Trimestrale'della Cooperativa scrittori e lettori Direttore responsabile • Paolo Mauri Comitato di direzione Gianni Celati, Giampaolo Dossena, Gaio Fratini, Giuliano Gramigna, Angelo Guglielmi, Alfredo Giuliani, Luigi Malerba, Walter Pedullà, Antonio Porta Numero 1 • Inverno 1981 A. O'Neil, M. Corti, T. Scialoja, I. Calvino, A. Tabucchi, L. Malerba, A. Giuliani, F. Pessoa, G. Fratini, C. Villa, A. Boatto, C. Salaris, G. Celli, F. Chiesura, A. Porta, E. Rothstein, G. Almansi, E. Gorey ina~mento Abbonamento per unanno (4 numeri) Lire 20.000 Inviare l'importo~: Cooperativa Intrapresa Via Caposile 2 • 20137 Milano Conto Corrente Postale 15431208 Imnpresa mailing 'ilgrande caso 80 imputati 21 detenuti 100 anni di carcerazione preventiva già scontati 2 anni in più ogni mese 100.000 pagine di atti 2 tronconi di inchiesta 2 opposte sentenze Questi alcuni numeri del caso 7 aprile Quasi tre anni di martellante campagna stampa. Rara la possibilità di rispondere pubblicamente alle accuse. Senza esito ogni richiesta di ottenere un processo. Per riacquistare il diritto alla parola e alla difesa, l'Associazione 7 aprile - 21 dicembre, apre una Sottoscrizione nazionale che consenta l'acquisto degli atti processuali e sostenere le spese legali. Ma intende anche offrirvi materiali che permettano di addentrarsi nei meandri del «grande caso». Chi è interessato può richiederne l'elenco, utilizzando il tagliando allegato, a: Associazione 7 aprile - 21 dicembre 103, via Tomacelli, 00186 Roma CCP. N. 23235005 Cfr. ,Giovanni Rame Ila Bagneri Autoritratto con gallo Milano, Mondadori, I981 pp. 112, lire 10.000 Le poesie di Giovanni Ramella Bagneri sono li per spiazzare chi osasse credere di restringere il linguaggio poetico in Italia entro riserve di caccia e territori ben circoscritti, bene educati, quasi da zoo moderno, quelli che trattengono gli animali selvaggi entro prigioni spaziose e piuttosto confortevoli. Il fare poesia di Ramella Bagneri_ costringe il linguaggio a misurarsi con immagini e figure inusuali, certo, nella tradizione italiana più esangue, caricate come sono di quell'allarme romantico che incarna la divisione tra bene e male nella rievocazione di angeli e demoni, bertoldi e coboldi, falci e lingue. I suoi debiti sono tutti nella figurazione, da Ligabue a Jeronimus Bosch, piuttosto che linguistici, e le sue riuscite sono tali in tutta chiarezza quando il liguaggio si fa puro teatro senza commento. Il rischio che corre Ramella Bagneri è questo: prendere confidenza col linguaggio fino al punto da cedere alla tentazione di una logica che si è costretti a definire «didattica>, cioè insignificante (in questo senso: priva di significati nuovi, prigioniera di comuni moralità). Cosi questa nuova raccolta (che comprende le poesie pubblicate nel («Collettivo• di Guanda nel 1978, che lo hanno rivelato almeno ai lettori più attenti) può essere divisa quasi in due, tra i sl e no che leggendo si è quasi forzati a scrivere in margine alle poesie. Metà del libro è incandescente e, direi, commovente (tante sono le implicazioni con la nostra storia recente costellata di buchi neri), mentre l'altra metà è opaco commento all'incandescenza, quasi inseguendo il bisogno di chiarire, con una logica più semplice, quello che la stringata e convincente dialettica delle immagini ci aveva già detto. Ci sono momenti che rievocano con forza passaggi vivissimi del nostro immaginario, da • Il volto» di Bergman alle sequenze finali delle • 120 giornate» di Pasolini, e ci sono pause che definirei polverose, da mistica minore. I momenti convincenti resistono a letture ripetute nel tempo e sono versi come questi: «Il tempo è scorticato, è osceno,/ la pioggia è fine, non lava... »~ «Qualcosa ti condurrà Iai labirinti della neve, I all'inganno del sempre del talvolta del mai...». G. Rondolino Visconti Torino, Utet, 1981 pp. 634, lire 48.000 Antonio Porta vi prego di inviarmi l'elenco dei materiali di documentazione sul caso Su Visconti (che certo non merita «7 aprile». tanto) sono usciti nell'ultimo anno due (c;,g=e--:-:. ~. ~. ~. ~. 