Filippo Turati - Il delitto e la questione sociale

- 100 - coscienza di di'fendere, nel proprio, .un interesse più vasto, superiore a quello dell' aggressore. Quella gran soddisfazione umana, che la scuola ci promette per l'ordine giuridicorestaurato, dà luogo appena, nella giustizia borghese, a una grama compiacenza di classe : quella della sicurezza momentaneamentepuntellata. E al turbamento della società fa riscontro e contrappeso la. criminosa compiacenza del reo. La scuola della giustizia assoluta - equivalente teologico di ciò che noi chiamiamo istinto• inconsciodellaspecie - esige, quale coronamento, ideale della giustizia, la adesione moraie der reo stesso alla sentenza che lo punisce. Al contatto della giustizia oggettiva, il sentimentodella specie offeso ripiglierebbe fl sopra.vento nella uman~tà del delinquente. Ma che abisso dal teorema ideale alla rude prova dei fatti! Esperienza insegna che I' assenza di rimorso è la regola nei• delinquenti. Alle udienze un• riso atroce esce dalla gabbia : i giornali dicono il colpevole unabelva, con una parola illudendosi di aver reciso il nodo. In carcere uno spirito dt corpo, pertinacemente ribelle, eppure in sestesso non privo di lealtà generosa, regna fra i detenuti contro i loro tiranni, e chi tradisce· quella coalizione muta è stimato codardo; i direttori delle carceri sanno che non sempre· è a torto. Guardiamo questi fatti dall'alto : essi ci diranno la selvatichezza ferina di alcuni delinquenti, ma ci diranno eziandio che, in regime di privilegio, nel delinquente ·si cela sempre un po' di vittima, e nella società un po~ di sacrificatore. B,blioteca Gino Bianco

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