Una città - anno III - n. 28 - dicembre 1993

il punto Bi I I "Democrazia", "partecipazione", "autodeterminazione dei popoli", parole d'ordine ormai vuote e velenose. tecnologico-scientifici del liberalismo. La fine dell"'uomo universale" e la ricchezza di una dialettica fra razze e p~ della scrittura alfabetica, ma anche della pittura, con la Cina dell'ideogramma. La "cura" degli altri in se ste A Carlo Sini, filosofo, abbiamo chiesto di disegnare uno scenario possibile per il nostro futuro. Il crollo del muro di Berlino aveva acceso grandissime speranze. Ora abbiamo passato il terzo anniversario e la disillusione è fortissima ... Certo, sembravano non esserci più ostacoli alla felicità per questi poveretti dell'Est. Ma ebbi subito l'impressione che quell'episodio fosse da leggersi come il primo episodio non-storico, nel senso di non determinato dalle ragioni metafisiche della politica, della vicenda europea. Non era una rivoluzione, né un'azione militare, né il risultato di un accordo tra stati, ma il punto di esplosione di un malcontento diffuso e non più contenibile. Un po' come è successo con l'esplosione del nostro sistema sociale, politico ed economico, avvenuta non per le vie solite, ma in modi ancora non ben comprensibili, perché è difficile credere a una rivoluzione fatta dai magistrati, visto che i magistrati sono lo Stato. Quell'episodio era veramente l'atto d'inizio di una politica planetaria di tipo tecnologico, già alle porte da molto tempo, ma che trovava nell'omogeneità dei bisogni, dei desideri, dell'immaginario collettivo degli europei e degli americani la sua condizione. In fondo la caduta del muro ha significato certamente la fine di regimi totalitari, vessatori, crudeli, ma soprattutto ha significato l'irrefrenabilità di un adeguamento di tutti i popoli dell'Est al modello evolutivo ed economico dell'Occidente. Vogliono vivere esattamente come noi. Naturalmente loro avevano un' immagine edulcorata del nostro modo di vivere; i tedeschi' dell'Est vedevano la TV dell'Ovest e credevano che tutto fosse come nelle pubblicità, che tutti avessero la pelliccia, l'automobile e che questo non comportasse alcun sacrificio. Poi si sono resi conto che questo si paga con frustrazioni, con un'attività quotidiana ali' inseguimento disperato del denaro e a questo erano totalmente impreparati. Questo episodio non ha fatto che esportare il modello occidentale a gente impreparata, spesso debole, non educata né razionalmente né strutturalmente a vivere in questo modo, e ha prodotto immediatamente molte più catastrofi che non benefici, al quale seguirà probabilmente un periodo di assestamento. Allo stesso tempo, venendo meno la fortissima competizione fra Est e Ovest che giustificava e rendeva concepibile I' imperialismo russo, sono esplose tutte lecontraddizioni etniche, i localismi, gli egoismi, gli antichi odii di razze, non più tenuti insieme dalla percezione di un interesse economico collettivo. D'altronde anche noi viviamo questa fase: nei periodi di crisi economica i particolarismi si esaltano. Quello che accade non può quindi renderci particolarmente felici. Certo, per innumerevoli ragioni non possiamo che essere soddisfatti della caduta del muro, ma si tratta di una scommessa forte per l'Occidente, di un banco di prova, dal momento che non so come si potrà immaginare una civiltà occidentale, da New York fino agli Urali, completamente omogenea. Una soCARTOLERIA OMA tel. 402346 Viale Roma, 8-10 Forli cietà siffatta mi sembra una società mortuaria, fortemente pericolosa, nella quale gli adolescenti moriranno come le mosche, proprio per l'incapacità di fornire qualsiasi modello di senso che non sia quello della produzione e del consumo. Ma questo modello occidentale può durare o no? Si può disegnare tanto uno scenario apocalittico, quanto uno meno apocalittico, ma progressivamente rivolto alla stessa tendenza. Può verificarsi una situazione di totale emergenza, come può invece aversi uno slittamento continuo e per molto tempo inarrestabile. la catastrofe è il vuoto di senso nella vita degli individui Una delle cose più spesso ribadite dagli '·esperti" -anche se poi non si sa fino a che punto è giusto credere agli esperti- è che qll<:;Stmo odello di sviluppo è assolutamente incompatibile con le risorse del pianeta. ,.,,...,.,._...-.