7 volumi critico-biografici. Il primo - attualmente ritirato e coinvolto in una ; I ::me • ~::::::::::::::::::::::: I vertenza giudiziaria - era una storiella .,5 giornalistica e corsara della pin-up -li!_ l_s:p. ••• •••• Città • •••••• •• •• ~ scrittrice Gaia Servadio, che con una 8io110 ecag1noo1anco mano raccontava gli incontri di Visconti, paragonando le sue apparizioni a quelle di un dio greco, e con l'altra dispensava pettegolezzi e cattiverie non sempre a sproposito. Fotoromanzo del tutto diverso è il libro di Rondolino che è il primo studio sistematico e complessivo sull'attività di Visconti.· Visconti è un autore particolare, oggetto di grandi amori e di disprezzi radicali: è difficile trovare su di lui uno studio equilibrato che riesca a non irritare i differenti schieramenti. Rondolino scrive un libro che punta a rendere trasparenti le strutture e i modi del linguaggio e dell'immaginario viscontiano, senza i fraintendimenti e le infatuazioni, e senza i dogmatismi e le confusioni di tanta critica vecchia e nuova. Cosi Rondolino può ridimensionare gran parte dell'ultima attività di Visconti, cogliendovi bene il passaggio da un immaginario dominato da «ragioni storiche e ideologiche• all'attrazione per i «conflitti della coscienza», per i «torbidi contrasti dell'esistenza> di cui la società diventa soltanto il «riflesso esterno> e, insieme, può rivelare come la mancata saturazione di questi due orizzonti costi~uisceil fondamento di tanti scacchi del Visconti maturo (da Vaghe stelle dell'orsa a Lo straniero, da Gruppo di famiglia in un intemo a L'innocente). Ma anche le analisi di filmpiù riusciti di Visconti non mancano di rilevare le distonie e le incongruenze di uno stile troppo spesso privo di misura. Ad es. di La cadUJadegli dei Rondolino sottolinea come la cura dei particolari scenografici, «l'abbondanza dei simboli nazisti>, producano un «realismo antiquariale» un po' falso, un supporto visivo manieristico e decorativo, cui si sovrappone senza integrarsi la rappresentazione di una tragedia non storica ma privata, realizzata nel segno del Grand Guignol e della crudeltà. Ma la parte più nuova del libro è probabilmente la ricostruzione della formazione culturale e dei primi anni dell'attività cinematografica di Visconti. Sulla base di ricerche storiografiche molto puntuali Rondolino individua non tanto negli anni vissuti a Parigi durante il Fronte Popolare e nel rapporto con Renoir, quanto nel periodo romano e nelle strette relazioni con gli intellettuali comunisti del gruppo Cinema, l'esperienza ideologica e culturale fondamentale di Visconti. Cosi Ossessione viene interpretato come una sintesi estetica particolare prodotta dalla cultura antifascista e realizzata grazie ad un'opzione stilistica rigorosa e non come la proiezione nel milieu italiano del modello linguistico del realismo poetico (o nero) francese. E La terra trema è letta, in opposizione a tutta la critica impegnata, non come un esempio di realismo popolare per eccellenza, ma come una struttura estremamente elaborata, che media sempre il rapporto tra il reale e l'artistico per mezzo di «un filtro colto. raffinato» ed attua una riscrittura estremamente formalizzata degli eventi. Estremamente documentata è anche l'attività di regista di teatro e di lirica di Visconti. Nell'analisi degli spettacoli messi in scena da