Una città - anno III - n. 28 - dicembre 1993

derivano dall'aver ben applicato le leggi della creazione. E ogni grande politico si sente un architetto della creazione. Niente gli fa più orrore che guardarsi allo specchio e vedere una semplice macchina per prendere decisioni, un relais il cui valore all'interno di un sistema complesso è puramente differenziale. Senta, Wilkins, gli ho detto, non si faccia ingannare dalla diversità dei termini che usiamo, noi due qui siamo gli unici a capire come stanno andando le cose. Se la storia ha un disegno provvidenziale il male è giustificato, il male è giusto. Se la storia non ha nessun fine, se nessuna Apocalisse ci attende, allora la politica è tutto quello che ci rimane. li Nuovo ordine Mondiale, che non c'è e non c'è mai stato, non è l'America o l'Europa, non è l'Occidente e non è l'Oriente, è la politica. La sua Bibbia non le serve più, ha fatto il suo dovere. L' Apocalisse c'è già stata, il Giudizio è stato pronunciato e noi abbiamo scrollato le spalle e siamo andati avanti. Lei voleva sopravvivere l'Armageddon, non è così? E' sopravvissuto perfettamente, gliel'assicuro io, siamo sopravvissuti tutti, e chi è sopravvissuto meglio di tutti è lui, l'Anticristo, che viene a dirci che se ci rimbocchiamo le maniche e ci mettiamo un po' di buona volontà la redenzione ce la diamo da soli. Lei voleva il Regno di Dio in questo mondo, non è così? E' qui, scorre di fianco a lei, è questa città di cui non sappiamo nulla, popolata da milioni di esseri umani che ci sono alieni come un altro pianeta. E non ci sarà mai un altro Regno, mai più. Wilkins mi ha guardato con un autentico orrore e non mi ha più rivolto la parola. All'arrivo è sparito nella sua camera d'albergo. Un giorno, eravamo nel Mali, ci hanno svegliato alle sei di mattina per una visita ufficiale organizzata dalle autorità locali. Presto, presto, sulle jeep, via sulla pista, il sole che sorgeva dietro le colline, due ore, tre ore di sobbalzi e di imprecazioni dei guidatori, arriviamo a una pozza di fango profonda nel terreno, lì incontriamo i funzionari locali, mi faccio avanti, sono l'interprete, non c'è bisogno, tutti parlano francese, no, Mr Wilk.ins non parla francese, faccio appena in tempo a tradurre che quella una volta era una sorgente di grande importanza per tutta la regione e che adesso non lo è più. Perché? Non si sa, non c'è tempo. via, via, la visita è finita. Perché siamo venuti fin qui? Non si sa, non c'è tempo, i funzionari locali se ne sono già andati, alle tre dobbiamo essere di ritorno, si parte per il Chad. Il male si percepisce nell'improvvisa e coatta noia dell'azione, nella consapevolezza di dover fare qualcosa non perché è necessaria ma perché è necessario il fare. Il male sente i I suo vuoto ed è instancabile nel cercare di colmarlo. Il male è la sensazione fisica, molto carnale, che il male sia tutto e che non ci sia altro da fare che il male. li male è quando hai concluso che questo è l'inferno, che bisogna agire di conseguenza, e che con un po' di duro lavoro ti ci potrai sistemare abbastanza bene. E chi serve il male è zelante, non sopporta di avere le mani pulite, lo riconosce come inevitabile ma non si ferma lì, decide che bisogna pur farne qualcosa. Ti ricordi cosa dice Enrico V, in incognito nel campo dei soldati, la notte prima della battaglia di Angincourt? Tutto sulle spalle del re! La vita, l'anima, i debiti, le mogli angosciate, i figli, i peccati, tutto viene messo in conto al re. La ragione e il torto sono suoi, e così pure la gloria e l'infamia. Il soldato deve servi re e se necessario mori re, ma non saprà mai il peso dello scettro, la responsabilità inlinitache il re assume su di sé e che sgrava il suddito dal dovere della decisione. I popoli si sono ribellati a una simile dipendenza e al posto del re hanno creato l'uomo politico, questa grottesca incarnazione della vita dopo la morte, che non è simbolo di nulla, che non si sente responsabile di nulla, e che al suo popolo ripete: Siete voi che mi avete eletto, siete voi che mi avete voluto così. E' un ladro di bestiame, che con quello che ci sottrae ci avverte che abbiamo lasciato crescere troppo il nostro gregge, che non siamo più in grado di controllarlo ad occhio nudo, e che se qualcuno ce lo ruba ce lo siamo meritato. Oggi