Alfabeta - anno I - n. 3/4 - lug.-ago. 1979

La mostra poneva. come si dovrebbe. i mezzi creativi al servizio di una tesi d'interesse collettivo, tetragona alla banalizzazione. Non era discutibile: era da discutere. visceralmente interlocutoria. Sintesi di milioni di idee. mozioni. relazioni. discussioni. di moltissima gente negli scorsi vent'anni. Dove sono. si è chiesto Gregotti a proposito della mostra che l'ADI vi ha sostituito. i dibattiti. i contrasti. le proposte di tante occasioni? Ebbene. sono qui: nella mostra allo Studio Palazzoli. Naturalmente. visto che si era progettato per quello spazio. su incarico ufficiale. sarebbero stati assai meglio Il. alle Stelline. Al loro posto l'ADI ha sciorinato un'incredibile fiera merceologica. una congerie da Salone del mobile. santificata da banalità culturali altrettanto peregrine che stolte. Basterebbe la carta intestata a squalificarla. La mostra cui Mari lavorava è stata infatti respinta e sostituita all'ADI. e il Cole'llere (a cura di Antonio Porta) Lettera aperta alla stampa italiana su alcune questioni concernenti il terrorismo Nello scorso nwnero, il Giornale dei Giornali si è occupato dell'inchiesta su Autonomia. L'INDEX si era prefisso di rimanere all'interno de~'analisi per cosi dire «tecnica» che gli è consueta, avvertendo però i lettori che, di fronte alla natura intrinsecamente manipolatoria del fenomeno terroristico, questa analisi era del tutto insufficiente, dal momento che la verità intera è ormai il minimo sufficiente. È del resto costitutivo del nostro tipo di analisi occuparsi non solo dei grandi flussi informativi, ma anche dei «segnali» che vi emergono controtendenza o per omissione. Sotto questo «microscopio» sono osservabili alcuni fatti che vogliamo porre a/l'attenzione della stampa per la importanza, che nel loro insieme, rivestono. Da circa due mesi è comparso nelle librerie delle grandi città un libro di Gianfranco Sanguinetti, dal titolo Del terrorismo e dello stato, che l'autore ha stampato a proprie spese e che costituisce una parte di un'opera che l'editore Mondadori ha rifiutato di pubblicare, pur avendone acquistato precedentemente i diritti. Questo fatto, insieme alla circostanza che la stampa e la cultura ufficiale stanno mantenendo un rigido silenzio intorno a questo libro (con una sola eccezione di cui diremo) fanno sembrare ben meritata la definizione di primo samizdat italiano che l'autore stesso suggerisce nella prefazione. Il silenzio non ci appare giustificabile secondo i canoni convenzioTJali del giornalismo. Non è questo il luogo per discutere il contenuto del libro e per recensirlo. Ci limitiamo a esporre le ragioni per cui questo silenzio fa notizia Innanzitutto per la tesi fondamentale del libro: l'assassinio di Moro e gli altri episodi di «grande terrorismo» avvenuti in Italia non sono che il proseguimento con altri mezzi di quel «terrorismo di Stato» messo in opera dai servizi segreti, venumune non ha detto di no. La si è spazzata via, a cose quasi fatte. Come? levandole lo spazio, per cacciarci i 180 oggetti di prima selezione dell'XI Premio. Motivo? «r•on si può sfottere il Compasso, mi dimetto>. «Dobbiamo valorizzare i prodotti nazionali». «Se ci diamo la zappa sui piedi. come si compete coi giapponesi?». Mirabili fierezze. in nome dello stellone d'Italia; all'armi siam designers; ce ne fregammo un dì del culturame; alalà. E ppure. chi ha fatto la mostra è tutt'altro che angosciato. Probabilmente perché la chiarezza è stata pur raggiunta. l'iniziativa eversiva ha eliminato ogni difficoltà di scelta. Certo. la storia è un po' quella di un aborto forzatamente procurato all'ultimo momento. contro la volontà della madre. L'embrione raschiato dal cucchiaio d'oro. è allo Studio di Luca Palazzoli. via San Primo 4. Milano. Dove to alla