Alfabeta - anno III - n. 25 - giugno 1981

letteradell' Il luglio 1907 11 Luglio 1907 - Rio de Janeiro U ndici Luglio! e stasera undicesima recita... un foglieuo di carta da lettera per dire la vita e la morte -un Atlantico da traghettare, e un'arte da portare per il mondo!! Da che parte cominciare? Dire la vita? Dire la pena? Affermare la propria energia, sferi,aruwla e rafforzandola? Tacere la pena? Urlare la tristezza di far dell'arte, dove la femme à Barbe basterebbe? Non so - in verilà non so qual'è più energica cosa se tacere o parlare? L'una e l'altra cosa son così snaturate a giusta distanza... et si on veut pas faire de la literature ... alors ... quoi? Dunque: ANDIAMO AVANTl ANDIAMOAVANTJJ Soltanto/a mano nella mano si potrebbe parlare di Vita. Ora, ora, la vita è in gioco per la carta giocata di questo lavoro, che bisogna compiere ... Se no -la partitasarà persa-e non voglio che sia così! Ascoltare: Parlerò del lavoro! Parliamo dunque del lavoro (ahimé dispero di scrivere di tanti dettagli). Dunque: parliamo ... &co: speriamo che a Buenos Aires saremo meglio collocati. Qui l'azienda, «la faa;enda» (come dicono qui, guidata da un salumaio come Paradossi - che fa le stupidità e poi se ne va in cura a Salsomaggiore, e qui ilsuo socio (più sciocco di lui) il suo segretario, un orbo, e il suo socio del socio - MORTO (due giorni appunto prima dell'arrivo della troupe) tutto ha zoppicato ... E far dell'arte è più difficik qui, che fare l'appaltatore di casa, o il vuotatore di povJ neri. Qui - una città grandiosa, mostruola Duse sembra essere quella di smentire tutte le previsioni, e di uscire da ogni periodo della propria vita, e da ogni esperienza artistica non come se si trattasse di una fine, di una sia pur provvisoria conclusione, ma come se fosse ogni volta appena alle soglie di un futuro intatto. Quelli che per Boito e D'Annunzio furono momenti culminanti sembrano assurdamente essere per la Duse, prologhi di qualcos'altro. La Duse sarà un'attrice capace di segnare la vita di un giovane come Gobetti, ma inaspettatamente, oltre al teatro e fuori di esso, le viene riconosciuto un secondo dono: le sue lettere paiono cosi belle a Papini che questi le propone di dedicarsi solo a scrivere. Quando nell'agosto del '17 la Duse racconta alla figlia Enrichetta che Papini l'aveva esortata a cmandare al diavolo teatro e cinema, perché Voi - le aveva detto-siete soprattutto scrittrice e grande», si chiede «Ma cosa scrivere? Come tutti i gigioni, le proprie Memorie? Cioè, dopo aver pianto, contemplare e far contemplare le proprie lacrime?» Estranea al mondo delle lettere, pur se grande scrittrice, la Duse non si lascia neppure inserire nel mondo dei grandi attori. Avevano scritto Memorie, infatti, tutti i grandi del teatro italiano: Adelaide Ristori. che la Duse aveva venerato, Ernesto Rossi, Tommaso Salvini, essi avevano tutti definito per i posteri un loro profilo; la Duse, al contrario, sfugge, non rivela né quale sia il suo modo di lavorare, né quali siano i suoi pensieri, conserva intatta la sua estraneità. Per questo le sue lettere, le lettere di colei che fu definita la più grande delle attrici. non possono non deludere chi si occupa di teatro. Da Genova, il 26 dicembre 1887, la Duse scrive a Boito: eArrigo, è tardi, è notte alta, e rientro. Ho lavorato, ho cercato di spremere il meglio di me. Ed eccomi a casa. Ho guadagnato 2513 franchi». Questo, o poco più di questo. è quanto resta del teatro nelle sue lettere, ella trascuraproprio tutto ciò che sa, rifugio di migliaia e migliaia di forze. Qui «TUTTO è al principio