I tre scritti seguenti sono un apporto di redattori di Alfabeta al convegno «Città e metropoli», organizzato per il 213/4 ottobre a Ferrara dal Comune e dalla Regione Emilia-Romagna. Alfabeta raccoglie cosi /'invito rivolto a numerose riviste culturali ad una autonoma partecipazione al dibattito sui diversi temi proposti dal convegno stesso. e he cos'è l'esilio? Questa è una di quelle. domande apparentemente molto banali, o semplicemente pretestuose, che finiscono per porre piil di un problema a chi le ha formulate. Etimologicamente (latino ex-si/io), ma anche storicamente, l'esilio è un andarsene («saltar via») da qualche luogo. Ma, ecco la questione, non tutti quelli che se ne vanno da qualche luogo sono necessariamente esuli. Se decido di stabilirmi ad Acapulco, mettiamo, è difficile che qualcuno non in malafede applichi alla mia persona l'etichetta del perseguitato. Dunque, c'è qualcosa di piil. Ci sono delle proprietà che fanno dell'esilio un esilio. E sono proprietà relative infatti nori tanto all'a!to dell'andarsene, nè a colui che se ne va. Sono piuttosto, mi sembra, proprietà relative al luogo abbandonato. Dimostrazione. Pensiamo. ai due verbi, contrapposti ma coincidenti in origine, che caratterizzano l'esilio: esiliare e esulare. Esiliare implica un agente, appunto colui che manda in esilio forzatamente qualcuno. Ma il «mandare» in esilio implica a sua volta una co-localizzazione dell'esiliante e dell'esiliato. In altri termini l'agente risiede di necessità nel luogo che deve essere abbandonato da colui che sarà esule..,. , :-.i . Il termine ,imP,liq1 però anche un divenir.estorico delle loro co-residenza. L'agente progr.,_essi~~m5.\IJ~_.a_no~, che improvvisamente, espropria -il luogo ai danni del suo antagonista. E in nome di .tale esporpriazione può pr~ndere decisioni che privapo quest'ultimo di un luogo, anzi di quel luogo. Ne discende una conseguenza logica: da un momento nel·quale gli individui (l'agente e il suo antagonista) sono delle proprietà dei luoghi (in quanto vi appartengono) si passa ad un momento nel quale si sancisce che i luoghi sono proprietà degli individui (cioè si attribuisce ai luoghi la proprietà di essere delle proprietà). Esulare è uri.verbo piil desueto. In origine significava (come esiliare del resto) andarsene ll1 esilio,'cioè appunto andarsene da un luogo. La spazializzazione implicata dal verbo in origine è però rimasta anche nell'uso moderno. «Tutto ciò esula dalla mia competenza», si dice ad esempio. Ovvero si intende qualcosa, e non solo qualcuno, che sta fuori da un luogo. Solo che «luogo» non è un luogo geografièo, ma soprattutto un luogo culturale (ricordiamo che il sapere, ccislcome è organizzato nell'enciclopedia, è costruito come una rete per l'appunto topologica, e non cronologica, di oggetti). Anche nella accezione piil vasta, dunque, un sapere è «esule» quando non è piil proprietà di un luogo. Individui e saperi, in conclusione, sono entrambi esuli da qualche luogo, quando questo luogo diventa proprietà di alcuni individui e di alcuni saperi. L'argomento di interesse diventa allora: quali sono, e. quali caratteristiche hanno, i Iuoghi maggiormente passibili di divenire proprietà di qualcuno? Azzardo una risposta plausibile, per quanto banale: sono tutti quei luoghi sottoposti ad una organizzazione della società e della cultura molto forte, e perciò centralizzata. Non c'è esule da un sistema non centrato, perché questo non può esprimere appunto una forza centrifuga. In termini di organizzazione sociale ed in termini di conseguente organizzazione territoriale, il luogo centrato Il conf/itt_ourbano Teoria dell'esule per eccellenza è il luogo delle decisioni, la metropoli. Per metropoli andrà inteso però non solo. il grande agglomerato urbano, ma in senso piil lato ogni accumulo di poteri decisionali centrali. Una grande rete televisiva, per esempio, è un centro metropolitano, ma la sua vera collocazione in una capitale di stato non è pertinente rispetto al suo ruolo. Questo anche se dobbiamo ammetOmar Calabrese vita metropolitana non è nemmeno concepibile senza che tutte le attività e le relazioni reciproche siano ordinate con la massima puntualità in uno schema temporale fisso e indipendente dal capriccio soggettivo... La puntualità, la prevedibilità, l'esattezza