nettezza due delle principali preoccupazioni che si nascondono dietro alla vicenda dell'oro; non a caso entrambe vertono sulla debolezza attuale del dollaro nel sostenere la funzione di perno del sistema monetario e finanziario: la prima è che i paesi mediorientali produttori di petrolio mettano in crisi o rallentino il meccanismo di «reciclaggio,. del loro surplus, abbandonando il dollaro e dirigendosi verso l'oro (dal flusso petrolio-dollari si passerebbe ad un flusso diverso, dominato dal binomio petrolio-oro); la seconda preoccupazione è che ciò spinga, con la complicità di alcuni paesi europei e dell'Urss, yerso la reintroduzione dell'oro come «tallone,. di un nuovo sistçma monetario dove la funzione del dollaro sarebbe necessariamente più ridotta, sotto il profilo economico e politico. Quest'ultimo trend coincide sostanzialmente con il vecchio disegno di De Gaulle, teorizzato dall'economista Jacques Rueff. Nel precedente servizio del Giornale dei Giornali sull'argomento abbiamo osservato che alcuni articoli di Eugenio Scalfari ed altri comparsi sulla Repubblica, contenenti espliciti riferimenti al disegno gaullista e alle teorie di Rueff, potevano indicare che alcuni settori del capitalismo italiano (e non solo italiano) stavano seriamente riconsidera!)do le ipotesi di cui abbiamo detto. È appena il caso di rilevare l'importanza politica che potrebbe avere un simile orientamento da parte di settori consistenti del capitalismo europeo: ripudio del «padrino,. americano, ruolo autonomo dell'Europa sia verso i paesi dell'Est, sia verso i paesi produttori di petrolio, conseguente ridimensionamento della potenza Usa come potenza mondiale dominante. 'on ci sembra del tutto azzardato interpretare l'attuale revival della «guerra fredda,. come una possibile e temibile controffensiva di quelle forze che negli Stati Uniti, ma anche all'interno dell'Unione Sovietica, guardano con ostilità al profilarsi di un nuovo ordine economico-politico a livello mondiale. Torniamo sui nostri passi. Ci sembra che la possibilità di reintrodurre l'oro nel sistema monetario non sia solo una visione personale del commentatoredelSo/e-24 Ore. Anche l'autorevole quotidiano finanziario londinese Fmancial Times, vicino agli ambienti della City, ha esplicitamente posto all'ordine del giorno la questione, con accenti piuttosto decisi. Ecco quanto si legge in un editoriale del 4 gennaio scorso, dal titolo Gold and the centrai banks (L'oro e le banche centrali): «(...) La mancanza di fiducia in alcune delle principali divise, in particolare nel dollaro, è un problema che minacciava la stabilità internazionale molto prima che il mercaRicontrollo ele11ricosul gambale delle riserve ufficiali in un qualche modo è destinato a sollevare discussioni sulla sua 'rimonetizzazione' -e in effetti la Francia, che spinge al fine di elevare il contenuto aureo della unità di conto europea (ECU), ha già usato questa parola. Ciò probabilmente risveglierà antichi dibattiti teologici, che sarebbero fuor di luogo. Non siamo mai stati più lontani dalla 'rimonetizzazione' dell'oro - vale a dire da un mondo in cui la moneta è sostenuta dall'oro e in cui l'oro ha uno stabile valore monetario. L'alternativa è di natura pratica: ha senso mantenere un bene molto richiesto sotto forma di un ammasso sterile e immobile? oppure un impiego attentamente controllato delle riserve ufficiali può alleggerire alcuni problemi di instabilità monetaria, di diversificazione delle riserve e di sbilancio commerciale, problemi che appaiono oggi