Eleonora Duse, Arrigo Boito Lettere d'amore a cura di Raul Radice Milano, Il Saggiatore, 1979 pp. 927, lire 30.000 Gabriele D'Annunzio Carteggio D'Annunzio - Duse a cura di Pietro Nardi Firenze, Le Monnier, 1975 Dora Setti Eleonora Duse ad Antonietta Pisa Milano, Ceschina, 1972 li opinione secondo cui le lettere di Eleonora Duse sono altrettanto importanti delle sue interpretazioni probabilmente non è ancora diventata un'opinione comune solo a causa del silenzio di molti inediti e della confusione di pubblicazioni episodiche e trascurate, fra cui forse soltanto le poche lettere del carteggio pubblicato da Nardi costituiscono un'esecuzione e un'indicazione di metodo. Già qualche anno fa, il Corrieredella Sera intitolava così un articolo di Vittore Branca: «La grande Eleonora: più scrittrice che attrice?» (15 settembre 1974). Si celebrava, allora, il cinquantenario della morte della Duse, e Vittore Branca, sulla base dei materiali inediti conservati alla fondazione Cini e affidati alle cure di Pietro ardi. ·riaffermava la convinzione che la Duse fosse «vera e grande scrittrice», degna di figurare tra i maggiori prosatori del Novecento. Ne aveva già scritto cinque anni prima, sempre sul Corriere dellasera (allora però il titolo era stato più prudente: semplicemente «La Duse scrittrice»). Ma dir.e che la Duse è una «vera e grande scrittrice» è una verità troppo semplice e parziale. La posizione culturale di un'attrice come la Duse, celebre ma figlia d'arte, e quindi priva di scuole, è una posizione del tutto particolare. Come lingua, per esempio, la Duse parla normalmente il dialetto veneto, e a volte può servirsi per vezzo del napoletano, pratica inoltre per lavoro l'idioma artificiale e «alto» dei drammi, ma è quasi del tutto estranea a quell'italiano medio che permette, fra l'altro, di padroneggiare la prosa familiare adatta ad una lettera. Se ha grande confidenza con la lettura, col mandare a memoria, con l'improvvisare secondo lo stile dei teatri, ne ha poca o nulla con lo scrivere e col comporre. E infine, come in fondo tutte le attrici e gli attori, è indissolubilmente legata al suo pubblico e separata da esso da un abisso difficilmente colmabile. Le lettere della Duse rispecchiano e amplificano queste ambiguità, perché sono, è vero, le lettere di una grande scrittrice, ma con la stampa perdono parte della loro individualità; e perché sono forse tra i documenti più belli sulla condizione umana ed artistica di un'attrice ma tacciono del teatro. «Che di un Carteggio Boito-Duse non esistesse più nessuna traccia era opinione ormai comune e corrente - scrive nel 1942 Pietro Nardi. Oggi posso dirvi che il carteggio esiste e cospicuo. Centinaia e centinaia di lettere (...) Ve n'hanno di ingiallite, di macerate sugli orli, così che a toccarle vanno in frantumi, di scritte su velina, e in cui l'inchiosfro, fatto macchia per l'umidità, ha reso i caratteri a gran fatica decifrabili» (Vita di Arrigo Boito, Milano, 1942, p. 523). Atteso da tanti anni, questo fondamentale carteggio trova ora finalmente la luce. Il suo nucleo principale è costituito dalle lettere scritte tra il 1887 e il '98; comprende inoltre pochi biglietti degli anni precedenti al loro amore, tra 1'84 e 1'87, e rare lettere degli anni che seguirono alla sua conclusione, nel '98, fino al 1918, l'anno in cui Boito muore: lettere, queste ultime, scritte per lo più dalla Duse, e che non perdono, sia pure a distanza di anni, il tono delle lettere d'amore. Duse!Duse! comunicare, rimane, per la Duse e Boito, scrivere. Sfruttando fino in fondo tutta la sua abilità di scrittore e di poeta, Boito immagina un dialogo con l'amata, la descrive compiutamente cosi come è nel suo ricordo, e poiché la conversazione con un personaggio muto diventerebbe poco realistica-, interrompe la sua lettera per rileggere l'ultima che ha ricevuto. Comunicare per iscritto infatti non è per lui una schiavitù, ma piuttosto la continuazione del suo lavoro quotidiano. Il suo tono è sempre ugualmente pacato e affettuoso, nell'88 come nel '97, riempie ordinatamente le pagine, riga dopo riga, da margine a margine, come si fa con i fogli già pronti per la pubblicazione. I nvece te lettere della Duse non possono essere semplicemente pubblicate, possono solo essere trascritte. Per lei, attric.e e figlia d'arte, il testo non è che una piccola parte della lettera, ella dà