ì Colloqu.i.~ ~!,l Schmitt P rovo a impostare alcune domande su~ascesa al potere di Hitler e sulle sue responsabilità. Schmill mi interrompe decisamente: «non sono stato mica io a votare nel marzo del •33 /'Ermachtichungsgesetz. Anzi come consigliere di Schleicher, cercai di far capirea Hindenburg il pericolo rappresentato da Hitler. Ma il vecchio Maresciallo voleva solo Ruhe und Ordrung e fu messo nel sacco da von Papen e dal capo del Zeantrum il prelato Kaas. Eppoi come ebbe a dire Ke/sen: uno • non si può mica scegliere il governo.o la forma di Stato che gli piace, né nessuno ha mai contestato che Hitler sia legalmente arrivato al potere». Schmill aggiunge a questa implicita autodifesa, una critica a coloro che emigrati all'estero cercarono di ntlOcergli attribuendogli cose non vere o non volute, come nel caso di Kirchheimer e ricorda come tutto questo lo portò dal '36 in poi a vivere con «un piede in campo di concentramento». Del resto egli mi rinvia esplicitamente a quella nota (p. 350 della Verfassungsrechtliche Aufsatze, Ber/in 1973) posta a commento del saggio del '32 Legalitat und Legitimitlit (solo parzialmente tradotto in italiano nell'antologia curata da Miglio). Vi si souolinea come proprio in polemica con Kaas egli non abbia mai condiviso la «voce» sullo Staatsnotstand ( condizione d'emergenza d,e(lo Stato) giacch_t«,sapevoche proprio in 111m/ odo la legalità'di una Cos(ituiiorre "'.ienp( osttl all'am~rcé dti sUoi n~mici'e perché ero dell'opinione che le possibilità legaliconnesse coi vantaggi delpossesso legale del potere non eranq in nessun modo consumate». Del resto, egli continua, che la validità di·quel mio conc'etto connesso con 1'1tl't!aLdi uri «/Jlusvafor'e»derivan1é·dà/ possesso legale del potere non possa essere messa in discussione lo dimostra co è il regno della pluralità di interessi e di mediazioni. E ciò che si oppone all'immoralità e alle neutralizzazioni di mediazioni e compromessi non è la volontà di potenza nel suo significato distruttivo, ma la resistenza di valori morali, tradizionali o individuali. Anche per Weber il nostro è un tempo di crollo delle impalcature tradizionali, ma queste sono sostituite da valori diffusi - non dalla distruzione nichilistica di ogni valore. I n Schmitt, la razionalizzazione della vita non è chemera apparenza, quasi un inganno economico e tecnologico perpetrato ai danni di quel guerriero che vive in ognuno di noi. Equesto, oltre che esseremolto romantico, è un esempio di radicale incomprensione. Di fatto la razionalizzazione trasforma in modo irreversibile la nostra costituzione, non solo politica e sociale ma anche esistenziale. Il politico corrusco di Schmitt è un ricordo del passato. Sarebbe sufficiente l'ovvia considerazione che ilcarattere bellico del conflitto politico è stato ampiamente disinnescato nelle democrazie occidentali. Oggi la politica come guerra è un attributo del conflitto internazionale, un gioco però in cui difficilmente si potrebbe vedere una parte legittima, un Nemico da cui difendersi e una parte Amica in cui confluire. La guerra naturalmente crea inevitabili distinzioni tra amici e nemici, oggi più che mai, ma queste distinzioni sono prodotte da logiche sempre più autonome, non hanno a che fare con ideologie da difendere o aborrire, e in ogni modo non hanno a che fare con la volontà dei popoli. In quanto polemica contro il pacifismo neutrale e la neutralizzazione politjca, la teoria di Schmitt è ampiamente superata dagli avvenimenti. In quanto proposta di uscita da una crisi essa non è che la svolta «legale» dei partiti comunisti de~Europa occidentale come ho cercato di dimostrare nel mio ultimo saggio intitolato « Die legale Weltrevolution». li discorso torna afarsi biografico: la cosa che evidentemente ancora oggi più gli brucia sono gli anni che fu costreuo a passare nel «campo» americano e soprauuuo il divieto di insegnamento che seguì: «io ho scritto tutte le mie opere come frutto di seminari. Dopo lezione, soprattutto a Berlino, mi piaceva andare in un locale a bere e a discutere con quelli che frequentavano le mie lezioni: ce n'erano molti di sinistra (Schmitt usa il