cosl minacciosi? È evidentemente possibile per le singole banche centrali entrare nel mercato dell'oro se lo desiderano - e unirsi cosl in sostanza al gioco speculativo. Un approccio concordato a livello internazionale a questo intervento sarebbe di gran lunga preferibile e rappresenterebbe un mezzo per aiutare la stabilità molto migliore che tentare di mandare all'aria i piani degli altri. Le vedute al momento sono molto divergenti; ma è allora ancora più urgente aprire una attenta e concreta discussione che possa produrre risultati,.. Per quanto cauta, e talvolta oscura per i profani, questa prosa suona molto chiara nei suoi obiettivi, non senza qualche accento drammatico che getta una luce assai viva sul grado di confusione e di lotta sommersa in cui versano i paesi occidentali di fronte al disordine finanziario del sistema. Non si può certo accusare il Financial Times di invaghimento irrazionale per l'oro: eppure il portavoce della City propone, in buona sostanza, di finanziare con l'oro delle banche centrali i disavanzi petroliferi. È del tutt°oevidente che vi sarebbero dunque due monete per regolare gli scambi finanziari con l'Opec: il dollaro e l'oro. Nonostante l'invito, cosl britannico, ad accantonare le «vecchie dispute teologiche» sulla reintroduzione dell'oro nel sistema monetario e ad affrontare i problemi pratici, ci sembra probabile che la conseguenza pratica delle proposte avanzate dal Financial Times sia precisamente la «rimonetizzazione» dell'oro, a tutto svantaggio del dollaro. Ma l'aspetto forse più interessante dell'articolo sta nell'ammettere francamente che il ruolo del sistema bancario internazionale nel creciclare» le eccedenze di petrodollari è ormai al limite di rottura. Qui sigiunge nel cuore del meccanismo finanziario su cui si è basato l'equilibrio internazionale dopo la guerra del Kippur e che oggi la «crisi aurea,. mette a nudo. L'eccedenza in dollari detenuta dai paesi produttori di petrolio a partire dal 1974 ha causato ovviamente un deficit nei paesi importatori; questo deficit doveva essere finanziato. n «reciclaggio», come è noto, consiste precisamente nel finanziamento di questo deficit attraverso fondi trasferì- . ti dai paesi eccedentari dell'Opec. n meccanismo ha funzionato soprattutto attraverso l'intermediazione delle grandi banche commerciali, vale a dire delle banche multinazionali, soprattutto americane. In sostanza, i paesi dell'Opec depositano i dollari in surplus presso le filiali newyorkesi o londinesi delle banche multinazionali, queste a loro volta li prestano ai paesi deficitari, lucrando sulla differenza dei tassi di interesse. Il meccanismo ha sostenuto il ruolo del dollaro come mezzo internazionale oi pagamento e ha prodotto considerevoli profitti per le grandi banche, ma nel lungo periodo si è dimostrato un'arma a doppio taglio. La maggior parte dei prestiti sono andati infatti a paesi del to dell'oro si infiammasse. «( ... ) Ora banche e supervisori delle 1974)?» (Risky Business - Affari ri- se vengono loro imposti t~ssidi interes- ( •••) È da !1°tare c~e l'oro no~ è la banche sono allarmati. Sembra che vi schiosi, The Economist, 29 dicembre se particolarmenteelevati. Molto lucrosola alternativa che ~e!le pr~!ent3: al siano troppe banche internazionali alla J 979, p. 43-4). siper/~ banche commerciali, n<?n?1.eno dollaro •. Anche le_d1_V1sPeI?, so(1de caccia di troppo scarse opportunità di effic~c, nell'esaltare I fenomeni d1miesono attivamente nch_ieste.L u,_orua è prestiti in mercatisempre più rischiosi. grazwne, questo