a Venezia vi sar:àfesta! Dite, riuscite a figurarvi questa visione, che domani sarà realtà? È la fine, per tutto ciò che era menwgna, finzione, cenere e tenebre. L'Italia esiste, l'Italia è l'Italia. Dove c'era un termine geografico, c'è ora una nazione; dove c'era un cadavere, c'è un'anima; dove c'era uno spettro, c'è un arcangelo, l'immenso arcangelo dei popoli, la Libertà, in piedi, con le ali spiegate. L'Italia, la grande morta, si è risvegliata: guardatela, essa si rialza e sorride al genere umano. Dice alla Grecia: «Sono tua figlia»; dice alla Francia: «Sono tua madre•. Ha intorno a sé i suoi poeti, i suoi oratori, i suoi artisti, i suoi filosofi, tutti questi consigÌieri dell'umanità, tutti questi padri coscriui dell'intelligenza univeIUle, tutti questi membri del senato dei secoli, e alla sua destra e alla sua sinistra questi due straordinari grand'uomini, Dante e Michelangelo. Oh! Dato che la politica ama queste parole, sarà proprio questo il più grande dei fatti compiuti! Che Trionfo! che avvenimento! quale meraviglioso fenomeno l'unità che attraversa in un sol baleno questa magnifica varietà di città sorelle: Milano, Torino, Palermo, Messina, Napoli, Venezia, Roma! L'Italia si rialza, l'Italia avanza, patuit dea; esulta, comunica al progresso del mondo intero la grande febbre gioiosa del suo genio, e l'Europa si elettrizzerà a questo risplendere prodigioso, e negli occhi dei popoli non ci sarà meno Lettere ~ 'Altro che simulazione! Prendendo spunto dal film • La difesa degli U.S.A.• e dal successivo dibattilo «Guerra e simulazione» proposti dalla cooperativa Alfabeto al teatro Porta Romana di Milano, vi inviamo alcune riftessionicrùiche sul Movimento per la pace, ricercando, non senza difficoltà, un orientamento marx;;ta; non ~r ortodossia nostalgica ma per leggere e agire meglio su gli avvenimenti. Certo, e ascanso di equivoci è meglio dirlo subilo, all'interno del movimento per la pace possono convivere ed è wi/e che convivano diverse realtà sociali per un fronte il più allargato possibile. Ma da comunisti, o per coloro che si riJLngonoancora tali, dobbiamo cercare di fare - come ha specificato bene uoneni nel dibattito - un minimo di chiarezza teorica per uscire dalla sùuazione di inadeguatezza e di impotenza. È necessario individuare le. cause strutturali socio-economiche (senza assolutizzarle ma prendendole semplicemente come « Centro» e considerandole dialellicamente intrecciate in rapporti complessi reali e non arbitrari con quelle tecnico-militari, psicologiche, politiche, ideologiche, etologiche, ecc.. che sono secondarie ma non per questo di secondaria importanza) di una possibile guerra nucleare o mista, effel/uata solo in Europa o mondiale; ed even• tua/mente perché limitata solo all' Europa. «Cen1roche non a caso coincide con la critica del modo e dei rapporti di produzione specificatamente capitalistici e della divisione tecnica del lavoro• (vedi saggio di M. Turche/lo e C. Preve nel quaderno n°4 di Metamorfos~ F. Angelo editore). li film ha fallo opera di informazione solo da un punto di vista tecnico mi- /ilare con ricchezzt1e originalità di dati sulle forze armate convenzionali e nu• cleari Usa-Nato e su gli effeui distruuivi di un conflitto atomico. D'accordo, molto utile. Ma l'unica spiegazione data sulle cause della guerra - che poi è anche quella fornita dalle super potenze e in circolazione sugli organi di informazione ufficiali - è la corsa agli armamenti: i russi e il palio di Varsavia han• no potenziato il loro potenziale bellico nucleare in vista di un conjliuo, altret• estasi, sulle frontJ non meno riverberi sublimi, non meno ammirazione, allegria, abbagliamento per questa nuova luce sulla terra, che per una nuova stella in cielo. S ignori, se vogliamo renderci conto di quanto si prepara allo stesso tempo in cui si realizza, non dimentichiamo che Garibaldi, l'uomo