timo come costitutivo dell'<essere> della donna. È il caso di Helene Deutsch che, oltre che nei due volumi sulla Psicologiadella donna dedicati al tema della sessualità femminile, si occupa in maniera specifica del <masochismo femminile> e del suo rapporto con la frigidità in una conferenza pronunziata nel 1930. Si tratta di un testo importante che pone una questfone-rompicapo su cui l'autrice è la prima a interrogarsi: qual è la genesi della <femminilità>? Il termine viene presentato tra virgolette e deve intendersi come d'atteggiamento femminile-passivo-masochista nella vita psichica delle donne>, ma poi le cose si confondono e la Deustch sembra suggerire che il masochismo sia l'essenza stessa della femminilità, che la <vera Donna> è masochista, come possono testimoniare le più profonde esperienze di godimento che le donne sperimentano: parto, allattamento ecc. tutte legate alla sofferenza. Malgrado l'esaltazione degli atteggiamenti di passività delle donne - il che va proprio nella direzione dei più diffusi pregiudizi maschili che circolano come opinione comune- non si può dire però che Helene Deutsch trovi la chiave della femminilità e ne sveli il mistero. Salta agli occhi che appare affascinata dai silenzi delle donne, da quelle loro frigidità che coprirebbero godimenti <sconosciuti all'uomo>: <Nell'atto sessuale esse provano un sentimento di felicità e tenerezza nel donare gioia e ... sono convinte che il coito come atto sessuale è importante solo per l'uomo. Anche nel coito la donna è felice di donare teneramente e maternamente>... ma, aggiunge, «questo tipo di donna sta scomparendo e sembra che la donna moderna sia nevrotica se è frigida...> Una nota biografica divertente è data dal fatto che Helene Deutsch non assomigliava affatto all'eroina della <femminilità> che descrive nel suo articolo, ma che fosse invece attivissima ed instancabile organizzatrice nonché centro delle attività della Società psicoanalitica di Boston. Questo evidentemente non toglie nulla alla attendibilità del suo lavoro ma non accresce il credito che le si può fare il fatto che sia donna e che contorni, cercando di afferrarlo, un oggetto a lei prossimo, il godimento femminile. Freud, che non meno di lei era attirato dal <busillis> della questione è più cauto e avvertito sebbene anche per lui il pregiudizio abbia a volte giocato con funzione di abbaglio. Nel testo del 1924 li problema economico del masochismo, ci dice che il <masochismo femminile> è quello che risulta più accessibile all'osservazione rispetto a quello erogeno e a quello normale, ed è anche il meno enigmatico. Di questo <masochismo femminile> Freud è informato attraverso le fantasie di uomini; il contenuto manifesto di queste fantasie è essere imbavagliati, percossi, costretti ad un'obbedienza assoluta, insudiciati, umiliati. Il masochista vuole essere trattato come un bambino cattivo, piccolo ed inerme. Ma perché chiamarlo <femminile>? Perché, se elaborate, queste fantasie si scoprono significare essere evirati, subire un coito, partorire. Tutte cose che capitano alle donne. Il senso di colpa che vi si accompagna, come se un crimine oscuro fosse da espiare dolorosamente, copre il ricordo della masturbazione infantile ed il suo divieto ed è dunque in relazione con il complesso di Edipo. Ma Freud aggiunge di più: se nelle fantasie nevrotiche o negli scenari perversi il soggetto è maltrattato da una donna, la tanto rappresentata Venere con la frusta, si tratta di un travestimento che serve a mascherare la figura del padre. È col padr~ infatti che il masochista desidera avere rapporti sessuali passivi e quindi femminili L'incubo della castrazione, se da un lato induce all'odio verso il padre-che proibisce la relazione incestuosa con la madre - ed alla fantasia di un parricidio, poi da espiare, dall'altro rinforza l'inclinazione del bambino a ripiegare nella direzione della femminilità, a mettersi al posto della madre, cioè nella sola condizione conosciuta per poter essere oggetto d'amore del padre. È quello che si chiama <Edipo invertito>, condizione della scelta omosessuale. Cosi il masochismo nell'uomo è il prezzo dell'odio - del parricidio- ed insieme il prezzo dell'amore. Su questo punto Freud tornerà in Dostoevsky e il parricidio, un testo del 1927 in cui la soluzione del dilemma del bambino - farsi amare dal padre come una donna oppure ucciderlo come rivale nell'amore per la madre - è costituita dalla rimozione che conduce alla formazione della coscienza morale: i'IO eredita l'antica passività femminile rimossa ed il Super-IO l'istanza punitivo-sadica che soddisfa i potenti bisogni di punizione per la colpa ormai diventata inconscia. N cl caso del grande'6crittore russo la disposizione <bisessuale» particolarmente forte produrrà un'omosessualità latente che si manifesterà «nell'importanza che ebbero nella sua vita le amicizie maschili, nel suo comportamento singolarmente affabile verso i rivali in amore ecc.». Ma è la punizione per la fantasia di