Blackout Lettera aperta di Paolo Volponi a Jaroslav Novàk in carcere· Caro Jaro, mi acco"rgoche una corrispondenza privata non può reggere davanti alla gravità della tua condizione di imputato e di reclusoperché per te ora non può piu esserci nulla di privato e di amichevole; mentre da parte mia sarebbe presto inevitabile ripiegaresulla solidarietà e sulle raccomandazioni e verso l'indulgenza della speranza. E questo accadrebbe non solo per il peso de~'abitudine e per l'impotenza della distanza, ma anche per il senso di colpa cheprovo di fronte a tutta la vicenda del 7 aprile e del 21 dicembre. Scrivendoti pubblicamente mi pare opportuno indagare prima di tutto proprio su questo senso di colpa, anche perché non credo che sia soltanto mio, almeno se riesco a capire gli scritti e le posizioni di tanti, intellettuali e non, sul grande caso, anche di quelli che di solito sono argomentatori precisi e non scrittori versati sui sentimenti. Credo anzi che questo senso di colpa coinvolga confusamente e per questo in modo ancora piu disagevole tutta la sinistra, anche se soltanto quella così detta nuova sembra averne preso coscienza. Esso non è tanto nei confronti dicoloro che in carcere pagano il peso piu duro del grande caso, ma piuuosto nei confronti della propria coscienza e volontà politica di cittadini di questa repubblica. Non è nemmeno tanto nei confronti delle pubbliche istituzioni, perché tutti questi sanno benissimo che cosa queste sono per la loro storica e composita natura e quanto in realtà possano valere sopra il flusso degli interessi e dei conflitti che travolge le nostregiornate. Al suo fondo c'è piuttosto una esigenza di responsabilità delusa. quella del cambiamento della vita del paese condivisa e spesso esercitata c111che insieme con quelli che oggi ne sono per vari aspetti imputati. E proprio su quella volontà e su quegli sforzi pratici piu o meno diversamente esercitati che il senso di colpa bulla oggi un ombm pesante, addirillura una mano di rena. li grande caso blocca quella volonui e ogni conseguente progetto e percorso e sottrae a ciascuno dei suoi portatori qualcosa di vivo, di utile e di materiale. recludendolo insieme con voi e respingendolo indietro nelle zone piu scure della nostra storia, con le accuse argomentate e rivolte contro di voi, spesso così larghe e cieche da comprendere anche molto della vivacità sociale del paese e di una azione politica che possa esserle conseguente. È piuuosto difficile vedere cosa possa restar fuori, da quella ampiezza e cecità, dei principi di una opposizione di classe che voglia esseredeterminata ed efficace e non soltanto un mero rito parlamentare. Io stesso subito debbo affrettarmi a dire dopo questo «parlamentare» per non essere tacciato di fumoso e delinquenziale portatore di estremistici germi, di ritenere il parlamentare assolutamente valido e storico, anche per la sinistra, e che caso mai vorrei solo discutere sul dove esso parlamentare debba essere collocato, se sempre per sacroprincipio prima della verità sociale e della politica, oppure dopo di queste, come luogo di chiarimento delle loro convergenze, di volontà e di tesi e come laboratorio di soluzioni e di piani. Vorrei per esempio che il parlamentare si occupasse piu a fondo e direttamente del grande caso con tutto il suo peso dotlrinale e politico. Impiegherebbe utilmente molte delle sue sedute a ragionare e a capire e ritroverebbe il senso di una iniziativa politica reale, togliendo spazio alle sue attese di relazioni fatte altrove, o~mai quasi ridotto a un club dilettura. Mi pare infatti piuttosto evidente il rischio che le varie coscienze e volontà politiche finiscano insensibili per confondersi e saldarsi con il principio delle istituzioni, della loro sacralità appunto come immobili- /a e cecità. Ma così la democrazia diventa la retorica di sé stessa e finisce per non riconoscere altra verità che quella delle proprie strutture e nessun altro strumento o linguaggio che quelli che con1engono e mirano alla salute di queste medesime, cioè della loro astratta conservazione. Difatti il grande caso viene visto e sentito come una grande malattia, come il male stesso, principio e verbo del contrario, da respingere e da soffocare in qualsiasi maniera. Equesto può esserefallo con lamagistratura, con la polizia o con il carcere o con leggi vecchie e nuove comunque utili, manovrabili alla bisogna secondo tutte le sfumature possano via via prendere I' oggeuo solloposto alladisinfestazione e anche le zone accanto, subito sospette per la loro vicinanza o per la loro ricettibilità di luoghi