Giuseppe Faravelli - "Democratura"

1) E chiaro che lo scopo politico che noi ci proponiamo di raggiungere e di attuare (programma Tremelloni) è così arduo da richiedere la maggiore possibile scioltezza di movimenti e quindi la completa indipendenza del nostro Partito (parlo di indipendenza e non di isolamento, che son cose ben diverse, checché ne pensino certi compagni giocatori di bussolotti). Ora è ovvio che nulla, meglio che la proporzionale, potrà garantire questa indipendenza, liberare il nostro Partito dalla necessità dei compromessi a getto continuo, che finiscono col diventar metodo, risanare quindi la sua vita interna e riportarlo a una genuina azione socialista democratica di classe, senza di che è vano sperare di attrarre a noi le masse lavoratrici di cui la democrazia ha bisogno. In tal guisa, quella a cui potrà addivenire con la D. C. sarà vera, dignitosa e proficua collaborazione, non vassallaggio. A questo punto è assolutamente necessario che io dica alcune cose intorno allo stato e alla vita interna del nostro Partito, e perdonatemi se a taluno potranno fare arricciare il naso. II compagno Saragat, nel discorso pronunciato a palazzo Barberini, cioè al momento della nascita del nostro partito, disse fra l'altro: « C'è un altro pericolo, dicono i nostri critici. Voi potreste diventare un partito di piccoli borghesi. Un partito che non avrà le caratteristiche proprie ad ogni movimento socialista. E chiaro, compagni, che la fisionomia politica di un movimento è determinata non dalla volontà di coloro che lo dirigono, ma dalle condizioni sociali delle forze che lo compongono. Ed è chiaro che se la maggioranza degli iscritti al nostro movimento dovesse essere formata dai lavoratori del ceto medio, la fisionomia del partito ne risentirebbe. Noi siamo certi che così non sarà. Ma se anche per un'ipotesi assurda fosse vero che nel nostro Partito i lavoratori del ceto medio dovessero prevalere sui proletari; anche se fosse vero, come speriamo, che i lavoratori del ceto medio al nostro appello si raccogliessero in masse profonde intorno alla bandiera del socialismo, noi riusciremmo a impedire quello che è avvenuto nel 1922. Allora questi lavoratori del ceto medio si orientarono verso formazioni di destra, e peggio ancora verso formazioni reazionarie. Anche in tal caso noi avremmo reso un servizio incalcolabile allo sviluppo democratico del nostro Paese ». Ormai, dopo circa sei anni di vita, possiamo domandarci come sono andate le cose. Sciaguratamente, fra le altre manchevolezze, il nostro Partito ha anche quella della statistica, ragion per cui è impossibile conoscere con esattezza, ch'io sappia, la sua composizione sociale. Dob• biamo quindi affidarci agli incerti elementi disponibili. Orbene io direi 16 Biblioteca Gino Bianco

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