Una città - anno IV - n. 31 - aprile 1994

sistema delle imprese: non c'erano né corruttori né concussi, ma comunanza di interessi. Le grandi imprese italiane pagavano tangenti non perché fossero concusse, ma perché erano all'interno di un sistema di potere che si esprimeva in determinati partiti che stavano al governo ed era giusto sovvenzionarli in maniera più o meno ampia. Fare parte del gioco significava lavorare per determinate cose e pagare, sostenere, quei partiti che rappresentavano l'organizzazione, l'ordine. la borsa di Milano è un luogo folle e di malaffare La stessa Borsa di Milano è un luogo folle. La Borsa italiana non è solo il luogo della speculazione, come sono giustamente tutte le Borse del mondo, ma è, da quando è stata istituita da Napoleone, luogo di malaffare per poche decine di persone. Poi ci sono alcuni milioni di imbecilli che danno i loro soldi e se li vedono rubare periodicamente, dopo di che si ritirano, dopo pochi anni ritornano e se lo ripigliano in quel posto. Ci sono titoli che hanno un flottante del 20-25%, ma c'è stato un periodo in cui alcuni titoli avevano un flottante minimoecomprando per 500-600 milioni spostavi la quotazione. I fondi di investimento adessohanno un patrimonio di circa 120 mila miliardi di lire, che è circa la metà della capitalizzazione di Borsa, 258 mjla miliardi di lire, il che vuol dire che, se ad essi si uniscono gli altri operatori privati e gli investimenti istituzionali italiani edesteri, ci sono più soldi di quello che si può acquistare. La situazione italiana, poi, è caratterizzata dal fatto che eravamo di fronte a una classe politica che è stata sconfitta da cinque magistrati, da un ex poliziotto goffo nel parlare ma che sa usare il computer, non da un movimento rivoluUNPOL ASSICURAZIONI zionario. Era una classe politica arrivata al capolinea e aspettava I 'Odoacre di turno. Il sistema politico italiano è, per un osservatore calvinista, scientista, rigoroso, incomprensibile. In Italia c'è la preminenza del politico sull 'economico e contemporaneamente c'è la preminenza dell'economico sul politico ed è questo a determinare l'incomprensibilità. Perché la politica determina comunque le regole con le quali si deve giocare, mentre l'economico comunque determina quali regole devono giocare i politici per fare giocare l'economico. E' un casoanomalo, dove la politica vesseggia I' economja e I' economia paga la politica per non essere vesseggiata. Il capitalismo italiano non è mai stato un vero capitalismo, è stato detto anche da storici del capitalismo, è sempre stato un capitalismo più protetto del capitalismo anglosassone. E' un capitalismo che conosce la nazionalizzazione delle Ferrovie già nel 1905 e che diventa maturo con la nazionalizzazione dell'azienda elettrica nel 1962. Nel 1905 lo stato intervenne pesantemente nell'economia per regolarla e nel 1962 accadde la stessa cosa, con il centro sinistra nascente. Tutto questo fa capire come, nel corso di quasi sessanta anni, ci sia stato un elemento particolare, che è l'interventismo dello stato, il quale si accentuò negli anni Trenta, con il fascismo. Abbiamo una storia particolare del capitalismo e il capitalismo italiano è un capitalismo che non fa storia. La peculiarità del capitalismo italiano è di essereun capitalismo guidato; non ci sono maj stati, nel male e nel bene, gli Henry Ford, e i capitalisti italiani sono quelli che poi si sono ritrovati a dover dare mazzette a Paolo Cirino Pomicino. E' difficile fare teoria economica sul capitalismo italiano: puoi fare cronaca, satira, descrizione, ma non teoria. Pieno di contraddizioni e di casi particolari, assediato da elementi di crisi, ma non sembra esserci alternativa al capitalismo ... Gli elementi su cui possiamo basare oggi la nostra analisi sono gli elementi dati e questi dicono che oggi, al di fuori del capitalismo (un capitalismo che forse può pensare di introdurre elementi di autoregolazione), non c'è