vivi e respiranti. Ancora ricordo dai miei freuolosi studi di legge che il crimine per essere perseguibile deve essere riconoscibile nei fatti e nel dirillo e che deve essere evidenziato e provato al fine della sua misurazione e condanna. Mi pare invece che a proposito del grande caso questo principio sia stato malamente s1iracchia10e deformalo da associazioni, deduzioni e induzioni e molto da sospetti, indegni di una gius1iziademocratica, e piu che indegni addirittura letali per la giustizia di una repubblica che si dice nata dalla resislenza, da un movimento che fu soprattutlo opposizione al sopruso e al sospeuo, alla bolsaggine retorica e dannosa della 1radizionestorica nazionale assunta come fissa e astrai/a nelle figure e nei poleri dello stato contro qualsiasi valore e verità dei soggeui civili, del mutare delle idee e dei crm (/i11i.del pmced,•n· delle co,.,.cn1i 1111u111<'. Il gmncle caso ha <Jllill(/cio111<· fondamento giuridico anche un ritardo storico e una grande confusione dovuta all'incapacilà culturale di una analisi precisa degli schieramenti imputati e delle loro azioni. E 1u110questo aumentato dalla presenza perenne del sospet10,quale carattere essenziale e fisso del potere e della sua continuità istituzionale. Così sono sta1i messi insieme ed equiparati, come si dice a tu/li gli effetti, /errorismo e lotta sociale, lerrorismo e violenza poli1ica, terrorismo e dottrina rivoluzionaria. Il terrorismo era presente nel mondo già dai primi anni del dopo guerra, appena le melà del globo furono assegnale ai due prevalenti e opposti po1eri mondiali. Niente da quel momento poteva piu esseremosso, né da volontà popolari né da correnti e conflitti nazionali o internazionali, nemmeno un paletto o una scritta... niente, se non dal lerrorismo. (Dal terrorismo o dalla sua sorella moneta). Non occorre certo rifare le tappe di tulle le azioni del terrorismo succedutesi da allora via via in tulle la varie parti calde del mondo. Erano sempre atti deliberatamente progettali ed accuratamente eseguitiper correggereconfamorteeconfapaura eventuali sbandamenti politici nella condotta di certipaesi o regioni al di là del corso obbligato per loro disposto. Che cosa aveva in comune il terrorismo, anche quello tirato contro le nosire vicende (l'assassinio di Ma/lei o la bomba di piazza Fontana), con le idee e lapratica della rivoluzione proletaria di ispirazione marxista - leninista? Niente, assolutamente niente. Si esprimeva anzi come il suo esatto contrario, come uno strumento nuovo progettato proprio contro le sue ipotesi e le sue suggestioni, esatlamente efficace per il mantenimento dello status quo ante, del- /' ordine. Infatti quel cenno di analisi piu o meno volontaria o smozzica/a che è stata condo/la sui suoi atti stava per giungere piuttosto a scoprire la natura del terrorismo dentro i poteri occulti e perpe1ui infiltratisi negli stali, poteri di sfruttamento dello stato stesso oltre che di lutto ciò che ad esso è sottoposto: di tutto e di tutti nell'ambito delle sfere programmate dai calcolatori del potere economico, frugate epercorse ovunque dai flussi delle monete e dei mass media. Allora stava proprio alla politica chiarire la natura e anche laprovenienza e gli scopi del terrorismo e quindi offrire a/l'indagine e all'intervento della magistratura un campo ben individuato e definito. E invece la politica è stata su questo punto piuttosto timida e incerta. La sua mancanza di chiarezza d'analisi era anche dovuta alla sua scarsa capacità di penetrare e rappresentare tanti nuovi conf/illi e tante nuove aree sociali emergenti; anzi di fronte a queste e alle loro espressioni ha finito per intervenire solo con la proclamazione dei principi astratti della democrazia e dello stato. Così che 1aliaree non hanno potuto sciogliere i loro nodi nel dibattilo e nei rapporti di culturama hanno sentito un fronte opposto, duro e ostile, contro il quale per forza, per la onesta inderogabile forza delle loro contraddizioni ed esigenze, hanno finito per buttarsi anche in modo violento. E allora la politica, compresa aimè anche quella di sinistra, e per distinguersi da loro e dai loro gesti ed anche per eludere lapropria colpa di non awr rnputo discutere con esse e convincer/,• al dibattito democratico, alla scelta politica, e insieme la propria impoten~a per non essere stata capace di ricono1·ceree di entrare in quelle nuo~e arec \'OCialih, a contribuito a respingerle e a 111urarldeentro il terrorismo. E questo è 11a10uno sbaglio fondamentale, gran· 1101s1oltanto per chi è costreuo apagar11ele conseguenze in termini