luce con Piazza Fontana e poi coperto in modo maldestro. L'autore non compie certo, per dimostrare lasua tesi, una indagine di tipo poliziesco, ma sviluppa una serie di serrate argomentazioni sugli avvenimenti noti e meno noti; può darsi che il risultato non basti a convincere chiunque, ma è certo suf fidente a prendere sul serio queste argomentazioni e a discuterle. Perché ciò non è avvenuto, considerando le decine di libri, spesso insulsi, e le migliaia di articoli cui la stampa italiana ha dato spazio su questo argomento? La cosaappare ancora più strana dal momento che tutta la stampa italiana conosce bene Sanguinetti, se non altro come autore, sotto lo pseudonimo di Censo,, di un libro precedente - Rapporto veridico sulle ultime possibilità di salvare il capitalismo in Italia- che è stato venduto in decine di migliaia di copie. Quel libro prova che Sanguinetti non manca di lucidità nell'analizzare la macchina del potere, se poté allora ingannare tanti inquilini del Palazzo - come si usa dire -facendosi passare per uno di loro. Permesi la stampa italiana speculò sull'identità del misterioso potente che si celava sotto lo pseudonimo di Censo,; già allora, molti trovarono più motivo di scandalo nell'ipotetica identità dello pseudo-Merzagora o del postumo Mattioli che nelle «atroci verità» (ad esempio su piazza Fontana) dette apertamente agli altri potenti, che spesso non si trattennero dal congratularsi con il loro cinico «collega». Se, dunque, non sono né ilpoco interesse de/l'argomento, né la manifesta debolezza del contenuto, né la pochezza de/l'autore a spiegare questo silenzio. noi non riusciamo a vedere altre ragioni compatibili con i compiti di una stampa di informazione. _ Comprendiamo che lo stile di Sanguine/li sia irritante per molti: le invettivechepunteggianoil libro,le cantonate sul caso Censo, collezionate da alcuni giornalisti di primo piano e le tesipolitiche de~'autore non sono certo invoglianti per la stampa. Ma la serietà dell'argomento e delle affermazioni non sono tali da permettere leggerezze; è significativo che l'unico articolo - ci sembra -finora apparso su Del terrorismo e dello stato (nel supplemento culturale di Repubblica) si limita ad alcune note di carauere editoriale e mondanon c'è altro che una serie di schizzi. i testi scritti a macchina. il tutto xerografato. Fine dell' ADI. fine del contributo del Comune. lavoro nero tutto e per tutti. Heidegger era ottimista: talvolta non si riesce neppure ad essere «geworfen». gettati. nel mondo. Ti strozzano un momento prima. sull'orlo delle grandi labbra. Eppure. chiarezza fatta. è tutto da giocare. Con chi vuole o vorrà. Certo. lo spettacolo offerto dai designers non è stato edificante. Si sono scatenati ad arraffare il Compasso. milleduecento oggetti sono arrivati ali'ADI. persone svanite da secoli sono ricomparse. all'odore delle possibili royalties di lunga vita. «Napoleone a corte>. diceva qui una didascalia della mostra abolita (secondo l'Empereur. la nobiltà francese aveva rifiutato di andare in guerra insieme a lui. ma si era precipitata a corte da lui). Male facemmo. C'era un'altra citazione. classica. che sarebbe andata assai meglio e che forse sano, tacendo del tutto il contenuto del libro. Perché? C'è un secondo fatto che ci fa guardare con preoccupazione al silenzio che circonda il libro di Sanguinetti; la tesi del libro, in diverse formulazioni, circola da tempo in ambienti bene informati, noi stessi l'abbiamo udita in redazioni di importanti giornali. Senza tracciare parallelismi impossibili dato il chiaro antagonismo fra le posizioni di Sanguinetti e quelle del PCI, è impossibile non rilevare le analogie esistentifra l'interpretazione del tellorismo del più grande partito della sinistra italiana e i j'accuse di Sanguinetti. È ben nota