di oggi, l'uomo di domani, è anche l'uomo di ieri. Prima di essere il soldato dell'unità italiana, è stato il combattente della repubblica romana, e, ai nostri occhi come a quelli di chiunque sappia comprendere i necessari meandri del progresso che corre verso il proprio scopo, e le metamorfosi dell'idea che si trasforma per riapparire, il 1860 continua il 1849. I liberatori sono grandi. L'acclamazione riconoscente dei popoli li segua nelle loro fortune! Ieri erano le lacrime, oggi sono gli osanna. La Provvidenza opera questi ristabilimenti di equilibrio: John Brown soccombe in America, ma Garibaldi trionfa in Europa. L'umanità, costernata davanti all'infame patibolo di Charlestown, si rassicura davanti alla spada fiammeggiante di Calatafimi. Fratelli miei di umanità, è l'ora della gioia e dell'abbraccio. Mettiamo da parte ogni particolarismo, ogni dissenso politico, piccolo in questo momento: in questo santo minuto in cui ci troviamo, fissiamoi nostri sguardi unicamente suquesta sacraopera, suquetanto devono fare gli americani e la Nato. Ciò pur essendo vero, è riduuivo, apparente, parziale. Così come ci sembrano riduuive e parziali le motivazioni date sulla guerra come simulazione..con effetto dtpotere• controllo-condizionamento (G. Cesareo ma poi la parola rivelatrice gli è uscii.afuori «inconsciamente»: prepa• razione); o come effe/lo manipolato dell'immaginario col/euivo (C. Formenti); o come, in altri interventi, il sintomo dell'aggressività innata dell'uomo. Dalla indigestione delle teorie circolale negli anni settanta e dagli specialismi a se stanti, escono fuori queste perle! e diventano fuorvianti e errate se assolwiuare o considerate con un peso maggiore. E allora ancora bene ha fallo Leonetti a evidenziare i pericoli del tito· lo del dibauiro «Guerra e simulazione» in quanto può indurre a passività e disimpegno (tanto è uma una manovra, un gioco, una sùnulazione; a me non mi fregano, non ci casco, non mi faccio né controllare né condizionare continuo a scopare, «a farmi>, a spinellare, o consumare merci culturali, ad aurovo• lori1.zarmi (?) o vivere illusoriamente da ribelle; e cosi sfuggo agli effeui di simulazione della guerra). Anche negli anni trenta era simula• i.ione, vero? Pure di scarso peso ci sembrano gli appelli sulla pace generici ed eclettici tipo quello presentato in sala, che fra tante belle cose dette si preoccupa di non fare allontanare dai cortei preti e monache usando slogan fallici; e degli effetti de/l'atomica sulle ... biblioteche e musei! Mentre intellettuali come Fortini da trent'anni stanno lottando a ragione per rompere la falsa unilà antifascista e anticlericale per sta• bilire un'organizza1.ione polilica culturale marxista, adesso ci troviamo un fronte, teorico slrategico, si badi bene, non tattico, ancora più faunizzato e confusionario. Senza cadere in analisi riduuive e semplicistiche terzeintemazionaliste (la guerra come ricerca imperialista di mercati, sbocco alla sovrapproduzione e alla crisi del saggio di profiuo ecc.), noi siamo convinli che il pericolo di guerra negli anni 01101110 - abbia qualcosa a che fare co11 la divisione tecnica sociale e mondiale del lavoro, con lo ristruuurazione della produzione del mercato e della finanza, con l'i11j1azio11e la recessione dell'e• conomia, con il rialzo del dollaro con le scelte delle multinazio11ali;co11gli USI aberrami delle ultime scoperte tecnico scientifiche, con l'auua/e rivoluzione industriale nel tardo capitalismo e nel •socialismo realizzato» che sta cambiando i connotati al mondo e all'uo- e bl1oteca..,iroL1,ne,o sto scoposolenne, suquesta vasta aurora, le nazioni affrancate, e fondiamo tutte le nostre anime in questo grido formidabile, degno del genere umano come del cielo: Viva la libertà! Sl, dato che l'America, ahimé, lugubramente mantiene la schiavitù ed si volge verso la notte dello spirito, che • l'Europa si riaccenda! SI,questa civiltà del vecchio continente che con Pascal ha abolito la superstizione, la schiavitù con Wilberforce, il patibolo con Beccaria, questa antica civiltà riappaia nel suo splendore orp,ai inestinguibile, e innalzi al di sopra degli uomini la sua vecchia fiaccola composta di tre grandi fiamme: la Francia, l'Inghilterra, L'Italia! Signori, ancora una parola. Non lasciamo questa Sicilia senza lanciarle un ultimo sguardo. Concludiamo. Qual è il risultato di questa splendida epopea? Cosa se ne può trarre? Una legge morale, una legge augusta, eccola: La forza non esiste. No, la forza non è nulla. Esiste solo il diritto. Non ci sono che i principi, non c'è che la giustizia e la verità. Ci sono solo i popoli, le anime, queste forze dell'ideale. Quaggiù non c'è che la coscienza, e lassù la Provvidenza. Che cos'è la forza? Che cos'è la spada? Chi dunque, fra coloro che pensano, ha paura della pada? Non certo noi, gli uomini liberi di Francia; non certo voi, gli uomini liberi di Inghilterra. Il diritto sentito fa tenere la testa alta. La forza e la spada non sono nulla. La spada non è che un orrendo mo; con i processi di sfa/damemo dei due blocchi egemo11izzatidalle superpotenze Usa-Urss, con le spinte centrifughe delle nazio11idell'Europa occidentale e orientale, con il bisogno di autonomia e di sviluppo dei paesi del terzo mondo, con il tentativo di costitu· i.ione di una nazione Islamica, con il prezzo del petrolio; e anche certo co11 processi di emarginazione e ghetizzazione sociale, con l'accentramento politico, con la riduzione di spazi di opposizione e libertà, con la degradazione dell'ambie11te, con la crisi dei valori, con il disprezzo cinico dell'uomo e della vTfii,con l'esaltazione della vio/e11za fine a se stessa, con la speuaco/arizza· i.ione della cultura, con la ma11ipolazio11ede/l'immaginario col/euivo ecc... Questi so110solo alcuni spunti da cui partire, secondo noi, per un lavoro di analisi e ricerca partico/ariggiate. In sintesi, non considerare, -come in genere tendono a fare alcuni del movime11toper la pace - la guerra un fauo piovuto dal cielo, una catastrofe natu· raie, una volontà di potenza dell'uomo, una aggressività delle superpotenze, una irrazionale corsa agli armamenti fine a se stessa: limitandosi a denuncia· re la guerra come un evemo causa di lutti, orrori, barbarie, agendo sull'emo· tività e sulla paura dei singoli; ma cercare di individuare le radici di questo processo assurdo sviluppatosi nel tardo capitalismo e nel socialismo cosidetto realizzato sapendo cogliere tulli gli intricati passaggi e momenti per non correre il rischio di ritrovarci in una situazione di guerra stellare. Pino Frangipane e Maurizio Trapuzzano (Brescia) riflesso nelle tenebre, un rapido e tragico tramortimento. Il diritto, lui si è il raggio eterno: il diritto è il permanere del vero nelle anime; è Dio che vive nell'uomo. Da ciò deriva che là dove c'è il diritto, là è la certezza del trionfo. Un sol uomo che abbia dalla sua il diritto, è legione, una spada è fulmine. Chi dice il diritto, dice la vittoria. Ostacoli? non ce ne sono. No, non ce ne sono. Non c'è veto contro la volontà dell'avvenire. Guardate dove c'è resistenza in Europa: la paralisi prende l'Austria, e la rassegnazione invade la Russia. Guardate Napoli: la lotta è vana. Il passato agonizzante perde il suo tempo. La spada se ne va in fumo. Questi esseri chiamati Lanza, Landi, }\.quila, sono dei fantasmi. In ql(esto momento Francesco Il forse crede ancora di esistere, ma si sbaglia, io gli dico che non è che un'ombra. Avrebbe un bel rifiutare ogni capitolazione, assassinare Messina come ha assassinato Palermo, aggrapparsi all'atrocità: è finito. Ha regnato. I tristi cavalli dell'esilio battono con gli zoccoli alla porta del suo palazzo. Signori, non v'è che il diritto, vi dico. Volete paragonare il diritto