di es/c111·ionee reclusione, ma per la stessa si11i- \"lra, per la sua capacità di capire e rappresentare le varie espressioni di clanc ,, anche quelle delle nuove realtà sociali. Credo che su questo punto sia ancora possibile fare qualcosa tentando ogni ,·alta di condurre un'analisi all'interno cielmondo del terrorismo e prima che in termini giuridici per via culturale e politica. Altrimenti qualsiasi cosa, libro corteo gruppeuo progeuuale come vere bombe e veri massacri, diventa la totalità del terrorismo, dove tulio diventa uguale, indivisibile e quindi inaccostabile e inattacabile, sia dalla cri1icache dalla giustizia. La lotta politica violenta, I' awonomia organizzata, la progettomania dei piccoli gruppi e a maggior ragione la ricerca teorica che li precede e che sia pure li induce, vanno distinti, riconosciuti e puniti per loro stessi, altrimenti ciascuno degli imputati diventa colpevole di twto, dalla sovversione alla banda armata, dai sequestri agli omicidi, alle stragi, anche se molti di questi hanno soltanto fallo un corteo, urlato la rivoluzione o magari anche da10 una legnata certamente non encomiabile e certamente perseguibile con il dirillo penale a qualche barone della propria facoltà. La conseguenza di tulio ques10 è che verso tale massa incandescente e sempre piu allontanata e proclamata dai mass media come una fonte del male, non è piu possibile alcuna vera azione çontraria che sia comunque adatta ed efficace appunto afrazionare, a distringuere a giudicare e a punire. E questo come tu capisci è il grande effet10alone assai vivace e onnivincenle sul cui calore ha sempre puntato fin dal/'i11izioil vero terrorismo. Quante volte avrai pensato anche 1u che adesso la classe dirigente poli1ica ed economica lrova davvero 1u11ala nuova fono e anche la sfron1a1ezzache os1en1aper opporsi a qualsiasi onesla esigenza, anche solo democralica, delle forze popolari e subalterne e per tentare anzi di imporre una razionalizzazione del modello generale cosi dura e punitiva, proprio nella vittoria del e sul terrorismo prima ancora che sul ricatto della moneta? Ho letto ieri su una buona rivista comunista di Torino, Nuova società, n° I 91 aprile J 981, l'articolo di un magistrato padovano che si chiama Giovan11i Tamburino dove tra l'altro è scritto: «Il terrorismo italiano presenta vari aspetti di "improbabilità" e ciononostante gode di una stabilità che ricorda quella del "bipartitismo imperfetto"... «Sembra non esseremai cominciato. Di solito diciamo 1969 ma in questo modo dimentichiamo varie cose». «Dimentichiamo parecchi altri episodi che disturbano la semplicistica equazione "terrorismo = terrorismo rosso". Un'equazione chepiac; a certigenerali, ma che non ha nulla a vedere con la corretta ricostruzione della realtà, anche giudiziaria, di un fenomeno assai piu complesso». L'articolo è pregevole anche se qua e là le sue considerazioni e i suoi giudizi non sono sempre acce/labili e le sue dimenticanze, a11chese ammesse, davvero molte, perché mi sembra un altro passo avanti da parte della magistratura e degli intellettuali verso una onesta autocritica su tutto il problema del terrorismo e anche sulla questione del grande caso. Non bisogna arrestarsi a queste considerazioni ma occorre giungere a distinguere, ripeto, sia politicamente che giuridicamente dentro questo «fenomeno complesso». Certo al suo interno si possono rintracciare ta111/i/lii diH'oni ,crilli (t1ci/1111•111e rico- """ 1h,l1 , "'"«' r1·,111 H't u11tlo ti , o,l,n• vigeme, produui e commessi da forze del così deuo movimento della sinistra estrema. Qualche onesto e invasa/Omilitante di tale movimento può davvero aver creduto che fosse giusto reagire alla generale indiffert .._a e alle dirette oppressioni del potere anche ricorrendo allapratica dello scontro e del combattimento, assumendo proprio gli insegnamenti del terrorismo. Tanto piu che questi militanti non provenivano dalle file storiche de~opposizione popolare e di classe, politicamente capaci di risolvere appunto nelle sedi della politica anche le contraddizioni e i conf/itti piu dolorosi tra le loro aree e sorti e quelle dei poteri e anche delle istituzioni; ma provenivano piuttosto dalle credenze religiosee palingenetiche, dalle convinzioni e dalle pratiche dei sacramenti: atti totali quanto immediati di riscatto e di contemporanea ed esaltante beatificazione o della elevazione grandiosa del sacrificio sopra qualsiasi problema e contingenza. Le loro azioni criminose, di attacco dello stato e dei suoi poteri, non potevano comunque in nessun modo essere considerate come pane di