Una città - anno IV - n. 31 - aprile 1994

di proble,ni etnici Le etnie e i conflitti etnici in Africa non sono un qualcosa di primigenio, legato al sangue, ma un prodotto della storia, legato al retaggio coloniale, alle grandi emigrazioni interne, ai grandi processi di inurbamento. L'etnicità che diventa patrimonio culturale delle elites colte. La situazione estremamente complessa del Sudafrica. Il fotomontaggio di un immutabile presente etnografico. Intervista a Anna Maria Gentili. Anna Maria Gentili insegna Storia ed Istituzioni Politiche de/l'Africa Contemporanea all'Università di Bologna. Tu che da decenni studi la situazione di tanti paesi africani sembri ridimensionare il problema delle etnie che invece nell'idea corrente che si ha dell'Africa sembra essere il problema dei problemi. Puoi spiegarci? lo non dico che le etnie e i conflitti etnici non esistono, dico solo che quando esistono, quando si esprimono, sono comunque il risultato di una storia, di un'interazione e che quindi per definizione sono etnie, identità etniche e conflitti etnici mutevoli, prodotto della storia. Così come le nomenclature etniche. Tutti i gruppi etnici che conosciamo oggi non erano noti nell' 800, almeno non coi nomi con cui li conosciamo oggi. Quei nomi sono stati inventati, sovrapposti, oppure adottati o espressi nella seconda metà dell'800, con la spartizione coloniale e ladiscesa sull'Africa dellescienze sociali europee. E' l'etnografia europea che cataloga, gerarchizza, sistema le popolazioni africane secondo criteri di classificazione linguistica e sociale tipiche, appunto, delle scienze europee. L'etnografia è storia, prima di tutto, della presenza e della rappresentazione europea dell' Africa, più che dell'Africa in sé. In realtà quando alla fine dell'800 gli europei si spartiscono l'Africa si trovano di fronte a un magma molto complesso, frutto di interazioni di popoli, di culture, di lingue, di rapporti economici che dovevano essere ·'sistemati" sotto il profilo scientifico, della ricerca etnografica e antropologica, ma soprattutto razionalizzati ai fini dell'amministrazione coloniale. Lo stato coloniale, pur non essendo né democratico, né rappre entativo, è il primo tipo di stato moderno che viene impiantato in Africa. Quindi è uno stato con confini ben precisi ali' interno dei quali viene messo in piedi un reticolato amministrativo che ha dei significati, che acquista dei nomi. Se le differenze etniche non vengono inventate in sé, esse vengono condizionate, rimodellate, anche per iniziativa dei gruppi etnici stessi, daquestaesigenza amministrativa e poi dall'interazione fra colonizzazione e colonizzati. spesso è nelle città che il conflitto si traduce etnicamente E' uscito di recente un bellissimo libro di Claudine Vidal, antropologa francese, La sociologie de passio11s, che si occupa, fra l'altro,del Ruanda. E' un'areadasempredi grande interesse per molti antropologi di area francofona perché i diversi regni interlacustri precoloniali del centro dell'Africa, oltre a possedere sistemi monarchici estremamente complessi, furono toccati dagli europei solamente alla finedell'800e quindi mantennero più a lungo di altri sistemi africani forme originarie di autonomia. Ebbene, Claudine Vidal, riproponendo la discussione sul fatto etnico in Ruanda, lo ricostruisce come fatto storico, mettendo in evidenza come la gerarchia di potere del regno, che vedeva al vertice una dinastia e dei lignaggi aristocratici t11tsi, si trasformi solo in epoca coloniale in una differenziazione razziale marcata e questo a causa della politique de races che era la politica amministrativa applicata prima dai tedeschi e poi dai belgi e fondata sull'individuazione di una razza superiore (i t11fsi) che gestiva il potere tradizionale. Questa differenziazione razziale e etnica diventò patrimonio culturale delle élites colte che poi vennero scalzate dal potere con gli eventi dell'indipendenza. E successivamente la gestione monolitica del potereda partedel partitodi maggioranza( Hutu) venne sempre interpretata nei termini di conflitto etnico. B I ettetj cel!aa fontecrlta Ao la dello storico ruandese Alexis Kagame, e una fonte orale, il racconto di una donna molto anziana che ricorda tutte le vicende della colonizzazione, Claudine Vidal dimostra molto chiaramente che il discorso