Alfabeta - anno I - n. 3/4 - lug.-ago. 1979

. Basaglia :. . folliae nuovaraz1onal1tà Franco Basaglia e Franca Ongaro Basaglia Follia/Delirio in -Eaòdopedia, YOI. VI.. Torino, Einaudi, 1979 a p. 262 Franco Basaglia App-ti per an'analisi delle normative in psidùatria in Fogli di informazione n. 50, ottobre 1978 Franco Basaglia e Franca Ongaro Basaglia Criminidi pace in AA.VV., Criminidi pace Torino, Einaudi, 1975 pp. 479, lire 4.500 Miche! Foucault Storia della follia nell'età classica Milano, Rizzoli, 1976 pp. 675, lire 4.500 Dopo il «Reseau» La voce Follia/Delirio scritta da Franco Basaglia (come di consueto assieme a Franca Ongaro Basaglia) per il sesto volume della Enciclopedia Einaudi, invita a una serie di considerazioni. 1n queste pagine si tenta il punto teorico su una situazione che è ormai nota a tutti. Basaglia è conosciuto internazionalmente come quello che ha aperto i manicomi. Il lavoro pionieristico svolto dalla sua équipe a Gorizia, reso pubblico attraverso i documenti de L'istituzione negata, uno dei best-sellers del '68, è un precedente che adesso sembra quasi mitico. Poi è venuta l'esperienza di Trieste. Nel settembre del '77, con un convegno internazionale convocato appositamente, Basaglia annunciava che questa esperienza poteva dirsi conclusa: i «matti,. erano stati tolti dal ghetto e ormai, diffusi nella città e nella periferia, funzionavano i Centri di igiene mentale. Al tempo stesso, anticipando la situazione di stallo e anche di crisi, che è quella che mi pare si stia attraversando oggi dopo l'approvazione della legge 180, il convegno del «Reseau,. additava le nuove forme del controllo sociale come il terreno da affrontare e l'avversario più sottile con cui scontrarsi. Era solo un'indicazione cui non corrispondevano analisi e programmi. Il convegno infatti risultò caotico per le tensioni politiche che cercavano di trovare ll una espressione: in buona parte solo pretestuosamente connesse con l'esperimento di Basaglia, ma in una certa misura anche sintomo di un disagio. L'insoddisfazione, forse, verso l'enfasi rivolta a un punto di arrivo (i giornali lo avevano molto evidenziato), che a molti, e probabilmente a Basaglia stesso, sembrava piuttosto un punto problematico. la difficoltà di un nuovo inizio. Capitandomi di essere a stretto contatto con la città (dove lavoro). e con l'ambiente dello psichiatrico. che ne è tuttora il polo d'attrazione sociale e politico. mi è parso di registrare il crescere di tale disagio. Basaglia se ne va. I Centri sono realtà diverse. ricche quanto contraddittorie. Il giorno per giorno è poco gratificante. Vi sono lotte nuove (quelle degli infermieri. per esempio). ma. insieme. frustrazioni e scollamenti. Qui bisognerebbe riuscire a raccontare la vicenda interna dei Centri. magari paragonando quelli. dove le pratiche di «liberazione,. riescono a riprodursi con quelli. dove invece la routine dell'assistenza rischia ormai di funzionare a senso unico. Spero che qualche addetto ai lavori avverta presto l'urgenza teorica e politica di farlo. Due cose. comunque. sono in linea generale percepibili: sempre meno ci si azzarda a parlare dei «soggetti». ospiti o utenti che siano; sempre più gli operatori sentono l'esigenza di rimetPier Aldo Rovatti tere in discussione la propria identità, la massima intensità e con il minore chi sono e cosa stanno facendo. C'è, potere di organizzarli. La contraddivisibilmente, crisi di teoria (le pratiche zione tra il mandato universalistico quotidiane ci sono e possono anche degli intellettuali e la stretta specificità moltiplicarsi). E, ·cercando di ·entrare • • delle domande degli utenti" è ·macroun po' in questa crisi, direi che le idee scopica. 1;3asagliavede una soluzione, con le quali si è andati avanti in tutti sulla scia delle migliori indicazioni del questi anni cominciano ad apparire '68, in una pratica di disinvestimento poco aggreganti e forse anche deboli. del ruolo: i «tecnici» devono mettersi «Non sono un teorico» Basaglia ripete da sempre: «non sono un teorico». Ma questa, a mio parere, è una buona ragione per prendere ancora più sul serio le cose di teoria che scrive. Farei un piccolo passo indietro, al saggio introduttivo di Crimini di pace. Accogliendo la definizione di Sartre, Basaglia chiama i nuovi operatori psichiatrici (pensando verosimilmente, in primo luogo, alla sua équipe) «tecnici del sapere pratico». Questi «tecnici» hanno rifiutato il ruolo di funzionari del consenso: ciò facendo, pur senza liberarsi delle loro ambiguità, essi intaccano «la coincidenza fra il mandato della scienza e quello della società» e di conseguenza aprono problemi enormi. Infatti riuscire a capire quale delega di potere sia implicita nel loro sapere, e quindi riuscire proprio a fissare l'aspetto ideologico della scienza psichiatrica, si accompagna necessariamente a un altro compito conoscitivo: quello che attiene al mandato sociale. In che modo i tecnici del sapere pratico, nella loro insopprimibile contraddittorietà, possono essere «socialmente utili»? Basaglia risponde con la sua versione della teoria dei bisogni. Le scienze non possono che pianificare risposte formalmente universali: risposte per tutti, che in realtà si traducono «nella risposta ai bisogni del gruppo dominante e nel controllo o contenimento dei bisogni del gruppo dominato,.. Due livellidi bisogni sono in gioco, anche se è chiaro che con bisogni del gruppo dominante Basaglia intende qui gli «interessi,. di tale gruppo, la difesa dei loro privilegi materiali, economici, sociali, culturali, politici. I bisogni reali sono quelli dei dominati: l'utente dell'ospedale psichiatrico li manifesta con a lavorare insieme ai soggetti che hanno di fronte. Viene cosi ipotizzata una ricerca comune di operatori e utenti: essi dovrebbero costituire una sorta di microsocietà rivolta a intensificare i bisogni soggettivi. Lo scopo è di mettere inmoto una «soggettivazione» dei bisogni: e ciò può avvenire solo se vi è uno scambio e una reciprocità, in altre parole, se vi sono soggetti che si incontrano effettivamente e che riescono a intensificare un terreno comune di esperienze. Storia della follia Il testo di Follia/Delirio risulta assai più problematico. Si vede ora che per Basaglia il modello di una soggettivazione reciproca tra tecnici che negano il loro ruolo e utenti, per quanto resti un riferimento ide_ale,non è adeguato a una realtà che appare più complessa. Rimane centrale la questione dei bisogni, la quale riceve-come vedremo tra breve - maggiore articolazione. Ma soprattutto prende spessore la figura del potere, strettamente allacciata alla figura della razionalità. È molto mitigato, di conseguenza, il lato positivo: anzi, pare che la follia abbia già perso in partenza il suo scontro con il potere. Quest'ultimo sembra ogni volta in grado di ritradurre la follia nel suo linguaggio razionale: è il potere a costituirsi in nuova razionalità. E ogni parola della follia, in una dimensione di controllo che si fa totalizzante, pare destinata a divenire parola del potere. Anche i rimandi bibliografici confermano questo taglio del discorso. Uno è alla Dialettica dell'illuminismo di Horkheimer e Adorno: Basaglia se ne serve per supportare la sua ipotesi di una precisa corrispondenza tra le forme del potere e le forme della razionalità. e per gettare sospetto su qualunque riforma illuministica. Il secondo è alla Storia della follia di Foucault. È un riferimento che mi pare sostanziale. Basaglia è, tra i pochi ad aver compreso l'importanza teorica di questo libro, spesso sottovalutato o addirittura non letto. Ne accetta l'impianto categoriale, la contrapposizione tra ragione e sragione, lo spossessamento storico dei diritti della sragione e dei suoi modi espressivi, il processo di diversificazione, separazione, limitazione, che porta all'avvento delle scienze umane e specificamente della psichiatria. Il delirio deve diventare un'anomalia della ragione: quando ciò è storicamente e scientificamente possibile, il «folle» non ha più spazio né linguaggio; è «parlato» dalla razionalità dei normali; è inserito in un linguaggioche non è il suo e contemporaneamente gli si suggerisce una norma razionale con cui, se vuole, potrà esprimersi. Nuova razionalità per Basaglia è questa capacità del potere-sapere di inglobare in sé le regioni che prima espelleva ed emarginava come diverse: «Avendo riconosciuto la sragione come parte della natura umana, questa razionalità si limita ad accoglierla in sé per smistarla e incanalarla nei settori creati perché essa si esprima sotto tutela». Follia e miseria Alludendo al «grande internamento», cioè a quel fenomeno sociale e politico che secondo Foucault è la soglia dell'epoca moderna, Basaglia insiste sul nesso originario tra follia e miseria. È questa la chiave di tutto il suo