Una città - anno V - n. 44 - ottobre 1995

------~----------------~~---~--~------·--------~---------------------------------- , 2a. Fra le letture preferite ndatori smisero di scrivere e•faceva acqua, il rispetto >gno della rivista. Il modo 1 a Piergiorgio Bellocchio. plenarie con 15-20 persone avvenivano raramente, un paio di volte l'anno. per la difficoltà di combinare la disponibilità di persone che stavano a Torino, Milano. Roma. Firenze. Napoli. Bologna ecc. Frequentissimi invece gli incontri a due. tre, quattro. Che finivano, o cominciavano. a tavola. John Halliday. un caro amico inglese e collaboratore di Quaderni piacentini. diceva che la nostra rivista ·'si fondava sui pranzi''. E non aveva torto. Quanto a Grazia. non ha mai avuto un felicissimo rapporto col cibo. e credo che un po· fingesse i piaceri della tavola, nel- !' interesse della rivista. Gli amici e collaboratori venivano volentieri a Piacenza. Ma più spessoci muovevamo noi. Presto la sede della rivista diventò di fauo Milano. dove Grazia s'era trasferita stabilmente (io preferivo fare il pendolare): a Milano vedevamo Fortini. Masi. Bologna, Salvati. Beccalli, Sereni. Giudici. Fachinelli ccc. A Torino c'era forse il gruppo più nutrito: Baranclli. Ciafaloni. Donolo. Rie~cr. Pianciola. Viale, i Gobetti, i Lanzardo ... A Bologna vedevamo. tra gli altri. Federico Stame e Gianni Sofri. A Firenze. Timpanaro. A Roma. Cases (prima che venisse a Pavia e poi a Torino). Jcrvis, Vittorio e Lisa Foa. Elsa Morantc ... Col tempo io mi sono sempre più dedicato al lavoro amministrativo: gli abbonati. le librerie. le fatturazioni ccc. Faccende noiose. ma tutto sommato preferibili al lavoro di stimolo della produttività dei collaboratori, dove invece Grazia eccelleva. E 1• ha dimostrato anche nella secondapane della sua vita. Elsa Morante era legata all'esperienza dei Quaderni piacentini? Tra gli scrittori di primissimo rango, Elsa Morantc è stata certamente quella che ha meglio capito l'importanza e l'originalità di un·esperienza come la nostra, cogli endo anche lo spessoreetico e la scelta di vita su cui la rivista si basava. Era una lettrice puntuale, acuta. attentissima. ricordo discussioni molto animate su questo o quell'articolo. Ne era nata una vera amicizia e negli anni Settanta ci si vedeva spesso. a Roma, a Milano. La rivista era letta e apprezzata da molti scrittori e intellettuali. ma da nessuno. ripeto, più acutamente e profondamente della Morantc. L'amicizia per Grazia era un valore fondamentale? Lo è sempre stato, ch'io ricordi. fin da quando aveva vent'anni o poco più. Poi, avendo scelto di non farsi una famiglia propria, lo è diventato sempre di più. Aveva avuto diverse occasioni di sposarsi. ma la tendenzaopposta è statapiù forte. La sua è stataunascelta consapevole, determinata e almeno apparentemente senzarimpianti. Quindi la sua famiglia diventavano gli amici, sui quali riversava tutta quell'attenzione, quell'affetto. quella protezione che di regola viene investita nell'ambito famigliare. sul coniuge. i figli, i nipoti. Sulla famiglia in genere bisognerebbe dire cose abbastanza severe. Penso che finisca per sottrarre troppe energie, che si traduca in un impoverimento. nelle dimissioni da responsabilità più ampie, in quella che don Milani chiamava '·avarizia". Certo. l'ideale sarebbe di esser capaci di esercitare il proprio ruolo nell'ambito della famiglia senzasourarsi alle responsabilità ~ociali e senza uccidere le amicizie. Ma non ci si riesce quasi mai. Non c'è dubbio che Grazia investisse moltissimo. ancheaffettivamente. nei rapporti che intratteneva con tanti amici. Però per lei r amicizia doveva essere qualcosa di attivo. Per lei il meglio dell'amicizia. oltre lo scambio intellettuale, era il lavoro comune: doveva esserci uno scopoe lo scopo era che le persone con cui aveva rapporto si realizzassero. Frequentando lei soprattutto scrittori e intellettuali, era abbastanza ovvio che i frutti dell'amicizia fossero spesso dei libri. Da quindici anni lavorava. oltre che in editoria. nei giornali, soprattutto l'Unità. circondata dalla stima e dall'amicizia di tutti. E tuttavia aveva nostalgia di una rivista. se non proprio autogestita, dotata di una forte autonomia. E mi pare che un progetto del genere (un settimanale) fosse stato un anno fa molto vicino a realizzarsi, e non so per quali motivi non se ne fece niente. continuava a coltivare il sogno di una