pomeriggio Wilkins ha bussato alla mia camera, confuso e senza sapere cosa pensare. Non è più giovane, e il viaggio gli pesa. SGUARDI DALL'ALTIPIANO Adesso che sono tornata guardo le fo- Viaggiamo da più di quattro ore lungo tografie di questi luoghi, appunti di un la Carretera Panamericana, una vera viaggio del quale si è perso qualcosa. arteria che passa dalla cinque corsie Le solennità delle facce. ad esempio. statunitensi o argentine al percorso di sembra 1· imitazione di un· esistenza che montagna di gran parte del Centroamenon riusciamo a penetrare. L'eleganza. rica trasportando la linfa di tutto il il silenzio. le stoffe rosse e blu. le fasce continente. Attraversa i trionfanti paedorate restano un'abitudine di tutti i saggi montani degli "Altos de Guategiorni. Attraversare il Guatemala è mala", la regione dell'altipiano, culla un'esperienza colorata. Si guarda di della antica civiltà Maya ed attuale continuo qualcosa che non si è mai zona di popolamento indigeno, i cui visto. uomini vogliono riconosciuta ladiscenVeniamo dal Messico. dallo stato del denza dal grande popolo che si è canChiapas e dai suoi villaggi indigeni celiato da solo ben prima dell'arrivo abbarbicati sulle montagne. E' da lì che dei colonialisti. D'altronde si tratta di il nostro viaggio prosegue lungo il filo una discendenza facile da attribuire: le conduttore costituito dalla presenza di facce sono le stesse di quelle che si abitanti che discendono direttamente trovano negli affreschi di undici secoli dai Maya e che, in Guatemala, costitu- prima, perfino lo strabismo è rimasto e iscono quasi il 60% dell'intera popola- i bambini hanno ancora il difetto della zione. spina bifida fino a dieci anni. A La Mesi Ila, nello spazio dove sosta- La giornata volge al termine. abbiamo no gli autobus. una camionetta Ford cambiato tre autobus, siamo sfiniti ma color verde pisello sembra balzata fuo- ecco che. all'inizio di una discesa verri da un fotogramma di un cartone di tiginosa. ci appare finalmente il lago Walt Disney. Ha un aspetto fiabesco e Atitlan: lo spettacolo è di una bellezza la sua targa di fabbricazione racconta che t0glie il respiro e ci sentiamo amdi aver cominciato a prestare servizio piamente ripagati dalla fatica fatta. Ad in Florida. anno 1944. Sta insieme per oltre 1500 metri di altitudine, protetto miracolo, ha i vetri bloccati a metà. i da tutti i lati dai pendii delle montagne, freni sono azionati dall'autista mediante domi nato a sud da quattro vulcani che un'esile cordicella che corre sopra la superano i tremila metri questo lago sua testa. a sinistra, vicino all'imman- suscita nell'osservatore un senso di arcabile altarino con la Madonna di Gua- monia e di pace sublimi. Il verde cupo dalupe. I sedili sono costruiti in modo della vegetazione equellodai toni infida ospitare due persone. come si usava nitamente vari delle colture a terrazza viaggiare forse in Florida nel 1944. Ma lasciano spazio al giallo del mais matuqui. dopo pochi metri percorsi, l'auto- ro e. in alto. ai colori violacei della bus inizia la serie infinita dei rallenta- roccia illuminata dal sole. La superfimenti per raccogliere chiunque gli fac- cie dell'acqua riflette ogni cosa, comeia cenno di fermarsi. Dopo qualche preso l'azzurro del Tropico. cambianchilometro trascorso comodamente do continuamente toni e sfumature. seduti ci ritroviamo ammucchiati in- Grazie al clima mite e all'abbondanza sieme ad un numero inverosimile di di acqua, queste rive hanno da sempre persone. mentre si sente il vociare del- costituito un invidiabile (e invidiato) l'assistente dell'autista che, in piedi luogo di insediamento. Tre dei princisull'unica porta di accesso sempre spa- pali gruppi etnici Maya -Cakchiquel. lancata, grida ai passanti la destinazio- Quichè e Tzutuhil- hanno lottato a Iunne. Huchuetenango: come tutte le de- go per il controllo della regione sino stinazioni visibili sugli autobus guate- all'arrivo degli Spagnoli. Ancora oggi maltechi viene familiarmente abbre- i diversi villaggi. che pure distano poviata e diventa Huchue. Le diverse chichilometri,conservanodistintamenmodulazioni con le quali Huchue viene te i segni che ne fanno risalire le origini quasicantatodall'uomosullaportafan- all'una o all'altra delle comunità. I no pensare ad una filastrocca, tanto il