Alfabeta - anno I - n. 3/4 - lug.-ago. 1979

autoritario e statale ha attratto ben pochi adepti e se è rifluito in sette sterili. Questa è un'argomentazione un po' mistificatoria. Com'è possibile infatti che un ambiente che ha scoraggiato cosi completamente la centralizzazione e l'organizzazione radicali si sia dimostrato cosi fertile con quelle stesse tendenze nel governo, nei militari e nell'industria? Un'enorme burocrazia federale, un grande apparato militare, le multinazionali, per non parlare delle grandi organizzazioni sindacali, sembrano aver superato con successo tutti gli ostacoli sulla via della centralizzazione. DeLeon è di ben scarso aiuto a spiegarne le ragioni. Egli ammette che la tradizione della sinistra anarchica declinò negli anni '40 per venir poi dimenticata e catalogata negli anni '50 come una,eco arcaica di una società più semplice. Ma essa dimostrò di essere «solo assopita e non morta» perché gli anni '60 «testimoniarono il revival dell'anarchismo» in tutti i suoi aspetti antiistituzionali e antiautoritari, - con manifestazioni di destra e di sinistra e con molteplici frazionismi in entrambi gli schieramenti. Avendo in comune l'opposizione alla regimentazione, alla coercizione e allo statalismo, i militanti di destra e di sinistra degli anni '60 venivano scoprendo quanto avessero in comune tra di loro, compreso un antico passato nazionale. Come notò sarcasticamente un marxista, gli universitari di sinistra «scoprono che il passaggio dal partito repubblicano all'anarchia è molto più facile di quanto sembri». La definizione emersoniana del suo partito nel 1867 avrebbe potuto includerli - fanatici in libertà: odiano gabelle, tasse, pedaggi, banche, gerarchie, governatori e, ma si, quasi quasi anche le leggi . Ma se anche DeLeon protegge e difende il nostro «radicalismo fatto in casa», che è, a suo avviso, «un'alternativa al capitalismo e al socialismo tradizionali», non gli risparmia critiche. «Piuttosto che imparare dalla saggezza accumulata e dalle contraddizioni del passa~o», egli scrive, «il radicalismo americano è sempre vissuto nell'eterno presente di un'innocenza infantile. Le sue argomentazioni nascono sempre dall'espressione infantile o adolescenziale di un pugno di ipotesi radicate nella nostra società, ma mai formulate come una filosofia consapevole». Egli quindi suggerisce di «imparare da esperienz.e straniere che siano compatibili con l'avanzamento di una rivoluzione libertaria in America» e tra queste indica la Comune di Parigi del 1871,la Russia del 1905,laSpagna del 1936/39, l'Ungheria del 1956, la Francia del 1968 e ilCile degli anni '70 - guarda caso, tutti fallimenti. È quindi da sperare che questi fallimenti non siano compatibili, almeno in questo aspetto, col suo modello di un movimento democratico e rivoluzionario di massa di cui egli si occupa nelle ultime pagine del suo libro. Queste enfatizzano strutture molto attraenti come la decentralizzazione, il «socialismo regionale», «l'individualismo cooperativo» e il controllo locale. Messo a confronto con la «domanda velenosa della storia Yankee»: «Che cosa facciamo del Sud?», David DeLeon decide che il Sud «non rientra facilmente in questa mia struttura». «Mentre in tutte le altre regioni americane», egli scrive, «è facile ritrovare modelli delle mie categorie», egli considera il Sud come «una curiosità regionale all'apporto dell'abitante del New England che, influenzato dal Puritanesimo, è diventato il modello dello "Yankee!"». Nel tentativo di spiegare «questa eccezione sudista», egli azzarda l'ipotesi che «è più facile controllare la popolazione quando vive isolata in piccole fattorie, piantagioni o villaggi», e che pertanto «i critici radicali sono stati meno importanti» nel Sud e che «sono stati meno vigorosi che in altre wne>. Queste considerazioni sul Sud accompagnate alleardite caratterizzazioni del radicalismo storico americano forniscono un background provocatorio per il libro di James R. Green Grass-Roots Socialism e, a sua volta, il libro di Green fornisce