alla forza? Giudicate da queste cifre. L' I I maggio, a Marsala, sbarcano 800 uomini. Venti giorni dopo, il 7 giugno, 18.000 uomini, terrorizzati, si imbarcano a Palermo. Gli ottocento uomini sono il diritto! i diciottomila, la forza. Oh! Si consolino ovunque coloro che soffrono, si rassicurino coloro che ne di chiudere ogni discussione dicen· do: «Siamo d'accordo, ma la pensiamo diversamente». Frase, si badi, molto più sensata di qua1110possa sembrare ad una prima impressione: significa che su tante cose si è d'accordo, ma che la si pensa ili modo diverso. Sciascia, con saggezza, terminava questa storie/· la aggiungendo di suo: accontentiamoci dell'esser d'accordo su qualche pw,- ro. E continuiamo, fin che si può, a pensarla diversamente. Su q11estopu11todella pace non so se si possa essere d'accordo; mi rimane qualche d11bbio,che provo a chiarire. Come'è noto, le «marce per la pace», da quella Perugia-Assisi, a quella del 24 ouobre a Roma, alle decine di altre un po' dovunque, hanno visto la partecipazione e la mobilirazio11edi decine di migliaia di perso11e.Dovrebbe essere, questo, unmorivo di conforto; non è cosa da poco la massiccia adesione di «popolo», che rivendica il diri110ad avere paura, a non morire; testimonia come sia divelltata comune consapevo• lezza che viviamo tempi, per dirla con Fromm, in cui le «ombre si allungano, e le voci della follia stanno diventando più forti». Anch'io, sono convimo che le ombre si slanno allungando, e che la follia, preoccupa111eme111eaume111i; ma, proprio per questo, non rinuncio ai miei dubbi, anzi. Altri lo hanno rilevato: è un dato su cui rifleuere; alla marcia a Roma, /'85 per cento dei cartelli e degli slogans erano contro gli Stati Uniti, e ili portico· lare colllro Reagan. Una minoranza quelli comro l'Urss e Breznev. A via Veneto, davami all'ambasciata statuni· lense, le urla «Reagan assassino», si sprecavano. A via Gaeta, dove c'è la rappresenra111.adiplomatica sovietica, t----------------l più blandamente, e velocemente, si lo voglio e non voglio Come 11011 essere d'accordo con qua11toaffermano A11derli11iB, obbio e Spi11el/aSII/l'ultimo Alfabeta (11. 30 11ovembre 1981), s11/tema della pace? Sarebbe un po' come voler contraddire l'inserzione in ultima pagina a cura dell'Arei: «Èl'unicacheabbiamo» (di terra). Dunque ... Dunque, su questa vitale questione della pace e della guerra, che tulli ci coinvolge, perché se mai campana suo• 110 e/avvero per uuti, è proprio questa, occorre specificare. E cercare di essere molto chiari, il più chiari possibile. Dico subito che sono d'accordo con qua/lii sos1e11gonoche il tema della pace è mobilitallle, profondamellle sen· tiro, fauore e morivo di impegno civile, oltre che generica aspirazione. Tuttavia ho come l'impressione di trovarmi in quella situazione, raccontata da Scia· scia, del co11tadi11c0he aveva l'abitudiconsigliava al «compagno» Breznev (compagno di chi?) di lasciare l'Af ghanisran, e tornarsene a casa. Ora vorrei dire che se la vogliamo mettere sul piano dei «boia» e dell'«assassino», Breznev lo è, né più né meno di Reagan (io, scusatemi, pe11soche lo sia di più). E 1101n1utro il minimo dubbio sul fa110 che oggi il «socialismo reale• del grande Frmello è be11più pericoloso per l'umanità, rispe110al rinnovato «sogno americano» proposto da Reagan. Q11ello e/te voglio dire è che tulio q11esro parlare di pace, mi sta bene, e 11011 mi sw bene: perché a me, tutto sommato, marciare «per la pace», interessa relativame111e.Quel che mi preme, è «marciare contro la guerra». Voglia di cercare peli sull'uovo? Preferisco quest'accusa, al rischio, che credo ci sia, di marciare per una «pax» romana: di qua 1101s1i interferisceper la Polonia, di là si taceper la Turchia. Al massimo si sono incatenati. Tutto ciò che accade in questo momento è logico. Sì, ai quattro venti, speranza! Il mugik, il fellah, il