Lacrisfiinaniia·rmiaondiale Q uesta rubrica si è già interessata della corsa all'oro e della crisi monetaria nel numero dello scorso novembre. Ci occupavamo allora delle fasi iniziali dell'ascesa dell'oro avviatasi nei primi giorni di settembre. Al centro della nostra analisi era l'approccio della grande stampa quotidiana «indipendente» agli avve_- nimenti che tornavano a scuotere 11 malfermo edificio del sistema monetario i11ternazionale. L'osservazion_e mostrava la disattenzione, la superficialità e la frammentarietà di tale approccio: solo nella Rep_u~~lica e ne) Corriere della Sera servlZImformat1v1 e articoli di interpretazione offrivano qualche elemento utile alla comprensione del lettore. 1-;;dke1~hre 0 e in gennaio l'oro ha ripreso la sua vertiginosa ascesa; dall'inizio di settembre il prezzo dell'oro è più che raddoppiato. Le crepe della nostra stampa, quotidiana e periodica, sono rimaste sostanzialmente quelle descritte; in questo numero vorremmo perciò mettere a fuoco gli elementi di informazione - affiorati anche nella stampa straniera- che possano servire a una lettura più consapevole del terremoto monetario. Innanzitutto si tratta di individuare, dietro le oscillazioni spettacolari del prezzo dell'oro che occupano le prime pagine,_i contorni della crisi finanziaria del sistema capitalistico - una realtà che la stragrande maggioranza della stampa preferisce ignorare o stravolgere. Sarebbe troppo facile raccogliere uno «stupidario» dei commenti apparsi sui grandi quotidiani. Ad esempi~, nel numero già citato di Alfabera, riportavamo brani di un articolo di fondo firmato da Renato Cantoni, sulla srdmpa del 14 settembre; vi si leggeva tra l'altro: «Come si vede il ruolo maggiore lo gioca la paura del domani_e la scarsa credibilità dei governanti. Il passato insegna però che vi sono state altre grandi e gravi crisi di cresc~nza e sviluppo accompagnate da mov1menll monetari perversi. A un certo momento e senza alcun preavviso è stato toccato il fondo e la tendenza si è invertita; è quanto potrebbe capitare anc_he questa volta e allora la real~à_faràgiustizia degli eccessi speculallv1». Non sono tempi facili per i profeti: quando Cantoni scriveva queste cose, ammonendo i lettori sugli «eccessi della speculazione», il prezzo dell'oro era di 330 dollari l'oncia, oggi è giunto a quota 700. Per cogliere la d\namica reale che alimenta la corsa ali oro bisogna sgombrare il terreno da tutte le pseudo-spiegazioni che la stampa non ha cessato di sgranare in questi mesi. A settembre le «spiegazioni» di moda battevano sulla speculazione e sul rincaro del prezzo del petrolio; a poco valeva che gli osservatori più attenti sottolineassero che la speculazione- di per sé - non ha mai spiegato nessuna realtà economica e che il montarè dell'inflazione negli Stati Uniti aveva preceduto il rincaro del petrolio: Nei mesi seguenti la crisi nei rapporti Iran-Usa prima e l'invasione sovietica in Afghanistan poi di_vent~va~oil car~ dine delle nuove «sp1egaz1om».Molti commentatori non hanno avuto ritegno di collegare l'ascesa ~ell'oro ali~ paura di una guerra mondiale o quasi mondiale. Lo «stupidario» è anche qui molto vasto. Per tutti citiamo l'articolo di fondo comparso sul Resto del Carlino del 17gennaio (Ma comesiamodiventati ricchi di Mario Casari); eccone alcuni passi: «La corsa all'oro è certo giustificata per quelli che, consentendolo la legislazione del loro paese, possono specularci sopra. È priva di senso per chi invece lo acqu1st~ per accumularlo. Dice: e se scoppia la guerra? L'esperienza di quella passata sembra testimoniare che, salvo qualche occasione speciale, in circostanze del genere serve di più disporre di farina o di un maiale. Comunque mquesta A cura di lndex-Archivio Critico del/'/nformaz1one. La tintura ottica qualunque bene diventa buono, purché lo si possa scambiare con quello che serve e che non si ha. Fuori di questa ipotesi continuiamo a ritenere che la corsa all'oro, che è poi il risvolto della fuga delle monete, appartenga al dominio dell'irrazionale». Guerra mondiale, maiali, «dominio dell'irrazionale»: la stampa si rifiuta di guardare al di là delle evocazioni che la paròla oro suscita nell'inconscio collettivo dei lettori più sprovveduti. Ci sembra utile porre a confronto due commenti apparsi recentemente sulla Repubblica, uno dell'economista Claudio Napoleoni, l'altro di Alfredo Recanatesi, uno dei giornalisti ecoLa corsa all'oro di Claudio Napoleoni (La Repubblica, 8 gennaio 1980, p. 8) «(. ..) In primo