Alfabeta - anno II - n. 10 - febbraio 1980

GliAn li Milan Kundera ge Il rinoceronte è una commedia di Eugène lonesco i cui personaggi, posseduti dal desiderio di assomigliarsi l'un l'altro, si trasformano via via in rinoceronti. Gabrielle e Michèle, due giovani americane, studiano la commedia in un corso estivo per studenti stranieri in una cittadina della costa mediterranea. Sono le allieve preferite di Madame Raphaif/, la loro insegnante, perché la guardano sempre con attenzione e prendono nota con cura di tutto ciò che dice. Oggi, l'insegnante ha chiesto alle due ragazze di preparare insieme, per la prossima lezione, una relazione sulla commedia. «Non capisco bene cosa voglia dire, che si trasformano tutti in rinoceronti», dice Gabrielle. «Bisogna interpretar/o come un simbolo», spiega Michèle. «Giusto», dice Gabrie/le. «La letteratura è fatta di segni». «li rinoceronte, in primo luogo, è un segno», dice Michèle.\ «Sì, ma anche ammettendo che non si siano trasformati in veri rinoceronti, ma in segni, perché proprio quel segno li e non un altro?». «Già, il problema è proprio questo», dice malinconicamente Michèle, e le due ragazze, che stanno tornando al loro pensionato, fanno una lunga pausa. _ È Gabriel/e a rompere il silenzio: «non sarà un simbofò fallico?» «Che cosa?», chiede Michèle. «li corno», risponde Gabrielle. «È vero!», esclama Michèle, ma poi ha un'esitazione. Già, ma perché si trasformano tutti in un simbolo fallico? Non solo gli uomini, ma anche le donne?». Le due ragazze in marcia verso ilpensionato si sono falle di nuovo silenziose. «Ho un'idea», dice ad un tratto Michèle. «Quale?», si interessa Gabriel/e. «E poi, è una cosa che Madame Raphaifl ha più o meno suggerito», aggiunge Michèle stuzzicando la curiosità di Gabrielle. «Allora, che cos'è? Dimmelo», insiste impaziente Michèle. «L'autore ha voluto creare un effetto comico!». L'idea enunciata dall'amica conquista a tal punto Gabrielle da farla concentrare per intero su quello che sta pensando; finisce col dimenticarsi delle gambe, e rallenta il passo. Le due ragazze, ora, sono quasi immobili. « Pensi che ilsimbolo del rinoceronte sia usato per creareun effetto comico?», chiede Gabrielle. «Sì», dice Michèle, e sorride col sorriso orgoglioso di chi ha fatto una scoperta. «Hai ragione», dice Gabrielle. Le due ragazze si guardano, felici della loro audacia, e hanno nelle labbra un brivido di fierezza. Poi, a/l'improvviso, fanno udire dei suoni acuti, brevi, spezzati, che è molto difficile descrivere a parole. 2. Ridere? Chi si cura mai di ridere? Voglio dire ridere veramente al di là della battuta, dello scherzo, del ridicolo. Ridere, godimento immenso e delizioso, godimento totale ... Dicevo a mia sorella, o lei diceva a me, vieni, giochiamo a ridere? Ci si stendeva una accanto all'altra su un letto, e si cominciava. Per finta, si capisce. Risate forzate. Risate ridicole. Cosi ridicole che ci facevano ridere. E allora veniva, il ridere vero, il ridere completo, e ci portava via sulle sue immense ondate. Risate zampillanti, riprese, incalzanti, scatenate, risate magnifiche, sontuose e pazze ... E ridevamo all'infinito delle nostre risate ... Oh ridere! ridere del godimento, godimento del ridere: ridere vuol dire vivere più profondamente. Il testo che ho citato è tratto da un libro che si intitola Parola di donna È stato scritto nel I 974 da una delle appassionate femministe che hanno segnato in modo cosi caratteristicoil nostro tempo. È un manifesto mistico della gioia. Al desiderio sessuale del maschio, consacrato ai fugaci istanti de/l'erezione e, dunque, fatalmente alleato della violenza, de/l'annientamento, della distruzione, l'autrice oppone, esaltandolo come il suo antipodo, il godimento femminile, dolce, onnipresente e continuo. Per la donna, purché non sia del tutto alienataallapropria sostanza, mangiare, bere, urinare, defecare, toccare, sentire, o semplicemente essere~ tutto è godimento. Questa enumerazione di voluttà si stende attraverso il libro come una bella litania. Vivere è felicità: vedere, sentire, toccare, bere, mangiare, urinare, defecare, immergersi nell'acqua e guardare il cielo, ridere