-,t/h/"'n· gente ostinatamente legata ad alcune parole d'ordine che nel tempo si sono sempre più svuotate e che a me, lo confesso, fanno ormai un effetto sinistro: parole come ·'democrazia". ''libera determinazione dei popoli", ·'partecipazione popolare•·. Questo è il veleno del nostro presente. Al loro tempo queste parole hanno avuto una funzione di rottura e avevano un valore morale altissimo, ma nel momento in cui lo scontro non c'è più -e la caduta del muro di Berlino è stato un ulteriore passo verso questa direzione- manifestano tutto il loro carattere ideologico. Allora, quando si è affermata la democrazia e il liberalismo, potevano essere parole d'ordine con un grande valore utopico e di trascinamento, costituivano degli ideali concreti perché erano contro certe situazioni non più accettabili umanamente, ingiuste, degenerate. Adesso, prese in se stesse come effettivi obiettivi e valori, manifestano il loro carattere ideologico e sovrastrutturale. Sono formulazioni dietro cui si fanno lecose peggiori, che consentono le peggiori cose, sono diventate esse .,.,,, ... ,.•· . . -w· . ,,.p✓- ,.,.,,,,,,...,,,,..,..,.,.,H.,.,./" _,,,,,,,,,-,"' Se non si cambia questo modo di produzione, di consumo, di modo di vivere. se anzi lo si esporta, le risorse della terra giungeranno ad un punto di tracollo irreversibile. Il punto di non ritorno, dicono, sarebbe tra il 2010-2020. Nessuno può dire quanto questa previsione sia realistica, perché non si possono prevedere quanti tipi di correttivi tecnologici interverranno a porre rimedio ai danni, essendoci delle variabili assolutamente incalcolabili. La mia impressione, però, è che al di là dello scontro fra consumo e risorse, della pazzesca maniera in cui si vive -una città come New York consuma come un continente e questo non è concepibile-, ci sia anche un profondo malessere dovuto all'insensatezza di questo livello di vita, perché il tipo di benessere che produce, pur avendo molti aspetti che non è proprio il caso di disprezzare, offre vantaggi solo in un·ottica puramente pragmatica. Questo svuota il senso della vita di un individuo. E io, più che non in eventuali catastrofi difficili da valutare, vedrei soprattutto in questo un incentivo alla svolta, nel senso che questo tipo di produzione non solo è immorale rispetto alla natura, ma è immorale strutturalmente. Questo sistema non è immorale perché ci sono uomini immorali, ma perché è strutturalmente fondato sull'inganno. perché deve produrre parvenza e quindi non può che essere disonesto. Questa strutturale diseducazione non potrà perpetuarsi ali' infinito,evidentemcntcdovrà nascere una reazione salutare, ma non è dello che nasca in Occidente. Vede tracce di questa reazione salutare? · · no. Vedo ancora la stesse una delle peggiori cose. E quando vedo che la maggioranza della popolazione occidentale è ancora d'accordo sul fatto che si traila di salvare questo modello di democrazia, penso che sono molto lontani i tempi di una presa di coscienza reale: quando avremo gente che si rifiuta di andare a votare, perché ha capito che il voto è la truffa più grande, allora forse cominceremo a vedere un po· di sereno, una possibilità di trasformazione. questo sistema è il più folle, il più falso, il più antietico E' naturale che trovandosi nella cappa di piombo di queste parole d'ordine non c'è neppure lo spazio per immaginare soluzioni alternative. So benissimo che I'obiezione è •·ma allora cosa dobbiamo fare?", ma non ci può essere una soluzione che esca dal taschino. in realtà si tratta di macrofenomeni che simellono inmovimento altraverso un disagio che sempre più si avverte e che trova i suoi correttivi in cammino. Ma finché non ci sarà la convinzione che questo sistema è il più folle, il più falso. il più antitetico che si possa immaginare -e che si riverbera sulle scuole, sulle università, sui nostri giovani. sui rapporti familiari e sociali. su tulla la vita colle11iva-, finché non avremo percepito chiaramente dove sta il pericolo, non sarà nemmeno facile immaginare dei corrcllivi. che probabilmente dovranno andare molto al di là di quello che noi abbiamo fìn qui immaginato come "vita politica··.1n fondo la politica è cosa di pochi secoli, è invenzione greca, si è affermata con lametafisica e con le scienze greche. con un certo tipo di intellettualismo, di uomo razionale. Si traila indubbiamente di un grandissimo fenomeno, ma non è !"'uomo". Nel Medio Evo non c'era assolutamente questa idea di politica perché era caduto questo grande modello greco-romano, che è stato poi recuperato in età moderna in forme nuove. ma in sostanza ciò che chiamiamo ••vita politica·• è vicenda di alcuni milioni di persone rispetto a sterminati altri milioni di persone che non sanno neanche cosa voglia dire la parola '·politica", così come, per altri motivi, non è mai arrivata loro la scienza e la fìlosofia. Non ci sarebbe dunque da meravigliarsi se in futuro si arriverà ad una concezione