la stessa importanza alla scelta di un aggettivo come a quella della carta da usare, o al numero di sottolineature deciso per le diverse parole. In base ai giudizi C9rrenti, è sostanzialmente ignorante e tuttavia la fama raggiunta permette a lei, appena uscita da una triste vita in mezzo a compagnie di second'ordine, di essere in corrispondenza, da pari a pari, con uncelebre intellettuale, con Arrigo Boito, figliodi un pittore e di una contessa polacca. Tutto quello che costituisce la particolarità del suo modo di scrivere, l'insieme dei suoi vezzi ma anche lo stile nasce in questo periodo, e nasce umilmente, per una mancanza di confidenza con la lingua scritta. Delle due MirellaSchùw lingue che ha parlato finora, una - il dialetto - non può esserle di nessun aiuto, ma poiché l'altra è la lingua colta dei drammi, la consuetudine che ha con essa fin dall'infanzia le toglie tutta la timidezza che caratterizza in genere chi si sente ignorante. Con serena disinvoltura la Duse si serve della sua mancanza di abitudine per spezzare le frasi e riempirle di punti esclamativi, o per ripetere dieci volte di seguito uno stesso nome. Una sola preoccupazione la guida: tutta la sua forza, il suo fascino, la sua intelligenza devono ora essere impiegati a dare voce, espressione e vita a un pezzo cli carta. Non descrive a Boito la sua vita quotidiana; non racconta - perché forse non può o non sa raccontare - quanto sia intenso il suo ricordo o profonda la sua nostalgia, ma tenta di rendere il foglio capace di registrare i toni, le pause e i cambiamenti propri di un discorso amoroso: sui margini delle lettere può scrivergli «stanotte, ho dormito, sì ho dormito stanotte, e ho riveduto gli occhi...». Come un dono meraviglioso, un dono tra i doni, queste lettere sono innanzi tutto un oggetto fatto per essere guardato, curato in ogni sua parte e capace, con la sua bellezza, di rappresentare degnamente la persona lontana, non solo di raccontarne la giornata. La prima preoccupazione della Duse è perciò la scelta di una carta particolare, preziosa, dal colore significativo, a cui accorda il colore dell'inchiostro,' infine (non però con_una penna comune, bensì con una bianca. d'avorio, dono di Boito) comincia a comporre le sue righe continuamente spezzate. Varia lo spazio in cui adagiare le diverse parole, senza curarsi della norma, sparge armoniosamente sottolineature e puntini su tutta la pagina, e continuamente accenna a quella che sarà la conclusione di questa operazione tanto complessa: le scatole stupende, doni scambievoli, dove le lettere saranno conservate. La carta, la penna, l'inchiostro e il calamaio sono tutti materiali altrettanto importanti e scelti con altrettanta cura dei testi delle lettere. Queste lettere furono, dunque, innanzi tutto il risultato di una ribellione contro la scrittura. Lo stile particolare della Duse nasce negli anni delle lettere d'amore a Boito, per la necessità di conservare a distanza - lei, del tutto estranea alla scrittura - l'amore di un poeta, e dalla necessità e dalla particolare cultura di un'attrice geniale nasce un tipo di lettera che con una leggera forzatura si può definire estraneo alla cultura della lingua stampata, e il cui testo non può essere concepito separatamente dall'insieme dei caratteri materiali in cui si manifesta. Perciò, quando le lettere vengono riprodotte con i mezzi della stampa, le soluzioni scelte sono continuamente imprecise e quasi sempre deludenti. Meno deludenti (come nel caso di ardi) quando viene scelta la strada di una vera e propria trascrizione, e la prosa figurata della Duse viene omologata ai principi della prosa ordinaria; più deludenti invece proprio quando si cerca di riprodurre con contorsioni e infrazioni tipografiche la viva composizione del manoscritto. come nell'edizione curata da Radice. dove innumerc,oli puntini. trattini. ,aria,:ioni di corpo, sottolineature, tentano di rifare la forma delle lettere della Duse, con il solo risultato di rendere la pagina illegibile. In ~guito la D~ continuerà sempre ad usare, per qualunque interlocutore o in qualunque occasione, la sua particolare maniera di comporre le lettere. Quando traccerà in fretta un biglietto per l'amica Antonietta Pisa che la ospita («Esco! Eleonora>), o quando, da un camerino ad un altro, scrive brevi messaggi per gli attori della sua stessa compagnia, sa bene che