Una città - anno V - n. 39 - marzo 1995

simaliste, populiste, giustizialiste. aveva sistematicamente perso. Ora, se dovessimo con sintesi brutale riassumere qual è l'errore principale fatto prima del marzo '94, potremmo dire che si è cercato di vincere seguendo una scorciatoia, non la strada maestra. La strada maestra era la transizione graduale. la scorciatoia era prendere gli altri in contropiede e rimandare al futuro la questione delle regole. Questa ha portato nel baratro. Ma forse un'altra atroce verità emerge dalla storia italiana: ogni volta che la sinistra si avvicina alla possibilità di governare, scappa, fa di tutto per non dover affrontare la sfida di una cultura di governo che è diversa dalla cultura dell'opposizione. Ma se nel sistema proporzionale può sopravvivere benissimo anche per secoli una cultura dell'opposizione, che non fa affatto schifo, nel sistema maggioritario la cultura del l'opposizione non esiste. Esiste che se perdi fai I' opposizione, ma la sfida è fra due culture di governo, chi perde fa l'opposizione per riproporsi per iI governo. Anche far cadere Berlusconi sia stata la seconda scorciatoia? Dopo la sconfitta di marzo, a chi continuava con angoscia a chiedere come si potesse recuperare, ho sempre ripetuto: prima queste cose si potevano fare, ormai il disastro è tale che è troppo tardi per avere fretta. E invece, di nuovo la fretta! Il governo Berlusconi era ormai destinato a cadere, perché aveva passato mesi di completo stato confusionale -ricordiamoci cosa è stata l'estate '94-, aveva avuto, anche nel consenso, un crollo che i sondaggi registravano, le sue contraddizioni interne erano dilaceranti. Quel governo sarebbe caduto magari a febbraio, a marzo, ma agli occhi dell'opinione pubblica sarebbe caduto per la propria incapacità di governare. Per la seconda volta, che mi auguro ultima, ma non ci giurerei, si esce dalla strada e si prende la scorciatoia: fare dal1'esterno, da parte del Ppi e del Pds, da sponda al la Lega. In Parlamento il 21 dicembre furono presentate due mozioni parallele, una firmata da Buttiglione e Bossi, l'altra firmata da Berlinguer, che erano convergenti, tant'è che ci si illudeva che fossero mozioni all'insegna della sfiducia costruttiva, che significa buttare giù un governo perché se ne può fare subito un altro. Si dava, cioè, per sancito un accordo fra Ppi e Progressisti che si sarebbe saldato poi con la Lega. Ora, questa è stata la seconda operazione scandalosa per cercar di vincere non con le tue gambe, col tuo progetto, col tuo consenso, ma attraverso una scorciatoia: la Lega, che fino a poche settimane prima era un partito inaffidabile, fatto di irresponsabili, di destabilizzatori, di gente che si faceva scudo del federalismo per solleticare gli istinti peggiori del nord italiano diventa improvvisamente la salvatrice della democrazia. Buttiglione, che fino a poche settimane prima era considerato colui che aveva battuto la sinistra interna del Ppi, che aveva vinto il congresso su una logica di centrodestra, diventava l'interlocutore privilegiato in una logica di centrosinistra. Quando a Striscia la notizia furono carpite quelle conversazioni a bassa voce fra lui e Tajani, in cui lui proponeva un accordo con Forza Italia per far fuori il Pds e la Lega, si è ritenuto che quella fosse poco meno che una barzelletta, mentre quella era la sua strategia politica già detta e, in quell'occasione, ripetuta a bassa voce. Orlando, l'ormai decaduto leader della Rete, arrivò a dire che '·Buttiglione probabilmente sarà il nuovo Moro della politica italiana•·, il che fa capire che ormai non c'è più nessuna bussola, nessun criterio di orientamento, nessuna serietà nei giudizi: quello che una volta è un pericoloso secessionista l'altra volta è il salvatore della democrazia; quello che una volta è un ciellino integralista l'altra volta è il nuovo Moro, cioè l'opposto dell'integralismo. E la scorciatoia per la seconda volta porta al disastro: la sfiducia costruttiva non ha funzionato perché la Lega si è disgregata, perché i numeri non c'erano, perché era