rivista Dopo Quaderni piacentini m'era passata la voglia di impegnarmi in un'impresa collettiva. e non acaso Diario è una rivista a due. e ti dirò che prima di parlarne ad Alfonso (che si associò) ero deciso a farla da solo. Per Grazia questo non aveva senso, era certamente più ''politica·· di me. Lei voleva coinvolgere delle persone. formare un team. una squadra. Questa occasione non s'è data, ma se avesseavuto la fortuna di vivere più a lungo. avrebbe quasi sicuramente finito per realizzarla. E avrebbe dato un contributo straordinario, su questo non c'è dubbio, perché era integra. L'etù cambia quasi tutti, e non in meglio, ma lei era rimasta ancora ollimista e piena di voglia di fare. Non era cambiata. Era ancora animata dall'ottimismo e dal volontarismo dei Quaderni? See·era qualche motivo di speranza, nelle persone e nelle situazioni, lei tendeva a coglierlo. Eraottimismodella volonti1, non illusione. Era sempre una persona molto lucida. molto realistica. sapeva cosa ci si poteva aspettare dalle persone, aveva conosciuto la delusione e neaveva fatto tesoro. Conosceva bene i limiti, e il tributo di zavorra che bisogna pagare. il che invece di scoraggiare deve convincere a dare di più. Ciò che lei puntualmente faceva. Anche l'ultima fase della sua vita ce la mostra quale era sempre stata. Ha utilizzato anche le uIti meore per tentare di portare a termine quel che stava facendo. Amici che I· hanno assistita mi hanno riferito che era preoccupata di non riuscire a rispettare certe scadenze. La vita, pensava. va spesa secondo quello che è il proprio istinto, la propria etica e il destino che si è scelto. a prescindere dal fatto che ce ne resti molta. poca, pochissima. E lei sapeva bene di esserealla fine. E tuttavia non hacambiato nulla delle sue abitudini e del suo stile. Anche il non far saperenulla delle proprie condizioni di salute. anche questo è molto suo. Pochissimi erano stati messi al corrente. ma anche loro molto tardi. E questi pochissimi li aveva scelti, mi sembra. tra persone singole, per non disturbare altri che avevano impegni e responsabilità di famiglia. Non voleva disturbare nessuno, anche se tanti sarebbero stati ben lieti di dare una mano quando si era ancora in tempo a salvarla. Ognuno. dopo la morte. ha pensato all'ultima volta in cui l'aveva vista. lo l'avevo vista a fine marzo. e mi aveva rimproverato di essermi disinteressato dell'uscita del mio libro. Più precisamente mi rimproverava di non averla incaricata di occuparsi lei del "lancio", vale a dire di chiedere a questo piuttosto che a quello presso quel tal giornale di fare la recensione. lo m'ero perfino un po' scocciato del suo zelo, ancorché amio esclusivo vantaggio. Equesto rimprovero me lo faceva, l'ho ricostruito dopo, pressapoco negli stessi giorni in cui stava per subire o aveva appena subito l'intervento chirurgico, tra una chemioterapia e l'altra. con in tasca la sentenza di morte era allegra Poi l'avevo vista ancora, l'ultima volta, a fine giugno, apranzo da un comune amico, e lei era allegra e vivace anche più del solito. L'amico mi ha poi detto che quello stesso giorno, al mattino, un paio d'ore prima, lei aveva avuto il risultato dell'analisi da cui risultava che il fegato era saturo di metastasi. Aveva in tasca la sentenza di morte ed era lì allegra e tranquilla, non per recitare la commedia, ma per vivere la sua vita di sempre.. Sapere di aver davanti un tempo molto limitato, la considero la cosa peggiore che possacapitare a unapersona. Sapereche di lì ad un anno, alcuni mesi, e forse meno, l'avventura finisce. lo penso che in una situazione del generecadrei in uno stato di grave depressione e confusione. In Grazia invece, a detta di coloro che le sono stati vicini. questa tragica consapevolezza non ha modificato in nulla la sua esistenza. Ha continuato a fare tutto quello che faceva prima. e a un prezzo altissimo, perché aveva sempre meno forza, doveva sottoporsi alle cure, non riusciva più a nutrirsi. Ma se non la quantità. la qualità del lavoro è rimasta quella, eccellente. di sempre. Stringendo coi denti l'ultimo fiato di vita che le rimaneva. E senza cercare la compassione di nessuno. meno che mai la sua. - S0110: Cra::.ia Cherchi con Goffredo Fofi e Piergiogio Bellocchio. (Come q11elladi copertina e q11elladella pagina seg11ente. /a/010 è di Vincen::.oCouinelli). UNA CITTA' 9

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==