le sue lettere non saranno mai valutate per quello che scrive, ma saranno in ogni caso conservate in segno di affetto e lasciate in eredità ai propri figli e nipoPoiché per tutti i dieci anni in cui si - svolge la loro storia d'amore gli incontri rimangono sempre assai difficili e saltuari, l'unico modo possibile per Quartiere cattolico di Short Strand protetto da una rete metallica a difesa delle frequenti incursioni no/lume di gruppi paramilitari protestanti ti, finché saranno vendute ad un museo o ad un collezionista, e infme, molto probabilmente, pubblicate. L'amorosa devozione che fino ai giorni nostri circonda le lettere e i bigliettini della Duse non può essere spiegata solo con la sua fama di attrice né con il gusto dei collezionisti, ma deriva, innanzi tutto, dalla forza con cui la Duse trasforma in un'impronta anche il più comune messaggio. Per questo le lettere della Duse si possono trasformare sia in merce che in talismani. Come talismani, Papini le regalerà ad una sua nipote che decide di diventare attrice, mentre Sibilla Aieramo, per esempio, con la speranza di risolvere i suoi problemi economici, nell'estate del '28, correrà per tutta Parigi in un vestito color ciclamino, cercando una qualche ricca americana cui vendere le sue lettere della o·use e i manoscritti di uno scrittore amico. Anche il modo in cui sono state pubblicate le lettere ad Antonietta Pisa mostra più il culto per i cimeli che il desiderio di fornire un contributo alla conoscenza della Duse, sia pure minuscolo ed erudito. M a le lettere che più erano fatte per invogliare la ricerca e la curiosità fu la Duse stessa a sottrarle al culto e al mercato: le sue lettere a D'Annunzio sono ancora sepolte nell'inedito, le lettere di D'Annunzio a lei sono in gran parte distrutte. Pietro Nardi, nel curare, poco prima di morire, l'edizione di ciò che sopravvisse a quella distruzione, ha rivelato che fu Teresa Giacosa a compiere il mandato che la Duse le aveva affidato e ad eliminare, per amore dell'amica, una parte originale e sconosciuta dell'opera del poeta. L'esiguo carteggio D'AnnunzioDuse curato da Nardi, uscito postumo nel '75, raccoglie bigliettini, telegrammi, cartoline che spesso non hanno che una sola parola, un «Ave!> e la firma, e poche lettere, che sono però importantissime, tanto che Vittore Branca, nel secondo dei suoi due articoli sulla Duse scrittrice di cui si è parlato all'inizio, sosteneva, alla luce di documenti, che era più plausibile un'influenza dello stile della Duse sulla prosa di D'Annunzio che non un'influenza di quest'ultimo sulla scrittura dell'attrice. Ed effettivamente, se si p;iragona la lettera di D'Annunzio del luglio del 1904 con la minuta di risposta della Duse (l'unica sua lettera presente nel volume curato da Nardi) è difficile non pensare che sia D'Annunzio - che lei chiama figlio- ad assorbire i toni della prosa secca e potente, per immagini e variazioni, della Duse. Infatti lo stile della Duse matura, ed è ora in grado di dare efficacia letteraria a quella estraneità alla lingua che aveva caratterizzato la prima maniera delli: sue lettere. Sul fmire del 1916 e all'inizio del '17, dopo aver girato il suo unico film Cenere, la Duse manda un biglietto al giovane scrittore Riccardo Artuffo: «Qui la cosa (Cenere) è andata bene. on la folla, ben. inteso, che va e corre dal mio camerata Consul - quel caro scimmiotto, che mi è piaciuto tanto, così superiore di noncuranza e disprezzo a tutto ciò che imita!> E subito l'immagine dello scimmiotto e della Duse che lo guarda, dell'attore e della sua spettatrice, prendono vita in pochi lampi: «Lo conosce lei Consul? ben, lo vada a vedere: ha gesti e battiti d'occhi - lontani, gli occhi - come se vedessero un'altra terra e un'altra razza. I gesti, non imita nessuna delle dive di teatro, ma abbozza, impaziente e sprezzante, un gesto, come chi direbbe: 'ben ....fatto finta!'. Lei capisceal volo-che io adoro Consul. È un amore di più che mi è nato nel cuore>. Ogni età della Duse, la giovinezza, la maturità, persino la vecchiaia, apparve sorprendente. Ogni volta trovò chi era pronto a sostenere di aver avuto la grande fortuna di averla vista nel più alto e compiuto fiore degli anni, nel suo momento più colmo e perfetto, e a predirne un inevitabile prossimo declino. Ma la capacità principale del-
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