Una città - anno V - n. 39 - marzo 1995

da Alba B PAV Una delle fabbriche più moderne del mondo sommersa da fango, da sabbia, da detriti di ogni genere che in 25 giorni riprende la produzione. Un miracolo dell'abnegazione e cooperazione di migliaia di dipendenti e dirigenti, rimasto sconosciuto anche per la riservatezza della gente delle Langhe. Intervista a Claudio Risso, Silvano Faroppa, Chiara Cane. Claudio Risso è segretario regionale della F.a.t.Cisl Piemonte, Silvano Faroppa e Chiara Cane sono delegati difabbrica alla Ferrero di Alba (Cn). Claudio. Di quello che è successo alla fin fine se n'è parlato poco proprio per la riservatezza che c'è dalle nostre parti. E' sempre stato così. La stessa cultura manageriale, che pure non è chiusa ali' interno e interviene molto sul sociale, non dà troppo rilievo alle cose che si fanno. Anche con l'alluvione è scattato questo riflesso, che poi ha impedito che certe foto venissero pubblicate e che le televisioni avessero libero accesso in fabbrica. Quando sono venuti Berlusconi e Scalfaro, che ovviamente non potevano non entrare, hanno trovato già tutta la gente ali' opera che cercava di levare i segni del disastro. Magari da un'altra parte si aspettava, si lasciavano lì per far vedere cos'era successo, qui no. La voglia di tornare alla normalità ha preso subito tutti. Così, nemmeno a un mese dall'alluvione, le prime linee sono ripartite. Un risultato davvero incredibile per chi avesse visto le immagini di quel lunedì col fango e l'acqua che in certi posti arrivavano a tfe metri. E ora, per ricordare, ci sono dei segni; ma messi a bella posta ... Chiara. Sì, ali' entrata, con la data e il livello raggiunto dall'acqua. A memoria dei posteri. Ma dentro non c'è più nessun segno, tutto è cancellato. Forse è quella mentalità di voler escludere, di voler cancellare in fretta le cose brutte per ritornare al più presto alla normalità, migliorandosi anche. Certamente, però, le persone che si sono trovate lì dentro conserveranno una foto che rimarrà impressa per tanto tempo. Silvano. Il lunedì l'impatto fu tre- . mendo. All'ingresso la prima cosa che veniva da dire era: "è finito tutto". Penso che questa sia stata anche la considerazione dei massimi dirigenti. Anche perché l'ingresso è uno dei punti più elevati dello stabilimento, per cui uno immaginava cos'era successo nelle zone più basse: tre metri d'acqua, gli impianti sommersi. Poi, però, è scattata immediatamente la reazione, la voglia di cancellare in fretta. Con questo non si vuol dire che la gente di Alba, la gente della Ferrero, sia il meglio che si può trovare in giro. E' il nostro modo di affrontare qualunque tipo di evento, che deriva dalla nostra cultura, dalle nostre radici. E' iniziata subito una corsa a lavorare alla velocità massima, con un unico scopo: riuscire a vedere il pavimento. Una corsa che è durata tre giorni. E il terzo giorno in alcuni reparti riuscivamo già a vedere le piastrelle. Era il primo traguardo raggiunto, ma importantissimo a fronte di quella massa di fango, acqua e quant'altro, del lunedì. Ho visto gente che non si è mai fermata in otto ore, cosa che, ovviamente, non succede in orario di lavoro normale. Ho visto una grande collaborazione, devo anche dirlo, tra operai e capisquadra, capiisola e dirigenti. In quei primi giorni lì non esistevano più gerarchie: solo la fretta di cancellare. Il terzo giorno i generatori hanno sostituito le fotocellule e si sono normalizzati orari e turni; questo ~a reso anche più efficace l'intervento ·perché trovandosi in migliaia sullo stesso orario di lavoro ci si ostae0lava anche. Erano turni di otto ore, ma senza rigidità. Se qualcuno aveva dei problemi seri a casa non c'erano vincoli, faceva solo sei ore o