1,.. ,1eatroe i suoisegni Franco Ruffini Semiotica del testo, resempio teatro Roma, Bulzoni, 1978 pp. 244, lire 6.500 AA.VV. Come comunica il teatro: dal testo alla scena Milano, Il fonnichiere, 1978 pp. 190. lire 6.000 Versus - Quaderni di studi semiotici, n. 21. dicembre 1978 «Teatro e semiotica• Milano, Bompiani, 1978 pp. 104, lire 3.000 Ernst Gombrich, e T .a maschera ,._ I:, faccia• in: Gombrich, Hochberg e Black Arte. pen:ezioae e realtà Torino, Einaudi, 1978 pp. 163, lire 4.500 L a pluralità dei linguaggi, delle operazioni, degli scopi; l'inconciliabilità delle diverse tendenze e insieme l'incapacità di ciascuna di esse a proporre un'egemonia; l'impossibilità insomma di ricomporre un quadro unitario dal punto di vista critico o linguistico, una gerarchia di valori condivisi, un lessico universale. Questa situazione, più che di altri settori culturali, è caratteristica del teatro contemporaneo: non è possibile oggi parlare di un teatro: un linguaggio, un 'arte, ww specifico. Le visioni oniriche di Bob Wilson e gli isterismi magici delle postavanguardie; l'esperienza collettiva e la gestualità del teatro di gruppo e il flusso di coscienzadei monologanti; le convenzioni del teatro borghese e le Erlebnisse parateatrali dell'ultimo Grotowski; i classici e il teatro epico; la poesia di testi fatti per essere declamati e il saper fare del saltimbanco; Molière e il Kathakali; le marionette e Shakespeare; e poi ancora il circo e il musical e l'opera e il bouvelard e il teatro di strada ... Tutto questo e molt'altro ancora fa parte oggi del nostro panorama teatrale, e non esiste modo per organizzarlo secondo categorie di arte/non arte, vecchio/nuovo, egemone/subalterno; né tantomeno di descriverne un'unica base linguistica. Il declino delle avanguardie, l'oblio in cui è caduto il programma brechtiano del teatro epico, l'isolamento dei mostri sacri della scuola americana. il porsi esplicito del teatro di gruppo come Terzo Teatro, indifferente ai problemi contenutistici della scena tradizionale e a quelli linguistici dell'avanguardia, in nome dell'avventura umana degli attori; la decadenza della regia e del teatro d'arte, l'impotenza della commedia di intrattenimento di fronte a cinema e TV, gli esiti solipsistici della sperimentazione di scuola romana: tutte le tendenze prevalenti degli ultimi anni vanno nel senso di una disgregazione. di una disseminazione ulteriore del fenomeno teatro. lasciandogli forse esclusivamente di unitario il senso etimologico. ciò che si guarda. Non è dunque senza sorpresa che si può assistere in questo stesso periodo a uno sviluppo tumultuoso di studi di semiotica teatrale. cioè di lavori che cercano di comprendere il teatro come tessuto di segni definibile unitariamente. Se si prende come punto di partenza la ricca guida bibliografica Teatro e comunicazione curata da GianfrancoBettetinie MarcoDeMarinis (Firenze. Guaraldi. 1977. pp. 160. lire 2500). aggiornata a tutto il '76. negli ultimi due anni vanno segnalati almeno Semiotica del testo, l'esempio teatro di Franco Ruffini e Ure le Télìtre di Anne Uebersfeld (Editions sociales. Paris. pp. 309. S.i.p.). Un gruppo finanziato dalla Fondazione Rizzoli. sotto la guida di Alessandro Serpieri. ha prodotto un'ipotesi teorica collettiva espressa nel volume collettivo Come comunica il teatro: dal testoallascena, cui sono seguiti un paio di convegni, una messa in scena «semiotica• dell'Amleto per la regia di Gabriele Lavia, e una serie di studi semiotici scespiriani che ormai fanno collana. Infine Versus, quaderni di studi semiotici ha dedicato ·tutto il suo numero 21 a una discussione su «Teatro e semiotica•, con un questionario cui hanno risposto diversi studiosi e un saggiodi Marco De Marinis che proseguirà sul prossimo numero insieme ad altri interventi. Se non esiste il teatro, nessuna sorpresa che manchi anche la semiotica del teatro. In effetti il panorama di questi studi, che sono solo i principali, appare estremamente frastagliato e percorso da contrapposizioni di metodo e sostanza. La prima, e fondamentale, riguarda proprio l'oggetto da analizzare. Per alcuni il teatro è essenzialmente la letteratura drammatica, che può beninteso venire «attualizzata• o «tradotta• o «trasformata in oggetto• da una messa in scena, ma che costituisce con le sue caratteristiche linguistiche ciò che è essenziale del teatro. Va quindi analizzata, interrogata sulla sua specificità, ne vanno detenninati gli elementi minimi, gli assi attanziali, i meccanismi di riferimento. In un secondo luogo vanno considerati i problemi di quella che risulta una «trasposizione• scenica, per esempio lo sviluppo delle indicazioni del testo, la «fedeltà•, i livelli connotativi di significazione introdotti dalla materialità dell'allestimento. Per altri invece, il teatro è lo spettacolo, testo complesso a molti strati, e come ebbe a scrivere Roland Barthes «vera e propria polifonia informativa» spessore