termine: marxisti) come Fraenkel e Kirchheimer. Del resto la mia prima opera importante che fu stampata, la Politische Romantik, è il frullo di un lavoro di seminario fallo sollo la guida di Max Weber. «A Monaco egli aveva un Seminar per dottorandi, c'era anche \.Vinckelmann. lo mi considero l'unico vero allievo di Weber: Wincke/mann era molto diligente, buono a correggere le bozze e a riordinare le carte di Weber. Weber era un uomo molto malato, dal carattere impossibile: è sempre rimasto un 'grande' borghese. Per lui, a differenza di Rathenau, economia pianificata significava, o aveva un senso solo come Kriegswirtschaft, altrimenti· era sinonimo di economia fallimentare, di bancarol/a.E poi gli sfuggiva l'elemento t.eologico·della politica: con l'ascesi che è una forma incredibile di accumulazione di ene.rgia(e non una sublimazione cqme dice' J:reud) si diventa ricchi. Ma egli non ha mai pensato a quale potere fàppresentano nel!achiesa cauolica il corpo di 'funzionari a vita' ,che sono i sacerdoti. 1 « Ecco perché penso teologicamente. Teologia politica non significa solo rilròvare i parallelrtra-/efernJe politichesecolarizzare e quelle religiose. Significa saper pensare per grandi paralleli. Per esempio nessuno si è mai chiesto La medaglia decretata ai Mille dal Municipio di Palermo. un'ennesima difesa del realismo della forza contro i tentativi di difendersi dalla forza. A ben vedere, i principi di Schmitt appartengono a una radicata concezione secondo cui è dato conoscere la forza solo a chi la pratica. Ma questa è appunto la filosofia del Principe, non una filosofia della politica. E questa concezione, oltre che confondere conoscenza della forza e pratica della forza, si rivela singolarmente incapace di comprendere i tentativi di sfuggire alla forza. Cosi oggi, i seguaci nostrani di Schmitt si beffano delle ondate di pacifismo, rivelando con ciò non tanto una prospettiva d'aquila, ma una certa miopia libresca. Ciò che sembra differenziare questi movimenti da schieramenti tradizionali è proprio il rifiuto di pre-giudizi politici, il manifestarsi di una resistenza che non proclama una guerra definitiva contro le guerre, ma l'esistenza di una corporeità pre-politica, di un senso dell'esistere nel mondo che reclama i suoi diritti contro la morte decisa da Bibl1otecag1nob1anco perché Marx abbia fauo ricorso altermine classico di proletariato (che del resto Lorenz von Stein aveva già usato), quale valore polemico avesse tale uso. Ci si provi oggi a chiamare così Breznev o anche un qualunque iscritto a un partito comunista e quello si sentirà offeso. Proletario è diventato un insulto». Lo interrompo: ma oggi dopo Keynes e Freud, risparmiare e sublimare è diventato un «peccato». «Ecco, questa è teologia politica», è la sua risposta. E sospirando aggiunge: «Magari riuscissi a scivere la Theologie Ili. Solo poche righe. Ma non ce la farò» Inevitabilmente si arriva all'essenza, al nucleo duro del suo «concetto di politico»: Schmiu si alza con fatica dalla poltrona. È un uomo piccolo, dall'andatura incerta ma che sa ancora molto chiaramente quello che.vuole.« Vede», mi dice indicandomi una libreria che riempie un'intera parete, «gli altri libri li ho regalati alla biblioteca. Questi sono soltanto libri scriui da me o su di me. Ma a me non piace commentare me stesso: come direbbe il mio amico Ernst }Unger 'chi commenta se stesso scende al di sollo del proprio livello' ( wer sich selbst kommentilret, der geht unter sein Niveau). «Ma se dovessi cercare di definire la mia teoria del politico che del resto logicamente e non solo cronologicamente è un presupposto, con la Dittatura eia Condizione storico-spirituale del par- • lameritarismo odierno, della Vèrfas- .