Alfabeta - anno II - n. 17 - settembre 1980

.... ..... Duhem, Poincaré, Hadamard, Hilbert, Einstein ... Fu Duhem in particolare, proprio sulla scorta della questione della stabilità del sistema solar~ ( 1906) a insistere esplicitamente che, oltre a valutare un modello in base alla controllabilità delle predizioni che esso consente in un dato dominio sperimentale o alla qualità dell'accordo delle conclusioni tratte dal modello e le evidenze disponibili, i ricercatori dovessero tener conto anche della stabilità nei modelli che venivano via via escogitando, se aspiravano non solo alla «deduzione matematica» ma anche alla «indagine del mondo fisico». Poiché osservazioni e esperienze sono in via di principio ripetibili, purché si riconosca un certo margine di ineliminabile imprecisione nella determinazione di quelli che sono i «fatti» sperimentali pertinenti, la condizione che il modello non vari sensibilmente con una piccola perturbazione dei dati diventa sostanzialmente una condizione a priori della ricerca. Ma fino a che punto ciò è realistico? Non è proprio l'instabilità la molla che fa si che le cose si trasformino? Non è cosi, per esempio, che la materia cambia di stato? «L'acqua, col cambiare temperatura, non diventa semplicemente meno calda, ma passa attraverso gli stati solido, liquido o gassoso. Questi diversi stati non sorgono a poco a poco, ma il semplice progresso graduale del mutamento di temperatura viene anzi interrotto e arrestato a un tratto da questi punti [i cosiddetti punti critici in cui instabilmente sono compresenti due stati della sostanza considerata] e il subentrare di un altro stato è un salto». Sono parole della Scienza della Logica (tr. it. Laterza, Bari 1974, p. 413): Hegel sfida qui la scienza fisico-matematica sul suo terreno. A maggior ragione il «passaggio come salto» apparirà la transizione tipica in quei contesti ove più forte soffia lo Spirito e i punti critici sono davvero punti di crisi poiché si affrontano Ragione e Mutamento. E se è anche vero che Hegel nel privilegiare le rotture della continuità, «i salti», richiamava una fenomenologia su cui non aveva presa il linguaggio matematico del suo tempo, il «privilegio del geometra» può rinunciare oggi a modellizzare situazioni instabili? 6. I pozzi di potenziale La soluzione che Thom offre al dilemma è debitrice sia del grande dibattito cui si accennava nel punto precedente sia della tradizione di ricerca inaugurata da Poincaré (cfr. il punto 4) che ha ritrovato in tempi relativamente recenti una crescita impetuosa. Qui accenneremo, semplicemente, all'idea di fondo, facendo inoltre una ipotesi ausiliare, quella per cui il sistema modellizzato sia retto da una sorta di «demone nascosto» che mira sempre a ridurre la sua «perdita» che può venir rappresentata da una funzione V detta il potenziale del sistema. È, ovviamente, una metafora: l'ipotesi del demone non significa altro che il sistema si orienta verso quegli stati in cui il potenziale è minimo. Pensiamo, tanto per dare un'immagine intuitiva, a un sistema di colline sotto una forte pioggia: l'acqua che non è assorbita dal terreno si concentra negli avvallamenti (figura 1): il potenziale V è una semplice funzione dell'altezza. In virtù della conforma.?ione del A Figura 1. Un paesaggio collinoso. Qui il potenziale V è funzionedell'altezza.I punti A e B costituisconodue «pozzidi potenziale», in cui le acque si raccolgonodopo una precipitazione. A e B sonodueminimi locali (il punto D per esempioè piùbassodi B). Il punto C rappresenta inveceun massimo locale.Essoè tipicamenteinstabile:l'acqua che cade in C, infatti, tende a scendere immediatamenteversoilpozzo A o ilpozzo B. paesaggio si formano dei «pozzi» in tutti i minimi locali (come i punti A e B in figura), cioè in tutti i punti più bassi di quelli nelle immediate vicinanze. Questo carattere «locale» dei minimi della funzione V, cioè dei «pozzi di potenziale» come li chiama Thom, va notato con particolare attenzione: complessivamente («globalmente») vi possono essere punti più bassi di un dato minimo locale e i vari «pozzi» essere collocati ad altezza differente. Ma, in moltissimi casi, il potenziale V che ci interessa risulta instabile: esso cambia, per cosi dire, la sua forma se sottoposto a piccole perturbazioni. Intuitivamente: un avvallamento, per esempio, potrebbe sparire o magari potrebbero comparirne due! La mossa di Thom consiste allora nel passare dalla funzione V che dipende da certe variabili (dette variabili di comportamento) al suo dispiegamento universale, cioè a una nuova espressione del potenziale corretto mediante l'aggiunzione di alcuni termini che dipendono anche da certi parametri di controllo, che tengono conto di tutte le possibili perturbazioni cui il sistema può venir sottoposto. «Ogni situazione instabile - ci dice Thom - è fonte di indeterminazione», ma siamo in grado di controllarne (in linea di principio) tutti gli esiti possibili, in quanto ciascuno di essi corrisponde a una opportuna scelta dei parametri di controllo. Prendiamo il caso della transizione di stato (cfr. il punto 4), per esempio il passaggio di un fluido dallo stato liquido a quello gassoso. Anche questo sistema può venir concepito come retto da un potenziale che nella fattispecie è una funzione della densità del fluido in questione. A tale variabile di stato si possono affiancare due parametri di controllo, la temperatura e la pressione, passando cosi a un opportuno dispiegamento. Questo compendia, per così dire, tutti gli esiti possibili che si hanno variando pressione e voh1me a partire dal punto critico, in cui gas e liquido esistono contemporaneamente. In certe zone del «piano di controllo», cioè per dati valori di pressione e temperatura, domina un solo regime, cioè il fluido è liquido o gassoso; ma in una particolare zona, cioè per certi altri valori di pressione e temperatura, il potenziale assume una forma matematica che ammette due minimi locali, e sono dunque possibili entrambi i regimi. Ma poiché la compresenza di gas e liquido è instabile, questa zona del piano di controllo è quella ove basta una lievissima perturbazione perché un regime prevalga a scapito dell'altro. È entro questa zona (si veda per la descrizione geometrica la figura 2) -.:llt: si stabilisce una linea di confine, uscente dal punto critico, che separa i due stati e rappresenta, dice Thom, una sorta di «onda d'urto» che definisce il dominio di influenza di ciascun «pozzo di potenziale» rispetto a quello del rivale.· 7. fl fascino indiscreto delle frontiere La determinazione dei dispiegamenti dei potenziali e la loro classificazione in sette forme fondamentali (le sette «catastrofi elementari» di cui si è tanto parlato) nel caso in cui i parametri di controllo sono al più quattro «è un metodo matematico - ha chiarito esemplarmente lo stesso Thom nel suo intervento in Structure et dynamique des systèmes-che permette di spiegare le morfologie mediante instabilità dinamiche, e così si ritorna alla vecchia nozione eraclitea che per la morfologia il conflitto è padre di ogni cosa. «In questo caso [quello trattato al punto 6] si vede che l'onda d'urto è determinata dal fatto che si è di fronte a due stati locali di equilibrio in competizione e che devono spartirsi i loro domini di esistenza, di influenza. È questa spartizione che dà origine all'onda d'urto. È l'equivalente in geopolitica di due stati che stabilizzano le loro rispettive zone di influenza lungo una linea fortificata» (p. 73, corsivo mio). Il fascino (non discreto) delle frontiere nonha però troppoda spartire- a parte la somiglianza tra le «catastrofi» di Thom intese come «discontinuità qualitative nell'andamento dei fenomeni» e i «salti» su cui tanto Hegel insiste - con quello (discreto) della triade hegeliana (tesi, antitesi, sintesi). Thom torna ad Eraclito, per il quale gli opposti sono uniti ma mai conciliati; secondo Hegel, invece, gli opposti sono conciliabili e la conciliazione è la loro «verità». Sul lungo periodo, per Hegel, la realtà è in pace con se stessa. Invece i nostri potenziali governano il sistema solo localmente (cfr. il punto 6), mentre la hegeliana «astuzia della ragione» opera globalmente. L'immagine della fro111iera permette di chiarire anche un altro aspetto. Francia e Italia sono divise da un confine; ogni volta che un viaggiatore, poniamo, dall'Italia alla Francia, lo attraversa constata un cambiamento di regime qualitativo (passa, per es., dalla legge italiana a quella francese). Ebbene,in genere, anche se il percorso del viaggiatore viene lievemente «perturbato», si ha egualmente la sequenza Italia-confine-Francia. li controllo di un sistema eseguito Popper, Dike opera (si è detto) localmente, senza appiattire la varietà delle «leggi» locali (i logoi come li chiama Thom volutamente riallacciandosi ai presocratici) in un'unica legge del destino. 