Alfabeta - anno III - n. 29 - ottobre 1981

U n quadro difficile, una storia senza azione, frammenti di mondo quotidiano legati nell'eternità, una logica stringente e che tuttavia lascia perplessi. È stato notato che i guanti d'acciaio deposti da Federico da Montefeltro davanti alla Vergine mostrano persino un orlo del velluto rosso che li riveste all'interno. Eppure sono eluse le domande principali. Chi sono i personaggi (per esempio il grande vecchio sulla destra: San Giovanni Evangelista, Sant'Andrea, San Paolo?) e a che specie appartengono (angeli senza ali, santi senza aureola) e dove sono rispetto all'architettura che li ospita: sotto una cupola immaginaria, o davanti ad essa, owero in fondo, verso l'abside? Ma anche domande esterne: per quale chiesa fu dipinta la pala, e in quale data, e se era sempre stata delle misure di oggi. Le note che seguono intendono soltanto fornire una traccia alla lettura; l'augurio è che possano essere controllate direttamente, a Brera, davanti al dipinto, del quale comunque i mezzi di diffusione consegneranno presto a tutti un'immagine diversa da quella a cui eravamo pigramente abituati. Necessità del restauro. La pala è stata restaurata Ilei 1980-81, da Pinin Brambilla Barcilon, che si è avvalsa delle analisi chimico-fisiche della professoressa Elisabetta Gallone, del Politecnico di Torino, di radiografie e di riflettografie agli infrarossi, queste ultime eseguite dall'Editech di Firenze. ll'q_uadro non riscltlava, di cadere a pezzi ed effettivamente nulla è stato fatto al.laintelaiatura ottocentesca che ne tiene ferme tè assi, disposte orizzontalmente, di <:uiè composto. Ma il restauro era da anni nei voti di tutti., I colori del dipinto erano infatti irriconoscibili, le luci attenuate; spessi strati di vernici lo ricoprivano e, quel che è peggio, la prima verniciatura vi aveva fissato sopra un grigio spessore di polvere. Provenienza della tavola. Nel registro di Brera, l'entrata del dipinto è" segnata il 10 giugno 1811: «Urbino, Riformati (cioè San Bernardino). La Madonna, vari santi, con molti ritratti della Famiglia del duca di Urbino ... Fra Carnevali». L'attribuzione a Piero della Francesca sideve al Cavalcaselle. Pasquale Rotondi ha dimostrato che San Bernardino fu costruita dopo la morte di Federico, il che sembra escludere che la tavola sia stata eseguita per quella chiesa, anche se ultimamente Eugenio Battisti ha sostenuto la tesi opposta. Dimensioni della tavola. Si è supposto che fosse stata risecata ai lati e tagliata in alto. Le indagini del restauro provano che non fu mai tagliata in alto, ma certamente diminuita di qualche centimetro sui lati. La scoperta nuova è che manca un'asse in basso. Datazione. Le date proposte vanno dal 1466 circa (Shearmann) all'estate 1472-estate 1474 (Meiss). Le oscillazioni riflettono l'incertissima cronologia dell'opera di Piero. Millard Meiss ha però dedotto la sua datazione da una lettura iconologica della tavola e dal riferimento degli elementi così raccolti alla biografia di Federico da Montefeltro. Prima constatazione: dalla conchiglia dell'abside pende un uovo di struzzo. Poiché, secondo la tradizione, la femmina dello struzzo depone le uova che vengono covate dal sole, l'uovo rappresentato nella pala allude ad una nascita eccezionale, quella del figlio di Battista Sforza (morta il 6 luglio 1472 e il cui posto è assunto nella tavola da San Giovanni Battista). Un quadmdifficle Seconda prova: nell'agosto del 1474 Federico venne insignito di molti titoli e onoreficenze di grande importanza, che nei ritratti posteriori a quella data sono regolarmente esibiti. La loro assenza nella pala di Brera prova che quando questa fu dipinta il committente ancora non era diventato duca, membro dell'ordine della giarrettiera, dell'ermellino etc. Vi sono però le difficoltà tipiche che incontra una lettura ai piedi