e piangere. E se il coito è bello, lo è perché è la totalità dei godimenti possibili della vita: il toccare, il vedere, il sentire, ma anche il bere. il mangiare, il defecare, il conoscere, il danzare. Anche l'allattamento è una gioia, per non parlare del parto che è un godimento e della mestruazione che è una delizia, quella saliva tiepida, quel latte scuro, quel colare tiepido e come zuccheroso del sangue, quel dolore che ha il sapore bruciante della felicità Solo un imbecille potrebbe sorridere di questo manifesto della gioia. Ogni mistica è eccesso. Il mistico non deve aver paura del ridicolo se vuole arrivare fino in fondo: in fondo a/l'umiltà, o in fondo al godimento. Simile a Santa Teresa che sorrideva durante l'agonia, santa Annie Ledere (cosi si chiama l'autrice del libro dal quale ho tratto le citazioni) afferma che la morte è un frammento di gioia e che solo il maschio la teme, perché è meschinamente a/laccato al suo piccolo io e al suo piccolo potere. In alto, fastigio di questo tempio della voluttà, splende la risata, estasi deliziosa della felicità, culmine estremo del godimento. Ridere del godimento. godimento del ridere. Non c'è il minimo dubbio: si tratta di un riso al di là della battuta, dello scherzo e del ridicolo. Le due sorelle distese sul letto non ridono di niente di preciso, il loro ridere è privo di oggetto, è l'espressione de/l'essere che gioisce di se stesso. Cosi come chi sta male si incatena col suo gemito all'attimo presente del suo corpo che soffre (e si tiene completamente al di fuori del passato e del fuwro ), anche chi scoppia in questa risata estaticaè privo di ricordi e di desideri, perché getta il suo grido ali'attimo presente del mondo e non vuol conoscere nient'altro. Milan Kundera è nato nel 1929 a Brno. in Cecoslovacchia. Iscritto al Partito Comunista cecoslovacco dal '47. ne è stato espulso nel '50.«Riabilitato» nel '56. nuovamente espulso nel '70. dal '75 risiede in Francia, dove tiene corsi universitari. narrativa composta da Lo scherzo ' (1969. tradotto in dodici lingue), La vita è altrove (1972. Prix Médicis) e// valzer degli addii (1979, Premio Mondello). Di questi tre romanzi, i primi due sono stati pubblicati in Italia da Mondadori, l'ultimo da Bompiani, dove sta J per uscirlanche la più recente opera di 71 Kundera, li libro del riso e de~'oblio. rn dalla quale abbiamo tratto il racconto ' Alcuni mesi fa è stato privato della cittadinanza cecoslovacca. È autore di tre raccolte di poesie, di uno studio sull'arte del romanzo. di pièces teatrali. di raccolte di racconti, e ha raggiunto la notorietà mondiale con la trilogia che qui pubblichiamo. - a Ricorderete certo una scena vistadecine di volte in altrettantibrutti film: un ragazzo e una ragazza si tengono per mano e corrono in un bel paesaggio primaverile (e estivo). Corrono, corrono, corrono -e ridono. Le loro risa hanno lo scopo di far sapere al mondo intero e agli spettatori di tutti i cinema: siamo felici, siamo contenti d'essere al mondo, siamo in armonia con l'essere! È una sèena stupida, uno stereotipo, e tuttavia esprime un atteggiamento umano fondamentale: il ridere serio, il ridere al di là dello scherzo. Tutte le chiese, tutti i fabbricanti di biancheria, tutti igenerali, tutti i partiti politici sono d'accordo su questo riso e l'immagine dei due che corrono ridendo compare sui manifesti dove essi fanno propaganda alla loro religione, ai loro prodotti, alla loro ideologia, al loro popolo, al loro sesso e al loro detersivo. E appunto di quel riso che ridono Michèle e Gabrielle. Escono da una cartoleria, si tengono per mano e con la mano libera fanno dondolare ciascuna un pacchettino con dentro della carta colorata, della colla e degli elastici. «Madame Raphael sarà entusiasta, vedrai», dice Gabrielle, e di nuovo emette dei nuovi acuti e spezzati. Michèle è d'accordo con lei e fa udire pressappo_colo stesso rumore. 