Visconti, Rondolino sottolinea l'emergere di una diversa concezione dello spettacolo, che distacca ulteriormente Visconti dalla poetica del neorealismo: è l'idea del melodramma ccme «quintessenza dello spettacolo, armonica fusione e integrazione di tutti gli elementi propri dei vari generi spettacolari, tanto del cinema quanto del teatro». È la scelta per il linguaggio, la struttura dell'immaginario e gli stilemi del melodramma come modello estetico privilegiato. Rondolino rileva come Senso sia, in ~uest'ottica, l'opera-chiave: non tanto il P~ssaggio dal neorealismo al realismo, come era stato detto, quanto la trasformazione del romanzo storico e del dramma soggettivo in melodramma. Da Senso in poi Visconti diventa, in vario modo, il regista del melodramma. Ottocento? Paolo Berte/lo Rosa Rosà Una donna con tre anime a cura di Claudia Salaris Milano, Edizioni delle donne, 1981 lire 5.000 I revivals a tutti i costi, le schegge del passato, il reperimento delle infinite minuzie che costellano la storia della letteratura non sempre riescono a superare il puro scopo della documentazione o della solerzia accademica. A meno che colui che veste i difficilipanni dell'archeologo non riesca a illuminare della sua passione, del suo occhio trasfigurante, anche l'oggetto più povero, più disperso. È ciò che muoveva nelle sue decennali ricerche, il compianto Glauco Viazzi e che oggi potrebbe tro.vare fra i giovani validi continuatori. Uno di loro è certo Claudia Salaris che presenta a un pubblico più vasto del consueto un singolare romanzo di Rosa Rosà, pittrice, polemista, scrittrice che partecipò al collettivo poetico che si creò intorno all'«ltalia futurista• dal 1916 al 1918. Il libro curato dalla Salaris è composto dal romanzo che narra la metamorfosi di una tranquilla casalinga in ipotetica donna del futuro attraverso lo scatenamento di forze occulte e sovrannaturali, da una serie di articoli della Rosà sulla «questione femminile» e la sua intrinseca forza antiborghese e infine una piacevole riproduzione di alcuni suoi quadri. Il libro offre almeno un paio di importanti temi di discussione: intanto la linea narrativa della Rosà è una linea decisamente minoritaria nei confronti della strada maestra battuta dal romanzo in Italia che è sempre stato più realista che visionario, più passatista che futurista, più frammentario che «sintetico». E poi la partecipazione numerosa di queste autrici al movimento futurista, movimento militante e militarista quanto mai, sollecita domande e riflessioni. Sarebbe possibile estendere la documentazione raccolta da Lea Vergine per la partecipazione femminile all'avanguardia nelle arti figurative alla letteratura? È una domanda cui la stessa Claudia Salaris, continuando la sua ricerca. può offrire valide risposte. Rit11tfa1,u,rù, frahouu Silvio Wolf Mostra Personale Mercato del Sale Seconda Galleria 16 dicembre 1981 - 11 gennaio I 982 La fotografia di Silvio Wolf ci propone un viaggio lungo le linee sempre più incerte che segnano i confini fra l'analisi del reale e la sua trasfigurazione magica. L'analisi: Wol(ha scelto delle coppie di immagini che oppongono dentro e fuori, prima e dopo, in una sorta di ricostruzione analogica del dispositivo linguistico, di modo che ogni istante-concetto-immagine ha senso solo in quanto viene messo accanto alla sua negazione, all'evento contiguo che ne garantisce la realtà come pura possibilità nell'ambito di una serie logica. Le immagini accoppiate sono infatti chiari residui di serie, rovine di tentativi di cogliere l'orizzonte della totalità, utopie impoverite e ridotte a repertorio, piccoli inventarli di mondi e dei loro frammenti dispersi. La trasfigurazione magica: guardando e riguardando