8. Se non vi fossero la femmina e il maschio... Al verso di Omero «Possa estinguersi la contesa, via dagli dei e dagli uomini», Eraclito ribatteva che «non vi sarebbe armonia se non vi fossero l'acuto e il grave, né vi sarebbero animali senza la femmina e il maschio, che sono contrari» (Colli 14 A' 127 = 22 A 22 OK). È però Omero, spregiatnre Ore 10.45: Mieczysalaw Jagielsky, il vice primo ministro incaricato delle trattative a Danzica, arriva ai cantieri « Lenin». facendo variare con continuità i «pa· rametri di controllo» (per esempio pressione e temperatura nel caso della transizione di fase) è un po' come un viaggio: se il nostro percorso (non più in uno spazio geografico ma in uno «spazio» matematico più astratto) incontra in un punto la «onda d'urto» di Thom, cioè la frontiera, in genere ogni altro percorso che riproduca il nostro con qualche lieve variante (cfr. l'osservazione di Duhem riportata al punto 5) incontrerà tale frontiera. È in questo senso che, per riprendere Eraclito il sistema non oltrepassa le misure: la geometria funziona qui come Dike, la giustizia. Ciò che è instabile (ciò che muta) viene stabilizzato passando al suo «dispiegamento» (cioè alla sua «legge» che tiene conto di tutte le possibili perturbazioni). Ma in questa versione, con buona pace di J o u della contesa e non Eraclito, teorico del conflitto come generatore di tutte le distinzioni qualitative, che prega per la distruzione dell'universo! La conciliazione (la «sintesi») cancellerebbe infatti la pluralità delle forme. E qui Thom salda alle tesi eraclitee il proprio programma di ricerca: il nostro mondo è innanzitutto un mondo di forme, dotate di una certa «stabilità> che ci permette di riconoscerle e di descriverle linguisticamente proprio perché la stabilizzazione di frontiere (cioè di confini, contorni, bordi, ecc.) è il risultato locale di un conflitto. Senza conflitto, dunque, niente morfogenesi. È proprio la sostituzione della frontiera alla sintesi che i nostalgici della triade hegeliana non riescono a perdonare a Thom. Tipicamente: essi possono consentire ai modelli catastrofisti in fisica o magari in biologia, vv o lJ w 2 3 vv 4 5 Figura2. Lo schemadella cuspide, unadelle sette «catastrofielementari• di Thom. li sistemadi immagineretto da un potenziale V dipendenteda una solavariabiledi comportamentox: più precisamente V(x) = x•. Tale funzioneè però instabilein x = O. Si passa allora al dispiegamento V(x,u,v) = x4/4 + ux2/2 + vx che dipende anche dai due parametri di controllo u e v. La ricerca dei minimi locali del potenziale cosi «dispiegato• porta allo studiodi una equazionealgebricadi terzo gradoxJ + ux + v = O. Lo studio delle soluzionidi tale equazionein funzionedei coefficienti u e v permettequindilfnadescrizionedeiminimi del potenzialein funzionedei parametri di controllo.Sul «pianodi controllo> (u, v) a tale studiocorrispondela cuspide disegnata nella figura, con il vertice nella origine. Se immaginiamodi c9ntrollare il sistema variandoinmodocontinuoi due parametri u e v in modo da percorrere nel piano di controllo la retta & procedendo dal punto 6 contr~ssegnatocon O al punto contrassegnato con 6 si incontranotutte le sette deformazionidel potenziale V rappresentato nellaillustrazione.In O) c'è solounpuntodi minimo,quindiun solostatodel sistema;in I), quando incontriamonel piano di controllo il ramo inferioredella cuspide, resta sempreunsolominimolocale,macompare (sullasinistra)unpuntodi flesso;in2) oltre il vecchiominimo (a destra) c'è un nuovo minimolocale (a sinistra); in 3) i pozzi di potenzialesono alla stessaaltezza; in 4) la situazionesi è invertita rispetto a 2); in 5) c'è di nuovoun solominimo,quellonuovo, in quantoquellooriginariosi è distruttoper collisionecon un massimo (locale); in 6) permane taleminimo.Dunque tra i punti 1 e 5) c'è unpunto in cuiilsistema cè saltato> da un minimoall'altro, cioè da un regime qualitativo all'altro, in quanto il minimo che era stabile in bassodiviene instabile(e scompare)in alto e viceversa. (da Structure et