3. Poco dopo aver occupato, nel 1968, il mio paese, i russi mi hanno cacciato dal mio lavoro (come migliaia e migliaia di altri cechi) e nessuno aveva il diritto di offrirmi un altro impiego. Alcuni giovani amici sono venuti allora a trovarmi: erano troppo giovani per essere già sulle liste dei russi, e cosi potevano rimanere nelle redazioni, nelle scuole, negli studi cinematografici. Questi buoni e giovani amici, che non tradirò mai, mi hanno proposto di scrivere e firmare col loro nome dei copioni per la radio e la televisione, delle commedie, degli articoli, delle corrispondenze, delle sceneggiatureper film, e guadagnarmi cosi da vivere. Ho approfittato di qualcuna di tali proposte, ma perlopiù le rifiutavo, un po' perché non riuscivo a fare tutto ciò che mi offrivano di fare, ma anche perché era pericoloso. Non per me: per loro. La polizia seweta voleva affamarci, ridurci alla miseria, costringerci a capitolare e a ritrattarepubblicamente. Per questo sorvegliava con cura le pietose vie d'uscita attraverso le quali cercavamo di sfitggire a/l'accerchiamento, e puniva duramente chi ci regalava il proprio nome. Fraquesti generosi donatori c'era una ragazza che si chiamava R. Il Tacatori. Questa macchina può eseguire contemporaneamente il taglio e la cucitura della mutanda. Costa 36 milioni. Come la macchina per la cucitura della mutanda. viene data in uso a una famiglia. Se essa viene acquistata e ne rende necessario un uso intensivo, per ammortizzarne il costo. I vari componenti la famiglia si alternano alla macchina. a turno. per tutte le 24 ore. (non ho nulla da nascondere, in questo caso, giacché è stato scoperto). Questa ragazza timida, fine e intelligente era redattrice di una rivisw per i giovani dalla tiratura favolosa. Poiché la rivista, in quel periodo, era costretta a pubblicare un incredibile numero di articoli politici indigesti, che cantavano le lodi del popolo russo fratello, la redazione cercava un modo per attirare l'attenzione della massa. Aveva dunque deciso di discostarsi in via eccezionale dall'ideologia marxista pubblicando una rubrica di astrologia. In quegli anni, vivendo la mia vita di escluso, ho fatto migliaia di oroscopi. Se il grande Jaroslav Hasek era stato commerciante di cani (vendeva molti cani rubati, e faceva passare una quantità di bastardi per esemplari di razza), perché io non avrei dovuto fare l'astrologo? Tempo prima, alcuni amici mi avevano spedito da Parigi tutti i trattati di astrologia di André Barbault, il cui nome è fieramente seguito dal titolo di Presidente del Centro internazionale d'astrologia, e, contraffacendo la scrittura, avevo scritto a penna sulla prima pagina di ciascuno: A Milan Kundera con ammirazione, André Barbault. Lasciavo i libri con dedica posati con discrezione su un tavolo, e sbalordivo i miei clienti praghesi spiegando loro che per parecchi mesi, a Parigi, ero stato assistente de/l'illustre Barbau/t. Quando R. mi ha chiesto di tenere clandestinamente la rubrica di astrologia sul suo settimana/e ho accettato con entusiasmo, e le ho consigliato di annunciare alla redazione che l'autore dei testi era un brillante scienziato atomico che non voleva rivelare il suo nome per paura di essere deriso dai colleghi. L'iniziativa mi sembrava doppiamente protetta: dallo studioso che non esisteva, e dal suo pseudonimo. Ho scritto dunque, sotto un nome immaginario, un lungo e dotto articolo sull'astrologia e poi, ogni mese, un testo breve e abbastanza • insulso sui diversi segni, disegnando io stesso vignette del Toro, dell'Ariete, della Vergine, dei Pesci. Il guadagno era derisorio e la cosa non aveva in sé niente di divertente o di notevole. L'unica cosa piccante, in tutta questa faccenda, era la mia esistenza, l'esistenza di un uomo espulso dalla storia, dai manuali di letteraturae dall'elenco del telefono, un uomo morto che tornava alla vita in una stupefacente reincarnazione per predicare a centinaiadi migliaia di giovani socialisti la grande verità dell'astrologia. Un giorno R. mi ha annunciato che il suo capo-redattore era entusiasta de/l'astrologo e voleva che gli facessi l'oroscopo. Ero al settimo cielo. li capo-redattore era stato imposto dai russi, e aveva passato metà della sua vitaa studiare il marxismo-leninismo a Praga e a Mosca. «Si vergognava un po'», quando me l'ha chiesto, spiegava R. sorridendo. Vorrebbe che non si sapesse in giro che crede a queste