Ilfascinofarcii!@dellaguerra Cari Schmill Le categorie del «politico» Bologna, U Mulino, 1972 pp. 361, lire 5.000 La dittatura Bari, Laterza, 1975 pp. 289, lire 2.500 Teoria del partigiano Milano, U Saggiatore, 1981 pp. 86, lire 6.000 Il custode della costituzione Milano, Giuffré, 1981 pp. 244, lire 12.000 Romanticismo politico Milano, Giuffré, J 981 pp. 252, lire 12.000 AA.VV. La politica oltre lo staio: Cari Schmitt Venezia, Arsenale Cooperativa Editrice, 1981 pp. 181, lire 8.000 S i assiste oggi al rinascere di un tipo di nichilismo che credevamo defunto con l'ultima guerra, il nichilismo poliJico. Gli esponenti di tale corrente sono personaggi tipicamente affermativi. Prendono atto con soddisfazione della scomparsa di valori politici (come scopi, appartenenze, misure, regole) e al tempo stesso decidono di--<>ltrepassarela condizione disperante che si instaura quando i valori decadono.Con virile compostezza considerano l'avvento dei nuovi tempi marziali, i brividi di guerra tra gli stati, la crisi delle democrazie sociali. Sogghignano, come risulta da articoli pubblicati su autorevoli quotidiani, sui tentativi di sourarsi a questa realtà di guerra, ad esempio sui motivi pacifisti che ignorerebbero l'ineliminabile distinzione tra Amico e emico. della guerra. Egli prendeva in prestito a JUnger, questo «eminente rappresentante dei soldati tedeschi al fronte», la nozione di mobilitazione totale e se ne serviva per forgiare la nozione di stato totale. Questo sostituisce lo stato liberale e neutrale del XIX secolo, ed è costituito dalla volontà unificata delle masse armate e entusiaste, che realizzano la definitiva integrazione di stato e società. (Cari Schmitt, Il custode della costituzione, Milano, 1981, pp. 124-125.) Scrittori come Jilnger, giuristi ecostituzionalisti come Schmitt e Forsthoff, batlevano la strada che era stata appena intravista da critici negativi della cultura come Tonnies, Spengler o Scheler: la forza del popolo armato contro la debolezza della società borghese. l'unità delle masse contro il plupiù di ogni altra Schmill si direbbe la Restaurazione. I critici reazionari della Rivoluzione francese, De Maistre, Bonald, Donoso Cortés, Haller sono l'esempio di una condizione tragica risolta attraverso un'affermazione, una decisione. Assertori dell'elemento spirituale sul civile, della teologia sulla politica, della leginimità di origine divina su quella umana e sociale, essi vedono ilcorso del mondo contraddire fatalmente la loro immagine dell'ordine. I monarchi sono finiti e non torneranno più, il laicismo trionfa, o i re si fanno investire dai parlamenti. I teorici della Restaurazione decidono allora di combanere nel mondo, di abbandonare la forma del vecchio leginimismo salvandone la sostanza, divenendo così teorici della dì11tuura. Dopo aver trario: la politica è una continuazione della guerra con altri mezzi, anzi ne è un caso particolare, quasi un intermezzo che il vero politico considera con impazienza. L'ontologia marziale di Schmin è alla base dei suoi frequenti omaggi per Lenin e per Mao, dei nemici che almeno hanno una concezione realistica del Politico. Cionondimeno Schmitt resta un rigoroso leginimista. Anche nella situazione primordiale del duello e dell'uccisione, che fa capolino nelle brillanti descrizioni e distruzioni del convenzionalismo giuridico !iberi-borghese, Schmill vede sempre una Ragione e un Torto, salva sempre un principio di leginimità. Cosl, nella Teoria del Partigìano, osserva che le guerriglie contemporanee hanno eliminato la distinzione tra pace e guerra. perché non tica, la morte di Dio, e la forza come unico criterio di legittimità; poi prepone alla mera forza, che in quanto tale ha un valore universalmente riconosciuto ma non particolarmente teoretico, un nuovo valore, la decisione. Ma decisione di che, e a partire da che? In realtà la decisione di Schmill, e questo non è mollo nichilistico, è sempre la decisione del beatus possidens contro un cambiamento in peggio della sua condizione. La decisione di Schmitt è un riconoscimento perenne del valore della forza. Si veda ad esempio l'opposizione tra normalità e stato d'eccezione di una situazione politica. Per Schmitt lo stato d'eccezione si contrappone alla normalità come la verità di un concello