dynamique des systèmes, p. 72). ma ne temono l'intrusione nel mondo dello Spirito, per esempio nello studio del linguaggio o del comportamento sociale. Ma proprio questo Thom vuole: «I nostri modelli - scrive verso la conclusione di Stabilità strutturale e morfogenesi - attribuiscono ogni morfogenesi a un conflitto ··- ritroviamo cosi le idee (vecchie di 2500 anni!) dei primi presocratici, Anassimandro ed Eraclito. Questi pensatori sono stati tacciati di confusionismo primitivo, perché usavano vocaboli di origine umana o sociale come il conflitto, l'ingiustizia ... per spiegare le apparenze del mondo fisico. Molto a torto, secondo noi, poiché essi avevano avuto questa intuizione profondamente giusta: le situazioni dinamiche che reggono /'evoluzione dei fenomeni naturali sono fondamentalmente le stesse di quelle che reggono l'evoluzione dell'uomo e delle società» (p. 363). 9. La contesa tra San Giorgio e il Drago Naturalmente anche i modelli di Thom, per riprendere la metafora di Gombrich, sono mappe e non specchi, sono ricostruzioni (magari falsificazioni) e non copie. Dopo quanto si è detto sul ruolo dell'analogia nella modellizzazione, sul taglio qualitativo del reale che essa necessariamente opera, sul presupposto stesso della stabilità, ciò non deve stupirci troppo. Come del resto ampiamente chiarisce in Parabole e catastrofi (un'intervista su «matematica, scienza e filosofia» che viene pubblicata dal Saggiatore pressoché contemporaneamente alla versione italiana dell'opera maggiore) di fronte agli «accidenti di natura ubiquista> che si riscontrano nelle discipline più svariate; dalla geologia Thom ritiene che si debba «risalire al tipo analogico dei meccanismi che Ii generano> (p. 123). Anzi auspica una rinascita di una vera e propria teoria dell'analogia (anche se ammette che per ora «si dispone solo di un programma, anzi dell'abbozzo di un programma>, Parabole e catastrofi, cit., p. 130). Per darne una id-eaci pare interessante concludere con un accenno al saggio di Jean Petitot riportato nel recentissimo Semiotica della pittura. Qui l'approccio di Thom rappresenta a detta dell'autore «la prima teoria che abbia formalmente definito e chiarito gli universali sintattici (sia nel senso stretto che in quello narrativo) generati da conflitti posizionali. In breve possiamo dire che i suoi modelli ... determinano le soluzioni elementari stabili al problema della competizione spaziale, che sono descrivibili come dei sistemi di soglie dispiegando un evento organizzatore, produttore e strutturante> (p. 187). In una disamina «della pura struttura elementare del mito di San Giorgio>, in cui «rappresentazioni dal Rinascimento al Barocco> sono intese sostanzialmente «come un sistema di varianti» (pp. 180 e 181), Petitot propone una lettura della contesa tra San Giorgio e il Drago come uno scontro tra due atlanti (secondo una certa ermeneutica: il paradigma cristiano contro quello pagano, ecc.) una sorta di «soggetto» e «antisoggetto> in cui il soggetto è sostanzialmente l'atlante che sopravvive (cfr. pp. 189-190). Nel modello «geometrico> più semplice la rappresentazione prescinde da questa «diacronia esterna> e insiste «sincronicamente> sulla «pura differenza> tra i due atlanti. Ora, poiché è pensabile anche una versione (ma forse ci vorrebbe un Borges per scriverla!) in cui è il Drago che prevale su San Giorgio, «l'antisoggetto si rivela 'alla lunga' null'altro che il doppio del soggetto> (p. 190) e appare dunque naturale rappresentare la situazione su una superficie di comportamento increspata in cui l'esito della contesa è «ambiguo>. La sua proiezione su un'opportuno spazio di controllo dà origine alla stessa figura (la cuspide della figura 2) che permetteva di modellizzare la transizione di stato (cfr. il punto 6). Chi contesta questa «intrusione» della geometria nella semiotica troverà ovviamente che questi modelli non fanno che ridurre in caricatura con le loro rozze semplificazioni fenomeni estremamente complessi. Ma le caricature - almeno le buone caricature, come ha insegnato Gombrich, - sanno «offire un'interpretazione visiva di una fisionomia che non riusciamo a dimenticare e che la vittima sembrerà sempre portare in giro come se fosse vittima di un sortilegio>.

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