della Vergine come un tributo, e se la Vergine siede non su un trono vescovile, ma su una sella plicatilis identica a quella rappresentata nel trionfo di Federico e di Battista nel rovescio del dittico degli Uffizi, allora non dobbiamo più chiederci perché non sia rappresentata anche Battista. Le mani di Federico. Notando lo scoperto interesse di Piero della Francesca per la pittura fiamminga, RoberPiero della Francesca: Sacra conversazione. Milano. Pinac01eca di Brera iconologica nella sua unilateralità, mentre molti elementi spingono a una nuova riflessione. L.G. Boccia e E.T. Coelho hanno datato l'armatura, sicuramente milanese, indossata da Federico, al decennio 1450-1460. Dopo 'il restauro è apparso evidente - e sono grato al Prof. Gallone per questa osservazione - che l'elmo di Federico presenta un'ammaccatura e che la celata è appena slabbrata in corrispondenza del naso. Le probabilità che quella rappresentata fosse l'armatura che Federico indossava nella giostra del 1450, allorché un colpo di lancia penetrò attraverso la celata, gli spezzò il naso, raggiunse l'occhio destro e quasi toccò il cervello, sono dunque molto forti. Tuttavia Federico non dimostra certo i ventotto anni che aveva allorché gli occorse il tremendo incidente. Si tratta dunque di un quadro commemorativo. Commemorativo, evidentemente, della vita di Federico. La Madonna nella chiesa. Ai piedi della Vergine, Federico ha deposto le manopole d'acciaio e il bastone di comando. E se è lui il personaggio su cui è incentrata tutta l'attenzione, se il quadro tratta dei rischi mortali cui è esposto un uomo d'armi, se il bastone di comando e i guanti sono deposti to Longhi scriveva: «ma di quanto per tempo 1ntendesse Piero arrestarsi in questa seconda ricerca, lo dimostra il fatto-fosse anche awenuto per un'incidenza del tutto materiale- che, giunto alle mani del duca Federico, egli dovette cedere il passo al pennello dello spagnolo di educazione nordica, Pedro Berruguete, il quale non si peritò di astrarre dall'unità tonale dell'opera, pur di saziarsi in piccole verità epidermiche». Le indagini condotte durante il restauro hanno però dimostrato che le mani Piero le aveva dipinte e che quelle «fiamminghe» stanno sopra quelle di Piero. È difficiledare una risposta al perché di questo intervento. Che tuttavia non si limitò a coprire le mani dipinte da Piero, ma cancellò anche un gioielloche fermava sulla fronte la cuffia della Madonna. Ma perché lo stesso pittore di educazione nordica non aggiunse anche la giarrettiera e le altre insegne del duca, giacché c'era? Evidentemente perché non si voleva.cheç_omparisseroin que-· sto quadro particolare. La loro assenza non ha dunque alcun valore cronologiCO. L'uovo di str;,~o. I livelli di significato possono essere diversi, da quello familiare - lo struzzo è fra le imprese dei Montefeltro - a quelli più genericamente religiosi - allusione alla fecondazione di Maria attraverso lo Spirito Santo, etc. Gilbert ha posto l'uovo in relazione con la descrizione di Pausania del tempiò in cui la sacerdotessa venerava l'uovo di Leda appeso al soffitto con dei nastri. Si tratta di una connessione che è molto arduo dimostrare; ma è interessante aver posto Piero della Francescà in contatto con la cultura greca verso cui sollevava una nuova attenzione in quegli anni Ciriaco d'Ancona. La particolare ·classicità di Piero è infatti certamenté" in rapporto, assai più che con Roma, con le opere greche conosciute a Venezia (per esempio i cavalli nel dittico degli Uffizi) e a Rimini (una testa greca in rilievo dal museo Guidotti di Rimini, murata in Campidoglio, è fra le più pierfranceschiane di tutti i nostri musei). L'orchite/tura. Specialmente Millard Meiss ha rilevato l'importanza del dipinto di Piero come il primo, nell'arte italiana, in cui appaia la Vergine all'interno di una chiesa, secondo un'antica