sistema economico capace di definire e di regolare l'economia nel suo complesso. "e l'inflazione?" "l'abolisco". El'abolì per decreto E' vero che si può pensare a un'espansione dell'economia cosiddetta "non monetaria", o "solidaristica" o "mutualistica", capace di sovvertire le regole del mercato capitalista, ma oggi quello che purtroppo conta è il mercato capitalista. Ci sono esempi storici di come si possa controllare l'economia. Un aneddoto curioso. Nel 1932, quando in Germania c'era una inflazione altissima, un giornalista domandò ad Adolf Hitler: "Se sarà eletto cosa pensadi dovere fare rispetto al problema dell'inflazione?". Hitler, che non sapevae non capiva niente di economia, disse la cosa più sensatache potessedire qualsiasi uomo politico "L'inflazione? La proibirò!". E quando assunse il potere, nel 1933, proibì veramente l'inflazione, nel senso che mise in galera i commercianti che aumentavano i prezzi e l'inflazione fu debellata. Il problema è chiaro: o sei così forte da proibire l'economico o l'economico prevale sul politico. - UNIPOL: DA 5 ANNI, AMICA PERTRADIZIONE AGENZIAGENERALE Via P. Maroncelli, 10 FORLI'- lei.452411 FRA LE GRANDI COMPAGNIE, LA PRIMA NEL RENDIMENTO DELLE POLIZZE VITA. CON ~U1 1anco di problemi di scuola NELLO S1'A1'0 IL VERBO? Credo che voi, amici di Forlì, non siate tra quelli che dicono: "Questo è un paese di merda: me ne vado", o come Strehler: "Mi dimetto da italiano", o come U. Eco, in un'aula universitaria: "Ragazzi, smettiamo di farci delle seghe" e "Ce la (?) siamo presa nel culo per mille anni", o come Bobbio: "Il berlusconismo è l'autobiografia della nazione". Ma non vorrei passare in ogni caso per quello che vuole épater, non le bourgeois, ma le gauchiste, se dico che nel nuovo quadro politico s'allontanano forse alcune minacce distruttive per il nostro sistema scolastico. E' probabile che si attenui l'atteggiamento generale di denigrazione inconcludente e di rincorsa a modelli (immaginari) di felici paesi stranieri; che si calmi la frenesia di scappar via da noi stessi e dalla nostra storia. La nostra scuola ha certamente bisogno d'essere ridefinita, di riavere sicurezza e fiducia, di rinnovare il suo "patto" col paese. Bene sarebbe che l'intero paese, con le sui articolate rappresentanze, potesse partecipare. Ma su alcune cose bisogna decidere presto, assumere delle responsabilità. Innanzi tutto bisogna correggere in fretta errori recenti, prima che col tempo e coll'oblio appaiano normalità e owietà. Penso in primo luogo alla riforma degli ordinamenti della scuola elementare (oltre che dei programmi, di qualche anno prima), cioè l'abolizione del maestro unico. Che è stato di esempio estremo di statalismo illiberale, in quanto loStato, incarnazione della Scienza, della Ragione e del Progresso, definisce, attraverso gli Esperti, alla larga dal senso comune, qual è la Vera Pedagogia, l'ultimo grido, e la impone a tutti (a tanto non si sognò d'arrivare lo Stato Etico di Gentile). E tale ultima verità non fu estesa mostruosamente anche nelle scuole private solo per un accidente miracoloso, cioè la vigilanza del senatore radicale Strik Levers. A questo punto non si chiede se non che venga riconosciuta alla patria potestà, ai genitori, la possibilità di scegliere tra una scuola elementare col maestro unico e una coi moduli. La cosa ridiventa concretamente possibile, visto che sta nei programmi (gli altri non li conosco) di uno dei partiti che hanno vinto, cioè la Lega. Vi si legge: "Si prevede una revisione riqualificata (?), che respinga l'idea del docente di classe plurimo sia per motivi economici, pratici e di psicologia infantile. Il punto di riferimento dell'allievo infatti deve essere sempre l'insegnate di classe che conferisca sicurezza e che si ponga come referente certo e coerente: integrato solo con docenti ausiliari legati a particolari discipline". Di genitori ne conosco non pochi che, pur non cattolici, per esercitare