testo. La follia ha un segno storico, materiale ed esistenziale. Essa rimandava a «un mondo di bisogni confusi e indifferenziati»; era leggibile come una sorta di domanda globale capace di investire la condizione umana in tutti i suoi aspetti. La nuova razionalità, che si apre la strada al controllo e all'organizzazione del conflitto, ha come preciso obiettivo quello di rompere tale nesso, scindere la follia dalla miseria, e con ciò di isolare, snaturandolo, un bisogno dalla domanda complessiva. Far si che la follia divenga malattia. dare dignità scientifica al delirio. è al- !ora un modo efficace per togliere alla miseria una capacità di espressione: «La follia, una volta separata dall'insieme di bisogni indifferenziati che costituivano il panorama della generica asocialità segregata cori èùi era -con-· • fusa, assume - alle orecchie di chi l'ascolta e agli occhi di chi la osserva - toni, inflessioni, gesti che non sono più ricollegabili a quel mondo indistinto di bisogni cui non viene risposto». Di nuovo, come si vede, la questione dei bisogni e della soggettività. Foucault può essere un riferimento per quel che riguarda le mosse del potere e la parallela processualità delle strategie del sapere·.Ma il «sacco pieno d'aria» non è solo non-ragione, non-potere, alterità: ha invece un'individualità corposa, una storia che si allaccia con altre storie, di classe. Follia e miseria sono tutt'uno. E la miseria, sembra dire Basaglia, è una condizione che ci riguarda perché semplicemente è anche la nostra. Riemerge il marxismo lineare, il solido materialismo di chi, evocando le categorie, pensa ai fatti. Da un lato nuova razionalità, organizzazione del conflitto, estensione del controllo sociale, sofisticazione delle tecniche; ma dall'altro i soggetti. Se così non fosse, perché vi sarebbero conflitti e lotte? Il corpo economico Vi è, nel testo che sto ripercorrendo (e che meriterebbe di circolare in altre forme, senza cioè che si debbano spendere le quarantamila lire dell'intero volume), un secondo registro che riguarda il soggetto, il corpo e i bisogni. TI punto cruciale è per Basaglia la disarticolazione dei bisogni: a questo si applicano le nuove forme di potere/ sapere. Ciò vuol dire che l'individuo è impedito nella propria organicità: gli si preclude, storicamente, di essere corpo organico. Il sistema produttivo gli chiede di piegarsi ad essere solo corpo economico: tutta la società è sussunta sotto questa norma di efficienza che taglia i collegamenti tra individuo e organizzazione. E la norma si legittima nel fatto che il corpo economico viene «contrabbandato» come corpo sociale. Si direbbe che questa riduttiva separazione operata dal sistema produttivo si raddoppi nella separazione e specializzazione dei saperi: la follia è tradotta in un corpo di sapere scissodal corpo sociale reale. In un breve scritto, pubblicato sul n. 50 di Fogli di informazione, Basaglia aggiunge qualche altra riflessione al proposito (va qui consigliata la lettura per intero di questo fascicolo che è dedicato a Psichiatria e ricerca scientifica e porta contributi di P. Tranchina, A. Pirella, G. A. Maccacaro, F. Stock, S. Piro, M. Risso e altri). La vecchia leggemanicomiale del 1904, restata in vigore fino all'anno scorso, faceva perno sulla nozione di «pericolosità sociale». Essa è stata il suggello istituzionale della tendenza a fissare ambiti di competenza separati: le disfunzioni del corpo individuale alla medicina, le· disfunzioni del «corpo sociale» alla giustizia, la psichiatria come cerniera. E se già da subito, osserva Basaglia, proprio la psichiatria mette in discussione tale divisione, lo fa per avere il monopolio del corpo astorico «da riparare», sempre dentro l'ideologia (non la realtà) del «corpo sociale». Il fenomeno attuale della socializzazione della medicina e della psichiatria è da intendersi allo stesso modo: rilevanza del controllo medico dentro il controllo sociale, con una perdita di esclusività della sanzione giuridica. La sofferenza è ancora presa a conferma della norma sociale. mentre essa è tutt'altro. Scrive Basaglia in Follia/Delirio: « La presenza della sofferenza è la spia della mancata identificazione fra corpo e corpo economico, quindi il segno di una soggettività che reagisce e rifiuta l'accerchiamento di cui è soggetto». Rabbia o lamento. ecco quello che

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