Alfabeta - anno I - n. 3/4 - lug.-ago. 1979

Fellini, l'orc.b,strsa cra Lafap Le unità aristoteliche di luogo. tempo e azione sono mantenute minuziosamente; da quella stanza non si scappa con facilità. né con le gambe. né con la fantasia. Gli unici elementi che riescono a «bucare» le pareti. a comunicare col fuori. sono una radiolina liceale e il telefono. una o due volte (altri posti immaginari. altre «case» nel mondo le ha il direttore; una casa l'ha pure l'arpista con lo strumento in una stanza; una delle trombe. anche-quello sonnambulo -. e il basso tuba. alla finestra che suona Verdi). Quanto a muoversi non c'è niente da fare; se Casanova era una fuga continua da una miriade di posti verso altri. qui muoversi è impossibile; si è «in prova» e bisogna stare ll. Anche quando la parete incomincia a crollare sotto i colpi. quando piovono gocce nere. calcinacci da tutte le parti e la situazione diventa davvero pericolosa. a nessuno viene in mente la cosa più ovvia: scappare. andarsene. Tutti sono spaventati. urlano. si dimenano ma rimangono impietriti; tutti si agitano e gesticolano. si mettono nell'angolo più lontano e riparato ma nessuno se ne va via: a morire è solo l'arpista che non si scansa. la più 'impacciata' in tutti i sensi. Lì deve essere consumato tutto. dall'inizio alla fine. Cè come un incantesimo. un clima stregato di attesa. di annuncio. per cui gli orchestrali si sfogano scrivendo sui muri. dandosi sberle. gridando slogans e tirandosi violini ma senza andarsene per la curiosità di vedere come va a finire la storia dei tonfi e cosa apparirà dietro la parete buttata giù. Quelle pareti. quella architettura. costringono. racchiudono. opprimono. Se il film è un microcosmo sociale. della società intera. il microcosmo del film -di questo ambiente a sua volta - è ben rappresentato dai due che fanno l'amore sotto il pianoforte: è la stessa oppressione. la stessa claustrofobia. la stessa mancanza di spazio e la stessa assurdità di lei che mangia mentre fotte (sotto un piano) cosi come l'orchestrale ascolta la partita mentre suona (in una chiesa): sovrapponendo le funzioni (mantenendo la propria personale quando si entra in quella di gruppo). D circo e/ clown. Fellini diceva che la lingua tedesca è usata dai domatori nel circo per dare i comandi alle bestie. perché cpare sia l'unico linguaggio umano che le bestie riescano a capire». Il direttore d'orchestra è un tedesco; parla italiano. abbastanza bene; solo quando è proprio arrabbiato gliscappa qualche frase nella sua lingua (quando gli orchestrali sbagliano. suonano male o senza sentimento. sono degli canimali» ). I suonatori. in effetti. hanno canimalescamente» la passione della musica molto più del direttore. esteriormente. almeno: loro sanno ridere della musica (i clarinetti specialmente ridono molto dei propri passaggi) oppure piangono. si commuovono. lacrime tenere. Il direttore invece sorride durante il pezzo come durante il chiasso infernale della protesta degli orchestrali: sorriso apatico. ironico. distaccato; sorriso senza significato del domatore che non dimostra né paura né disprezzo: definisce il controllo della situazione (usato come maschera. in altro senso. è il sorriso che tradisce il terrore violento celato con imbarazzo). Il circo poi. dopo i domatori. continua con i pagliacci. e ogni personaggio dell'orchestra lo è. potenzialmente. li vecchietto col suo saltello. la tromba che invece di suonare gonfia il pallone. le facce stesse di alcuni strumentisti; e i-ottavino usato per farsi il solletico. la gag. la freddura delle sberle da clown e della sistemazione dei posti e del leggio. la entrata della grassona. la piroetta del flautista truccato e travestito. le linguacce. il togliersi la giacca a tutta velocità durante il pezzo. i percussionisti che si sciolgono i polsi con le bacchette; ognuno insomma ha la sua cmossa» (e anche per le battute. come il clarinetto di Toscanini o la visione dello striscione di luce... bisognerebbe sentirle! queste si