diversi idiomi dividono la regione in mezzo su cui siamo è irreale. altrettanti popoli che non si capiscono, Da questa sorta di visione sonora ven- non si sposano tra di loro ma si riconogo distolta da un uomo e da una donna scono subito per strada dai colori dei che, dormendo. mi si accasciano ad- costumi. Conservano un modo di vivcdosso. Uno dei loro figli piccoli sta in re tradizionale, di tipo comunitario, piedi e mi guarda come se sapesse che vecchio di secoli. mi sentirò in colpa, e non perché sono San Antonio Palopò è tutto arrampicaseduta. E' il complesso tipico avvertito Lo sul fianco di una montagna molto dai viaggiatori occidentali verso colo- ripida. Isolato sulla sponda settentrioro che vogliono immaginare poveri ma nale del lago, di fronte ai vulcani, è il buoni. Vero: non sopporto !'indigeni- villaggio più intatto. Qui non ci sono smo fanatico, l'esaltazione del "buon negozi di souvenirnéchioschi turistici, selvaggio'' e del suo mondo "innocen- solo l'atmosfera di una comunità che te" da difendere contro il progresso. vive la sua vita. Ci arriviamo a bordo di Credo che ci crei un piacere intenso uno dei soliti autobus, che per percorfare retrocedere il calendario degli altri rere sette chilometri di strada sterrata per godere dello spettacolo di popoli piena di buche impiega quaranta minuche immaginiamo felici nella loro es- ti. I bambini vanno fuori a piedi scalzi. senzialità. Eppure non è semplice, una Tornano a casa con il padre. dopo una volta lì, con questa gente davanti, non giornata di lavoro nei campi. Qualcuno provare un certo senso di disagio per il di loro gioca con il copertone di una solo fatto. magari, di indossare qualco- vecchia bici, i vestiti rossi e blu. Alla sa che si tira fuori da un sacco conte- nostra vista le ragazze lasciano i panni nente più cose di quelle che già si da lavare vicino all'acqua e ci corrono hanno addosso. Prendo questo bambi- incontro per guardarci da vicino. Ridono e me lo accomodo sulle gambe, no di nascosto davanti alle nostre facce cercando di non attirare l'attenzione. mentre ci scortano all'unico albergo La sovrapposizione dei corpi, iIcontai- del posto. 10 fisico del quale si è continuamente La vita che si conduce in questo villagpartecipi, magicamente ti ammutolì- gio, le attività dei loro abitanti scardisce, mentre recuperi l'innata capacità nano in pochi giorni il nostro concetto di esprimere qualcosa mediante i gesti del tempo come ansia del futuro, con- B 1 5 rro eca G I nÒi nd affarai8'ntco soddisfare le nostre nevrosi. Per noi che veniamo da altrove la gente di qui ha l'aria inconsapevole ed eterna di un popolo la cui vita è scandita da poche cose; è come un lento e continuo fluire di avvenimenti che si ripresentano periodicamente. creando l'idea di un processo armonioso retto dalla natura e dalla protezione degli dei. Un vecchio appena tornato dalla sua casa di paglia e fango proprio in riva al lago ci invita a fargli visita. E' socievole e curioso; in più mastica qualche parola di spagnolo, una vera eccezione per questi villaggi dove la gente parla solo la propria lingua antica. Nella casa, tre metri per tre. un'amaca appesa ai lati, qualche pietra per terra per accendere il fuoco. c'è un orologio. E' disegnato sulla parete con il colore rosso che si estrae dalla cocciniglia e ha le lancette fisse sulle cinque. Ci racconta che quella è l'ora in cui torna a casa. dopo aver curato il proprio pezzo di terra con il mais e i fagioli per l'intera giornata. Quella è anche l'ora in cui si alza e in cui il lago è calmo per lavarsi e bere. Poi c'è un'ora. che non è quella. in cui si leva iI vento di mezzogiorno, xocomi I. temuto dai barcaioli e dai pescatori: sono gli spiriti di Utzil e Zacar che, nel loro amore eterno e tragico, si alzano sulle acque del lago. Nel villaggio c'è un "ristorante". All'interno due tavoli rimediati, dei pezzi di panca (probabilmente appartenenti alla chiesa) qualche candela. Un buco nella parete per potere vedere la sera. Ci accoglie incredula e divertita questa donna intraprendente che fa da mangiare per ilmaestro della scuola. l'americano ed un ragazzo che è arrivato fin qui per vendere qualche genere di conforto. biscotti e altro. Un rappresentante. si potrebbe dire. Jack ci presenta agli altri commensali: il maestro ci