arrivava alle 8 del mattino e andava via alle 12. Poi quasi tutti, senza che nessuno glielo imponesse, hanno rispettato in modo rigido la turnazione. Fare la notte in quelle condizioni, al freddo, all'umido, con l'acqua dappertutto, non era affatto piacevole ma, a differenza di quanto solitamente succede in condizioni normali, non ho sentito nessuno che si sia lamentato. Ci si fermava solo per il pasto. In quei giorni c'è stata la novità dei pasti caldi in Ferrero, che non abbiamo normalmente perché non c'è la mensa. Arrivavano confezioni non so da dove e a mezzogiorno, con i tavoli improvvisati, si sono fatte lunghe tavolate: una cosa nuova, apprezzatissima dalla gente, perché dopo 5-6 ore nell'acqua e nel fango, mangiare un pasto caldo ti può anche far ritornare il buonumore. I primi due giorni parecchi operai, che lavorano anche la terra, hanno portato giù i trattori. Se quel fango, se quella miscela terrificante di sabbia e di ogni genere di detrito si fosse seccata sugli ingranaggi avrebbe avuto un effetto devastante: il danno sarebbe stato di cento invece che di dieci. Allora i trattori attrezzati con le pompe per l'acqua alle viti che potevano usare l'acqua portata con le autocisterne, perché non c'era più niente, neanche l'acqua, sono stati impagabili. Ferrero dovrà essere riconoscente a questi colleghi di lavoro che per parecchi giorni sono stati dentro l'azienda coi loro trattori. Insomma, la risposta è stata forte e immediata da parte di tutti. E se qualcuno non è stato lì da subito è perché non ha avuto notizie per due o tre giorni, o perché le strade erano bloccate. E non ho notato neanche diversità di comportamento fra chi è in azienda da tanto e chi da poco. Abbiamo avuto parecchie presenze di ragazzi che sono a contratto stagionale e questo la dice lunga sulla risposta che c'è stata: gente a cui scadeva il contratto in quella settimana è venuta, li ho visti io, ci ho lavorato insieme. CASSARURALEDARTIGIAN-AFORLI' NEL CUORE DELLA CITTA' 4 UNA CITTA' f"Q Claudio. Come diceva Silvano per capire gli operai della Ferrero bisogna conoscere la caratteristica della gente di Langa: un'estrema riservatezza nell'affrontare i problemi. Ti faccio un esempio, se vuoi indicativo: tutte le sorprese delle uova kinder erano sparse dappertutto, in città e fuori, ma i bambini, quando vedevano questi enormi mucchi di sorprese, da loro tanto ambite, avevano quasi come un senso di rispetto. Non le prendevano, le posavano di nuovo, magari rimproveravano il compagno che era tentato di prenderle. Si avvicinavano ai mucchi di questi giocattolini e poi scappavano via. E' il segno che anche nei bambini si ritrova quella cultura lì. E sono immagini che poi servono a far capire, che danno anche l'idea di quella che è la cultura della gente, di quel lo che si è fatto, di quelle che potevano essere le sensazioni di quel momento. Ma sembra che questo non interessi i giornali nazionali, che non approfondiscono, che cercano semplicemente loscoop. In quei giorni c'era il problema delle pensioni e il titolo su Il giornale di Feltri fu: "a Roma si sfila, a Cuneo si spala". Strumentalizzazione incredibile, perché qui, finiti i primi 6-7 giorni di emergenza, le due preoccupazioni si sommavano. Gli operai che spalavano avevano anche la paura che si strumentalizzasse l'alluvione per far passare determinate cose. E il rischio, a un certo punto, c'è stato. Bisognerebbe cercare di capire cosa pensa veramente la gente, di capirle anche, certe culture, invece di fare determinati titoli. Silvano. Il Tanaro ha portato tutto a valle, azienda per azienda ha spostato a valle la produzione. L'acqua è così, si porta dietro tutto, poi, dove si ferma, lascia. Attorno alla Ferreroc'erano ipalloni della