del conflitto etnico, della differenziazione etnica irrimediabile, è un discorso dell'élite, della cultura. è un discorso del politico, ma non è, se non in parte e nei momenti di conflitto più duro, un discorso generalizzato presso le popolazioni. D'altra parte è quello che tutti notano andando in Ruanda e in Burundi: nella stragrande maggioranza tutsi e /uau vivono negli stessi villaggi, spesso nello stesso modo, non esistono fra di loro sostanziali differenze di status e di ricchezza, né linguistiche, né culturali, spesso neanche di aspetto come si pensa. Solo nel momento del conflitto violento avviene lo schieramento da una parte e dall'altra, ma il conflitto ha sempre radici politiche ed è scatenato da élites, spesso militari. E comunque nel discorrere della gente comune -questo mi è capitato di notare in varie aree in cui ho fatto ricerca- il nemico, l'altro, non viene mai definito in termini etnici: tu sei un nemico non perché sei diverso da me etnicamente, ma per altri motivi, per esempio per conflitti familiari che hanno una loro storia precisa. per contrasti e rivalità nell'accesso a risorse essenziali, eccetera. Se poi vai nelle città, dove ci sono popolazioni più acculturate. o fra i politici, allora subito la traduzione di questi conflitti diventa traduzione etnica. i gruppi etnici erano fluidi, non erano monadi separate Racconto solo un piccolo episodio: una volta in Mozambico. facendo ricerca nei dintorni della capitale Maputo dove è molta la popolazione di recente immigrazione rurale. in prevalenza Shangaa11 del Gaza, un·anziana contadina, emigrata incittà. mi disse che era scontenta che il figlio avesse sposato una donna ro11ga perché "le donne ro11ga sono tutte poco di buono... Ora, ro11ga voleva dire cittadina. della città, perché quello è il gruppo etnico originario a Maputo, dunque la sua diffidenza era quella di una donna di campagna che ha dei pregiudizi più o meno giustificati rispetto alle donne di città, che traduce come sa, usando la definizione etnica. L·antropologo che stava con me, invece, ne ha dato un'interpretazione in termini puramente etnici: sha11gaa11 contro ro11ga. Ovviamente sto semplificando. Gli storici hanno sempre sottolineato come netr800, quando gli europei si impadroniscono del continente, non esistevano inAfrica confini razziali, culturali, linguistici e di organizzazione politica che coincidessero fra di loro. Igruppi etnici erano fluidi e interagenti a diversi livelli. spesso parte di società o Stati multietnici e multiculturali. Le etnie non erano monadi separate. Con questo non voglio dire che le etnie di cui oggi parliamo, consolidate all'interno di confini e politiche coloniali e successivamente ristrutturatesi sulla base della competizione politica per l'indipendenza, non siano reali. Losono nella misura incui si sonocreate ideologie di etnicità che agiscono nel contesto politico contemporaneo. Alcuni studiosi hanno parlato di "invenzione della tradizione··, e allo stesso tempo hanno anche parlato del fatto che società così chiuse in queste griglie amministrative di rappresentazione, a loro volta hanno prodotto delle rappresentazioni di se stesse. Ma qui da noi si ha la tendenza a pensare che l'etnia sia qualcosa di primigenio, legato al sangue, che continua per sempre e che non muta mai. Non è stato così per noi che siamo il prodotto di un'interazione storica e non è così in Africa, anche se chiaramente il discorso della propria appartenenza, essendo queste società ancora re a e em n~urali, è abbastanza profondo. Ma se poi tu vai ad analizzare le società rurali vedi che l'identità di base viene dall'origine familiare. dal gruppo di parentela più o meno esteso e anche dal luogo in cui diversi segmenti di gruppi di parentela risiedono da parecchio tempo. La definizione astratta di appartenenza ad un'etnia non esiste quasi mai, anche se può essere creata e attivarsi in occasione di conflitti. InAfrica si stanno susseguendo tentativi di elezioni libere e democratiche. Ma in Sudafrica, per esempio, la questione etnica sembra essere l'ostacolo maggiore. Nella tua ipotesi invece? li voto dove può esprimersi liberamente sulla base di scelte fra diverse opzioni -e ancora siamo indietro- si sta presentando sempre più come un voto che io chiamerei democratico proprio perché anche