di segni>. Ne segue che il testo verbale è solo uno di questi strati, senza privilegi sugli altri. I problemi diventano allora quelli dell'embricazione dei vari codici (linguistici, gestuali, prossemici, scenografici, musicali, ecc.) in gioco, della loro possibile classificazione, dei loro rapporti. Ma chiaramente la questione preliminare è quella di una possibile trascrizione del testo-spettacolo, della sua possibile segmentazione in unità minime, della ricostruzione del testo-spettacolo assente per motivi storici, in definitiva dell'esistenza di una lingua multicodificata specifica al teatro. Q uesta opposizione fra dramrnaturgistie spettacolistiè ovviamente alquanto elementare. Valedunque la pena di riassumere le posizioni recenti più significativedei due campi. Per Serpieri una semiotica del testo teatrale si giustifica per il fatto di essere condotta «non già sul piano linguistico-letterario in sé. bensì sul livello enunciazionale che sembra marcare la lingua drammatica disponendola alla messa in scena». Il problema è allora di cogliere queste caratteristiche enunciazionali e in particolare «individuare le unità semiologiche fondamentali dell'articolazione di senso per la scena alla luce delle correlazioni significante/significato specifiche del genere». cioè condurre una «segmentazione» del testo drammatico. In sostanza esisterebbe «uno specifico della lingua teatrale» derivante dal fatto che «ogni autore. nello scrivere per il teatro. ha in mente una sua messinscena e la imprime nel testo». Questo specifico. rispetto alla letteratura. consisterebbe nel fatto che «comenellacomunicazionequotidiana. il linguaggio teatrale. fin dal testo. fa sempre riferimento a un contesto pragmatico». è «mimesi del vissuto. non distacco del narrato». Di conseguenza «il suo spazio è la deissi». cioè «quella classe di segni il cui significato non può essere definito al di fuori di un riferimento al messaggio» (Jakobson) e «che pongono il messaggio in situazione» (Weinreich): riferimenti spazio-temporali. pronomi personali. atti linguistici performativi. ecc. Secondo tali premesse. il problema della segmentazione del testo teatrale si risolverebbe in questi tennini: «L'unità semiologica della lingua teatrale sembra essere una unità segnica complessa. un fascio di correlazioni segniche, da individuarsi nella durata di un orientamento performativo deittico del soggetto dell'enunciazione, orientamento che non corrisponde tanto ad una unità di infonnazione. a un'immagine o a una microsequenza narrativa quanto a una articolazione indicale sulla scena (ma già iscritta nel testo)». Non si tratta, come si potrebbe pensare, di una proposta 'tecnica' o 'umile;' l'analisi di Serpieri mira a ritrovare nel testo drammatico una messinscena iscritta e quindi sfocia in una «preparazione di regia»; comporta soprattutto una rigorosa concezione del teatro: emessa in scena del linguaggio, in tutte le sue possibilità espressive[ ...], in tutte le sue attualizzazioni paralinguistiche, mimiche, cinesiche, prossemiche, e infine in tutte le sue simulazioni, in tutte le sue verità-menzogne». È proprio questa concezione del teatro che può motivare le critiche più penetranti al modello di Serpieri, e non solo in nome dei giochi nonverbali di tante avanguardie. I due modelli di teatro 'minimo', cosi singolarmente simili ma differenti, proposti da Peirce (l'ubriaco condotto in giro dal:'Esercito della salvezza) e da Brecht (la ricostruzione in loco di un incidente stradale). non vi trovano posto, e non potrebbero essere compresi neanche in un'analisi della messa in scena. Manca insomma in questa analisi ogni punto di ancoraggio per la problematica della presenza dello spettacolo, come gioco ambiguo della finzione e dell'autenticità, e con essa per tutto quel che è il problema dell'attore, l'identificazione, il rapporto col pubblico. Non è una sorpresa dunque che quest'analisi riesca a differenziare male il testo drammatico da altre situazioni linguistiche, il linguaggio quotidiano, la forma letteraria del dialogo. il dibattito. alcune celebrazioni liturgiche. ecc. Sul lato opposto. «spettacolista». come affenna Ruffini, «il problema centrale della semiotica del teatro concerne l'assenza materiale dell'oggetto di indagine. Il teatro inteso nella sua intera complessità non è disponibile all'analisi se non nei casi in cui si tratti di un teatro presente». «Due compiti, di conseguenza si impongono a una semiotica del testo» spettacolare: «ricomporre una nozione complessiva. integrata del testo spettacolare, nel quale le componenti non verbali non siano viste come puro appoggio alla parola. unico o quanto meno elettivo veicolo del senso»; e «assumere questo modello unitario per esaminare ciò che esso offre di utilizzabile in ordine a una nozione di testo spettacolare come oggetto-culturale-da-studiare». I problemi sono dunque la trascrizione e/o ricostruzione dello