Mondo Ruber che è 3 chilometri sopra. I prodotti Ferrero erano anche alla Miroglio, che è più a valle ancora. Non era difficile vedere cose strane in giro in quei giorni. I bambini avevano a disposizione un campionario incredibile di "coccodritti" e di tutto il resto, ma è intervenuta quell'educazione che poi crescendo uno si porta dietro, quella forma di rispetto che ti suggerisce: "in questo momento è barbaro toccare, perché non è roba che ci appartiene". Chiara. La maggior parte degli operai e delle operaie Ferrero aveva avuto danni anche a casa. Ciononostante hanno fatto i turni, controvoglia magari, perché dovevano pensare anche a quello che era successo a casa propria, ma, al massimo, si facevano trovare in un turno invece che in un altro. Noi donne abbiamo cominciato al mercoledì quando ci hanno lasciato entrare ... Silvano. Non siamo stati maschilisti ! Tutt'altro, i primi due giorni era talmente pesante il lavoro che non ci sembrava proprio il caso. Le donne sono tornate utilissime quando poi c'era da pulire gli impianti, ma la prima smazzata era faticosa in modo bestiale. Bisognava muoversi in 30 cm. di fango, bisognava spostare interi impianti, perché I' acqua aveva spostato da un reparto all'altro le attrezzature. Le pedane di prodotto finito si trovavano in un reparto invece che in un altro, abbiamo dovuto caricare e sbattere tutto fuori. Il fabbricato sarà 50.000 mq! Togliere il fango e vedere il pavimento: l'importante era quello. Tu toglievi e ritornava, non riuscivi a capire neanche se avevi fatto qualcosa oppure nulla. Poi, invece, poco per volta ... Chiara. lo direi che le donne sono state al pari degli uomini. Problemi ne avevano tutte e chiaramente chi ne aveva bastava lo dicesse al capolinea e tutto si risolveva. Chi aveva dei bambini piccoli poteva anche starsene a casa. Ma, almeno ali' incarto, che è il reparto più grande, dove incartiamo i Mon-Chèri, i Pocket-Coffee, le donne sono venute tutte. Quando siamo entrate era proprio un disastro: tutto sporco, molta fanghiglia, molta acqua, impianti che non c'erano neanche • Disinfestazioni - Derattizzazioni - Disinfezioni • AJlontana111ento colo111bl da edifici e 111onu111entl • Disinfestazioni di parchi e giardini • Indagini naturallstlche 47100Forlì• viaMeucci,24 (ZonaIndustriale) Te/. (0543) 722062 Telefax (054.1) 712083 quasi più perché delle macchine erano già state portale a pulire. Ricordarlo come l'avevo lasciato il venerdl e ritrovarlo il mercoledì così vuoto, sporco, annebbiato, fuligginoso, mi ha lasciato proprio un'immagine di disgusto, come fossi entrata in un camino molto sporco. Però, poco per volta, con la rabbia dentro, siamo andate avanti. Forse è stata anche tanta rabbia che ha sfruculiato dentro le persone e le ha spronate. Silvano. Devo dire che le donne sono state importantissime proprio nella seconda fase, per un lavoro anche più difficile del nostro. Noi siamo entrati, con stivaloni e pala, a togliere fango, e dal! 'inizio turno alla fine era duro, ma alla fine del turno uno poteva già avere una piccola soddisfazione, riusciva a vedere un qualche cambiamento nell'aspetto del reparto. Quando Lutogli sul macro poi hai quella piccola soddisfazione di dirti: "toh, incomincio a vedere i contorni di qualcosa". Quando sono intervenute le donne le aspettava un lavoro massacrante, ma che non dava soddisfazioni. Si sono infilate in queste linee, in questi macchinari giganteschi tra l'olio, il grasso, armate di pennellini e di disinfettante, per andare a lavare proprio i particolari, a sanitizzare tutto perché noi facciamo prodotti alimentari. E lì, il risultato poi non lo vedi. Un lavoro di cesello così noioso solo le donne sarebbero state capaci di farlo. Le vedevi uscire conciate