un banco di prova per alcune idee di DeLeon. L a storia di cui si occupa Green non si adatta facilmente alle idee prevalenti a proposito del radicalismo americano- in particolare non a quello del Nordest. I suoi socialisti originari vivevano in Texas. Oklahoma. Louisiana e Arkansas - territori di «redneck», leggendaria terra d'origine della bigotteria e della reazione americane. Eppure i suoi fittavoli, minatori, taglialegna, predicatori e maestri costruirono il più forte movimento socialista regionale di tutta la storia americana. L'Oklahoma da solo, lo stato socialistapiù forte del paese, aveva più iscritti al partito dello stato di New York nel 1910, e nel 1914 diede ai candidati socialisti 15.000 voti in più dello stato di New York che aveva una popolazione ben dieci volte superiore. Questa wna era stata populista prima che socialista. Prima della recente pubblicazione del libro di Lawrence Goodwyn(2), era difficile far credere alla gente come il Populismo fosse profondamente radicato e preminente nel Sudovest. Il socialismo non _èmai stato altrettanto forte, ma Green analizza accuratamente la relazione esistente tra i due movimenti senza comunque esagerarne gli elementi comuni. Egli sottolinea il fatto che ci sia stata una continuità sostanzialedi leadership, iscritti,dottrina e di presa sulla gente. Nei primi anni del '900, egli dice, «la gran parte dei leaders del movimento socialistadel Sudovest erano stati in precedenza militanti Populisti» e ancora nel 1910 «la gran parte delle loro richieste erano fermamente ancorate alla tradizione Populista». La base del vecchiopartito e quella del nuovo si sovrapponevano, e la loro retorica era spesso indistinguibile. Ma sul piano delle idee e delle attività organizzative i socialisti si allontanarono gradualmente dai piccoli proprietari terrieri indebitati per avvicinarsi ai proprietari terrieri e ai loro dipendenti. I populisti parlavano spesso di rivoluzione ma le loro richieste non andarono mai al di là delle riforme radicali mentre i socialisti aspiravano al mutamento rivoluzionario. Quando Oscar Ameringer, uno dei pochi leader socialisti del Sudovest, nato in Germania, lamentava nel 1907 che i piccoli proprietari terrieri erano dei capitalisti in miniatura e che sfruttavano i salariati, il segretario del partito socialistadi quello stato osservava che «il proletariato dell'Oklahoma non era abbastanza numeroso da costituire la base su cui costruire una rivoluzione proletaria». II socialismo del Sudovest, infatti, rimase fondamentalmente legato ad una base di agrari, anche se i suoi membri, piccoli proprietari e coloni, venivano terribilmente sfruttati, proprio come i proletari e diventarono, come quelli, veri militanti. Trovarono migliaia di compagni più o meno autenticamente proletari tra i minatori dell'Arkansas iscritti al UMW, tra i tagliaboschi della Louisiana aderenti all'IWW, ai sindacalisti texani dell'AFL, unitamente ai capocarovana dei muli dei giacimenti petroliferi e ai vagabondi. Esistevano anche compagni neri (in cellule di .Jim Grow) che erano di «discendenza africana> (sic), ma neri, messicani e indiani erano stati privati del diritto di cittadinanza dai Democratici «progressisti,.. I gruppi etnici. proprio come gli immigrati bianchi, sono sempre stati un elemento periferico nel socialismo del Sudovest. Questi Rossi originari appartenevano all'antico gruppo di coloni bianchi - i cosiddetti masticatori di tabacco, annusatori di tabacco. raccoglitori di cotone, tutti bianchi, e sudisti finoal midollo. Essi erano, in breve, più o meno indigeni, proprio come i radicali. Il loro eroe fu Eugene Debs che parlava il loro stesso gergo e che ebbe spesso l'occasione di farlo. Leggevano il settimanale di Julius Wayland, Appeal to Reason, pubblicato nel Kansas. Ma gestivano anche cinquantacinque quotidiani socialisti (uno di questi, il Rebel, scavalcava a sinistra il settimanale di Wayland nelle sue richieste di rivoluzione) e c'erano oratori locali che arringavano la gente in occasione delle assemblee