che fanno ridere). Come nel circo poi. in finale. tutti gli strumenti si mostrano assieme (l'unica inquadratura dall'alto. visione «totale». riassuntiva. c'è nell'ultima scena); si riuniscono vicini come tutti gli attori del film nel gran carosello finale de / clown (o in 8 e mezzo). D sacro e il profano Per tutti il parlare è uno sfogo. e come in ogni struttura gerarchica che si rispetti (che sia politica. di società segreta o religiosa. come io credo) ai due poli vi è il discorso articolato e retorico. nel mezzo la confessione. la dichiarazione appassionata (gli orchestrali). Anche il direttore (il primo) e il copista (l'ultima ruota del carro) quando parlano esprimono le loro idee. ma lo fanno controllando il proprio discorso. L'uno dice e si censura da sé. l'altro risponde a delle domande immaginarie che da lui si fa. si interroga per fare il proprio discorso (direttore: e[...] no. questo non lo posso dire». oppure e[...] ritiro quello che ho detto. altrimenti mi sparano alle gambe»; il copista: «Come?[ ...] Ah! volete sapere? [...] Il direttore di prima? [...]»). Gli orchestrali invece. come dei bravi fedeli fiduciosi. intersecano le battute fra di loro. si chiamano a vicenda. si mettono a posto. si prendono in giro. oppure parlano di sé e della propria professione come di una iniziazione spirituale. confessano lo strumento come la risposta mistica alla propria esistenza. come una unione aurea. necessaria. sentimentale. di fede: con lo strumento per cservire» la musica. Questo infatti è un film sulla «religione». Certo come forma del discorso si potrebbe adattare anche ad altre situazioni. alla musica. per esempio. o . alla cpolitica». come è stato detto. Credo però che non sia un film sulla politica (se lo fosse sarebbe banale come discorso e come contenuti). ma forse cpolitico» nel senso in cui parla in forme religiose. spirituali e sacre. L'atmosfera è religiosa dall'inizio alla fine in quella chiesa-cimitero con tre papi e sette vescovi seppelliti nelle loro tombe. nei loro sarcofaghi decorati; il leggio del direttore sull'altare è il pulpito per le letture e per la predica; ci sono ancora gli avanzi delle nicchie in legno del coro su una parete laterale e la stanza del direttore è la sacrestia dove il cerimoniante si prepara per la funzione. Gli unici elementi che fanno pensare alla forma politica sono il manager dell'orchestra e il rappresentante sindacale. che fanno però il verso al direttore e al copista. Quest'ultimo ci parla del vecchio direttore che c'era prima come farebbe un sagrestano del parroco precedente mentre mette tutto in ordine prima che arrivino i fedeli o che il nuovo superiore abbia finito di aggiustarsi; e ci dice che il direttore di prima usava gli stessi metodi del collegio religioso che si vede in 8 e mezzo i quali castigano e danno bacchettate sulle mani in un vecchio istituto austero. pieno di quadri coi ritratti dei prelati e padri della Chiesa - qui padri della Musica. Tale atmosfera fa solo da sfondo alla funzione sacra che si compie con la prova. Questa per il direttore è una funzione religiosa in enso stretto. lo dice chiaramente nella sua intervista: eia musica è un rito. una funzione. una transustanziazione; il direttore e l'orchestra sono come un padre con i suoi fedeli»; dice anche della chiesa i cui fedeli sono diventati atei che crolla demolita. proprio come succederà poco dopo all'auditorium musicale durante la protesta degli orchestrali. Egli parla in modo religioso della «gioia» di eseguire e dell'«amore» verso la musica. li film è religioso infatti riguardo al direttore e alla sua funzione. Che poi lui. la e.guida». non riesca (in un primo tempo. con le sue sole forze) a compiere questa funzione. a trovare questo rapporto con gli orchestrali per cavar loro fuori lo spirito e il sentimento della musica. questo non vuol dire che il suo fine non sia quello calvinista che lui pronuncia per riprendere il lavoro. per cominciare di nuovo quando la situazione è tornata sul terreno