proletario, il paria, il negro venduto, il bianco oppresso, tutti devono sperare. Le catene formano una rete, si tengono tutte insieme. Ma rollane una, la maglia si disfa. Di qui la solidarietà dei dispotismi: il papa è più fratello del sultano di quanto lui stesso non creda. Ma, vi ripeto, è finita. Che bella cosa è la forza delle cose! c'è nella liberazione qualche cosa di sovraumano. La libertà è un abisso divino che attira: l'irresistibile è al fondo delle rivoluzioni. li progresso non è altro che un fenomeno di gravitazione: chi potrebbe ostacolarlo? Una volta dato l'impulso, comincia ciò che non è più controllabile. Despoti, vi sfido ad arrestare la pietra che cade, il torrente, la valanga, l'Italia, 1"89, il mondo precipitato da Dio nella luce! (Traduzione di Isabella Pezzini) Discorsodi VictorHugo,renuJoa Jeruy il 13giugno1860 inoccasionedi unamani· festar.ionein onoredi Garibaldie dell'Inài• pendenza della Sicilia organizzata dagli «Amici della Sìci/i.a».L'invito a 'Victor Hugoera ancheun omaggioallo scrittore, cheavevatrascorsoaJerseyi primiannidel suo esilio. li discorso fu pubblicalo a/l'inizio dell'e· dii.ionedellememoriedi Garibalditradoue in francese(e unpo' romani.ate)daAlexan• dre Dumas,pubblicalea Bruxellesdopo il 1860 conun'introduzionedi GeorgeSand. aggiorna lo schema 111p1o' logoro di Yalta co11qualche ritocco... Parlavo di specificazio11i. Eccole. Marciare «co111rola guerra», per me, vuole dire gesti concreli: rifiuto uni/ate· raie di ogni complicità con poli1iche di «potenza»; rifiutare i missili a Comiso, ma anche interrompere le forniture di armi ai paesi del Terza e del Quarto mondo; innestare una politica attiva, concreta, di nonviolenta «ingerenza», nelle patrie del socialismo reale, per l'affermazione dei dirilli civili dellepersone, cosra111emenreviolate; e vuole dire anche: imporre w1 confronto internazionale con l'Urss, preparandosi a11chea soste11ereboicolfaglfi é sanzio11i economiche, culturali, scientifiche, ecc; abbandonare il terre110c, ongeniale alle super•potenze, della corsa al riarmo. Vuole e/ire muoversi contro lo sfrulla· mento dei paesi poveri, e agire perché si illlerrompa il massacro di milioni di persone, uccise dalla fame, vittime poli· tiche, non meno dei dissidenti sovietici o degli oppositori cileni o del Salvador. Questo, per me, vuol dire marciare «contro la guerra». Vale anche per CO· loro che marciano «per lo pace»? È sempre sbagliato is1r11ireprocessi alle intenzioni. Tuuavia, non riesco a 11011 leggere, spesso, in questa ripresa del tema della pace, 1111saorta di riedizione del movimelllo dei partigiani della pace degli anni '50. Cosa in se lecita, che però appartiene, ed è proprio, a quel fideismo filo-sovietico ancora consistellte nel Pci; per chi è laico, ed orgogliosamente ne rivendica l'estrazione, tulio ciò diventa inaccettabile. Lo ha osservato recentemente Sciascia, e concordo pienamente: l'aderirvi equivarrebbe ad «avvenimento e certificazione di suicida imbecillità». Allora, che fare? Io voglio marciare, e fare tante altre cose, contro la guerra. Non voglio, però, averecom'è accaduto, il plauso e i telegrammi di Breznev. Non mi piace la sua benedizione, mi inquieta; se arriva, pe11soche ho sbagliato. Voglio 1rovare un modo per oppormi alla guerra e volere la pace che sco11tentiReagan e Breznev insieme. Solo cosi saprò che faccio q11elche deve essere fallo. Dalla Germa11iaOccide11talegil111go11011otizieche riferisco110di migliaia di persone, il cui slogan è «meglio rossi che morti». Se a loro va bene, d'accordo. Però io voglio poler vivere, e 11011 essere costretto, per questa mia volo111à, a farmi rosso. E rivendico questo mio diriuo a non dover scegliere tra questo dilemma. Cari Anderlini, Bobbio, Spinella, amici di Alfabeta, ci state? Walter Vecellio redattore di «Quaderni Radicali»
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