luogo, nel/'auuale corsa ali'oro non c'è proprio nulla di 'irrazionale', contrariamente a quanco da parte di mo/cisi sostiene, e, in secondo luogo, la riforma del sistema monetario internazionale, se è una cond1zwne necessaria, non è però anche sufficiente al fine di un assel/o stabile dei pagamenti e dei flussi finanziari internazionali. È da ricordare, innanzicu110c, he fino ali'estate del 1971 l'oro, sia pure ·auraverso la mediazione di un dollaro convertibile, ha continuato a svolgere la sua funzione monetaria, in un regime di gold exchange standard Che questo_ regime non potesse durare a causa det mutamenti allora in corso della bilanciadei pagamenti degli Usa, è ben noto; e non è il caso, qui, di richiamare i termini di quella vicenda. Ma ciò su cui giova richiamare fortemente l'auenzione è questo: che quando il rife~imento, dire/lo o indireuo, ali'oro, ossia alla merce-monetav,ienemeno, ciò che viene a cessare è l'esistenza di un processo in qualche modo automatico, di reciproco confronto tra le monete nazionali e di regolazione dei flussi monetari trapaesi earee delmercato mondiale. Con la conseguenza che quel confronto e quella regolazione vengono a dipendere essenzialmente da processi decisionali che si svolgono in sede politica (...) _ Che cosa significa questo? L'eco-· nomici italiani più a_ccreditati. Mentre Napoleoni si sforza di individuare dietro la corsa all'oro la crisi che scuote le strutture finanziarie del sistema, Recanatesi isola completamente il fenomeno dell'oro dal suo contesto, respingendolo una volta di più nel dominio della speculazione e dell'irrazionalità. Fenomeno «irrazionale», «di costume», «eccesso -prodotto da componenti di natura psicologica»: la corsa all'oro, secondo Recanatesi e tanti altri commentatori, rimanda solo a se stessa e non può essere «forzata a rappresentare la crisi del sistema». Ma, intanto, questo irrazionale fenomeno nomia mondiale è oggi costituita da tre parti: i paesi industrializzati, i paesi produuori di petrolio, i paesi non produtlori di petrolio in via di sviluppo. Programmare l'ecpnomia mondiale significa elaborare e realizzare uno schema di rapporti tra questi tre gruppi di paesi; uno schema, più precisamente, raieche i flussi di merci e di capitali tra di essi avvengano in modo conforme alle esigenze di sviluppo di ciascuno ... Senza questa cooperazione economica internazionale programmata, con prospe11ivea media e lunga scadenza, non sembra che un diverso sistema monetario, che pure avrebbe il vantaggio di non far più perno sul dollaro e di fondarsi su una moneta-segno internazionale, possa, di per sé, risolvere la crisi monerarià (...) L'a11ualecorsa all'oro si rivela così come Ùnfai/o tu//'a/eroche 'irrazionale'. La mancanza di una cooperazione economica internazionale genera necessariamente, come tendenza di fondo e non semplicemente congiunturale, il tentativo spontaneo di ripristinare, mediante il ricorso, inevirabilmente disordinato, all'oro, un mercato che funzioni. Si traila naturalmente di una illusione, ma di una illusione necessaria... />. La febbre dell'oro di Alfredo Recanatesi (La Repubblica,23 gennaio, p. 8). « Poiché l'oro ha un'importanza solo marginale ai fini del processo produuidi costume ha fatto triplicare in un anno il valore dei capitali invc,titi in oro: sono ben pochi gli inve~timenti che possono oggi vantare un rendimento altrettanto elevato. Come questo fatto possa rimanere senza conseguenze economiche in un sistema monetario e finanziario perturbato e volatile rimane un segreto di Recanatesi. Ma vediamo che cosa si scrive sui quotidiani finanziari specializzati, destinati alla lettura del management capitalistico. La musica q~i cambi~ radicalmente, le preoccupazioni per ti meccanismo finanziario internazionale e per la sua vulnerabilità affiorano un po' ovunque. Emergono con chiavo, in quanto né il suo prezzo né la sua quanrirà condizionano la produzione di ricchez.za, ed ha plrso ogni ruolo monetario nel senso che il suo mercato non può più incidere sulla quantità di moneca in circolazione, conclusi ung mia nota su questo giornale con un giudizio d'irrazionalitàsu/l'impennata che ne ha portato ilprezzo alle veue auuali. La circostanza mi sembrò e continua a sembrarmi irrilevanteper l'osservatore di cose economiche e rimarchevole, al più, per il notista di costume, il quale porrebbe trarre spunti interessanti dal fatto che, evidentemente, anche nel/'era del/'angoscia atomica c'è chi riesce a trovare nell'oro il viatico per un po' di serenità. Ben