giusto. sul suo terreno: «le note ci salveranno. la nostra professione fatta con coscienza. il nostro artigianato di musicisti». La prova dell'orchestra. la musica. è la sua missione. il suo compito; la protesta degli orchestrali invece una parentesi chiusa. solo un episodio nel corso della prova. Proprio la protesta. con l'intervento dall'alto ammonitore. riporta gli orchestrali al silenzio restituendo al direttore l'autorità deputata e anche la forza interiore che gli mancava. che lo aveva messo in crisi permettendo la rivolta. la profanazione. Quando il direttore è «di là». allontanato. la situazione gli scappa di mano. Ora. la prova non si fa né per colpa del direttore inteso come ruolo. né per colpa del direttore inteso come persona. ma per colpa degli orchestrali che si rifiutano di suonare: ed è proprio la protesta degli orchestrali - che spaventa loro stessi e che non è dettata dalla vendetta ma dallo sfogo interiore- che permette al direttore di riprendere la sua autorità. (In altri termini: la guerra aperta di quello che cede per primo rende all'avversario la posizione di forza che la guerriglia aveva minato: la protesta non mette in crisi il direttore. ve lo fa uscire: dopo la protesta. dopo la rivolta il direttore riesce a dirigere. non prima). La rivolta degli orchestrali reagisce alla regolare procedura desacralizzandola. contrapponendosi ad essa e assumendo il tono della «messa nera». di un Sabba. di un rito al contrario. L'oscuramento. innanzitutto. e la comparsa delle candele; la violenza progressiva. sfrenata; l'incitamento graduale ed euforico. lo sfascio del leggìo e dei quadri. la raffigurazione misteriosa delle ombre sullo sfondo. l'uso anomalo. anti-musicale degli strumenti come urlo invocativo; il fare all'amore in chiesa. nella confusione. picchiarsi negli organi vitali. sfoga_rsisenza ritegno. ognuno con la sua candela in mano usata anche come arma di lotta; poi si porta il simulacro del direttore in forma di bara. del potere al quale si è assoggettati e lo si deride. lo si sfascia; tutto condito con scritte di spregio. musicalmente iconoclaste. La terza fase. penultima. è quella propriamente religiosa. «sacra». e si annuncia biblicamente: l'intervento dall'alto non distrugge tutto. non annienta (prima coi tonfi sempre più forti. poi la luce viene a mancare. poi con la sua presenza resa visibile dal crollo del muro) la grande palla dall'alto: avverte. Tutti si fermano immediatamente. si rimettono a posto e rigano diritti come gli antichi spaventati dall'oracolo o dal profeta. La prova si compie con l'aiuto esterno (come al circo è dall'esterno che c'è sempre qualcuno pronto a sparare se nella gabbia le bestie si infuriano e il domatore perde il controllo su di loro); il direttore. provvisoriamente. diviene anch'egli uno strumento dell'esecuzione. Alla fine del pezzo troviamo una inquadratura particolare che vede dall'alto e permette la visione completa. per la prima volta. del direttore e degli orchestrali tutti insieme. allo stesso livello: è la visione che guarda dalla posizione a mezza parete sul muro di fondo - simmetrica alla palla demolitrice. dall'altra parte - dietro all'altare: posizione chiaramente privilegiata nell'architettura di una chiesa. Sotto questo sguardo dall'alto. che è lo sguardo globale. completo. in un clima di lacrime e di concentrazione mistica si esegue il pezzo. Nell'ultima scena però c'è il ritorno: di nuovo noi vediamo il direttore dal punto di vista degli orchestrali. si ritorna «giù»; di nuovo la visione è spezzettata. frammentaria; il direttore ha ripreso la posizione. l'atteggiamento. l'autorità che aveva all'inizio. Le posizioni sono ancora quelle di partenza: il direttore nella sua veste di sergente-tutore e gli orchestrali di esecutori meccanici. Cosl il film incomincia di nuovo. nel senso che la prova - come all'inizio e allo stesso modo - non si riesce a fare; al direttore. che ancora vuole ora riprendere a dirigere senza Aiuto. non va bene: «[...] rifare! Da