sistema è d.s_astroso che le banche centrali sono state, nel Lo scontro tra l'America e il nuovo «Fra il primo aumento delle tariffe per i paesi costrelli a indebitarsiper far complesso, pronte a intervenire per governo islamico dell'Ayatollah Kho- petrolifere (aumento 1973) e lo scorso fronte al proprio deficit energetico o serVJTeaJ_me_n<_> un_a parte della do- meini in Iran allafine del 1979 ha mes- mese di luglio, i paesi membri de/1'O- per finanziare i loro programmi di svi- ?1an~ ~ 1 ~•_vise,_mt~~ento che ha so in luce questi rischi. Le banche han- pec hanno depositato circa 70 miliardi luppo. Contrariamente ai prestiti co_n1mphcaz1ommflaziomst,che; ma esse no 6miliardi di @Ilari in ballo in Iran - di dollari nellebanche delmondo indu- cessi dal Fondo Monetario lnternaZ10· hanno invece rifiutato di mettere in e molti di più in altri posti potenziai- strialiuato. Questa cifra, stimata dalla nale (Fmi) questi P_restitni on _s~noi_n-. offe~ oro, ~ ~~e avreb?C a_vuto mente agitati. I paesi in deficit sembra- Morgan Guarantee Trust, rappresenta fatti accompagnali da condizioni d1 effetti deflaz10?1st1c1T. uttaVJa, s1~- no sempre meno in grado di ripagare i circa il 40 per cento del surplus com- politica economica (...) trebbe 3:nchegrn~gere_alla con,clus1<_>-loro debiti (a meno che i governi occi- plessivo delle loro bilancecomn7:er_ciali. Le banche commerci~li_(so?o)al/enne che Il ruolo più utile per I_oro m dentali non li prendano a loro carico, Nel solo I 980, questo surplus s1suuerà te ad un altro genere d1nschw: quello possesso delle banche centrali non è come è stato foro richiesto). J debiti fra i 56 e i 94 miliardi di dollari. Se i che un paese debitore cessi di essere q!-'ellodi ~~re l_ad?m~nd~ prove- debbono essere rinnovati a/l'infinito o paesi petroliferi continueranno a depo- solvibile eprovochi cr_acl~cui ripercusme~~edagli mvest~ton p~vah, m:i ne( bisogna rischiare addirictura la loro sitare circa la stessa quota (40 per cen- sioni a catenasono difficilmente prevefaci11tare la s<_>luz1_one d1 3:I~umdei inesigibilità? I timori, diffusi a metà co) nelle banche americane, europee e dibili. problemi posti dai rapporti mterna- dello scorso decennio, di una vasta giapponesi, questi nuovi afflussi rag- Una simile si111azionenon è teoricazionali a livello ufficiale_. . bancarotta dei paesi meno sviluppaci si giung~ranno, ?ei pros~imi cinq_u_aen_ni,_ mente senza rimedio, ~a le banche Secon«;k>_alcune_v~i, le. a~tont~ sono poi alleggeriti;alcuni paesi, come una cifra fra 1 250 e 1 500 m1liard1d, stesse s, mostrano scewche sulla_loro monetan~ d! alcum_de1rnaggion paesi i/ Perù /o Zaire e /a Turchia, entrarono dollari. I meccanismi esistenti saranno efficacia, salvo ricorrere, con var!straprod_uttond_i pet~ol_io~anno effett':1ato nei gu~i, ma riuscirono a cavarsenecon in grado di 'r_eciclarlci'ome hanno fatto tagemm_i,al ri~forzo del ~uo/o g1o_cato consistenti acqu1~t1d1 oro. Se C!ò. ~ il Fondo Monetario Internazionale e fino ad oggi? dal Fm,, vero gendarme del capila/e. vero,emer~e un3:l?"