Alfabeta - anno IV - n. 32 - gennaio 1982

Giappone..;M.,,i!lamTiada M inami Tada, che ha una cinquantina d'anni e riceve, dagli anni 70, un gran numero di premi di scultura in Giappone, è indubbiamente una delle più grandi artiste del mondo. La sua opera è già immensa. Se ne possono trovare degli esempi nelle principali città giapponesi. Di grande audacia, e di estrema semplicità nella concezione, le sue sculture sono caratterizzate dalla trasparenza e dal potere espressivo dei riflessi luminosi. Ognuna di ,esse presenta come una specie di ricettacolo del cielo e della natura: arte degli spazi aperti e della meditazione sullo spazio e la luce. Modesta e semplice, Minami Tada vive da sola, in una piccola casastudio alla periferia di Tokio, in cui lavora con alcuni allievi, ragazzi e ragazze, che la adorano. Per questa intervista, mi ha invitato in uno dei ristoranti più tradizionali di Tokio, per mantenere il tono più amichevole e naturale possibile. Ancora una volta. Junji ho mi fa da traduttore e interprete. È sera. Durante la nostra conversazione, le porte scorrevoli si aprono e si chiudono, e ogni volta delle cameriere in kimono blu notte ci servono una nuova portata. AJ. Che cosa pensa della situazione delle donne in Giappone? M.T. Sin dall'infanzia, sono stata molto cosciente della condizione molto chiusa delle donne giapponesi. Ho sempre voluto resistervi, perché in Giappone è molto difficile condurre. I parallelamente, una vita da donna giapponese e una vita da artista. Quindi, ho abbandonato la mia vita da donna giapponese: non mi sono sposata. AJ. Lei dice di esserne stata coscietlle molto presto? Perché? Se ne rendeva conto osservando sua madre? M.T. (Esita un po') Mia madre, certo, ma soprattutto i miei amici, Je amiche della mia famiglia ... (Silenzio) Una volta, quando facevo il liceo, il professore ha fatto una inchiesta su ciò che le allieve della mia classe avrebbero voluto fare dopo la scuola. Il 90 per cento ha risposto: essere madre, o essere moglie. AJ. E lei cosa ha risposto? M.T. (Ride) L'astronomo. AJ. A suo modo lei lo è diventata: nella sua scultura-specchio si possono osservare i movimenti del cielo, delle nuvole, delle stelle. Non è forse questo sogno d'astronomo che la ha spinta. inconsciamente. a cercare forme che creino uno spazio suscellibile di farci prendere coscienza del nostro ambiente naturale? M.T. (Mi ascolta gravemente. poi scoppia a ridere) Astronomo artistico. AJ. Per quali misteriose ragioni lei ha preso coscienza, prima delle sue compagne di scuola, della situazione delle donne giapponesi? M.T. (Dopo un silenzio) Leggevo molti libri, non storie d'amore, non mi interessavano, altri libri, soprattutto poesie, coreane o giapJX>nesi. AJ. Perché? I poeti giapponesi sono più liberi dei romanzieri? M.T. Più liberi, evidentemente. Ma non mi davano da leggere buoni romanzi. Preferivo le poesie di Roka Toktomi, i piccoli racconti poetici di Kawabata. Due cose che si legavano alla natura più delle storie che mi volevano far leggere. AJ.~ la sola ragione della sua precocità, nella presa di coscienza? M.T. No, sono stata molto influenzata da mio padre, che era molto liberale, non voleva separare la vita delle donne da quella degli uomini. Parlava pubblicamente della liberazione delle donne, di fronte ai figli. Mia madre, più tradizionalista, era però d'accordo. Mio padre resisteva contro la società, e insegnava ai figli questa resistenz.a. Quando gli dicevo di voler studiare molte cOse, mi aiutava. Diceva: cNon avere complessi nei confronti degli uomini». Mi ha anche insegnato lo judo e il kendo {il combattimento con la sciabola)! (Ride compiaciwa). C'erano sempre dei ragazzi che volevano dimostrare la loro superiorità sulle rag.anc. Mio padre mi ha insegnato a (Silenzio) M.T. L'uguaglianza tra uomini e donne ha cominciato a farsi sentire solo dopo la seconda guerra mondiale .. AJ.Credecheesistagià, in Giappone? M.T. Non è un cambiamento ideale, ma è