si oppone alle sue manifestazioni. Ne è in realtà il segreto, allo stesso modo in cui la guerra è la verità latente della pace sociale. In un vecchio saggio (K. Lowith, «li. decisionismo occasionale di Cari Schmitt», in Critica dell'esistenza storica, Mosano, Napoli, 1967, pp. lii e sgg.) Karl Lowith aveva mostrato la vacuità romantica ed irrazionalistica delle opposizioni schmittiane: amiconemico, pace-guerra, procedura-decisione, normalità-eccezione. Ma, forse, esse esprimono un valore molto più tradizionale e prosaico, la semplice forza del potere assoluto e irresponsabile contro le complicazioni e le mediazioni della politica. Solto questo punto di vista l'immaginario politico di Schmin è inguaribilmente nostalgico si volge all'assolutismo, ed è quindi manifestazione di un nichilismo reattivo e decadente, piunosto che di un'austera trasvalutazione. La sua antropologia è tributaria di una moralità seicentesca, indifferentemente cattolica o protestante, purché centrata sul male radicale, sull'incapacità politica dei sogget:i di fronte al luogo del potere, sulla colpa espressa semplicemente dal loro esistere. E oggi si raggruppano sotto una ritrovata bandiera, non più il nichilismo psicologico e lacerante di ietzsche, ma quello politico e positivo di Schmill. Troviamo tra loro non solo dei politologi tradizionalmente amanti dello Stato, ma dei marxisti e dei teorici di sinistra. Il fenomeno merita dunque una certa attenzione, perché indica, se non altro, la saldatura tra correnti e ideologie che credevamo, nel nostro inguaribile e romanticismo politico, antitetiche. La contraddizione tra accettazione del nichilismo e radicamento del poliOmaggio di sig,rore iru/iu,re•11,.c"'u-,,-.b-11/_d_i-,-,.-llu_g_u,-,-ra-d,-. L-o-,-, b, ,,-d-ia-. , Q u-,u0-,,- ,;-c-_-A-,-,,-,,,-, 0-,- 0 ).- ---- ------'...., tico nell'elemento demoniaco della vita ha naturalmente un certo fascino. Il nichilismo politico attuale è comunque una riedizione. Negli anni '30 ha conosciuto la sua grande stagione di fioritura. Si alimentava delle analisi della decadenza borghese di Sombart e di Scheler, utilizzava faziosamente le tipologie weberiane del potere, soprattutto l'idea di capo carismatico. E soprattutto trovava nella prima guerra mondiale una formidabile esperienza di rigenerazione. Le democrazie liberali ne erano uscite indebolite, i vecchi imperi erano crollati, e quelJi giovani come la Germania, pur perdendo la sovrastruttura politica, avevano dato una prova e una misura de1la loro potenza. Ciò che affascinava i nichilisti era l'amalgama di forza e di razionalizzazione, di distruzione e di tecnologia che si era rivelato nelle trincee. Ernst Jiinger, nelle sue prime opere, come D~ Totale Mobilmachung e Der Arbeiler, vedeva in questa alleanza di vitalismo tecnologico e di mone la nascita di un nuovo tipo umano, l'ape combattente, l'operaio soldato che rimpiazzava l'imbelle figura del cittadino e del borghese. (Si veda per un'analisi di queste posizioni di Jiinger, nel constesto delle politiche del lavoro negli anni '30 Le soldat du travail, numero speciale di R,cherchts, 1978.) Cari Schmitt traduceva in termini ralismo liberale, lo stato totale contro le democrazie corporative e particolariste. U nichilismo politico riproduceva i temi della grande cultura della decadenza, il populismo e il vitalismo che avrebbero dato ben altri frutti letterari con Hamsun, Ctline o Pound. La seconda guerra mondiale e la fine del nazismo, con il quale i nichilisti si erano marginalmente compromessi, avrebbero segnato la fine di questa tendenza. Alcuni si sarebbero integrati nell'ideologia rassicurante dell'occidente. Jiinger avrebbe perso per strada il suo entusiasmo da ex-combauente. La tecnica non sarebbe apparsa a Jiinger alleata naturale dei popoli, ma forza impersonale negatrice di vita e di eroismo. L'ultimo Jiinger si accosta ormai alle posizioni del secondo Heidegger, è divenuto un osservatore disincantato del nichilismo totale, si muove per sentieri interrotti e non crede più alle mobilitazioni. (Si veda il saggio di JOnger, Ober die Linie a cui Heidegger risponde in Zur Seinsfrage, Klostermann, Frankfurt a M. 1956.) Schmitt al contraTio, come mostrano scritti relativamente recenti, non ha rinnegato il contenuto bellicista della sua