diverso parere ha espresso successivamente Claudio Napoleoni. (...) Che due signori convengano di scambiarsi un'oncia d'oro a 800 piuttosto che a 300 dollari è un fauo loro privato, che in nessun caso riguarda l'economia reale o quella monetaria. È un fauo che non può prospe11areneppure l'illusione di produrre conseguenze monetarie, ma che rientra nella più generale fenomenologia inflazionistica, con gli eccessi prodoui da-componenti di natura psicologica che agiscono su rulli i beni rifugio, dai terreni alle azioni patrimoniali e agli o_ggeudi 'arte. Siamo, insomma, ad una delle tante manifestazioni dell'inflazione che, però, non a caso vieneforzata a rappresentare la crisi del sistema». rèzza alcuni elementi che i giornali di informazione generale distillano solitamente con il contagocce. Ci si rende conto, innanzitutto, che il mercato mondiale dell'oro non è sospinto dalle paturnie di «rispa~iatori» in cerca di beni-rifugio e d1 un pugno di «speculatori» che giocano alla roulette. Ovviamente non sono assenti operatori finanziari privati che vogliono diversificare i loro «portafogli» o raccogliere facili gua~agni p_un: tando sull'oro; ma i grandi flussi d1 capitali provengono da ben altre p~rti'. innanzitutto dai paesi produttori d1 petrolio che detengono miliar~i di dol_- lari da investire. Fino a tempi recenll, buona parte del surplus di petrodollari veniva collocato in depositi presso le grandi banche m~ltin~onal~ di _New York e di Londra, mmisura difficile da quantificare ma senza dubbi<;>assai ri: levante. Oggi un flusso consIStente d1 petrodollari abbandona i depositi bancari in dollari e si dirige verso l'oro. Ecco che cosa scrive in proposito il commentatore del Sole-24 Ore: di futuro dell'oro dipende ora da tre elementi. In primo luogo la posizione dei pac,i dell'Opec, in particolare della componente Medio Orientale. Ben pm:hi nutrono ora dubbi sul fatto che da yui ~iastata innescata la corsa all'oro. I.a ~celta dei citati paesi è molto meno irrazionale di quanto comunemente ,i dice. Pressati dalla necessità non ,olo di massimizzare i ricavi petroliferi ma anche di incorporarli in quale<>'-•che li conservi nel tempo; co- ,cienti che l'erogazione del petrolio pui> essere ridotta ma non troppo e non solo per ragioni politiche ma anche perché il progresso tecnico fa_procedere, sia pure lentamente, fonti SOS· titutive di energia; impossibilitati ad incorporare in breve tempo i loro ricavi in strutture produttive sotto il loro controllo politico; scottati dalla paurosa perdita di valore del dollaro; buona parte dei paesi petroliferi Medio Orientali ha scelto una via millenaria puntando sui metalli preziosi. E questo ha di fatto riportato l'oro al centro del Smi (Sistema monetario internazionale). In secondo luogo va considerata la posizione dei grandi produttori di oro, Urss e Sud Africa. La loro decisione è stata pronta: ridurre le vendite e favorire l'aumento del prezzo ... Comunque sia, questi paesi da un lato possono diventare parti privilegiate nel commercio oro-petrolio e dall'altro hanno ogni convenienza che l'oro ritorni al centro del Smi. Rimane infine, ultima certo non meno importante, la posizion~ dei paesi industrializz~ti occidentah.:. A parere di non pochi commentaton v~- rie Banche centrali avrebbero acqwstato in modo coperto oro. Solo gli Usa hanno seguito, almeno apparentemen: te la strada opposta, anche se poi m~ntre da un Iato vendevano dall'altro acquistavano (dalla sola Urss gli U!ia hanno comperato nei primi 8 mesi del 1979740 mila once). Questa potrebbe essere considerata un'astuta politica: nella prospettiva del ritorno dell'oro a( centro del Smi ogni paese ha cercato d1 comperare, individualmente e silenziosamente, al meglio. Se così è, l'irresponsabilità dell'Occidente ha raggiunto livelli di pericolosità elevatissimi ... Da un lato i paesi Opec hanno aperto, in dichiarazioni pres~h~ ufficiali, il problema della sosutuztone del dollaro se non come unità di pagamentoalmenocomeunitàdi contonelle transazioni petrolifere ... Da un altro lato cresce la pressione dentro i Paesi occidentali. La riunione del direttorio del Fmi (Fondo monetario internazionale) prevista per aprile, e quella dei massimi Paesi industrializzati, prevista per giugno, dovranno decidere una precisa politica sull'oro e sul ruolo nel Smi». (L'isterico protagonista di Alberto Quadrio Curzio, Il Sole-24 Ore del 12 gennaio 1980, prima pagina). Dall'articolo di Curzio escono con
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