bene che non ci fossero, ma l'operazione ha fatto sì che un Berlusconi e una maggioranza di centro-destra in gravissime difficoltà, presentandosi come vittime del "traditore", del "giuda", del "voltagabbana", di chi piglia i voti da una parte e poi li regala all'altra, hanno risalito la china dei consensi. Tutto questo non lo dico in difesa di Berlusconi, lo dico perché la sinistra rischia di eleggere per la seconda volta Berlusconi. E anche questa volta, nel frattempo, si era riproposta la vicenda dei sindaci con la vittoria paradigmatica con Martinazzoli a Brescia. Di nuovo, cioè, si era visto che si riescono a conquistare le città laddove si mettono in campo visibili candidature dell'area di centro-sinistra, su posizioni di gradualismo, capaci di conquistare il consenso di quella parte di centro non ancora saldata con la destra. Ora il centrosinistra sembra essere un dato acquisito ... Nell'annodi grazia 1995, febbraio, si è arrivati finalmente a capire, almeno a parole, quel che non si era voluto capire alla fine del '93: in un sistema maggioritario non si possono vincere le elezioni attraverso l'unità delle sinistre, che in Italia sarà sempre perdente e minoritaria, perché il suo tasso di consenso, fra il 30-35%, è rimasto immutato dal '46 ad oggi. Ci si è resi conto che se si vuole tentare di sfidare in modo potenzialmente vincente la proposta di centrodestra che, obiettivamente, al di là delle loro contraddizioni interne, che pure ci sono, si sta sempre più saldando, si devono fare convergenze programmatiche sulla base di un progetto riformatore democratico, che saldi il centro alla sinistra liberale, non massimalista, non populista, non giustizialista, una sinistra che si candidi a governare e non a stare all'opposizione. In questo contesto la discesa in campo di Prodi è sicuramente un elemento positivo perché Prodi è espressione di una cultura riformatrice liberaldemocratica, attenta ai problemi della solidarietà, del cambiamento, e può suscitare energie all'interno di un mondo cattolico democratico che altrimenti avrebbe potuto essere fortemente attratto dalla saldatura con la destra. un'assemblea costituente è ormai inevitabile Inoltre è un elemento di accelerazione di quel processo di cambiamento delle forze politiche che è ancora molto in alto mare. Abbiamo ormai due Psdi, quattro Psi, due Pri, due Dc e poi i Cristiano Sociali, Ad, due Leghe, adesso forse un nuovo Msi, eccetera: una moltiplicazione, cioè, invece che una riduzione, di forze politiche e in Parlamento si forma un gruppo parlamentare nuovo al la setti mana. Credo che attorno a una candidatura come quella di Prodi potranno aggregarsi quattro aree politiche: un'area cattolico-democratica, un'area ambientalista, un'area laica che in qualche modo riassuma tutte le varie componenti disgregate del mondo laico precedente e un'area di sinistra di governo che fa riferimento al Pds. E la riforma istituzionale? Sul piano politico istituzionale la questione fondamentale è quella della riforma della Costituzione. Ritengo che tutte le invenzioni di D' Alema, da una parte, e di Bossi, dall'altra, ma anche di altri con loro, di un governo delle regole, di un governo costituente di cui si siano riempiti la bocca in ottobre, novembre e dicembre, sono giustamente scomparse: erano un puro espediente ideologico per mascherare il cosiddetto "ribaltone" o per mascherare l'impotenza di affrontare la questione delle regole non come questione di schieramento, ma come problema che deve interessare tutti gli attori politici sulla scena. A questo punto, siccome riforme costituzionali varate da un parlamento maggioritario sarebbero sospette -le regole del gioco non possono essere cambiate con prevalenza maggioritaria di uno schieramento sull'altro, ma cercando, se non l'unanimità che non ci sarà mai, larghe convergenze- e siccome, invece, il prossimo Parlamento, chiunque vinca, sarà un Parlamento un po' più maggioritario dell'attuale, l'unica soluzione, a cui personalmente penso da molti mesi e che adesso vedo farsi faticosamente strada nel mondo politico, è