l'adesione a una propria identità. che può essere etnica, professionale o d'altro tipo, esprime oggi un voto più cosciente di quanto non lopotesse essere al momento delI' indipendenza. In quel momento -siamo, per la maggior parte dei casi, negli anni '60- che significato poteva avere il voto al di là delle élite alfabetizzate e urbanizzate? La gente non usava il voto per difendere dei propri interessi specifici, lo usava come omaggio verso quei leader carismatici che avevano portato il paese all'indipendenza. Sono seguiti gli anni della crisi politica e economica segnata dai colpi di stato militari. dalla apparente assenza del politico. Questi sono stati anche anni sconvolgenti, di mutamento profondo delle società africane, segnato da massiccia urbanizzazione, processi di privatizzaz(one della terra. crescita della scolarizzazione. seppure ancoramolto scarsa rispetto al numero dei giovani in età scolare, penetrazione di modi di produzione moderni anche nelle campagne, emigrazione sempre più massiccia da un'area all'altra non solo di uomini ma anche di donne. Quindic·è statounmutamentomolto profondo delle strutture familiari. dei rapporti fra giovani cd anziani, fra donne e uomini. In tutti i paesi africani. Equesto ha portato a dei processi di aggregazione che sono sia di tipo nuovo che di tipo più tradizionale: processi di aggregazione religiosa, di associazionismo di base sia nelle campagne che nelle città. di tipo professionale e non. processi che in alcuni casi vedono accentuar. i il discorso etnico e in altri no. Oggi si vota, dove è stato possibile. per difendere interessi concreti che possono essere locali. regionali o professionali o per far sentire la voce di gruppi marginalizzati. per l'Europa la sociologia e per l'Africa l'antropologia? Questo associazionismo agisce in un contesto ancora abbastanza debole nel senso delle garanzie che chiamiamo democratiche. La democrazia non solo è una novità, ma è un processo faticoso. traumatico, che spesso dà risultati difficili da interpretare. L'altra sera ho ascoltato un professore indiano sostenere che oggi in India le espressioni di fondamentalismo e integralismo, sia islamico che indù. significano una maggiore presa di coscienza democratica. perché la gente vota o aderisce a dei movimenti che pensa che rappresentino i propri interessi, mentre precedentemente il loro voto era più generico perché la coscienza dei propri diritti era meno formata. Un'interpretazione. quindi. di un processo molto dinamico e niente affatto immobile sul passato. che tenendo conto delle profonde differenze offre suggestioni anche per capire la situazione in Africa oggi. La cosa che mi meraviglia e mi infastidisce nella divulgazione in Occidente è che si continui a rappresentare il continente africano come un continente immobile nel tempo. in cui crisi e conflitti non sarebbero altro che il riprodursi di atavismi tribali ed etnici. E' la rappresentazione di un "altro" relegato a inferiorità storica. Al contrario le crisi sono il riformularsi, spesso sotto la dimensione di conflitto etnico, di interessi ben concreti che riguardano l'oggi. Interessi che certamente sono caricati di messaggi di rivalsa, che possono essere tradizionalisti o conservatori o altrimenti, ma in ogni caso in un contesto dinamico, completamente diverso da quellodi 10,200 I00anni fa. La rappresentazione dell'Africa come museo è incredibile anche sotto un altro profilo: è il continente con la più alta percentuale di giovani, con un tasso di crescita della popolazione superiore al 3% all'anno e una percentuale che arriva quasi al 40% di giovani che hanno meno di 19 anni. Altro che museo, al contrario. Il museo, semmai, si sta preparando in Occidente. E gli studiosi africani quale importanza danno al problema etnico? In quasi tutte le università africane fino a poco tempo fa non si insegnava antropologia, perché veniva considerata una scienza troppo segnata dai sistemi concettuali e da retaggi del periodo coloniale. Non si giustificava. cioè, perché si dovesse studiare l'Africa con l'antropologia e l'Europa con la sociologia. Tuttavia da tempo la ricerca antropologica aveva profondamente mutato i suoi riferimenti concettuali, operato una critica interna e non aveva più nulla a che fare con la scienza di fine '800. La ricerca sui problemi