-s'òngslehre direi che è essenzialmente • u"n'antrÒpologiapessimistica. Se io dii:o mio~ turi: non sòlo individuo l'o- • rigine del momento polemico ma già imposto la deftf!izione del nemico come definizionr della mia identità « La più orribile delle esperienze che una società possa fare è quella della guerra civile: lo jus publicum europeum è nato proprio come neutralizzazione delle opposizioni, dalla guerra altri. E comunque questo pacifismo, oltre che essereun dato di cui i politici non possono non tener conto, rivela l'usura e la miseria delle categorie politiche tradizionali. N on è affatto sorprendente che Schmitt si~ utilizzato oggi da un certo tipo di marxismo. Accanto i vari tipi di marxismo, umanistico e no, ce ne è stato uno, almeno in Italia, che si è sempre trovato in sintonia con la forza. Ieri esaltava la capacità muscolare e creativa della classe operaia in opposizione alla debolezza di un politico incapacedi sintesi. Questo marxismo era ipo-politico, giocava tutto nell'eterno braccio di ferro tra operai e capitale, si disinteressava dello stato come se questo fosse un teatro artificiale e illegittimo dello scontro di classe. Dopo che dalle fabbriche il nuovo ordine non è sorto, oggi tutto si giocherebbe al livello del politico e nello stato. Questo marxismo riesce così a perdere i suoi presupposti, in primo luogo l'economicismo, mantenendo intatta la sua pretesa di orientare il corso del mondo. Esso è diventato improvvisamente iper-politico, più realista del re, e impiega categorie che fino a pochi anni fa avrebbe aborrito. Il volume collettivo su Schmitt La politica oltre lo stato è un esempio veramente singolare di questametamorfosi di un pensiero che si vorrebbe all'opposizione. Accanto a testi di esegeti per cosi dire tradizionali del pensiero di Schmitt, troviamo testi di teorici come Tronti che, molto seriamente, pongono il problema: «in che senso il problema Cari Schmitt è un problema dei marxisti?». (M. Tronti, «Marx e Schmitt• in La politica oltre lo Stato: Cari Schmill, Venezia, Arsenale, 1981, p. 25.) Dopo aver riconosciuto che, in effetti, un percorso di valore tra Marx e Schmitt non c'è stato, ammettono però che vi è concordanza fattuacivile confessionale del XVI e XV/J secolo. Questa Erfahrung è alla base della teoria hobbesiana: non è un caso che egli nellasua autobiografia dica che sua madre partorì due gemelli: lui, Thomas e la paura. Da questo punto di vi.staquando io parlo di Staro non ne parlo dunque in generale ma penso solo allo Stato moderno, per intenderci dal 1500inpoi. Epensarechec'ègente che ancora ha il coraggio di fare confusioni biologiche e paragonare lo Stato moderno non solo a quello di altre epoche ma addiriuura a quello delle formiche. «li problema della diuatura sia essa commissaria o sovrana, corre parallelamente con le vicende de~età moderna e si pone con particolare acutezza quando il processo di sviluppo in direzione dello Stato totale me/le pericolosamente in forse, dissolve il sovrano, il Soggetto della sovranità. Che con il mio libro sulla dittatura avessi individuato un problema reale mi fu confermato da autori lontani dalle mie posizioni, da Benjamin e dallo stesso Bloch, il cui utopismo ultrasecolare non mi ha mai particolarmente impressionato. Mi ricordo che lo incontrai presso l'editore dove aveva /euo le bozze del mio scritto: mi disse non solo di esserne entusiasta ma mi predisse che si sarebbe trattato di uno dei libri che, in questo secolo; sarebbero stati più saccht!ggiati».Sçhmitt si mostra improvvisamente mollò stanéo, si chiu"/Jé i,ì un impeneifabil~ silenzio, ·guardo fuOri dalla fines(ra verso il qosco! Ìontano . E poi all'improvviso~ quasi scuotendosi: «sa, noi tedeschi viviamo tra reologia e tecnica. Nessun popolo al ,;,o.ndo ha cosi appròfondito, sviluppàto non solo entrambe ma anche la tensione irrisolvibile che le lega. Di solito viyiamo-,e111.,i-m,ii-l:i.fte1reu:.abbasumza. Ma, ad esempio, non le fa un po' impressione, o meglio: quali sono le conseguenze connesse al dato che quasi La medaglia decretata ai Mille dal Municipio di Palermo. le: «mentre le esperienze pratiche del socialismocorreggeranno poi Marx in sensoschmittiano, Schmin nel seguito del suo pensiero correggerà se stesso in senso marxiano. La linea MarxSchmitt si ricompone, si ricostruisce, sul punto della distinzione di politico e statale» (Ivi, pp. 39-40). Questa linea, che uniscel'ottocentesco allievo di Hegel con l'attuale discepolo di Lorenz von Stein, altro non è allora che la linea della potenza, liberata di tutte le mascherature e le ideologie umanistiche? Ma se è cosi, che senso ha il rituale richiamo ai soggetti? Non si tratta di difendere Marx contro Schmitt, o viceversa, ma semplicemente di mostrare l'incongruenza di un procedimento che abolisce ogni differenza di valore, diciamo tra iJ fondatore del socialismo scientifico e un teorico dello stato totale, per poi continuare disinvoltamente i tradizionali discorsi. Se si vuole entrare nei dettagli di questo marxismo schmittiano,si può osservare allora che, tranne che sulla tutta l'umanità civiliz.