teoria politica. E in questo senso è oggi acclamato dai nichilisti politici politici e di diritto costituzionale il ri- nostrani. conoscimento nichilista della vitalità La fase storica che ha impressionato il llot ca ir ol 1anco ..., sostenuto il primato della religione sulla politica, diventano iper-politici, pensando che solo uno stato dittatoriale possa difendere i valori religiosi dal diabolico liberalismo. Il decisionismo di De Maistre o di Cortés, che ai più sembrerebbe un logico e coerente adattamento ai tempi di questi eredi onocenteschi dell'Inquisizione, è invece per Schmitt fonte e ispirazione assoluta di una teoria politica. l a concezione manichea di una lotta a morte tra cristianesimo e laicismo diventa in Schmitt distinzione vitale tra Amico e Nemico, essenza del Politico. La storia non fa che ripetere senza posa questa lotta tra contrari. Ieri Monarchia contro Rivoluzione, poi legittimismo contro liberalismo, stato liberale contro socialismo, Stato totale contro puralismo, infine Occidente contro Comunismo. Teologo senza Dio, Schmin opera con una serie implacabile di deduzioni e di riduzioni.La verità dei rapporti sociali è nel Politico. Ma essenza del Politico è la distinzione tra amico e nemico; essenza di questa è la guerra; ma contenuto di quest'ultima è una lolla sregolata e totale, sopranuno nel nostro tempo di guerriglie e terrorismi. E infine, e ogni volta, i dualismi espressi da questa lolla non possono essere risolti che da decisioni supreme. ·schmitt è un Clausewitz all'inconaderiscono a convenzioni e regolamenti e coinvolgono globalmente le popolazioni. Ed immagina che cosa avverrebbe dei partigiani in caso di guerra nucleare. Le potenze belligeranti avrebbero ogni interesse a far presidiare i crateri e le città rase al suolo da sentinelle armate; la storia universale conoscerebbe così una nuova figura di partigiano, ecc. Qui non si traila però di menere in rilievo solo gli aspeni fontapolemologici od evidentemente totalitari di Schmill (indipendentemente dalla sua temporanea adesione al nazismo) ma di analizzare le evidenti incongruenze della sua impalcatura metapolitica. Per cominciare, il rapporto di Schmin con il romanticismo politico è molto meno limpido di quanto egli non affermi. Schmill oppone all'eterna chiacchera e al vacuo eclettismo dei romantici il virile decisionismo dei reazionari, il fondamento del suo decisionismo non meno romanticamente vacuo. Non avendo alcuna legittimità ~.'1 difendere che non sia quella della rorza esistente, cioè dello Stato, egli fa di un espediente realpolitico, l'abbandono del vecchio leginimismo in favore della dinatura, un fondamento quasi metafisico, in realtà un valore. Il nichilismo di Schmitt è allora teoricamente debole. Prima proclama la fine della tirannia dei valori, l'inanità di ogni tentativo di moralizzare la poliDalla posizione di chi vede nel pacifismo l'inganno della guerra che vuole abolire le guerre, nel socialismo una volontà di potenza degna di essere combattuta, nel liberalismo l'astuzia della colomba che vorrebbe contrapporsi alla mitezza del lupo comunista, Schmill è capace di analisi eccellenti. Tra queste, la descrizione del policentrismo, e quindi dell'intrinseca debolezza, della repubblica di Weimar, la spoliticizzazione della vita nei regimi liberali (nei saggi raccolti ne Le categorie del «politico»), la contrapposizione tra romantici e reazionari ne /I romamicismo politico, la stessa critica impietosa del razionalismo giuridico di Kelsen. Tullo questo, che appartiene al versante storico-critico dell'opera di Schmill, non è però sufficiente ad annullare l'impressione di artificiosità e spesso di insensatezza che emana dalle dichiarazioni di principio. Schmitt, ad esempio, si richiama spesso a Weber come a un maestro, ma è infinitamente lontano dalla sobrietà con cui quest'ultimo vive la tragica ~ esperienza del politico nel nostro tem- .St po. Anche per Weber la motivazione "' ultima del gioco politico è la potenza, i ma questa appunto, nel mondo, deve "' conciliarsi con la pluralità di razionali- "'> tà, sistemi di credenze e resistenze e :: valori, se vuole essere politica e non ~ mera testimonianza. ~ i Allo stesso modo il regno del politi- '3
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