parricidio - in realtà il padre mori assassinato quando Dostoevsky aveva diciotto anni - ciò che guida la vita dello scrittore cosl come le vicende dei suoi personaggi. Questa grave forma di nevrosi dominata da fantasie masochiste non si traduce però in un <agire> perverso. Il parricidio, qui, come per Amleto o per Edipo, resta la colpa da espiare per eccellenza. «Trattate ogni uomo secondo il suo merito, e chi sfuggirà alla frusta?» (Amleto, atto II, scena II). È una citazione molto amata da Freud. • Questo prezzo da pagare, prezzo della castrazione cui non sfugge il nevrotico, viene risparmiato al perverso il q11ale, invece, gode, una volta che abbia allestito i suoi scenari. Costretto tristemente - basta pensare alle atmoPicchello d'onore di volontari dell'I.R.A. sfere di Salò di Pasolini - a cercare un piacere obbligato dalla pulsione di cui è puro oggetto. Ma allora, paradossalmente, il <masochismo femminile> per Freud è prevalentemente maschile, sia nel suo versante perverso che in quello nevrotico? E cosa sarebbe dunque il masochismo nella donna? La normalità di cui parla Helene Deutsch? Freud si pone la questione in questi termini in un testo del 1919 Un bambino viene picchiato. Si tratta della formula ultima ed impersonale di un fantasma che ha avuto modo di rintracciare molto spesso in analisi. Qui il materiale d'osservazione cui fa riferimento è tratto soprattutto da analisi di donne; il fantasma, nella maggioranza dei casi, nella sua forma cosciente si presenta nella bambina come «un bambino - maschio-viene picchiato». Lei osserva la scena, si identifica col bambino picchiato e può cosi rappresentarsi la castrazione senza esserne, coscientemente, l'oggetto. Chi picchia nel fantasma della bambina è il padre, dice Freud nel '19, ma nel '31, nel saggio sulla Sessualità femminile, modifica questa posizione. La donna fallicae onnipotente che nelle fantasie maschili è quella che frusta, è presente anche in quelle femminili. Quanto più procede negli oscuri tracciati delle storie che ascolta tanto più il legame arcaico con la madre si rivela a Freud soggiacente e profondo anche per le donne. La formula «Non è vero ma ci credo» che cioè le donne hanno un pene, vale anche per loro. Anzi per le donne si potrebbe aggiungere al «Non è vero» un «ma verrà» sotto la forma di bambino che, al posto di un pene immaginarizzato come fallo, assolve a una funzione molto simile a quella del feticcio. Si tratta ovviamente di una semplificazione: le cose sono molto più complicate se si segue con attenzione la prudenza del testo freudiano. L'ingresso nell'Edipo è legato per la donna all'elaborazione del «penisneid» - invidia/desiderio del pene, questo sì, tutto femminile. Lacan, squisito e rigoroso lettore di Freud, in un seminario inedito, «Le formazioni dell'inconscio», faceva notare che «penisneid» non è una nozione semplice perché può ricoprire l'invidia/desiderio di un organo che manca realmente (desiderio, insiste Freud, che può restare irriducibilmente vivo tutta la vita), o dell'organo reale del padre, o ancora «penisneid• come fantasia di ricevere un bambino dal padre, il pene sotto forma simbolica. Ognuna di queste posizioni si articola in tre modi distinti di rapporto alla «mancanza>, cioè come frustrazione, privazione o castrazione. La castrazione, riferita alla terza posizione, mette in gioco, come negli altri casi, il fallo, ma il fallo simbolizzato come mancanza, e causa di desiderio. Si produce cosl l'accesso ad una posizione femminile che non è né naturale né primitiva, ma piuttosto prezzo di trasformazioni successive. Successive in senso puramente logico, cioè non sostitutive delle posizioni·precedenti. È a partire da qui che può comprendersi quella forma di «perversione» tutta femminile che tende a feticizzare il bambino o il pene immaginarizzato dell'uomo o anche il proprio corpo stesso: pur senza prenderli «per il fallo» li tratta «come se». Non è difficile fare ancora un piccolo passo per affermare che il feticismo in questa forma è del tutto naturale nelle donne, che fare del figlio o del pene dell'uomo amato un oggetto di adorazione è la normalità. Ma anche a voler ammettere questo, il feticismo «femminile» non è causato dagli stessi oggetti inanimati o dai frammenti - parti del corpo che mettono in moto rerotismo del feticista maschio. S e dunque il feticismo in questa forma può considerarsi «normale» nelle donne; se il masochismo come comportamento o posizione - allattare, subire il coito, partorire - è naturalmente femminile, l'essere di ,esso femminile comporterebbe una «normalità perversa» oppure una «normale perversione». La rimozione «imperfetta» o il residuo di cicatrice del «complesso d'Edipo» di cui parla Freud a proposito delle donne, le pongono in una posizione che si potrebbe definire «inqualificabile» rispetto alla struttura simbolica in cui sono immesse, comunque, se la castrazione ha agito. «Tutte le aspettative di un puro parallelismo tra sviluppo sessuale maschile e femminile