la cautela delle Botteghe Oscure, ma ciò che non si legge si sente da tempo in ambienti vicini al partito. Si vada del resto a rileggere la pagina-manifesto pubblicata dall'Unità del 30 maggio sul terrorismo e l'intervista a Berlinguer apparsa su Panorama n. 684. Bisognerà ammettere che, proprio per le diversità delle argomentazioni e delle premesse politiche, le analogie di interpretazione sono impressionanti. Vi è infine un terzo fatto da segnalare, anch'esso preoccupante se posto in correlazione con questo clima di reticenze. In un articolo comparso recentemente su Prima, Giorgio Bocca racconta di aver ricevuto la visita di un funzionario dei servizi segreti che lo mise in guardia da azioni che, fra gli autonomi, si progettavano contro di lui. «Gli ho detto che lo avevo sentito per radio ascoltando le emittenti autonome -scrive Bocca-; gli ho chiesto che cosa aveva da consigliarmi, lui ha risposto che non aveva consigli da darmi». Ci sembra che questo inizio del- /' articolo si a/taglibene al «giornalismo del terrore» che Bocca descrive così ef ficacemente. In seguito, rispondendo alle domande di un giornalista di Panorama, Bocca ritorna sullapaura diffusa fra i giomalisti a causa del terrorismo e aggiunge: «C'è infine la paura più seria, quella di essere scelto come simbolo dai servizi segreti e dai fascisti». Noi non vogliamo aggiungere commenti superflui, ma vogliamo affermare che per uscire dal «giornalismo del terrore», dalla spirale dellapaura e dall'ambiguità, occorre rendere pubblico tutto ciò che può servire alla verità e chiamare col suo nome ciò che minaccia. L'unico deterrente contro il tellore rebbe passata in quanto. Italia Italia. magari si metteva in latino. «At Romae ruére in servitium consules. patres. eques [...]> t il sarcasmo gelido di Tacito a proposito della successione ad Augusto. Ruére in servi1ium.davvero: si precipitarono a servire. In quest'atmosfera di restaurazione brutale. da essa condizionata ed essa stessa condizionante. ha lavorato la giuria dell'XI Premio. I giurati nominati da Mari hanno sancito la fiera e implicato l'espulsione. Tutto. tutto stupendo. In verità. se mai. non c'era da premiare più di una decina di prodotti. La capacità•criticaè franata subito persino sul miserabile specifico formale. avulso da ogni contenuto. (Persino il Compasso magnanimamente concesso a Mari è andato a un r~design). Quarantadue premi. la produzione di due ditte sancita in toto. grida di esultanza, brindisi, pubblicità auto-indotta. com'è noto utilissima è togliergli ogni schermo e copertura, poiché qualunque rappresaglia ricadrà sui mandanti e sugli esecutori smasche- . randoli pubblicamente. Non sottovaluti la stampa italiana l'efficacia temibile che ha nelle sue mani l'arma della verità. È per questo che la invitiamo a pubblicare questa lettera, a discutere le tesi di Sanguinetti come tutte le altre che possono gettare una luce profonda sulla realenatura e sugli obiettivi del tellorismo. Un gruppo di ricercatori di INDEX Nota. Copia di questa lettera è stata inviata a tutti i direttori dei principali giornali italiani. Lettera a Franco Bolelli di Luigi Pestalozza Cari direttori, un vostro collaboratore del n. I di Alfabetami cilae mi strapazza, perbacco, e insomma scriveche «ladistinzione fra musica 'colta' e musica 'extra-colta', arrogante normativa coniata da Luigi Pestalozza, è sintomatica di questa logica discriminatrice. Dietro la lusinga dell'invito a palazzo (è il primo riconoscimento ufficiale delle musiche 'altre' da parte della 'cultura alta'), lo smistamento della musica in due aree ben distinte (lafinezza di quell"extra' è impagabile) impone al rock, alla musica creativa, alle scesse 'avanguardie' antiaccademiche, il marchio di una permanente servitù. Capovolta di segno, questa filosofia della