-zaraè legata a quella catena universale invisibile i cui singoli anelli sono gli orologi che portiamo al polso? O quali conseguenze può avere per il diri110,penso alla fai/ispecie del furto, il fauo che io possa sbarrare la porta, impedire fis.icammte al ladro di entrare ma non ceno alle immagini televisive di entrare nella mia abitazione, magari per comunicarmi un ordine. Questa tecniciua-zione universale ha conseguenze incalcolabili, come del re.sto incalcolabili sono le conseguenze che la crescita degli armamenti ha sul grado di intensità del rapporto amico-nemico. « lo ho cercato di pensare da giurista tutto questo mentre allora la scienza giuridica tedesca si appagava di oscillare tra la lntergrationslehre di Smend, la cui reoriaè di origine spenceriana e in quanto tale, riguardo alla funzione di integrazione, non è specificamente relativa solo alla funzione statale: anche la famiglia integra, o un gruppo religioso o un'associazione. E il normativismo, seni.a neppure chiedersi o anali-z.- zare la radicale differenza di significato e di 'valore' che c'è tra il termine /arino norma e quello greco di nomos. « E sì che bastava aprire il vocabolJl.- rio. La verilà era che la depoliricìuazione della scienza era una strate8ia. Solo grazie a questa 'incos'é(enxa' si può spiegare che nella Cosrituzion': di Weimar e,sistesse la giustapposi:r.ione tra prima e seconda parte e clie Ji foisi!- ro iscrìi/é'formulazioni del tullo senra senso del tipo '1~ prop ieta obbliga'. Ma chi? e che cosa? È còrh ìHl«.nòbÌesse oblige o i cittadini iieb6òYio, ~onformemenre al dettato co.stituVbh~- le, essere reciprocamente genii/i,. (Estratto dal testo di una oonvcrsawnc di A,ìgeliS,Bolafli,con Cllili&ihmiru) 1,•1 scena internazionale (in cui i soggetti non contano nulla), la realtà ten .ad andare proprio in senso contrario. L'indubbia inregrazfone di stato e società giustamente sottolineata da Schmitt non ha affatto comportato una politiciu.azione di tutti i conflitti, ma esattamente il contrario, la spoliticizzazione di tutti i conflitti, primo fra tutti il conflitto di classe, o almeno la suaversioneeconomico-rivendicativa. La tonalità politica nelle società occidentali è oggi straordinariamente bassa,e tende ad innalzarsi solo in riferimento alle tensioni internazionali, come dimostrano avvenimenti recenti. È vero che ovunque lo stato tende a diventare totale, ma sembra più interessatoa farsi tutti amici nella società, riservando il ruolo di Nemico a piccoli raggruppamenti che, lungi dall'insidiarne la forza, ne esaltano la legittimità. In ogni caso non si capisce come l'immaginario politico di Schmitt, che tende a poggiare su valori vetusti, sia un problema dei marxisti, a meno che i marxisti non si decidano a smettere di chiamarsi tali. La fonte di ispirazione di Schmitt è costituita da autori come De Maistre, che non a caso trovano vasta ospitalità nello Sciocchezzaio di Flaubert, e costui non era certamente romantico né socialista umanitario. I valori relativi alla forza sono miseri almeno come gli altri valori tradizionali. L'iper-politicismo attuale, nichilista ma nostalgico, non rivela in fondo che la miseria ideologica della politica attuale, la corrosione di orientamenti che sembrano riuscire a sopravvivere solo confondendosi, solo scambiandosi i valori. Che la forza e il totalitarismo fosseroil segreto neanche tanto nascosto degli stati, di tutti gli stati, lo si sapeva dai tempi di Machiavelli e di Hobbes. Di Schmitt vecchi e nuovi non c'è proprio bisogno. E purtroppo di nuovi Flaubert non c'è traccia.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==