spettacolo (su cui insiste molto Gianfranco Bettetini in Versus, cit.) e la struttura concettuale, che assumono nozioni come segno, codice, testo in una realtà come il teatro, concepita multidimensionale (al contrario della linearità della lingua) e stratificata secondo vari codici (o canali o livelli di stimolazione?): testo letterario, musica, mimica, ecc. ecc. L'analisi metodologicamente più raffinata dei complessi problemi di modello semiotico posti da tali questioni è contenuta nel libro di Franco Ruffini sulla Semiotica del testo, a livelli di astrazione difficili da discutere in questa sede; il tentativo più completo di riportarsi a un'analisi del fatto spettacolare è invece nel saggio di Marco De Marinis su «Lo spettacolo come testo». contenuto in Versus, nn. 21 e 22. L, obiettivo di De Marinis è di d • l . . 1· • « escnvere e prmc1pa I e specifiche caratteristiche testuali di quelle forme di manifestazione teatrale che sono gli spettacoli (le messe in scena) per collocarli all'interno di una tipologia dei testi semiotici». Lo spettacolo è dunque un «testo». cioè un atto comunicativo «risultante dalla coesistenza di vari codici, o almeno sottocodici» (Eco) e caratterizzato dalla compiutezza e coerenza dei suoi elementi. In particolare è un testo spesso «assente» e sempre «doppiamente eterogeneo», per la pluralità dei codici e dei canali comunicativi, fornito di una o più strutture testuali che li organizzano. Come sono questi codici? «Vaghi» quanto al significato, difficili da definire nei loro rapporti con l'organizzazione formale dello spettacolo, sono tanto culturali generali. quanto specifici di un genere, di un'epoca. di uno spettacolo. La pluralità dei codici non pennette di ritrovare elementi minimi dello spettacolo, ma si potranno analizzare delle tipologie produttive. fra cui prevarranno i segni ostensivi. nell'ambito di una comunicazione che è presente in qualunque spettacolo, con spiccate caratteristiche performative. Anche per De Marinis vale l'obiezione di fare un discorso sul teatro, che risulta inevitabilmente un po' stretto (benché lui stesso ammetta con Ruffini l'inutilità di «un modello di spettacolo che sia modello di tutti i possibili spettacoli»). Ma soprattutto viene messo in opera un apparato teorico faticosissimo su premesse per niente certe e con risultati che appaiono molto più terminologici che esplicativi. Si parla di spettacolo come testo perché non è più possibile credere all'esistenza di una lingua o di segni teatrali puri e semplici. Ma i codici di cui sarebbe composto il testo teatrale, sono davvero tali? Un codice mette in corrispondenza due repertori di oggetti (o meglio, di tipi di oggetti): una certa forma tipograficasta per un fonema, una certa combinazione di punti e di linee rappresenta una lettera, ecc.È ragione• vole richiedere che i codici abbiano un rapporto abbastanza precisò con i loro repertori o piani del contenuto e dell'espressione, che questi siano ben precisati, permanenti o almeno stabili. Tutto ciò non si applica certamente ai «codici» teatrali. Per verificarlo basta considerare·due aspetti molto generali della «comunicazione teatrale». In primo luogo ogni spettacolo impiega mezzi, canali e stimoli tradizionali del teatro (i «codici»: luci e mimica, scene e costumi, musiche e gesti) secondo criteri non solo singolari e validi solo per quello spettacolo, ma anche assolutamente non sistematici e omogenei. In secondo luogo sarebbe sempre molto interessante specificare il versante dei contenuti dei «codici» teatrali: qual è la fetta di mondo «codificata» dalle luci di uno spettacolo? I climi psicologici? E la mimica di un attore, cosa «codifica»? Stati d'animo? Sono espressioni decisamente vaghe e metaforiche. In realtà sotto la nozione di testo teatrale e dei suoi codici sta la vecchia idea del teatro come rappresentazione semplice, segno: l'attore in scena è segno di Amleto, e lo è attraverso la voce, i vestiti. ecc.; una cortina di velluto è segno di un palazzo e così via. Peccato che il palazzo e Amleto non esistano fuori da questa rappresentazione e che comunque un'analisi così puntuale ingenerale non funzioni. li discorso dovrebbe essere certamente diverso per una nozione produttiva e non riproduttiva di testo teatrale. come luogo in cui si depositano e si contrappongono pratiche significanti; ma una simile analisi «à la Kristeva» del teatro è tutta da fare. Lasciar caoere la nozione di codice. obietta De Marinis. vuol dire rinunciare alla «possibilità stessa di una semiotica teatrale». il che forse non sarebbe una catastrofe. vista la scarsa presa sull"oggettostesso di costrutti teorici così faticosi. Ma in realtà questo è proprio il punto di partenza per una domanda più radicale. sul modo di funzionamento del teatro (o dei teatri). L'arsenale complesso e contraddittorio dei metodi semiotici può dirci qualcosa su ,
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