le immagini (ma anche leggendo i testi di Wolf che parlano del suo lavoro) ci si rende conto che in esse vi è molto di più della rabbia per la frustrazione che il dispositivo linguistico impone al nostro desiderio di totalità; c'è una tensione positiva delle assenze che trasforma ogni coppia di immagini in un segno di parentesi, in un confine immaginario che racchillde uno spazio vuoto. Vuoto non significa dissolto nel nulla, ma attraversato dal fascino ambiguo dell'indifferenziato, apertura su ciò che non è concettualizzabile, al di là dello spazio e del tempo scandito dai momenti irrigiditi in immagine. Per capire come funziona la magia di Wolf basta annullare con l'immaginazione la distanza-differenza che separa gli elementi di ogni coppia; è lui stesso a indicarci come si fa, nell'unica - bellissima - immagine singola di tutta la mostra: essa sembra svelarci due mondi (l'interno di un cortile e l'esterno di un paesaggio desertico) e la storia del loro rapporto attraverso le aperture che ne mescolano le luci, invece, ci precipita nel buco nero dello spazio buio e sconosciuto che li separa. Ciò che conta non sono i mondi ma le porte di accesso: se vi entriamo possiamo galleggiare nel Caos, nella sospensione di ogni successione spaziotemporale. Qui si ferma ogni omologia fra immagine e segno linguistico: la porta non è una metafora, non c'è niente da interpretare, se si vuole si può entrare. Carlo Formenti Giuliano Spazzali La zec:cae il i:arbuglio. Dai processi allo Stato allo Stato dei proc:es.si Milano, Machina Libri, I 981 pp. 229, lire 7.000 Una raccolta di scritti di Giuliano Spazzali non dovrebbe riservare sorprese a chi abbia vissuto dall'interno (o anche solo da vicino) le vicende del «movimento» dalla fine degli anni '60 ad oggi; in primo luogo perché si tratta qui di testi (salvo qualche articolo inedito) già pubblicati da varii giornali e riviste e in ogni caso circolati a livello di massa per altri canali, ma soprattut10 perché il personaggio, già molto conosciuto per la sua attività di Soccorso Rosso, è suo malgrado divenuto una «star» da quando si è venuto a trovare sotto i riflettori dei media nelle fasi più spettacolarizzate del caso 7 aprile-21 dicembre. Invece le sorprese ci sono e riguardano l'insospettato spessore di documento storico che questi articoli assumono, messi così cronologicamente in fila dai processi Valpreda e Feltrinelli a quello dell'autonomia, passando per ilcaso Krause ed altri. Ci si domanderà come sia possibile parlare di documento storico in relazione a frammenti di analisi così poco «obiettivi• (Spazzali non nasconde il suo essere di parte1 non solo come appartenenza alla sinistra rivoluzionaria, ma anche come precisa collocazione ideologica nell'ambito di quest'ultima). Ebbene: l'obiett.ività- il valore di documento - è il prodotto di un effetto di posizione. Spazzali è in primo luogo un avvocato che parla di processi, sia pure tentandone una interpretazione politica, ed è proprio la specificità del suo discorso che finisce per svelarci come -purtroppo- la storia degli ultimi dieci anni non possa essere ricostruita se non come storia giudiziaria. Emergono così le linee di un percorso di trasformazione di migliaia di militanti politici in avvocati di se stessi e dei propri compagni di strada, un percorso che si specchia in negativo nell'opposto processo biografico di Spazzali: da intellettuale tecnico del diritto al servizio del movimento alla coscienza di poter essere persona «di sinistra» solo rifiutando un ruolo paurosamente svuotato dalla duplice tenaglia della strumentalizzazione terrorista del Partito Armato e dello Stato dei processi . c.f
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