all'aperto e che facevano arrossire di vergogna gli oratori di Union Square. Essi sapevano ben poco, e non gliene importava neppure troppo, del marxismo ortodosso, ma i loro leaders locali parlavano con una lingua semplice e diretta dei loro_problemi reali e dei conflitti di classe - sfratti, povertà, fame - e di quel che si poteva fare per eliminarli, cioè «sottraendo il potere ai governanti». Gli .annalidi questi rivoluzionari della paglietta e del cappellino da donna sono oscuri e non facilmente comprensibili. James Green li ha scandagliati a fondo per scrivere la sua storia delle origini socialiste e ne ha ricavato il resoconto migliore e più commovente tra quelli che abbiamo. e ome si adatta questa storia ai sofisticati modelli di radicalismo indigeno esplorati da DeLeon? La risposta è dubbia. Le influenze religiose sono state molto potenti, d'accordo, e i radicali sono stati dei Protestanti da ogni punto di vista proprio come i primi coloni americani. Ma le loro chiese erano divise a seconda delle classi sociali e i radicali venivano segregati in quelle poste al di là della linea ferroviaria. Debs osservò che «coloro che sono timorati di Dio possono diventare dei buoni socialisti».Le chiese pentecostali erano piene di povera gente. Per dirla con Green «costoro integravano il socialismo con una visione del mondo religiosa», e cita un texano che disse «Dateci il socialismoe la religione del nostro Salvatore e Signore Gesù Cristo». I compagni partecipavano fedelmente a raduni socialisti «protratti» (lunghi fino ad una settimana), proprio come partecipavano agli eser-. cizi spirituali chiamati «Holy Roller», e in entrambi i casi ascoltavano gli stessi predicatori. «Red Tom» Hickey del Texas venne alla ribalta come uno zelante fautore del rinnovamento religioso predicando un nuovo avvento «illuminato dalla lampada del socialismo». . Che dire allora di tutto quell'anarchismo, individualismo, antiautoritarismo e antistatalismo dei «modelli indigeni» di DeLeon? Qui il quadro è chiaro. Green riferisce che i suoi Rossi, chiamati Sooner. erano «meno burocratici e più democratici dei loro compagni nordorientali», i quali «erano impastoiati nella loro disciplina di partito di tipo burocratico" che essi rifiutavano. Discusseroe contestarono vigorosamente una direzione centralizzata a livello regionale del loro partito in favore di «un'autonomia locale» - intendendo con ciò un'autonomia individuale. Quando il segretario del Texas cercò di esercitare una «severa disciplina» venne cacciato. La sottomissione a una qualsiasi cosa che ricordasse la disciplina di partito tipica dei socialisti o dei comunisti europei era una cosa inconcepibile per questi individualisti.E l'elemento religioso in loro non consisteva certo nella ricerca di una figura paterna e carismatica che pianificassela loro vita e la loro morte. Essi erano profondamente contrari all'autorità - fosse essa quella della chiesa, dello stato o del partito. È certo che il partito non aveva poteri di controllo sui suoi membri. Poteva sl stabilire delle regole contro l' «azione diretta», il vigilantismo, il sindacalismo, il sabotaggio, e l'incendio doloso, ma non era ingrado di farle rispettare. Socialisti iscritti al partito militavano spesso in altre organizzazioni come gli IWW, i comitati di vigilanza, o la Working Class Union. La WCU fu fondata nella «Buca dei Vagabondi», nei pressi di Forest Smith, nell'Arkansas, durante la depressione del 1914 dal dottor WellsLeFevre, un vecchio socialista dell'Arkansas. Si trattava di una società segreta fondata per abolire i fitti, l'interesse e i profitti «con ogni mezzo necessario». L'unione sottoscrissela carta istituzionaledel Partito Socialistama il partito non ratificò l'aggregazione dell'Unione. La WCU attirò ventimila e oltre iscritti e venne influenzata dal IWW, ma diventò ancor più radicale bruciando fienili, rapinando banche, facendo ricorso alla dinamite e alle scorrerie nottune. S tanchi della leggee ordine socialisti, i mezzadri non organizzati di