sono state da noi abbandonate da tempo» (La sessualità femminile); quanto più Fr.eud fa luce nel cavo segreto del corpo-godimento femminile, tanto più rischia di perdere la strada. Encore, il seminario che Lacan tiene nel '72-'73, rilancia la domanda di Freud su questa zona umbratile, liminare, della sessualità della donna; segnata dal godimento ma anche da immobilità, da un dolore sospeso senza sofferenza «attiva»; come la folgorazione estatica, passiva-masochista? •- del riversarsi flessuoso della S. Teresa del Bernini che Lacan chiama in causa nel suo testo. Ma che cosa la possiede? Di che gode? Suquesto punto le analiste - provocava, invitandole a parlare Lacan - tacciono. Infatti non basta essere donne, «saperne di più», per «saperne dire»; come testimonia l'isteria. Mentre supplica le donne di parlare Lacan dice molte cose su questo godimento «supplementare», periferico rispetto all'economia fallica, concesso alle donne al prezzo di un cosi instabile e beante rapporto all'Edipo. Encore resta una miniera ancora tutta da scavare, anche se qualcuna, tra le allieve di Lacan, ha lavorato in questa direzione. In Italia sono noti i nomi di Luce Irigaray, di J. Luccioni-Lemoine, di Michèle Montrelay, l'autrice di un testo recentemente pubblicato, L'ombra e il nome. Ciò che rende singolare e affascinante la posizione di quest'ultima psicoanalista è il fatto di spingersi molto avanti nella «dicibilità» della sessualità femminile senza abbandonare il terreno dell'osservazione clinica e i suoi rigori. Senza abbandonarlo per tentare «trasversalità» filosofiche, come fa la Irigaray, ad esempio. In ciò che Montrelay chiama «ombra» si inscrive una sessualità-godimento attraversata da una sofferenza muta e da un'estaticità attonita e sospesa, al di qua del muro del linguaggio. Lo stesso muro-barriera che Margherite Duras cerca di forzare per raccontare nella scrittura e nell'immagine, con se stessa, le sue donne. Ed è appunto al suo Rapimento di Lo/ Von Stein cui già Lacan aveva reso omaggio, che M. Montrelay dedica l'articolo di apertura del suo libro. Lol è la piccola fanciulla-resto, la piccola donna-cosa immobile, estasiata, dolente nell'osservare il tradimento dell'uomo che ama. Perché ciò con cui lui la tradisce è la figura della Morte, nelle vesti della Donna Fatale, Anne-Marie Stretter, la donna compiuta e perfetta. Altra cosa da quella morte- morte del padre - che, come dice Freud, l'epilessia di Dostoevsky mimava nel «venire a mancare». Lol non «manca» quel «reale» da guardare, la «cosa» che farebbe il rapporto fra i sessi possibile. Lol, all'altro polo della Donna, nel posto vuoto che nessun tratto designa, è senza passioni né conflitti. Cosi lontana dal parricidio e dalle sue colpe, dal «masochismo femminile» degli uomini come dalla sua rimozione. Lol è dolore puro senza sofferenza. Per questo è un'invenzione letteraria; ma rimanda ad una differenza, a una diversa posizione nell'Edipo. La «spiaggia bianca» del dolore di Lol è impossibilità deJla sofferenza. La castrazione che inaugura il masochismo come possibilità di soffrire è, in fondo, ciò che può augurarsi una bambina: «Voglio essere castrata da mio padre come segno del suo amore»; la passività che ne segue è un prezzo da pagare che concede la possibilità di desiderare. E si desidera a partire da una mancanza designata, simbolizzata da un elemento terzo. Per questo l'intervento della castrazione paterna diventerebbe segno d'amore, in quanto permette la soggettivazione e l'accesso al linguaggio. Nella scrittura di Lacan % è il soggetto dell'inconscio barrato. La barra è la frusta del «sadismo del significante» che, abbattendosi sul soggetto, lo divide con lo stesso movimento con cui lo costituisce. La sottomissione al significante, un masochismo che può dirsi «fondamentale», è dunque strutturale, condizione di accesso alla struttura. Ma è altra cosa dall'estasi di Lol o di S. Teresa. Per loro la barra(/) sul soggetto S bascula senza inciderlo: ma si può definire «godimento» quest'«ombra» che si spalanca davanti agli occhi di un soggetto evanescente? Lacan lo chiama «un godimento al di là del fallo». Si tratta di uno scherzo, di una provocazione o di una domanda? Oppure è un modo di ribadire una posizione di ascolto del «femminile» che una certa psicoanalisi rimuove? L'«Altro godimento» si coglie nella mistica «frigidità» delle Sante o nell'estasi di Lol Von Stein che interrompe un progetto di nozze; esso si colloca fuori da un'economia fallica - non si integra né col piacere né con la realtàe la sfida mentre vi convive. ANCORA - il grido dell'Altro godimento«dettofemminile» -è dal lato della interminabilità dell'analisi, dell'insopportabilità della mancanza di limite, all'altro polo di quel «masochismo fonda(Jlentale» inteso come sottomissione al significante. Non è ascrivibile ad un sesso, ma chi lo rivendica sono ancora soprattutto le donne. E la psicoanalisi, finché sarà freudiana.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==