di tutto»... - Ma non bisogna venir qui per mettersi con gli emigranti. La colonia italiana (ah peste!) qui è alla battaglia: non è ancora una classe affermata e arricchita: sono povera gente, angosciata alla lotta... degni d'aiuto, certo ben più che di biasimo! Ma quando a questa povera gente, o lavoratrice, dall'operaio che mangia poco e lavora, e lavora, epaga dellasua pelle, fino al cafone che lo sfruua, voi (Paradossi e soci) domandate ausiglio d'arte... Ma che il diavolo viporti! avete perduto la testa!!! Da questa base Paradossiana di basare le mie serate sulla colonia italiana, è venuto tulio questo malinteso lavoro, che qui si sta facendo da quasi un mese... Un dettaglio per far capire la situazione: il teatro è un circo. Nel soffitto in alto, al Plafond della sala, hanno dimenticato togliere i trapeti, e le corde, dell'uomo volante!... Dunque un circo: contiene 1800persone. I preu.i varianosecondo le classi. Il proscenio è di tre metri. I due palchi di proscenio sono il sogno della gente delpaese: Il Brasiliano, che vuole allasuavolta, DOMINAREilpaese(e non ha torto). (Ora racconto una piccola gaffe-dell'Impresa). L'Impresa ha tenuto per le SUE FAMIGLIE i due palchi di proscenio (ogni sera, colei, che sogna la Porziuncola, deve... diciamo così) lavorare dinanzi a quella prima nidiata di marmocchi, figlie e figli, maschi e femmine, dai 14 ai 5anni, con relativabonne (una negra) che li accompagna!!! Ora, pare, che per atto di cortesia, quei due palchi DOVEVANO essere offerti al Capo del Governo delpaese... che per di più ha una figlia di 25 anni, allevata in Germania e Inghilterra, che sa tutto di tutto. Una specie di M.lle spettatori e critici reputano importante: la rappresentazione, le idee interpretative, le discussioni critiche. Non parla di successi o di insuccessi (termini in cui l'apprezzamento critico si confonde con l'esito commerciale), parla direttamente di incassi. Quando la Duse scrive: «L'altra sera ho recitato ben male - per me - per il pubblico tutto va bene>, più che di un suo disprezzo si deve parlare di una profonda estraneità. Il rapporto con gli spettatori sembra costruito sulla sabbia, e, come scrive a Boito il 9 ottobre del1'87, basta il rumore di un acquazzone perché tra il palcoscenico e la platea si crei una «corrente di disorientazione» che renda vana la serata. Roosveldt dell'America del Nord che vuole e bisogna farla presiedere a tutto, se non, niente va... Invece, la « fazzenda» volle esser varata aspese del mio nome, come se io potessi col mio solo atavismo darne a chi non ne ha... Hanno voluto fdico) far trionfare /'Italia, e la colonia italiana non ha fallo che accapigliarsi col SOLO elemento colto della ciltà, che è una cerchia di Brasiliani, indiani d'origine, gente lenta e colta - padrona del paese pourtant - e che non bisognava sfrauare allaporta del teatroper il solo fatto che Colombo ha scoperto l'America!!! In arte quel ragionamento n non vale. Così, da che sono arrivata qui, la gazzarra non cessa (questo centenario di Garibaldi ha fallo sgolar la plebaglia). E qui, chi si fa strada oggi è l'elemento banchiere allemand, che porta i soldi, e l'elemento inglese, che porta gli ingegneri, che meltono il double W.C. alle case, e rinsanano la ciuà dallapeste che la divorava un tempo ... e il Brasiliano - Indiano, che utilizza l'Europa in suo favore ... Ma /'operaio (ahimé) italiano, quello che lavora, che lavora, magnificamente lavora! (tuui maestri muratori che edificano questa Babele sono italiani) ma la massa qui, non è più il sl che per la mano d'opera. È certo una forza, ma