione che riguarda un'intera generazione politica. Quella sentenza ha eretto una barriera definitiva fra le due linee, accelerando le scelte di fondo, umane e politiche il gmJJ.de caso 80 imputati 21 detenuti 100 anni di carcerazione preventiva già scontati 2 anni in più ognj mese 100.000 pagine di atti 2 tronconi di inchiesta 2 opposte sentenze Questi alcuni numeri del caso 7 aprile Per far fronte alle spese dell'acquisto degli atti, affinché venga riconosciuco agli imputati il diritto alla difesa che è sempre stato negato, apriamo una Sottoscrizione nazionale rivolgendoci a quanti hanno seguito in questi anni il caso 7 aprile, a quanti oggi chiedono la verifica delle accuse e ritengono che 100 anni di carcerazione, complessivamente già scomati, siano troppi. di ciascuno, obbligando tutti alla chia- Associazione 7 aprile - 21 dicembre rezzo. L'indignazione colleuiva per 103, via Tomacelli, 00186 Roma questa scelta rinsalda solidarietà, fa 1-----C_C_P_._N_._2_3_2_3_S_0_0_S _ _ __, rompere indugi, silenzi, distrugge gli opportunismi. Voler indicare a 3.500 detenuti politici, o a quanti oggi sono in carcere con le accuse più svariate, il tradimento e la delazione come virtù, è un cancro che dilaga nel tessuto sociale costruendo rapporti fondati sulla cultura del sospeuo, del più feroce i11divitlualismo, sulla logica del terrore, incre,,,;•en1andoquella della guerra tra ba11de;contribuendo alla disgregazione sociale e ad ogni rapporto di convivenza. Ma contro questa logica centinaia di migliaia di giovani, in tuua Europa, rifiutano nelle piazze le perverse ragioni di guerra, le sue filosofie, gli equilibri fondati sul ricauo e il terrore, cercano e reclamano nuovi patii di solidarietà fondati sul rispeuo del/'awodeterminazione dei popoli; nel rifiutare la guerra ne rifiwano la filosofia e le degenerazioni morali del tradimento e della vendei/a. Dunque la nuova Europa che sta nascendo nelle piazze, rifiuta la logica di una politica che arriva ad elevare il tradimento e la delazione a virtù nazionale; lottando per la pace loua anche per la vita e quindi rifiuta anche il terrorismo portatore di morte. Roberto Vitelli fa già parte ideale di queste grandi manifestazioni della speranza.Intorno a questo compagno, a questo nostro amico, alla sua storia, alla sua vicenda giudiziaria che è diventata patrimonio comune, si coagulano auese che vivono la dignità con cui ha accolto il suo ergastolo, come speranza futura. I:; un discorso che va oltre la politica, distrugge schieramenti, rode le coscienze, annulla nel carcere ogni distinzione fra «politici» e «comuni», si estende nei quartieri delle metropoli, da Primavalle al Giambellino. Perché i valori, la integrità morale, la dignità e i portatori di un messaggio di speranza non hanno etichette. Sono patrimonio comune. Diventano, contro l'imbarbarimento delle leggi di convivenza, punti fermi, certezze. Roma, Carcere di Rebibbia, novembre 1981 m&m media & messaggi Linguaggi, figure. scene delle culture rivista quadrimestrale. I Il Tempo e la Parola contributi di: Adtlamo, Baget-Bo::.::.oB, nradel, Bmulrillard, Ba11leo,Beuella, Bifo, 8011/muini, Capreuini, Cwulo. De Biagi, Oevè:e, Di Nola, Fnbbri, Fara, Faviui, Ferraris, Folin, Guenot, Lipovetsky, Mecaui, Nnmer, Nio/a, Ossola, Panica/i, Pardo, Poole, Sana\lio, Scnlia, Tartaglia, Troisio, Viri/io. La rivista è in vendita nelle principali librerie. Costa lire I0.000 (anche per invio contrassegno). Per gli abbonamenti (lire 28.000) utilizzare il Conto Corrente Postale . 16786352 intestato a Media & Messaggi, via N. Tommaseo, 13 35100 Padova BLOOM EDIZIONI
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