quella di varare il più presto possibile, con una legge costituzionale ad hoc che modifichi una tantum l'articolo 138 della Costituzione, una legge costituzionale per eleggere un'Assemblea Costituente, su base proporzionale, che affronti la riforma organica della seconda parte della Costituzione, quella che riguarda l'ordinamento dello stato. Non si tratterebbe cioè di rifare tutta la Costituzione, questo in genere avviene dopo una rivoluzione o un colpo di stato o una guerra. In Francia avvenne dopo l'Algeria, in Italia dopo la seconda guerra mondiale, in Unione Sovietica dopo la fine del comunismo. Noi dobbiamo ritenere che i principi fondaSOGGIORNI IH CAMPMHA /!pt~pA S.S.1'2 ~li C,P, -100 ·.95()lfS MISr~QIANCO (cr) TtJ.../FA)( 095- '113002. 9 eca 1no 1anco mentali della nostra Carta costituzionale siano rimasti sostanzialmente validi, anche se io ritengo che nella prima parte della Costituzione alcuni articoli vadano cambiati -per esempio gli articoli 9, 24 e 32 in materia ambientale o l'articolo 21 in materia di libertà di stampa che fu scritto in una fase in cui dei moderni mass-media esisteva sÒlo la stampa, per l'appuntoma sono questioni di principio che possono essere affrontate successivamente. In questa fase va cambiato l'ordinamento della Repubblica: tutte le questioni che vanno sotto i nomi di regionalismo e federalismo, di primo ministro, di sfiducia costruttiva, di elezione diretta o meno del Presidente del Consiglio e del presidente della Repubblica, la questione delle garanzie costituzionali, dei quorum qualificati per le elezioni dei giudici costituzionali, dei membri del Csm e del Presidente della Repubblica, l'eventuale allargamento dei compiti della Corte Costituzionale. Tutte questioni da affrontare non singolarmente articolo per articolo, ma in un disegno organico perché ogni cambiamento si ripercuote sugli altri. E anche le leggi di rilevanza costituzionale in materia di informazione, di conflitti di interessi, che dilacerano la scena politica oggi, potrebbero essere affrontate meglio da un'assemblea costituente su base proporzionale, depotenziata degli elementi di conflitto politico quotidiano legati al rapporto col governo. Per eleggerla potrebbe essere adottata, per esempio, la legge elettorale delle elezioni europee; la sua composizione dovrebbe essere limitata a un massimo di cento componenti, eletti ad hoc per quella assemblea e che non possano essere rieletti e candidati immediatamente dopo nelle elezioni politiche ordinarie; la sua durata limitata, potrebbero anche bastare 18 mesi. A questa proposta si risponde, da parte di alcune persone anche di grande nobiltà storica e d'animo, penso a Dossetti, o, per altri versi, a Stefano Rodotà, che è sbagliato fare l'assemblea costituente perché i problemi da affrontare sono problemi di carattere politico, che la Costituzione, se va toccata, va toccata con mille precauzioni e mille garanzie soltanto in aspetti marginali. Col massimo rispetto anche per la dignità con cui sostengono questa tesi, devo dire di essere in totale disaccordo perché ritengo che una fase drammatica come quella che sta vivendo l'Italia -in cui si sommano le crisi strettamente politiche a quelle di carattere istituzionale a quelle di carattere economico, finanziario, nel contesto internazionale in cui tutto questo si colloca- sia un gravissimo errore ritenere di poter conservare l'esistente. Lasciare che la situazione si incancrenisca e si incarognisca, come sta sistematicamente avvenendo da oltre un anno, potrebbe portare semplicemente al collasso del sistema, magari determinato da questioni di carattere economico-finanziario o da questioni legate alla criminalità organizzata o a tutte due le cose assieme o a una situazione di paura collettiva che improvvisamente potrebbe diffondersi. meglio avere un Fini che avere Le Pen Proviamo a immaginare cosa potrebbe succedere nel momento in cui marco e dollaro andas~~ro alle stelle e si cominciasse a vociferare di consolidamento del debito pubbi ico: alcuni milioni di rispa1TI1iatori italiani contemporaneamente, nella