iconografia rinnovata dalla pittura fiamminga e con una scelta che avrebbe avuto grandi conseguenze sulla pittura veneziana. Piero ha cercato di dare un senso razionale all'architettura da lui immaginata e di stabilire un rapporto fra figure e architettura che desse pari maestà a entrambe. Ma per ottenere questi risultati ha dovuto nascondere quegli indizi che avrebbero dato un'indicazione topografica troppo precisa. Mentre nella Flagellazione ha bene indicato le lastre che compongo- "' ;1p,Smoo<o, 0010,doc; ooò d; tracciare una pianta !esatta dell'architettura immaginata, qui è stata presa ogni cura nell'impedire che apparissero in primo piano punti di riferimento sicuri. Quando la tavola si prolungava ancora di un'altra asse in basso, la profondità del quadro doveva apparire maggiore e dunque più convincente il rapporto fra il piano di proiezione e i due pilastri più vicini allo spettatore. Questi sembrano infatti inquadrare la scena, ma I.eloro comici sono in realtà collocate al di là del piano su cui si trovano le figure. I L e in_dagini che I sta c~nducend~ Mana Marcella Sortem, e su cui sarebbe prematuro riferire, per la prima volta hanno tentato la ricostruzione della prospetti~a ideata da Piero direttamente sul quadrò, con risultati che hanno modificato notevolmente le letture precedenti. Un elemento di grande interesse è, per esempio, che la linea d'orizzonte non si trova all'altezza degli occhi della ,Madonna, come risultava nei rilievi eseguiti finora, ma attraversa gli occhi-degli angeli. Risultalo: la profonditli' della scena è avvertita più distintamente, la sacra conversazione non è più cosi colloquiale con lo spettatore come sembrava, ma più,remota, assorta in un mondo a s~, fra esseri di èhi non ci è dato di intuire un immediatd rapporto ·con le proporzioni reali. Le luci. Una luce solare investe ora 1'11rchitettù'rai;rrompe;alle spalle delle. figure, bàhe sulla'conchiglia e·sull 'uovo sacro, accende ri~essi sulla breccia scura del gradino calcato dagli an_geli, suscita bagliori imprJ°vvisinelle loro vesti leggere. 1 La logica di quest~ luce non corrisponde a nessuna persuasiva teoria delle ombre, tanto eh~Corrado Maltese ha supposto che Piero avesse voluto raffigurare non un'architettura vera, ma unajicta, una prospettiva di stucchi come quella realizzatk da Bramante in San Satiro. I Forse un'ipotesi non del tutto necessaria, se comunqud Piero avrebbe dovuto costruire prospetticamente la sua architettura, ma suggestiva per sottolineare il carattere visionario dell'illuminazione di tutta la scena. Dopo il restauro questa luce appare cosi potente e ricca di episodi da far addirittura dubitare che la crociera posta alle spalle dei personaggi sia effettivamente un'architettura chiusa, e non piuttosto un grande portico. Ma con una sensibilità nuova, che dimostra la lunga consuetudine con la pittura fiamminga (è interessante che i riferimenti di Piero siano a van Eyck e a Petrus Christus, mai a Joos van Ghent e ai fiamminghi degli anni '70), Piero segnala il rapporto fra la luce celeste che invade la sacra riunione e l'ambiente reale in cui si trova lo spettatore. Nello spallaccio e nella corazza di Federico, replica infatti più volte una finestra, più luminosa, a Nord, ed una meno, a Sud. Queste luci sono alle spalle dello spettatore e rischiarano un ambiente ecclesiastico, assai meno illuminato di quello in cui si trovano la Madonna, i santi e il guerriero in preghiera. È un rapporto fra cielo e terra, che è qui indicato? e perché il Bambino riprende, come è stato già notato, il tipo dell'eroe addormentato cosi caro alla scultura funeraria romana? Potè il quadro di Piero essere destinato a quel mausoleo a forma di tempio «rotondo• che Federico aveva intenzione di erigere come un larario nel palazzo stesso di Urbino?

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