l'elementare libertà di scelta mandano i bambini in scuole private religiose. Visto che ci sono, mi pare questo l'argomento migliore dal quale prendere le mosse per parlare appunto di scuola privata, senza chiamare sulla scena fantasmi ottocenteschi (e comunque i nostri padri fondatori ne fecero di cotte e di crude contro il patrimonio educativo di ordini e congregazioni religiose). Intanto, la scuola privata, nelle nostre attuali condizioni, è diventata un rifugio dove poter esercitare un sacrosanto diritto di libertà conculcato da uno stato con qualche smania totalitaria. E cosa vuol dire, nelle nostre attuali condizioni, continuare a demonizzare la scuola privata (e per lo più, certo, gestita dal clero cattolico) e ritenere incostituzionale finanziarla come quella statale? Se le risorse statali destinate all'istruzione vengono distribuite a più scuole, oltre quella statale, dov'è il carico per lo stato di cui parla la Costituzione? A me pare che anche solo l'abuso statalistico perpetrato contro le famiglie con l'introduzione obbligatoria del maestro plurimo giustifica e rende preziosa l'esistenza della scuola privata, la quale non può che essere finanziata col denaro pubblico, visto che ci vanno bambini-ragazzi italiani, per i quali oggi semplicemente lo stato risparmia. Nell'attuale situazione, l'accesso alla scuola non statale è consentito solo alle famiglie discretamente benestanti oppure a costo di sacrifici ignoti a chi manda i figli alla scuola statale. Noi stessi, mia moglie e io, mandammo i nostri bambini, visto che l'asilo comunale di nostra spettanza, in un glorioso (lo dico anche ora con grande rispetto) comune rosso -ero rosso anch'io e mi sentii in colpa per tale tradimento: tradimento per di più da benestanti: due stipendi da insegnantel'asilo comunale era, dicevo, una stanza che dava su una strada di grande traffico, con una trentina di bambini con due maestre, li mandammo in uno privato, molto lontano da casa, non religioso, dato che ce n'erano anche di laici, se pur rari, ma ben più costosi. Così fu poi per le colonie estive. Si suole obiettare: se lo stato facesse tutto il suo dovere, non ci sarebbe bisogno di ricorrere da altri. Anzi -si dice- si è voluto espressamente che lo stato fosse inefficiente apposta per lasciare spazio alle scuole dei preti. Si risponde. Cemea, Centri Rousseau, scuole steineriane (tenetevi stretti: da pettegolezzi di giornale risulta che i figli di Berlusconi frequentino la scuola steineriana e che sua moglie vieta loro di guardare la televisione se non la domenica e in presenza del padre), Fratelli delle Scuole Cristiane, il liceo israelita in Trastevere, a Roma, le scuole medie inferiori e superiori degli Awentisti del settimo giorno, a Firenze, gli Scolopi, ecc. ecc., non sono rifugio o supplenza a deficienze statali (sarebbero comunque meritorie), ma piena, preziosa alternativa, patrimonio di vitalità pluralistica, negata però alla massa dei cittadini, perché costosa e anche perché i più non ne conoscono nemmeno l'esistenza. E' la stessa cosa che awiene per la medicina, per la quale la libertà di scelta esiste solo per gli intellettuali e gli abbienti. Ma così anche per la scuola media inferiore, che da quando è diventata media unica insegna via via sempre meno, tradisce owiamente leaspettative delle famiglie modeste, perché quelle con più consapevolezza e più potere possono difendersi, correre ai ripari. Una mia collega, che vota fedelmente Pds: "Mio figlio è uscito dalla scuola media come c'è entrato. Anzi peggio, perché tre anni persi lasciano le cose peggio di com'erano prima". E poi. Lo stato, inteso come interesse e solidarietà nazionali, s'intende che deve garantire alcuni beni, ma non è detto che debba gestirli in proprio, o del tutto in proprio. Lo stato continui a fare una buona scuola, lamigliori, dia l'esempio, fissi delle regole per chi vuole essere finanziato e delle mete culturali da raggiungere, e riconosca