stessa settimana, si potrebbero presentare agli sportelli delle banche chiedendo di monetizzare i loro bot. Fenomeni che nella storia succedono, e improvvisamente: è la differenza fra crisi prolungata e catastrofe. Le piccole scosse che si ripetono nel tempo e poi improvvisamente il terremoto distruttivo. C'è il rischio di uno scollamento fra laCostituzione formale e quella chiamata "materiale"? Alla permanenza della Costituzione formale, quella del '48, si sovrappongono i rapporti di forza effettivi non codificati in norme. E questo avviene non solo per aspetti deteriori -questioni di interessi, di conflittualità debordante dalle immagini istituzionali-, ma anche per gli aspetti più nobili. Prodi alle 17.45 del 6 febbraio dà un comunicato ali' Ansa in cui sostanzialmente annuncia che si candida a fare il Primo Ministro in Italia. Bene, il significato politico di questa dichiarazione lo capiamo tutti e personalmente lo condivido, ma dal punto di vista costituzionale, che non è secondario, vuol dire comportarsi come se in Italia esistesse l'elezione diretta del Primo Ministro, mentre in Italia esiste un sistema parlamentare con l'elezione diretta dei deputati e dei senatori, che a loro volta danno la fiducia a un Presidente del Consiglio nominato dal Presidente della Repubblica. Dichiarare di candidarsi a fare il Primo Ministro e trovare un così largo consenso è, di fatto, legittimare il passaggio da un sistema di governo parlamentare a un sistema a elezione diretta, presidenziale o semi-presidenziale. Credo basti questo esempio per capire quanto la realtà attuale faccia già a pugni con la Costituzione tuttora in vigore. Quindi, delle due: o si lascia totalmente delegittimare la Costituzioneesistente, talmente poco importante da poter fare come se non esistesse, oppure si prende atto che bisogna cambiarla e a viso aperto. Pensi che esista un pericolo di destra ancora non democratica? Penso che il congresso di An sia stato una cosa importante per la democrazia in Italia. Non ho nessuna simpatia per An, non mi alleerò mai nella mia vita con An, salvo dovessi votare una legge costituzionale sull'assemblea costituente, che è un caso di accordo sulla regola per cambiare le regole, non avrei nessun interesse ad avere un rapporto di alleanza di qualsiasi tipo con An. Ma proprio perché dico questo, riconosco anche che quel congresso, in cui il partito postfascista fa una scelta contro l' antisemitismo, contro il razzismo, riconoscendo esplicitamente il ruolo storico dell'antifascismo, è una conquista per la democrazia italiana. Dopodiché restano avversari politicamente da battere. Non c'è dubbio che dentro ad An ci siano ancora molti che sono culturalmente fascisti, come dentro il Pds e Rifondazione comunista, specialmente per ragioni di età, di generazione, ci sono molti stalinisti, formati nella cultura totalitaria di quegli anni. Non per questo però io delegittimo D' Alema o Occhetto, non per questo penso, che so, che Bertinotti sia un capolavoro di totalitarismo. Tutto sommato, penso che l'Italia sia un paese fortunato dal punto di vista democratico ad avere An anziché un Le Pen o un Schonhiiber. E' singolare che gente della sinistra Dc per attaccare Buttiglione dica che An è un covo di fascisti. Non so se avete mai sentito come parla Andreatta dei fascisti oggi: ne parla come un estremista di sinistra degli anni '70, quando i fascisti erano fascisti davvero e c'erano le bombe, le stragi e tutto il resto. E' la riprova di un impazzimento della politica. Il vizio principale dello scontro ideologico politico, nell'ultimo anno e mezzo, non è stata la durezza dello scontro, ma è stato il tentativo reciproco, sistematico, di delegittimazione, cioè il non riconoscere legittimità all'altro. Se tu riconosci la legittimità delle scelte dell'altro poi puoi fare lo scontro anche più duro perché la democrazia è conflitto, lo scontro può essere anche feroce sul piano dei contenuti, ma a partire dal fatto che tu riconosci ali' altro legittimità. - UNA CITTA' 3

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