superstizioni da medioevo. Ma è tremendamente tentato. «Benissimo», le ho risposto. Ero contento. Conoscevo il capo-redattore. Oltre a essere il superiore di R., era membro della commissione del partito addeua ai quadri, e aveva rovinato l'esistenza di un discreto numero di miei amici. « Vuole conservare un totale anonimato. Le darò la sua data di nascita, ma dovrà ignorare che si trai/a di lui». Era sempre più divertente. «Tanto meglio!», ho risposto. «Le darà cento corone per il suo oroscopo». «Cento corone? Se lo sogna, quell'avaro!». Ha dovuto darmene mille. Ho riempito dieci pagine descrivendo il suo caratteree tratteggiando il suo passato (sul quale ero abbastanza informato) e il suo futuro. Ci ho lavorato una settimana, consultandomi dettagliatame111econ R. Con un oroscopo, in effetti, si può influenzare a meraviglia, cioè dirigere, il comportamento delle persone. Si può facilmente raccomandare loro certi comportamenti, distoglierli da altri, e indurli a penitenza facendo presagire loro, con finezza, catastrofi future. Quando, qualche tempo dopo, ho rivisto R., abbiamo riso molto. Lei sosteneva che il capo-redattore eradiventato migliore da quando aveva letto l'oroscopo. Urlava meno. Cominciava a diffidare della propria severità, contro la quale l'oroscopo lo metteva in guardia,, cercava di valorizzare al massimo il briciolo di bontà di cui era capace e nel suo sguardo, che fissava spesso nel vuoto, si poteva scorgere la tristezza di un uomo il quale non ignora che le stelle, ormai, gli permettono solo sofferenza. 4. (A proposito dell'altro ridere) Considerare il diavolo un partigiano del Male e l'angelo un soldato del Bene significa accettare la demagogia degli angeli. Le cose, evidentemente, sono più complicate. Gli angeli non sono partigiani del Bene, bensl della creazione divina. Il diavolo, al contrario, è uno che rifiuta di attribuire al mondo divino un qualsiasi significato razionale. Come si sa, angeli e demoni si spartiscono il dominio del mondo. Tuttavia, per il bene del mondo occorre che gli angeli abbiano il sopravvento sui demoni (come credevo quando ero bambino), ma che i poteri degli uni e degli altri siano all'incirca in equilibrio. Se nel mondo c'è un eccesso di incontestabile senso (potere degli angeli) l'uomo soccombe sotto il suo peso. Se il mondo perde qualsia. significato (regno dei demoni), è altrettanto impossibile viverci. Le coseprivate di colpo del loro senso presunto, del posto assegnato loro nel preteso ordine delle cose (un marxista formatosi a Mosca che crede agli oroscopi) prbvocano in noi il riso. All'origine, il riso appartiene dunque al dominio del diavolo. Vi è in esso qualcosa di malefico (le cose si rivelano di colpo diverse da come volevano far credere di essere), ma anche una parte di benefico sollievo (le cose sono più lievi di come apparivano, ci lasciano vivere più liberamente, smettono di opprimerci con la loro austera serietà). Quando l'angelo ha sentito per la prima volta la risata del maligno, è stato colpito dallo stupore. È successo durante un banchetto, la sala eragremita e i presenti sono stati conquistati uno dopo l'altro dalla risata del diavolo, che è terribilmente contagiosa. L'angelo capiva benissimo che quel riso era diretto contro Dio e contro la digniràdellasuaopera.Sapevadi doverreagiresubito, in unmodoo ne~'altro, ma si sentiva debole e inerme. Non riuscendo a inventare niente di nuovo, ha scimmiottato il suo rivale. Aperta la bocca, emise dei suoni saltuari, spezzati, negli intervalli superiori del suo registro vocale (più o meno lo stesso suono fatto udire, in una via della cittadina sulla costa, Michèle e Gabrielle), ma dando loro ilsignificato opposto. Mentre la risa,a del diavolo designava l'assurdità delle cose, l'angelo voleva, al contrario, rallegrarsi del fatto che tutto, quaggiù, fosse ben ordinato, concepito con saggezza, buono e pienno di senso. Così, l'angelo e il diavolo si fronteggiavano e, mostrandosi l'un l'altro la bocca spalancata, emettevano all'incircagli stessi suoni, ma ciascuno esprimeva col suo clamore qualcosa di radicalmente diver-

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