del senso della vita e dell"etica del vivere insieme che non abbia più bisogno di categorie e quindi di strumenti, di strullure di tipo politico per affermarsi. Sollo questo profilo io credo che, a livello di culture, ci sarà probabilmente un grande scontro fra la parte meridionale e quella settentrionale del pianeta. Perché la poiitica è del la parte se11entrionaledel pianeta. Non a caso la democrazia e il liberalismo sono nati lì, perché lì la mentalità politica ha ereditato la maniera più fortemente metafisica. grazie al cielo noi dipingiamo e facciamo musica! Quando Heidegger dice che in filosofia si parla o greco o tedesco, in fondo dice una verità, alla quale però la risposta deve essere "grazie al cielo, in italiano. in spagnolo e in parte anche in francese non si può parlare di filosofia. Grazie al cielo noi dipingiamo e facciamo musica!" Non abbiamo costruito questi mostri metafisici. che poi sono i mostri tecnologico-scientifici e i mostri di questo liberalismo. il quale, ovviamente. da loro. che l'hanno inventato, funziona meglio che da noi. dove funziona malissimo. Nelle culture meridionali vi è una tradizione culturale che melle in primo piano tutt'altre nozioni: r onore. il rispetto, una certa tradizione religiosa che non è la religiosità luterana completamente svuotata. astratta. ma che si riconosce nel rito. nel culto, nel sacerdote, nella mediazione fra il ciclo e la terra. Nel mondo del Sud vi è, cioè, una tradizione fortemente simbolica. mitologica. del tutto inassimilabile al modello della democrazia. Quello che succede in Somalia è un episodio piccolo. ma carallcristico: gli americani non ci capiscono niente, gli unici che riescono a capirci un pochino sono gli italiani perché qualcosa del genere, nelle sue forme degenerative, cc l'hanno in Sicilia. on sto dicendo che il modello del Sud non abbia difclli o sia migliore di quello del Nord, sarebbe fazioso, dico che sono due visioni differenti dcli' uomo, inassimilabili. Probabilmente non vincerà né l'una né l'altra, ma non può continuare a governare la terra la mentalità all'americana o, se vogliamo, alla tedesca. Da questo punto di vista non fa differenza chi ha vinto la seconda guerra mondiale. Certo, da un punto di vista ideale, meglio che abbia vinto Roosevelt, ma dal punto di vista tecnologico è la stessa scienza che ha vinto. Non a caso gli americani hanno vinto rubando scienziati ai tedeschi. Allora, noi che abitiamo la parte meridionale del pianeta siamo chiamati dal destino ad un impegno culturale particolare. In questi micro-nazionalismi, per tanti motivi orrendi, si può anche vedere una reazione a questo processo di omologazione planetaria? Alcuni di questi movimenti di rivendicazione localistica sono stati finanziati dal di fuori e sono poco spontanei, anche se fanno leva su antiche ruggini e pregiudizi. Alcuni sono stati sovvenzionati dal capita1 le occidentale perché facevano comodo, c'è tutto e il contrario di tutto; la politica nella sua iniquità è senza fondo. Se vogliamo trovare del positivo inquesti fenomeni, si può forse pensare che quantomeno contribuiscono a due fattori, che potrebbero essere di propulsione futura. Il primo è la distruzione del mito dell'uomo universale e questa è una gran bella cosa. Bisogna finirla di dirci che tutti gli uomini sono uguali. E finirla anche di pensare che sostenere il contrario significhi essere razzista. Chi l'ha detto? Non si sta dicendo che una razza è superiore a un altra, ma che l'uomo occidentale - a partire dagli stoici, poi sotto l'egida del cristianesimo. che è stato un tentativo espansionistico e violento di convertire gli altri con la forza, infine con la rivoluzione francese e con l'espansione del capitalismo - ha creduto alla balla secondo cui esisterebbe I'''uomo universale'·. Cosa che nessun uomo, fuori da queste tradizioni, ha mai pensato. Il cinese antico non pensava che tutti gli uomini fossero uguali: certo c'erano esseri che gli assomigliavano molto, non che lui li svalutasse, per carità, ma erano un'altra cosa. li cinese era il cinese, il giapponese era ilgiapponese.Cera una dialettica delle razze e delle persone che era una ricchezza. Oggi cc ne rendiamo conto, se ne rende conto Levi-Strauss. antropologo progressista. il quale dice che se giochi con la stessa pedina sullo stesso tavolo, alla fine le combinazioni diventano zero, mentre se giochi con tante pedine e su tanti tavoli, le combinazioni e gli intrecci di creatività del l'umano aumentano inmaniera geometrica. Quindi, la salvaguardia delle differenze umane è. per la specie, sacrosanta. E

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