un cambiamento, e cambierà ancora. Per esempio, ho delle allieve. Prova che le Giapponesi hanno più possibilità di indipendenza di prima. Quando avevo la loro età, non era possibile. La generazione di quelli che Dopo Aspromome. Gt1ribattli. ferito. scrh•e ;t suo «PO<'IIUI Awobiografico>t. (Da una fotografia della Colle1.io11eCuratulo. - Civica Raccolta delle Stampe, Milano). difendermi da loro. Gli devo molto. Mi ha sempre detto di fare quello che volevo. AJ. Che cosa faceva, che mestiere? M.T. L'ingegnere. Veniva da una famiglia di samurai, nella quale ci sono molti uomini di legge, giudici e avvocati. Era molto consapevole dei problemi della giustizia. Ho avuto anche un nonno astronomo, nell'epoca di Edo: alla maniera europea, con dei telescopi. Sono uomini di Kyuchu: sono mol• to attivi. Anche mio padre è nato a Nagasaki, il più grande porto del Giappone, quello che si è aperto per primo verso la Cina e l'Europa {lì Portoghesi e Olandesi sono sbarcati). Tutte le notizie dall"estero giungevano in Uu cappello di Gt1ribalcli. (Museo del Risorgimemo, Milano). Giappone attraverso Nagasak;i, Un altro dei miei nonni era un urbanista. A Nagasaki è cominciata la rivoluzione Meiji. AJ. Non a Edo, quando Meiji l'ha riba11euata Tokio? M.T. (con Junji lto, che aggiunge le proprie conoscenze) No, perché non c'era alcuna influenza straniera a Edo. Per questo gli intellettuali venivano a informarsi sulle cose europee a Nagasaki. La medicina moderna è cominciata in quella città. hanno 25 anni considera l'uguaglianza tra uomini e donne come una cosa naturale, ma ovviamente ne sono più consapevoli coloro che hanno una preparazione teorica. Per cambiare la situazione in modo radicale e definitiva ... ci vorranno cento anni. A.J. Cento anni? M.T. (Dopo 1111 silenzio) Qual è la situazione delle artiste in Europa? A.J. Si è cominciato a riconoscere l'eguaglianza delle artiste solo alla fine degli anni '50, con Vieira de Si/va e Sonia Delaunay,, poi con la scultrice Germai11eRichier. Ma ciò che è cambiato, è sopra11u110 il linguaggio, i critici d'arte; i mercanti non osano più dire ad alta voce ciò che, ILlll'ora,pensano. Quando si organizza una esposizione colle11ivadi artisti contemporanei, si pensa prima di tu/lo agli uomini, e poi si scopre che ne/l'elenco non ci sono tielle donne, se ne aggiungono a/l'ultimo momento, per cattiva coscienza. M.T. (Ride) Anch'io, tra i miei allievi ho scelto, prima di tutto, i ragazzi. Ma anche perché so che le ragazze avranno difficoltà a lavorare sino in fondo, a non abbandonare gli studi a causa del matrimonio. Chiamiamo il matrimonio: «L'ultimo mestiere». Un mestiere permanente. Una delle mie allieve, per esempio, che si è sposata e ha un bambino, deve affidare il figlio ai propri genitori per poter continuare a lavorare. Dei geni tori tradizionalisti, abbastanza duri. Ha un bell'aver cambiato la propria coscienza di donna grazie al lavoro, alle conoscenze: il sistema della famiglia non cambia. E poi, in Giappone non esiste una assistenz.a sociale sufficiente: il sistema degli asili nido è male organizzato, o inesistente. Ma le donne giapponesi sono molto potenti in famiglia, più del81bl1otecag1nob1anco le europee: a casa loro, dirigono tutto. Per questo non hanno coscienza dei loro dirilli sociali. Hanno troppo potere in famiglia. A.J. Oggi le artiste sono più numerose di un tempo? M.T. (Esita un po') Più numerose, ma il loro livello non è ancora abbastanza alto. Solo a partire dalla generazione di coloro che hanno 25 anni ci saranno, sicuramente, migliori art-istc in Giappone. perché la loro situ;uionc è migliore di prima. A.J. Che genere di difficoltà ha incontrato come artista donna? M.T. Mi sono comportata come se non esistessero resistenze, ma ho incontrato molti pregiudizi. Per molto tempo, non ho ricevuto premi, ma mi dicevo: non importa, continuerò a lavorare. A.J. Ma le giurie che le conferiscono premi sono composte prevalentemente da uomini, però lei è