etnici. anche di parte africana. sia sotto iI profilo antropologico che storico, dagli anni 60 è moltissimo avanzata. Mudimbc. nel suo volume dal titolo significativo. The i11ve11tioo1f1Africa. e Achille Mbcmbe, sono fra i principali intellettuali africani che hanno, con la loro ricerca. destrutturato e problematizzato la questione etnica facendone vedere. l'uno la dimensione di costruzione concettuale europea, l'altro la fluidità storica e lastrumentaiizzazionc poiitica. Ultimamente, poi, sono usciti tre libri molto interessanti che intervengono, appunto. sulranalisi delle rappresentazioni del continente africano. Les et11ies 0111 1111heisroire. di Chretien che è il maggiore esperto delrareadel Burundi eAucoerde /"e111iedi Amsellc M'Bokolo. storico zaircse molto importante di cui consiglio a tutti di leggere il saggio sul Katanga. Il conflitto in Katanga fu interpretato come scontro etnico. ma M'Bokolo dimostra come, in realtà, per capire questo scontro, bisogna conoscere la stratificazione storica dell'immigrazione dei diversi gruppi verso la città e l'arca mineraria, la loro diversa posizione professionale e come tutto questo abbia prodotto nel momento della crisi uno scontro che aveva basi politiche molto differenziate e dinamiche. E' uscito di recente The crearion of tri/Jalis111 i 1 rheSourhem Africa di Leroy VaiIche analizza vari casi della vasta regione australe. C è ora una letteratura molto vasta e che sta crescendo di numero e qualità di contributi a causa dell'attualità della questione etnica. La storia dei nomi etnici sembra molto importante. Puoi farci degli esempi? Un esempio: nel sud del Mozambico la classificazione etnica che troviamo sui libri definisce la popolazione come appartenente al gruppo Tonga (Tho11ga.Tsonga) ma in realtà la gente dcliniscc la propria appartenenza etnica con altro ctnonimo: Shangaa11(Cha11ga11a). Che cosa significa? Il termine Sha11gaan è stato assunto ncll'800 dal re Socha11ga11e (primo re del Ga:a. conquistalorc della regione e proveniente dalla regione oggi nota come Zululand) mentre Tonga è un termine mutuato dagli studi delle lingue apparentate di una vasta regione che va dal sud del Mozambico al Transvaal. Questo nome diventò poi il nome di coloro che si trasferivano come emigranti, nelle miniere del Transvaal a lavorare; quindi cha11gane è un termine di identità etnica storico e nello stesso tempo è un termine di identificazione professionate. Gli shangaan erano i minatori mozambicani nelle miniere sudafricane. Faccio un altro esempio: gli nyamwezi, sono forse la prima classe operaia del1'Africa. Nyamwezi venivano definiti tutti coloro che fornivano forza lavoro per fare i portatori delle carovane della tratta degli schiavi inTanganica, del traffico dell'avorio e dei grandi esploratori. Gli 11ymwezi diventarono, insieme ai loro capi, dei fondatori di principati, di piccoli stati predatori, e furono i primi che, perso questo lavoro, si trasferirono verso la costa. A Dar Es Salam oltre alla popolazione costiera trovi numerosi gli s1rnhili, che sono discendenti di questa categoria professionale molto diversificata che per mezzo secolo ha fatto questo tipo di lavoro. E gli swahili chi sono? Abitanti prevalentemente della costa orientale. da Lamu fino al Mozambico che hanno interagito per secoli con l'Oriente e dalla fine del 500 con europei (portoghesi, inglesi, francesi). Si trovano swahili nel centro del!' Africa, sul lago Tanganica. Anche questa è un'altra categoria che ha a che fare con una primigenia originaria collegata col commercio attraverso l"Oceano Indiano, quindi più cosmopolita. molti si registrarono come ndebe/e per avere la terra In Africa Orientale le popolazioni sulla costa e le popolazioni del!' interno erano separate da una vastissima regione a bassissima densità di popolazione. Gli swahili della costa e di Zanzibarorganizzati in vere e proprie città commerciali diventano i gestoridel commercio, dell'artigianato, del- !' organizzazione delle carovane per la tratta degli schiavi e dell'avorio verso l'interno. Le carovane erano finanziate da grandi capitali, persiani. orientali, indiani e erano organizzate da questi commercianti definiti poi ara/Jo-s1rnili. Molti di questi. in possesso di armi procuratesi col commercio,

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