che sono imposte alla ·vita metropolitana dalla sua complessità e dalla sua estensione non solo in rapporto strettissimo col suo carattere monetario e intelletpolitanità, è, perfino nelle parole del relativista e metafisico Simmel, dotato di caratteristiche che potremmo dire «rivoluzionarie». t infatti uno che vuol determinare da sè le proprie forme di vita, è uno che sente detnro di sè impulsi «sovrani», è uno che perdesiderio di libertà individuale viene espulso da un luogo, che qualcun altro espropria piil o meno violentemente. t sostanzialmente il prototipo di quello che la tradizione marxista chiama •alienato». Tanto è vero che, dall'ostracismo ateniese a Mazzini a Lenin ai fratelli Rosselli al presidente Pertini, l'esule può difendere la propria personalità rivendicando il diritto (rivoluzionario) a ritornare nel luogo da cui è stato esiliato. Questa rivendicazione assume, nella tradizione di sinistra, la forma del sacrificio e della lotta politica. E, a causa di. tali caraiteri, fa divenire la figura dell'esule una figura.eroica, fortemente· passionale. • Una figura, sarà bene sottolinearlo, mitica. Tanto è vero che nella storia, ogni volta che un regime dispotico ha cercato di eliminare fisicamente i propri oppositori in esilio, ha finito per trasformarli in simboli libertari di ancor maggiore grandezza di quando essi restavano in vita. Quello dell'esule, è noto, è stato uno dei miti di sinistra di maggior efficacia, e spesso anche di maggior peso politico. Ma anche qui; mi pare, le cose stanno lentamente ~a inesorabilménte ca;,;bìando'.l'!èlquadro.del progrètsivo smantellamento dei miti di sinistra, anche quello dell'esule sta subendo i duri colpi della repressione. Una repressione che però non avviene sul piano puramente fisico, nè su quello della dialettica, bensl direttamente sul piano del simbolico. Il mito dell'esule, vorrei suggerire, viene oggi stravolto a livello di rappresentazione dell'esule. Mentre la sostanza del contenuto, l'esilio vero e proprio, cambia semplicemente apparenza, ma continua ad essere, sia pur sottilmente, pral ticato. Cominciamo,con la prima affermazione. La figi:iradell'esule viene oggi '---------------------------------' sempre più svalutata simbolicamente. Nusch Eluard, Va/entineHugo, A.Breton, Y. Tanguy, cadaveresquisito,/934 1967: golpe dei colonnelli in Grecia. tere che statisticamente è fuori ciidubbio che i centri decisionali finiscono poi per coincidere geograficamente con metropoli nel senso stretto del termine. Due definizioni di Georg Simmel vengono a proposito per chiarire l'aspetto funzionale della metropolitanità, e le ragioni del suo realizzarsi in una forma urbana che chiamiamo grande città. La prima viene dalla ben nota Philosophie des Geldes (Dunker und Humblot, Leipzig 1900): «t nella natura della simmetria che ogni elemento di un tutto acquisti la sua posizione, la sua legittimità e il suo significato solo in rapporto a un altro e a un centro comune, mentre, laddove ogni elemento obbedisce solo a se stesso, è inevitabile che il tutto assuma una forma assimmetrica e accidentale». Qui Simmel chiaramente definisce in termini di centralità e sistematicità il carattere delle organizzazioni sociali che lui definisce «dispotiche» (vi mette anche il socialismo). E in un altro saggio, dal suggestivo titolo Die Grossstiidte und das Geistesleben (Jahrbuch der Gehestiftung, 9, 1903; anche in Brucke und Tur, Koehler, Stuttgart, 1957) collega poi la centralità formale dei sistemi decisionali centrali con la centralizzazione effetti- -vadella grande città: «La tecnica della tualistico, ma non possono fare a meno di colorare anche i contenuti della vita e di favorire l'esclusione di quelle caratteristiche e di quegli impulsi irra- _:?ionali,stintivi e sovrani che tendono a determinare da sè la forma di vita invece di riceverla dall'esterno come uno schema universale e rigidamente definito». e i siamo imbattuti, forse, nella migliore definizione dell'esule moderno: l'esule metropblitano, che «tende a determinare da sè la forma di vita». Un esule, insomma, che è tale solo e semplicemente per la sua metropolitanità in conflitto con la centralizzazione decisionale implicata da quella stessa metropolitanità. Concetto che nell'epoca moderna, e nella civiltà