il più ampio pluralismo, nella più ampia libertà dei metodi (entro, ovviamente, certi limiti). Eandrebbe capito come mai equando le sinistre popolari (non le élites laiciste) hanno scoperto nello stato l'incarnazione del verbo, l'inveramento delle magnifiche sorti e progressive (cosa del tutto estranea ai padri del pensiero critico della civiltà e dello stato moderni, da prima a dopo Marx passando per Marx), col rischio di trovarsi ora più rigide dello statalismo di Fini. Non ci si riempie tanto la bocca di società multicolore, multietnica, multiculturale? La comunità mussulmana di Milano vorrà bene allevare, per lo meno nei primi anni, i DIFFUSIONE SPECIALISTARTICOLIDABAMBINO CENTROCOMMERCIAL«EILGIGANTE» BABYCROSS · GIGANTE ViaCampodeiFiori 47100 Forlì Tel. 0543/721023 Fax 0543/724797 BABYCROSS · RIMINI ViaNuovaCirconvallazione, 21 47037 Rimin(iFO) Tel. 0543/777552 suoi bambini un po' al chiuso, fare una scuola nella quale oltre che imparare a leggere e scrivere assorbano anche lamentalità, i costumi, le abitudini del loro mondo, cioè farne dei mussulmani. Le spese per questa scuola lo stato non vorrà pagarle? O, in realtà, quando si parla di pluralismo etnico s'intende un po' di superficialissimo folclore, relegato in qualche torta o in qualche cantilena? Insomma, un po' di colore per verniciare la più massificata assimilazione e universale espropriazione. E vengo a un altro tema incombente, l'innalzamento dell'obbligo. Qui non c'è che da salutare con sollievo l'abolizione, che il popolo italiano ha decretato col voto, della famigerata Rete, la quale, in un polo progressista già poco raccomandabile, su questo tema, era quella che non solo voleva l'innalzamento immediato a 16 anni e entro il 2000 a 18 anni, ma pretendeva un biennio unitario, cioè il disastro: due anni persi per i ragazzi, sia per chi potrebbe e vorrebbe proseguire gli studi e deve intanto rimandare di due anni l'acquisizione di fondamentali competenze disciplinari sia per i ragazzi che vogliono acquisire un'abilità professionale (e quindi anche un potere come cittadini). Due anni in più per spingere alla produzione di spostati. E anche qui, come per il ritorno al maestro unico, mi trovo d'accordo con la Lega (oltre che col Centro, in via di estinzione nonostante il mio voto), la quale propone di potenziare i corsi professionali, sottratti a imperio centrale, organizzati e gestiti in un orizzonte più vicino alla concretezza locale. Le proposte progressiste, se realizzate, distruggerebbero sia la formazione professionale che la specificità e severità liceale. Ma sono cose che ho già detto chissà quante volte. Ora vorrei invece spiegarvi qual è l'idea di scuola e di ragazzini che ha Caponnetto (che starà pensando: "italiani di merda"). Circa un anno fa, quando era di moda che l'eroe senza macchia e senza paura andasse nelle scuole a far lezione di civismo e fare iniezioni di vaccino antimafia, il nostro aveva fissato d'andare a spendersi in una scuola media inferiore di Massarosa (Lucca). Scoppiano le bombe vicino agli Ufizi a Firenze. Lo strazio dei morti. La paura. La preside -certo un po' stupida, insieme al Consiglio d'Istituto, per non essersi sottratta alla moda e aver ritenuto cosa buona far parlare di mafia a dei bambini, da un estraneo soprattutto- per il clima che dominava awisò tempestivamente Caponnetto che in accordo con il Consiglio d'Istituto, i genitori, ecc., ave- .. va deciso di rinviare tutto a un momento più sereno. Il nostro scrisse un veemente articolo sulla "Stampa" in cui con calore profetico stigmatizzava la viltà di preside e genitori, quali complici di mafia: grazie a tali comportamenti la mafia avrebbe continuato a prosperare: quale profondità di diagnosi! Chissà cosa s'erano persi i ragazzini! Ma lui non si sarebbe arreso; quegli scolari voleva vederli, con loro voleva parlare: sarebbe andato comunque a Massarosa -minacciava- e li avrebbe incontrati all'osteria, a bere insieme un