~rtante pos~1bi1l- con i loro creditori. I rischirimangono. Al riguardo, gli ambienti bancari in- Resta il fat!o _che i paes( de~entori di tà alt~rn:it1_vad1 1mp1egarea hv~ll? li congelamento dei depositi iraniani cer~a~ion~lin?n nas~~n_d'!no I~ pro- petrodollari ~,~an~ono I sol, padrom finanziano I loro surplus commerci~h. ordinato da Carterha messo in luce un prta inquietudine. Ali mmo del/ estate della loro ut1/1uaz1011ec,he le banche Regolare_ una. quota del lor<_>attivo rischiocorrispondente,forse maggiore. il go~er?acoredeliaBa~cad'Inghilterra commerciali_no~resistono a/l'a11ra~ioC?mmercia!e ID. ~~o - ma!lifest ar~, Tutti i paesi produ11oridi petrolio han- ha d1ch1arawsenw_re11cen~eclt1ue/lo ti ne d1oper~zwm _altamentespecula11ve, ci_oè,una d1spo~1b1!1~aàfornire ?ro ID no ingenti fondi in deposito presso sistema risc/11avad1essere messo anco- che gli Stati Uni/Inon hanno interessea y1an~mnale - ~1gmf1cherebbendurre banche occidentali. Supponiamo che ra una volta _sottopression_e'(...) frenare la caduw del dollaro, che ti rin-. ID misur_aco1;1spondente le .somme venga foro in mente che anche il loro . l.(naparte 1mp01:1antdeei petrodo/la- caro d~lpetrolio aument~ ,I volun7:ede, che, ~ltriment~, ~ovreb~ero nt?rrere danaro possa un giorno esserecongela- ri_s1o_ri~nta_verso ,I mercato delle euro- capiiali fluttuanti capaci, ad ogni mo-. alla intermediazione d1 un sistema to e che tentassero di ritirarlo prima? d1v1se,ti cui volume allafine del 1978 è mento, d1 lllrbare pericolosamente 1 bancario internazionale la cui capacità Gli Euromercati sono divenuti sem- stimato dalla Banca dei Regolamenti tassi di scambio. di 'recicl_aggio',al di là ~i ~rti li~iti, è pre più vulnerabili alle crisi di fiducia. Internazionali (BRI) in 375 miliardi Questi dati div~rsi sono legati tra ora amp1:imenteme553: ID d_iscussione.. Molte banche prendono a prestito da di dollari (La M~rgan Guaran_t~ec1!a loro da tut!o un gioe~ complesso che ln_ogrn ~~ ~mbra 1rr:izionaleche I altre per finanziare i propri prestiti in- una cifra superiore: 4!5 miliardi). ne~suno è ,_ng_rado d1 controllare e le paesi con I più importanti surplus deb- ternazionali -ed esse accendono debiti L'afflusso di petrodollari andrà a gon- cm probab1l1sregolatezze, temute dalle b~o continuare a deten_ere so!o una a breve per concedere prestiti a /ungo fiare considerevolmente questo merca- istitu_zion(bancarie,_rischiano_m~ltodi piccola parte ~ell~ loro n~r:ve ID ?ro! termine. Che cosa accadrebbese /efon- 10 nell'anno in corso (...) . sfocwre m un pa~1co finanziario che mentre alcum dei ma~1on deb1ton ti dei depositi si prosciugassero (come è . I paesi 1el ter~~ "!o?do, costre//1a spacchereb~e 1/ sistem~» (Cassure - tengon<_u>na quota consistente e ere- avvenuto per molte banche quando /a rico_rrerea, presm,, s, rivolg_onovolen- R<?ttura - ~1 Claude J~hen, Le Monde scente ID questa forma. banca tedesca Hersta/1 è fallita nel ueri al mercato delle eurod1v1se,anche D1plomauque, gennaio 1980). Ogni proposta di mobilitare l'oro Terzo Mondo che hanno trovato spesso difficoltà nel rimborsarli; talvolta, essi hanno dovuto accendere nuovi debiti con le banche solo per ripagare i debiti precedenti e i relativi interessi. Una interessante documentazione sugli effetti di questo meccanismo si può leggere in un servizio apparso sul settimanale inglese T/JeEconomist del 3 novembre 1979 (Rich banks and poor countries- Banche ricche e paesi poveri). Tra l'altro vi si legge che il debito totale dei paesi in via di sviluppo, che nel 1970 era di 74 miliardi di gollari, ha raggiunto i 321 miliardi di dollari; nel 1970 il credito delle grandi banche private copriva il 16 per cento del totale, oggi ha raggiunto il 39 per cento e costituisce ormai la principale fonte di finanziamento. li grosso dei prestiti «commerciali» al Terzo Mondo proviene da banche Usa e I O di esse hanno coperto da sole tre quarti del totale Usa. «Un coinvolgimento coslconcentrato ha sollevato discorsi spettrali sul collasso dell'intero