non è la forza. del paese. Da ciò si può dedurre che valore di giudizio D'ARTE, e che ambiente al teatro una tal colonia può dare! Ne giudico io di questo e ne fan prova la nessuna concorrenza degli italiani, e le troppo e troppo abbondanti e ignobili lettere anonime, che dalla CLIQUE mi pervengono. In ogni modo, se le cose qui zoppicarono Lugné ne afferma che a Buenos Aires Faustino da Rosa baserà diversamente le cose, e l'impresa può ancora A volte la sua esperienza è così poco commensurabile con quella degli spettatori, che ella è spinta a contrapporsi dolorosamente al suo pubblico: «Che pubblico grossolano - scrive a B'oitoil 10 novembre dell'87, a proposito della messinscena dell'ultima novità di Dumas figlio, Fmncillon - Come hanno profanata e grossolanizzata tutta quella roba! Povero amore di Francine! E quello è, ed è amore che essa ha per quell'imbecille. E la gente dicono che Francine ha dell'isterismo! Santo velo delle parole dove ti sei cacciato! Ieri sera ho sofferto tanto a recitare a tutta quella canaglia di maschi che formavano il pubblico». Cosl le lettere della Duse offrono. ra1trapparsi. Ma qui, mi son sentita diventare un'emigrante anch'io ... E il piatto di maccheroni tradizionale del/'Italia meridionale... e il risotto alla milanese de~'alta Italia, a~i ! troppe voltemi è stato offerto e rinfacciato. Andiamo avanti e non parliamone più Abbiamo intanto ancora una settimana qui, e l'impresario di qui, telegrafa a Paradossi a Salsomaggiore, non sapendo, da solo, se dare la preferenza a me, o a un casouo Barnum che qui, grazie a due magnifici elefanti, fa grandi affari. Frauna seuimana si deve partire, forse per Buenos Aires (speriamo) ma ancora non si sa. Malgrado che il Brasile non ha grandi -interessi che per gli elefanti, pure, (contraddizione umana), l'impresa non vorrebbe mandarmi così (anticipando di 10-15 giorni) all'Argentina. Così seguitano ad accapigliarsi fra di loro... E io mi stufo, a morire! Conclusione: Intendevo dire con tulto questo, che laparte Brasilianadel contralto Eaustino da Rosa avrebbe dovuto venderla non a due italiani, che fanno la navette fra l'Italia e il Brasile, ma a due del paese. Per lo meno Paradossi, dopo avermi comperata da da Rosa, avrebbe dovuto vendermi a uno degli impresari del paese, che sanno il paese, che non sono sfru1taticome Paradossi lo è, visto che egli ha spremuto il paese con Fregoli quando fu possibile spremere. Visto che Paradossi qui ha il «sobriquet» di funicun, (tante ne ha portate di donne in maglia) l'affiuo di questo circo equestre, dove Eleonora Duse lavora, costa una somma pazza (non ricordo bene la cifra, e non voglio dire cifre a caso), perché gli impresari Brasiliani, messi da parte, si coalizzarono e non vollero cedere nessuno dei loro teatri di prosa, e mi han scaforchiata a recitar me e.i/ tra l'altro, una chiara testimonianza dell'incommensurabile tra· il teatro degli spettatori e il teatro degli attori, la dimostrazione di quanto siano separati attori e pubblico, fisicamente cosl vicini, e cosl uniti nelle immagini idealizzate di teatro. Si diceva che la Duse, per legarli a sé, tendesse machiavelliche trappole a collaboratori ed amici. Ancor oggi, chi scrive su di lei si sente colto in trappola, e da un lato sente con disagio il rischio di cadere nell'orbita del «mito Duse», mentre dall'altro non può non vedere come i tentativi di ridimensionare quella figura, di mostrarla nella sua fragilità culturale o nella sua avidità di donna e primadonna, o addirittuBe/fast: cast' fatiscenti 111'/ quartiere di Bullymurphy. Nel/' Ulster il 20 pt'r