capo!» (1). L'intervista Gli orchestrali non vengono ascoltati tutti. è chiaro. Se quella al direttore è molto più lunga e in tutt'altro tono - quasi una conferenza. senza domande - l'intervista agli orchestrali è un pescare a caso in mezzo a tutti gli altri. un pizzicare. un saggiare qua e là; la voce di Fellini acconsente a sentire anche il pezzo del basso-tuba. oltre le sue considerazioni; i corni. per esempio. non vengono ascoltati. nemmeno uno (pardon. i cornisti). neppure le viole. il sassofono. i contrabbassi. i fagotti e forse altri (i fagotti mi pare non ci siano; in compenso. più caratteristico. c'è il contro-fagotto e relativo proprietario: !"unofadelle gran corregge. !"altro si fa la pianista). Probabilmente non vengono intervistati perché non si fanno avanti; il filicorno manca. ad esempio. nel senso che non è venuto. È all'arpista - terrorizzata dalla morte del topo - che si fa l'ultima intervista: la più incantata dai poteri spirituali. che ha timore e non rapporti con uomini. muore sotto le macerie; in compenso rimane l'inquadratura della sua arpa: mistica. si. ma anche di cattivo gusto. Ognuno. comunque sia. dice la sua e male degli altri. Tranne l'odio tra oboe e clarinetto. infatti. tutti quelli tra violini e violoncelli. oboi e violini. le stecche e la difficoltà della tromba. la superiorità del piano e le «arie» dei flautisti. tutte le dicerie vengono fuori puntualmente. Anche che i flautisti sono tutti matti perché pare che l'aria che soffiano nello strumento gli svuoti via via il cervello. L'aria ha in effetti una funzione perturbatrice; quando la parete si sfascia entra subito un gran vento. una corrente di polvere impetuosa (a Roma si scava e si demolisce molto; gli effetti. lo vediamo. sono deleteri. Nel film Roma quando i lavoratori della metropolitana scoprono antiche stanze sottoterra. entrandovi portano con sé la loro aria. quella di «fuori». che distrugge e corrode affreschi e tradizione per sempre). Anche la musica è 'aria'. naturalmente. non solo in senso metaforico: quella dei tromboni. degli ottoni. dei «fiati» ingenere. non incanta. non affascina. non ipnotizza. ma fa dondolare i ragni sul soffitto. Anticlimax perfetto. L'arca di Noè Come nella cena di Parigi del Casanova (2). qui tra i personaggi c'è un po' di tutto. geograficamente parlando (torinesi. napoletani. bassapadana. inglesi. veneti. ecc.) e negli altri sensi: vecchietti malandati e giovani azzimatissimibiondi vestiti all'inglese. barbuti in maglietta. trentenni leccati. curati. che parlano con la erre moscia o francese. brutti. simpatici. grassoni. disinvolti. sonnambuli. artritici-da un lato. Tutta la gamma delle passioni dall'altro: beoni. perversi. bestemmiatori. impotenti. irascibili. accidiosi. ridanciani. pignoli. odiosi. nevrastenici e giocatori; e invertiti. amabili. altezzosi. folli. orgogliosi. invasati. invidiosi. vanitosi e punzecchiatori. La «Scrittura». ancora una volta. contempla questo marasma indefinito di passioni; definisce tutto. ha per tutto la sua denominazione. Il direttore? capriccio e bizzarria. genio. ispirazione e <litada macellaio: i suoi luoghi comuni se li tira fuori da solo. come gli atteggiamenti da tenere che si studia e controlla davanti allo specchio. Lui non fa. l'azione n_onlo determina: maieuta. la musica «esce» dalla punta della sua bacchetta; la musica per lui non è sforzo. non è esercizio, non è fatica: lui la sprigiona fuori. apre il coperchio; fa semplicemente venire alla luce quello che sotto c'è già. La ripresa La stanza sembra il sotterraneo di una casa di cura per malattie mentali o di un istituto di psicologia dove si fanno esperimenti su cavie, individui sotto osservazione. La Televisione è in camice bianco davanti ai soggetti della stanza-prova: non la si vede e lei sta a guardare. Come le pareti di quei sotterranei, anche le pareti della sala per le prove sono pe_rfettamente•adatte. Questi muri sono famosi per non

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