in modo pietoso; non so quanti uomini avrebbero retto tre o quattro giorni quel tipo di lavoro. Insomma, ci siamo divisi i compiti: quello che era faticoso è stato fatto velocemente, molto bene, poi sono intervenute le donne, tante, tantissime, sono intervenute alla grande e hanno completato l'opera. Senza di loro non si sarebbe potuto riprendere in così poco tempo, assolutamente. Chiara. Sì, non è stato tanto simpatico, però, in quel momento lì si faceva tutto e spontaneamente. E anche se ti dicevano "vai da un'altra parte", non ti pesava, era logico cooperare insieme. Il 3 dicembre l'incarto partiva. Poi, il IO dicembre, sono partite tutte le linee, appena un mese dopo il disastro. Va detto, però, che ci hanno aiutato anche i militari. Saranno stati 300, anche loro divisi in turni. Avevano la loro "caserma" al piano rialzato dei cereali. E anche loro spalavano, poverini. Il magazzino automatico è merito loro. Silvano. Mentre uscivamo mascherati di fango dalla Lesta ai piedi li abbiamo visti tutti in fila, vestili di verde, con la pala nuova in spalla, che ci guardavano preoccupati. Qualcuno cominciava a grattarsi la capoccia. All'indomani li ho rivisti, erano proprio statue di fango, poveretti. Ma altri volontari non potevano entrare, asso Iutamente. Era proprio tassativo, entravano esclusi vamente i dipendenti e i militari. All'ingresso c'erano i capi di ognuna delle sei isole che a occhio, perché lì ci si conosce, individuavano gli appartenenti al la propria isola, prendevano i nominativi, formavano le squadre, poi li indirizzavano. Ma non è entrato nessuno che non fosse dipendente. Anche questo fa parte del modo di essere di questa azienda, giusto o sbagliato che sia. D'altronde, tranne che negli ultimi tempi che a livello televisivo è tanto pubblicizzata, è un'azienda che è esplosa senza far troppo rumore. Ancora oggi credo che nessuno, all'infuori di noi, conosca fisicameme il signor Michele Ferrero. Non è mai apparso in televisione e mi sono anche stupito, l'altro giorno, vedendo su Class un'intervista al figlio con servizio fotografico e tutto perché normalmente la Ferrero non appare mai. E anche nella vicenda dell'alluvione è stata coerente con questa sua linea. Silvano. Ora dell'alluvione non se ne parla più. Ma è così anche fra gli esterni alla Ferrero. Gente che aveva attività proprie e che è stata messa in ginocchio, a distanza di ': ,~ .· ' ~;· 1 ~. ·~ " '~, N,_._, ' due mesi non ne parla più. Anche se non ha avuto aiuti dallo Stato. Al massimo hanno messo i segni del1'acqua e hanno scritto sulle vetrine, con un giusto senso polemico che "hanno ripreso grazie agli amici ma lo Stato non si è visto", così che chiunque passa riesce a capire cos'è successo, ma poi non se ne parla più. Anche questo è normale proprio per tagliare con quella cosa brutta che c'è stata, proprio per non averla più presente. E se nel profondo dei segni resteranno e se certi flash ritorneranno alla mente magari per dieci anni ora non si sente più nessuno che accenni a questo disastro. Chiara. Resta la rabbia per come tutto è successo, per non aver capito subito, per non essere stati avvisati in tempo. lo ho visto l'alluvione in modo minimo, anche perché per noi è logico che ogni tanto scenda giù tanta pioggia e casa mia non è stata toccata per niente. Alla domenica è mancata la luce, acqua, gas e mi ha telefonato una mia amica: "guarda che l'acqua ha divelto la portineria alla Ferrero". Onestamente, mi sono messa a ridere, perché non sapevo quello che era successo nella notte. Solo quando mi sono ritrovata il giorno dopo a vedere la Ferrero, allora ho capito effettivamente il dramma. E non mi sembrava possibile. E' per quel-

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