sistema bancario occidentale ove un paese pesantemente indebitato avesse mancato di rimborsare i prestiti», scrive The Economist. Basti pensare che il Brasile deve impegnare quasi il 20 per cento del ricavo delle importazioni per ripagare i debiti, il Pèrù il 30 per cento e il Messico quasi il 50 per cento. Banche multinazionali e Fondo monetario sono costantemente impegnati a sorvegliare che al castello di crediti e prestiti non venga a mancare neppure una carta. Nel suo numero di fine anno, The Economist (che con i suoi 274 anni di vita non è certo meno autorevole del Financial Times nel rispecchiare gli umori della finanza) ritorna nuovamente sul prÒblema; lo stesso tema è affrontato anche in un editoriale di Le Monde Dip/omatique nel primo numero del 1980. Di entrambi gli articoli riportiamo, tradotti, ampi brani nella «finestra». Dalla loro lettura si può dedurre che, se da una parte il meccanismo del reciclaggio è minacciato a valle dalla possibilità che i debiti non vengano ripagati, dall'altra esiste la minaccia che, a monte, i flussi di petrodollari prendano altre strade: per esempio quella dell'oro. È certo che la decisione di Carter di congelare i depositi iraniani presso le banche Usa, ivi comprese le filiali all'estero, non è stata accolta molto bene nei paesi arabi produttori di petrolio. Gli Emirati Arabi Uniti hanno definito questa misura un «precedente pericoloso» mentre il Kuwait ha parlato di «decisione estremamente grave» (cit. in Les inquiétudes de I' Arabie Saoudite et des Emirats, Le Monde Diplomatique, gennaio 1980, p. 11). Cosl non può meravigliare se i paesi arabi dell'Opec, già in allarme per il continuo deprezzamento del dollaro con cui viene pagato il loro petrolio, si sono presentati sul mercato dell'oro con una massiccia domanda. li caso dell'Iran che si è visto bloccare i suoi depositi nelle banche Usa e che, a sua volta, ha dichiarato inesigibili i suoi debiti con l'estero - il tutto per somme di diversi miliardi di dollari - esemplifica molto bene l'inestricabile intreccio politico-economico scatenato dal meccanismo finanziario in atto. La cosiddetta corsa all'oro appare allora nella sua autentica luce: è una spia di allarme che segna il prossimo punto di rottura dei congegni finanziari che, nella seconda metà degli ann·i '70, hanno assicurato simultaneamente un certo grado di sviluppo dell'economia mondiale e il perpetuarsi del potere finanziario del dollaro e degli Stati Uniti. Di conseguenza l'oro si presenta, ancora nebulosamente, anche come il possibile veicolo per innescare un nuovo processo finanziario. La flotta americana nel Golfo Persico e i carri sovietici in Afghanistan si collocano su questo sfondo economico, non meno che politico. La stampa italiana di solito preferisce rovesciare tutto: l'invasione dell'Afghanistan diventa la causa della corsa all'oro, l'aumento del petrolio la causa dell'inflazione. La trama semisegreta degli avvenimenti economici e finanziari rimane nell'ombra, per pochi magnati e specialisti. Una semplice lettura comparata della stampa internazionale porterebbe alla portata di chiunque i termini autentici della partita in corso, come ci sembra di avere esemplificato, con tutti i limiti del nostro lavoro. Forse questa comprensione degli avvenimenti non è desiderata; o, più semplicemente, gli apparati dell'informazione di massa non sono disegnati per questo scopo. ,.., "" ' ' "' _. -~ e:,_ ~ 00 °' - ~ l:: ..e, ..e, ~ ~ - I:: !:: ., ..e, ..s; .;
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