Cf'lltudelle cast' è ùwbiwbile mio Ibsen fra lo sterco dei cavalli. Ecco i deuagli e la fodera di questa prima tappa di tournée. Aspeuo d'essere a Buenos Aires per dire il resto suo a Da Rosa. Intanto la figlia del Presidente ( che come quella di Rooseveldtdà il tono al paese) non è venuta mal al tealro, fuorché la sera di Hedda Gabler, perché Lugné poté manigauser una troppo lunga manovra a raccontare, mischiandovi la moglie del Ministro francese (la quale hapotuto invitare nel suo palco la figlia del Presidente). Ma il Presidente stesso Rio Branco che è certo un uomo di grande valore, e chi:qui È una forza, non è venuto mai a onorare come dicono qui, ma ha lasciato soltanto la sua carta al mio Hotel. Ma serate di gala (le sole alle quali la gente ricca ama intervenire) per la mancanza del Presidente della Repubblica non fu possibile darne, e qui se non è serata di gala la media degli introiti rimane mediocre . . Mentre, Paradossi, credeva, che il mio solo nome bastasse a tirare le mosche, mentre lui sta a Salsomaggiore, e io ingoio queste noie del suo mestiere! (e il suo mestiere non è il mio). Eleonora Duse Questa lettera, scritta dalla Duse al suo avvocato Adolfo Orvieto I'11 luglio 1907 durante una tournée in America Latina, può essere considerata emblematica di tutta la situazione delle lettere della Duse. Faceva parte, infatti, di un opuscolo pub- . blicitario messo in circolazione nel 1969 da un editore romano per presentare ai lettori il primo volume di una edizione completa delle lettere della Duse curata da Olga Signorelli, volume che non è mai apparso, né, dopo la morte di Olga Signorelli, sembra si parli più di una edizione generale delle lettere della Duse. • ra nella sua brutalità di direttrice, siano tentativi che, ben lungi dal condurci a una più chiara visione storica, possono produrre solo un mito rovesciato. E quel che è peggio, nascondono ciò a cui la Duse accenna, né più né meno di come lo nascondono gli entusiasmi enfatici e sentimentali per la divina attrice. Dal 1904, l'anno in cui terminò il suo· rapporto con D'Annunzio, al 1909, l'anno in cui si ritirò per un lungo periodo dal teatro, la Duse fu in stretto contatto con il grande uomo di teatro francese Lugnè-Poe, che fu suo consigliere, organizzò le sue tournées all'estero e curò la rappresentazione dell'Albe~ deipoveri di Gorki, a cui la Duse prese parte nell'ottobre del 1905, al Théatre dell'Oeuvre di Parigi. Lugné-Poe ha lasciato il ritratto forse più bello e complesso della Duse. «I suoi spettacoli non furono che piccoli aneddoti della sua esistenza» ,scrive in Sous /esétoiles (1933). Racconta come la vera arte della Duse sia consistita nel comporre J.a propria vita con la fredda consapevolezza e la stessa passione con cui si compone un romanzo o un ruolo teatrale, e aggiunge: «Quando ebbi la rivelazione di questo, mi sentii le braccia e le gambe stroncate (....) Questa scoperta mi rese umilissimo in faccia alla constatazione che l"attore (...) può espandersi molto al di là della scena, e che l'ora della ribalta non è che un 'press'a poco', una concessione, il trucco di un istante». In queste parole riecheggia la mitologia teatrale dell'inizio del secolo, ma esse costituiscono anche una buona hase per comprendere perché le lettere della Duse siano altrettanto importanti dei suoi atti teatrali, e perché riescano nel paradosso di trasmettere una figura che non si lascia definire,capace di sostituire alla inevitabile decadenza e .agli invitabili silenzi una imprevedihile trasformazione.

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