norma è perfettamente speculare alla logica de/l'industria discografica, notoriamente la più sciaguratafra le fabbriche di consenso, che da sempre discrimina fra musica commerciale e resto del mondo». Sono a posto, voi tutti mi conoscete da anni, sapete del mio lavoro, e anche delle mie parole, e dunque siete al corrente del mio indefesso contributo al potere capitalistico,alla discriminazione musicale, al culto aristocratico dei beni culturaligerarchicamente superiori. Comunque la prima cosa che mi sono immaginato leggendo questaprosa tardoadorniana, è che sarebbe bello -scusate lapresunzione, visto che sono arrogante ne approfitto -, sostituire al mio nome quello di Carlo Marx, e a «musica 'colta'>ea «musica 'extra-colalle scimmie: «siamo tanto brave. lo diciamo tutte>. A parte qualche oggetto. un solo premio la giuria ha dato atto a salvarle l'anima: ad Aldo Calò per la scuola di design di Roma. di cui faccio parte. E che manda avanti. si badi. un tipo di ragionamenti necessariamente analoghi a quelli organicamente esplicitati nella mostra di Mari. Per forza: sono i ragionamenti. Anima salva. e senza paura; Roma è lontana dai focolari delle royalties. Ma intanto. negli studi professionali. nei centri stile industriali. nei luoghi deputati. un grido corre. simile a quello che, narra Guella e pace, sventagliava dai ranghi dei reggimenti zaristi. un famoso grido di cultura: «Fe-li-cidi-ser-vi-re ...>. Non era alla vigilia di Austerlitz? te'>, «classeproletaria» e «classe borghese». Provateci e vedrete che la cosa funziona benissimo, con il risultato di scoprire che anche Marx - per il quale esistevano la classedominante e la classe suba/tema -, avrebbe elaborato una filosofia della nonna, praticammte servendo il nemico. Si inlende, servendolo per il solo fatto di aver scopeno che ilpane e il vino esistonoe che vanno chiamati pane e vino, o dunque per aver messo fine ai nominalismi idealistici emistificatori tipo popolo ecc., nei quali tuao si confondeva con grande consolazione dei nominalisti idealisti, ma con poco esilo sul piano delle cose reali. Ceno, in tempi di ritorni della filosofia della miseria, sono atlWlli oltre che lefilosofie normative di cui sono caposcuola, anche le miserie della filosofia, e insomma bisogna averepazienza. Insomma, piaccia o non piaccia al vostro collaboratore, le distinzioni fra le varie aree musicali esistono, non per questo devono esseredi valore o di qualità, a meno che non ci si poni dentro una falsa coscienza crocianache spinge a ricondurre tuno all'ane e alla non ane, ecc.; ma soprattutto quelle distinzioni esistono non perché io le abbia cattedraticamenteinventate, ma perché esistono da qualche tempo, e la loro esistenza è un problema che non si risolve coi nomi, aggettivi, avverbi, ecc. Del resto figuratevi se mi mettessi anch'io sulla strada del vostro collaboratore il quale riconduce il rock, come avviene anche per il pop e il jazz, ecc., alla definizione di «musica creativa» o di «avanguardia antiaccademica», che secondo i suoi metodi mi sembrano definizioni quantomai arroganti:musiche creative e avanguardie antiaccademiche, infatti, tout court, come se nel loro ambito non ci fosse accademismo, per definizione, e per definizione ci fosse invece creatività, il tutto a priori, in st, definilo da semre e per sempre, e così via. Si intende, per la regoladell'uguale e contrario, le musiche di Beethoven o di Schoenberg, di Boulez o di Monteverdi, sarebbero da sempre e per sempre non creative e, se di avanguardia, anche accademiche. Appunto lungo questo filo di rigore logico, io sono un portaborse dell'industria discografica. Potremmo continuare nel giochetto. Invece bisogna essereseri, data la serietà dello smascheramento di cui sono

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