Ozark adattarono facilmente la loro antica guerra contro i proprietari terrieri alla più nobile legge del «banditismo sociale» rapinando banche e razziando negozi. Poi fu la Famiglia Jones, un gruppo di redneck di stile mafioso, a scendere in campo. Secondo Green questo gruppo ha molti elementi in comune con i «Ribelli Primitivi» di Eric Hobsbawm. L'Oklahoma fu lo stato col più alto numero di rapine in banca nel 1912. In quell'anno il direttore del penitenziario dell'Oklahoma promosse un referendum tra i reclusi secondo il quale Debs venne votato come il candidato alla presidenza del paese di gran lunga favorito tra i carcerati bianchi. I carcerati neri votarono il candidato repubblicano. Non contenti di sfidare lo stato e le autorità locali, gli anarco-socialisti del Sudovest cominciarono ad attaccare il governo federale. Con i rivoluzionari messicani che depredavano le città lungo il Rio Grande e l'esercito americano che si preparava ad invadere il Messicoper rappresaglia, i Rossi texani inneggiavano a Zapata e a Pancho Villa. «Red Tom» Hickey, leader dei socialisti texani, li idolatrava definendoli «rivoluzionari con una profonda coscienzadi classe» e minacciava i latifondisti americani dicendo che «un altro Zapata potrebbe nascere anche su questa riva del Rio Grande». Più seria e più fatale alla loro caus·a fu la loro violenta resistenza contro l'intervento americano nella Grande Guerra contro la legge sulla leva. Il partito in Oklahoma nel 1914 decise il rifiuto del servizio di leva e dichiarò che, se obbligati a prestare servizio militare, i socialisti «avrebbero dovuto morire combattendo contro i nemici dell'umanità che si trovano nel nostro esercito, piuttosto che uccidere dei compagni lavoratori». Più tardi il partito si dichiarò contrario ad ogni forma di resistenza armata alla legge sulla leva, ma membri incontrollabili della WCU e della Famiglia Jones presero le armi nell'agosto del 1917 e si radunarono per la suicida Ribellione di Green Com. Dopo diverse scaramucce sanguinose le forze dell'ordine schiacciarono il movimento contro la guerra nel giro di una settimana. Tra gli arrestati figuravano numerosi socialisti e fu cosi facile incolpare ·1partito. Segui poi il Terrore Rosso del 1917 e la repressione durante la guerra che eliminò il Partito Socialista del Sudovest. È semplice rispondere che fu la repressione la causa del fallimento del Partito Socialista - quanto meno nel Sudovest -, la repressione esercitata con i mezzi legali o con imetodi illegali dei vigilantes. Ma Green ammette che le cose sono ben più complesse. Quando negli anni '30 il Partito Socialista cercò di tornare alla ribalta, i socialisti erano scomparsi, scomparsi con la Dust Bowl, con gli Okies, con gli Arkies, scomparsi nelle città. Ma anche quando vivevano ancora nei loro stati d'origine, malgrado la loro grande forza, sembrò impossibile disciplinarli. Per ammissione dello stesso Green, il movimento non riuscì mai a trasformare il loro incorreggibile individualismo in collettivismo. Per quel che concerne i problemi di fondo sollevati da DeLeon, non ci sembra giusto assumere questo movimento provinciale - un'altra «rovina della storia americana» - come un valido test della sua ipotesi. È irragionevole accettare la tesi secondo la quale il movimento è stato tipico del radicalismo o del socialismo americani. Ma anche cosi si dimostrò un dato fortemente rappresentativo del cosiddetto anarchismo indigeno - di stile meridionale. Forse non è irragionevole suggerire che ogni tentativo di caratterizzare il radicalismo americano farà meglio a considerare attentamente quel che accadde al Sud. Note da Home-grown Radicals di C. Vann Woodward The New York Review of Book (aprile 1979) [traduzione di Carlo A. Corsi] (') Jean François Revel, Without Marx or Jesus: The New American Revolution Has Begun, Doubleday, 1971, pp. 1,242. ( 2) Lawrence Goodwyn. Democratic Promise: The Populist Movement in America, Oxford University Press, 1976.

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