bicchiere di vino. Ragazzini dagli 11 ai 14 anni! Evidentemente, è uno che non sa quello che dice. Questo era candidato a padre della patria. E i genitori? e la preside? responsabili a pieno titolo di quei bambini oppure revocabili e scavalcabili ad arbitrio di qualunque demagogo irresponsabile? Vincenzo Bugliani I SOGGEn'I SOCIALI DELL'ETICA Cambia il nostromondo, la nostrasocietàevengonoalla luce in modosempre più urgentequei vecchi problemi morali che ritenevamo "astratti", non rilevanti perlaconcretezzadellanostra vita. Scienzaepolitica ci sembravache bastassero.E invece, eccoli Il, quei benedettiproblemi cosìvaghi e irrisolti, checi affliggono duramenteproprio perché nemmeno li consideravamo: predicheinutili; la moraleeraunafaccendaprivata. Eppure,proprio nel bel mezzodi una tra le più selvaggecampagneelettorali cui abbiamoassistito, ci siamsentitidire chequalunquepotrà essereil prossimoassettopolitico, tutti dovranno farsi carico di un'opera di civilizzazione sociale, di etica della convivenza,senonvorremmo lo sbando. l'anarchia selvaggia,ladissoluzione sociale. Ovviamente,nessunopensachebastino le decisioni di un "buon &overno"; la Repubblica non può aecretare la bontàdei suoi cittadini. Ma nemmeno possiamopiù pensaredi privatizzare anche la morale. Se ne stannoaccorgendoanchenegli USA, dove la libertà individuale è statadi fatto comperata dai mercantid'armi. Di libertà privata si puòanchemorire. EClinton, toccato davicino, staprovvedendo.Qui danoi, la conflittualità armata è faccendasoprattuttodi mafia. Eppure,il livello di scorrettezza, volgarità, aggressività politica che abbiamo raggiunto nella lotta elettorale, potrebbeancheaverci avviato suunachinadifficile da risalire; un nuovo stile duro. sbrigativo, efficiente. Saràdifficile liquidare i mostri che abbiamoevocato. E' abbastanzaparadossalecheproprio nel momentoin cui stiamo razionalizzandola politica, -forse anchea destra ci si sta purificando dalle ideologie nostalgiche- l'aggressività del discorso è esplosafanatica. virulenta, paranoica.Basterannolenuoveistituzioni? Tutto cambia perché tutto resti come prima. Senonsi vuol caderein questeinsidie, dobbiamo in qualchemodo affrontare il problemadei soggettisocialidel!' etica. Le famiglie sonole prime che vengono in mente,le prime per importanza: è Il chesi avvia la stessapossibilità del pensareetico; senzapadree madre il pensierorestalibero, maastratto. Le organizzazioniprofessionalicon il loro codici deontologici si autoimpongono i propri valori normativi. Ma spesso finiscono col prevalere gli interessi associativi, le difese corporative, gli orientamentipolitici. E' difficile vedere sempre il superiore bene comune della società. E le scuole?Si sa che tendiamo a sovraccaricaredi troppi compiti eresponsabilitàunascuolache è invecesemprepiù debolee impotente. Troppe materie, è stata la critica principale al progettoBrocca.La sfida della scuolaprivata si giocheràperò in granpartesuquestaadeguatezzadella scuola pubblica a farsi carico anche delledimensioniesistenzialidei giovani. C'è dadubitareche la scuolacattolica sia veramentecattolicae nonpiuttosto separatezzaelitaria; sarà scelta perchéordinatae sicura; perbene.Ma la scuolapubblica di Stato non potrà rifiutarsi ai nuovi compiti chenonpossonosoloesseredi funzionalizzazione industriale. Viviamo anni luce di distanzadai giovani d'oggi sepensiamo che la scuolasia soltanto svolgimento dei programmi ministeriali. Nelle settimanedi autogestionechein dicembre si sonopresi i nostri studenti,sonvenuti fuori i loro reali interessi:temi sociali esessualità.La scuolapuòdiventareun luogo privilegiato di crescitaumanae non solo di istruzione, classicao professionale. Questascuoladi tutti dovrebbeessere la veracuradei cattolici; come si diceva: "meno istituzioni cattoliche, più cattolici nelle istituzioni". Sergio Sala CASSARURALEDARTIGIAN-AFORLI' NEL CUORE DELLA CITTA'

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