un progetto e di una azione rivoluzionaria ispirata e condotta secondo le istanze delle masse proletarie. Si è visto presto e anche chiaramente che essi non erano la punta armata di queste, ma che erano soli, esaltatiquanto scoperti, accaniti quanto disperati. I loro atti hanno costituito sempre un'esaltazione reale e cogente del deterrente del terrorismo e hanno contribuito a confonderne per sua maggiore utilità e comodità lamano e il volto. I calcolatori piu o meno occulti di un ceno potere , padre vero del terrorismo non poteva- • no essere serviti meglio: la confusione aumentava, la paura dilagava, l'opposizione di punta veniva sempre piu cri- . mina/izzata, la repressione resa sempre piu dura, proprio secondo il fine della loro ricetta. Ma, si dirà, quelli del 7 aprile e del 21 dicembre hanno proprio scritto e predicato di rivolta e di attacco allo stato, sono anche ben scesi dai loro libriper le strade in turbe e modi violenti a esprimere la loro volontà e il loro impegno di lotta e di trasformazione sociale, a inseguire la loro progettomania, tutta nuova e vibrante negli stessi mezzi di espressione oltre che in quelli di affermazione. Forse anche intrecciavano legami e piani con altri oppositori violenti, agenti veri del terrorismo o innocenti soldati dell'illusione. Che qualcuno fluttuasse fra gli uni e gli altri può essere anche credibile, ma in ogni caso deve essere tenuto sul filo di tale credibilità e affermato solo in caso di certezza provata e non subito assunto come conseguenza dal solito avidissimo sospeuo, tratto essenziale del nostro carattere nazionale, padre e figlio di tanta storia italiana. Proprio come l'illusione rivoluzionaria esaltata dal sacrificio, anche il sospetto è figlio della devozione ai sacramenti; ma qui appunto la sottile testa della democrazia, il suo intelletto collettivo doveva sapere ben entrare indagare e sciogliere. Può una democrazia e proprio perché parlamentare prendere per vero qualsiasi principio e assunto senza averlo discusso e conosciuto? Possono i suoi bracci istituiti e secolari decidere per essa anche solo una pane di verità ~enza offuscare e compromettere tutta la verità? Una democrazia che sospetta è sul punto di morire, non tanto per l'abisso inevitabile in fondo al percorso I cui il sospetto la obbliga, qUlll'llOperché ,•,çsosospetto muta il clima e la qualità dei rapporti umani e sociali che sono la ,·,•rasostanza della democrazia. Per esempio, anche noi così detti in1elle11ualif,orniti poi della specifica di ,i11istra,subito avremmo dovuto inter- •·enirea studiare e a discutere a lungo e nel profondo i testi i temi le azioni di potere operaio e della autonomia, ri/e1·1m1ele qualità ma anche gli errori, fornire ragioni contrarie, scopene nuo1·e, proprio secondo la libenà piu acca11iladella ricerca scientifica emateriale. t:· subito vuol dire ali'epoca di quelle I hme: commentare gli scritti, indicare I mancanze e contraddizioni, debolezze e pericoli, sollecitare i confronti e gli scambi, allargare il dibattito, nutrire di cultura le attese le delusioni personalistiche, i risentimenti le interperanze le impazienze. Anche da questa nostra mancanza nasce quel senso di colpa del quale caro Jaro li parlavo all'inizio. Dopo non hanno potuto verificarsi altro che qualche criticaseppure onesta, e soprattwto al fine di prendere distanze, o qualche espressione di amichevole solidarietà, o qualche appello. Ma ancora forse non è del tutto tardiper cercaredi individuare una distinzione fra terrorismo e lotta politica anche violenta, magari richiamandosi a quegli anni, i primi del '70, di piu accanita progettomania e di piu violenta dissacrazione e baldanza. Il terrorismo comunque non era intorno o accanto a quelle formazioni estreme e a quelle lottepolitiche anche violente. li terrorismo era ed è altrove, nella paura figlia del potere e dell'immobilismo sociale. Detto questo occorre discutere i principi del grande caso e riprendere anche i temi delle competenze della repubblica: non per bloccarle o deviarle o limitarle, ma proprio per favorirle con il chiarimento culturale, l'analisi della passione sociale, il rilievo del tempo storico in cui certe azioni sono state compiwe, nel fervore di una esigenza di trasformazione molto ampia e generale,condivisa da interistratisociali anche se non confrontata con questi fino al chiarimento politico, al consenso e alla cooperazione. È un compito ancora vivo per la nostra cultura, proprio perché essa non è un'altra istituzione fissa e funzionale della repubbli-
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