occidentale, diventa ben piil largo di quel che pensava Simmel, il quale ancora faceva differenze fra metropoli e periferia; oggi la periferia è semplicemente appendice della metropoli: i mezzi di comunicazione di massa, e anche questa è una banalità, uniformano alla metropoli i modelli sociali e culturali, privando però la periferia tlei vantaggi qualitativi tipici della metropoli. Ma torniamo un istante al nostro esule e alla sua definizione teorica. L'esule classico, pur nella sua metroMigliaia di democratici vengono eliminati fisicamente, o incarcerati, o spariscono catturati da bande para-legali. Molti fuggono all'estero, è vero. Ma insieme a loro giungono dalla Grecia migliaia di studenti che esuli propriamente non sono (anzi, hanno il denaro per frequentare università per esempio italiane superando il numero chiuso delle università elleniche). Però si presentano come esuli, A. Masson, Y. Tanguy e altri, cadavere squisito, 1925 «rubano• sul piano linguistico la rappresentazione del perseguitato politico. Per esempio, fingono di comunicare la loro condizione esibendo un segreto; fingono necessità economiche e fingono di chiedere solidarietà; fingono la lotta politica comunicando presunti «segreti» dal regime, in realtà perfettamente noti. Molti di loro risulteranno, alla chiusura dei conti, semplicemente dei parassiti. Ma moltissimi risulteranno addirittura spie dei colonnelli. 1973: golpe in Cile. Anche qui stragi, sparizioni, torture. E anche qui esuli in massa dal paese andino, seguiti a breve distanza dagli esuli argentini dopo la caduta di Isabelita Peron. Ma anche qui, accanto al numero dei veri esuli e dei veri militanti politici, comincia ad apparire una folta schiera di pretendenti esuli sudamericani, che ripete le caratteristiche appena descritte per la Grecia, con qualche elemento in più. La rappresentazione dell'esule non è più infatti semplicemente verbale o comportamentale, ma anche figurativa. L'esule presunto sudamericano si configura ad ·esempio come portatore di una cultura popolare, indigena e autoctona. L'esule sudamericano è uno che canta, che suona strumenti locali ed è uno che _assaispesso veste il poncho. Purtroppo in Sudamerica i conti non si sono chiusi affatto, e la repressione continua inesorabile. ; ,, M a un dato t~ùavia' emerg~ CÒ 0n• chiarezza: che il Cilee I'Argentina non danno piil quella forte scossa emotiva che portava anche in Italia duecentomila pérsone a manifestare in piazza al canto degli Inti Dli;.;. mani. La citazione non è dotta, rria senza dubbio efficace: J,.,ucioDalla, in una sua notissima callzòne, recitava qualche tempo fa «La musica andina, che noia morta!e1,son più di tre anni che resta ~empre uguale». • 1980 e 1981: Iran. Tre tipi di esuli: Khomeini a Parigi prima della «rivoluzione»; Ciro Phalevi dopo; Bani Sadr poi. li cambiamento è avvenuto perfino sulla «qualità» ideologica dell'esule: nessuno dei tre tipi è infatti più di sinistra. Ma la loro rappresentazione è assolutamente identica a quella dell'esule di sinistra, enon si associa affatto, ad esempio, alla figura del regnante in esilio, come poteva essere il nostro Umberto di Savoia, o l'argentino Peron, o Costantino di Grecia. Non c'è, insomma, nè la fuga ignominiosa successivaalla scoperta popolare delle sue malefatte; nè lo sdegnoso ritiro in seguito all'incomprensione degli incolti sudditi che si ribellano. C'è piuttosto la costruzione in chiave narrativa di un esilio come forma di lotta. Primo movimento: la fuga è descritta in termini di martirio e di scelta per la libertà. Secondo movimento: il proclama politico, con le accuse di tendenza tirannide ai detentori del potere nel luogo di partenza. Terzo movimento: assicurazione di mantenere il favore incrollabile del popolo. Quarto movimento: creazione di suspence mediante avvertimenti, azioni dimostrative, e soprattutto l'espressione della certezza nella rapidità del proprio ritorno in patria per la fatale caduta dell'antagonista e per l'acclamazione plebiscitaria del popolo stesso. Ho fatto tre esempi secondo me clamorosi di come non solo l'esule venga cosi espropriato di un luogo, ma perfino delle caratteristiche mitiche ed ideologiche derivanti dal fatto di essere un espropriato. Del resto, vorrei
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