premiata. Dunque, hanno cambiato mentalità. M.T. (Ride) Lo spero. Voglio credere che i membri delle giurie pensino che le donne sono uguali agli uomini. Tra loro, ci sono molti intellettuali, e gli intellettuali cambiano più rapidamente. Berreuo con lo stemma de/l'Jrlanda, regalato a Garibaldi da alcune donne irlandesi. AJ. Ha fiducia negli intellelluali, per il riconoscimento dei dirilli delle donne? M.T. Si. (Rifle11e). Dopo la guerra, siamo stati obbligati a cambiare. li regime è cambiato, e la rapidità del cambiamento è stata maggiore di prima della guerra. Negli Stati Uniti, per esempio, dove la democrazia esiste da molto tempo, la velocità dei cambiamenti è minore che da noi. AJ. li fallo di non essere sposata le ha procurato delle ostilità? M.T. (Ride) Ho avuto molte noie per questo motivo. Mi hanno anche dettom- delle donne, non solo degli uomini- che se non mi sposavo non potevo creare opere interessanti, valide. Un nonsenso! C'è ancora gente che crede che abbia qualche amico che mi aiuta, che mi aiuta a creare le mie sculture, che mi dà delle idee! (Scoppia a ridere). E anche certi allievi, ragazzi e ragazze, nella scuola in cui insegno, credono che senza l'aiuto di qualcuno, non avrei potuto avere successo con le mie opere. È però vero che esistono delle artiste che chiedono aiuto agli uomini. A.J. Conosco anche ar1istiuomini che chiedono aiuto alle donne (Risate) M.T. ( Pensa) Il grande problema del Giappone, è il sistema della famiglia, a cui si lega il problema dello spazio, scmpi-e molto limitato, all'interno della casa, nella quale la famiglia si confronta continuamente con se stessa. essun membro della famiglia sfugge alla coscienza della famiglia. (Silenzio) A.J. Crede che ogni artista, uomo o donna, progetti la propria opera avvalendosi di elementi maschili e femminili, o crede che esistaun' «arte maschile» e wz'«arte femminile»? M.T. Non ho chiara coscienza di queste cose. A.J. Crede che l'ìndividuo debba can• celiarsi in quanto tale, nella sua opera? M.T. (Pensa) Non voglio esprimere il mio «io», ma l'o:io»dell'universo. Non si tratta di «cancellare l'io» dell'individuo. Ma non posso accontentarmi di «mostrare il mio io» attiaverso la mia opera. Vorrei piuttosto mostrare r «io» della società. '"'' A.J. Come se la società fosse, per lei, un solo individuo, con un suo io specifico? M.T. È vero che ogni artista cerca di dimostrare il proprio «io», ma secondo me cerca contemporaneamente qualcosa di più universale. Vuole porre il problema sociale nascosto in questa società. Vuole mostrare l'«io» della società che egli immagina. A.J. L'«io» di una società «ideale»? M.T. Il desiderio di una società possibile. Perché so di non potere esistere da sola, indipendentemente da tutto. Immagino una società ideale per me, e mostrando il mio io, mostro l'«io» della società che desidero. Quando guardo la materia della mia scultura, sono consapevole della distanza che mi separa da essa. Non mi proie110in quella materia, la guardo oggettivamente. Forse quello è l'«io» dell'universo. Ma è forse anche, in modo orientale, un altro modo di esprimere il proprio «io». A.J. Nella sua scultura, ciò che si muove è il cielo, i riflessi della luce: lei cerca di cogliere il tempo, come un telescopio. J.I. (Junji lto): Nella sua scultura, lei cristallizza il tempo. Attraverso la trasparenza- che è uno spazio- cattura il , tempo (Le traduce ciò che ha appena detto). M.T. (Dopo un silenzio). Penso che sulla strada della creazione vi sia sempre un momento in cui l'artista guarda obbiellivamente la propria opera. In Giappone, come in ogni paese. A.J. Si in Brancusi come in lei. M.T. Voglio che la mia creazione si rivolga all'universo. È una proiezione dell' «io», forse, ma questa proiezione è indirizzata all'universo. AJ. Come un doppio specchio, o come un luogo di passaggio? M.T. Come un luogo di passaggio. (Traduzione di Maurizio Ferraris) "'

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