Pietro Sbarbaro - Da Socino a Mazzini

18 B!IJ/1()/cca Shrrrf){fro 11 e l MACII Ln 'EI,r.T, era JJWY' arerrimo nemim di quello spir ito JXtfJll'l lO clu· allora inraclcut lutto. I l primo r isultato di quel divorzio t ra la ragione e la fede, divorzio rappresentato appun to da ll a separaz ione del ceto letterato dal popolo, fu la perdi ti~. di una Jlitrola, co::m, come la chiama il Renan, par lando delle B i ro7nzioni cl'l talia e di Giuseppe F errar i. Non avendo volu to ascoltare la parola del r iformatore di F irenze, PJtalia dovette rassegnarsi a corteggia re l'Aretino. L' ingegno ita1iano mandò, è vero, ancora lampi di gloria nell e Arti, che ill uminarono H mondo; aperse le vie (lell a scienzit con Leonardo da Vi nci ; ma poi ? E l' indipendenza, e la li bertà, e il carattere, e la mora lità, che desti ni incontrarono, che passi fecero, che cosa divennero? Gni cciardini e Jì[achiave1l i furono i nostri oradoli: un Borgia parve al patr iotti smo disperato l'àncora. della nostra sa lu te : l' ingegno perverso la nostra tradiz ione ! La jJiccola cosa che perdemmo fn il senso morale. Se tre lunghi secoli di servit ù, di abbi ezione, di corruzione spaventevolmente profonda non dicono null a, e nulla provano i se i difetti del nostro ca· rattere, le present i nostre piaghe morali , q nell a decrepi tezza precoce della nuova Italia, che tutti hanno sotto gli occhi, non sono argomenti eloquent issimi contro l'avverso fatto, che nel secolo xvi ci contese i benefi ci i di un ri sorgimento reli gioso, io non so più a qual segno s i possano ormai ricono 1· scere gli effetti sinistr i di una cattiva erlucazione nazionale.

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