sorride. ha una bella faccia fiera come hanno qui e spiega agli altri che restiamo per mangiare. L'ilarità è generale ed irrefrenabile. I pochi turisti qui si vedono solo in versione Nikon. bermuda e camicia a fiori quando sbarcano per i dieci minuti di sosta previsti dal tour del lago: si fanno prendere in giro dai ragazzini che. come in tutti i posti del mondo. hanno imparato a recitare le scena della povertà. Spillano loro qualche soldo e scappano divertiti dalle loro stesse gags. lasciando ai panzuti intrnsi l'illusione di avere fatto qualcosina per questi poveretti del Terzo Mondo. Si vede che i poveri veri delle città dell'Occidente non li hanno mai guardati. D'altronde. non sono nemmeno sui depliants turistici. Sulla via del ritorno mi fermo sul muretto che sta dinanzi al pontile da dove i bambini si tuffano al mattino. li sole sta calando e una luce strana si riflette sul verde delle terrazze coltivate con cura da questa gente paziente che da esse trae sostentamento. Gli uomini qui sono poveri se paragonati al nostro concetto di ricchezza, ma certamente non miseri; si tratta di un'economia fondata da una diversa percezione dei bisogni, che qui sono quelli che definiremmo primari. Di questo modo di esistere abbiamo creato molti modelli teorici di successo in Occidente: chissà forse erano le colture ad essere sbagli ate. Pensando alla papaya vedo un uomo sedermi5i accanto, sul muretto. Sorride e mi domanda da dove vengo. Cerco di dirgli dell'Europa. dell'Oceano, del freddo che fa a casa mia. Lui annuisce. Vuole sapere se anche noi coltiviamo le cipolle e il mais e l'ananas: gli rispondo di si per l'incapacità di creare delle immagini diverse ma comprensibili. Lo sapeva, tutto il mondo è come è lì. sotto la protezione degli stessi dei. Saluta e scompare nell'aria ormai buia. A Chichicastenango (per gli autobus Chichi) nella regione del Quichè, si svolge il mercato più importante della Mesoamerica. Ci si arriva percorrendo chilometri di pista sterrata a quota 2500 metri dopo aver deviato dalla Panamericana verso Nord a Los Encuentros. Chichi (il cui nome deriva da quello della chichicaste, una pianta simile all'ortica) è chiuso in una profonda valle circondata dalle montagne. Come tutti i villaggi dell'altipiano Chichi è un quieto abitato di montagna. con rari forestieri che si aggirano nelle vie mentre gli abitanti scivolano sui sassi dei vicoli o sui sentieri dei dintorni. Non hanno praticamente mai avuto contatti con gli invasori spagnoli e i loro lineamenti sono rimasti puri e identici a quelli dei loro antenati Maya Quichè. Ma il giovedì e la domenica. a cominciare dall'alba. le strade del viIlaggio si animano di famiglie intere che vengono dai centri vicini o dalle casette nei boschi. Portano con sé ogni tipo di mercanzia. dalle banane alle coperte. alle maschere. alle stoffe tessute a mano per disporle nella piazza del centro abitato. questo teatro del mercato dalle dimensioni spropositate (quasi duecento metri di lato) rispetto al resto del villaggio. Fanno da quinte a questo palcoscenico le due chiese che si affacciano sulla piazza: Santo Tomas e il Calvario. Sono le chiese di ogni manifesto che spunta dietro il vetro delle agenzie turistiche di Milano o Parigi. Diciotto gradini. quanti sono i mesi del calendario maya, occupati dalla folla di venditori di mais abbrustolito. I colori dei vestiti bruciano gli occhi. Il cielo è di un blu dolomitico. Le facciate bianche ripropongono le decorazioni spagnole dei secoli della colonia. Il mercato resta affascinante, malgrado l'inquinamento turistico. Meglio però arrivare qui la sera prima o il mattino molto presto. prima dell'arrivo dei "gringos•·. per potere assistere in silenzio ai preparativi in un'atmosfera eccitante. Nelle ore centrali della giornata il mercato è davvero troppo frequentato. più o meno un turista per ogni indigeno. Di domenica, tutto è organizzato per accogliere le corriere che sbarcano l'orda dei visitatori ossessionati da un unico imperativo: fotografare e comprare, il solo abbandono. Arriviamo di giovedì, insieme ai contadini che portano legna, frutta. mais raccolti in sacchi e sostenuti da una fascia che cinge la testa. Le donne con le trecce, i piedi scalzi sulla terra gelida del mattino che sono come il cuoio. Nella coperta legata a tracolla i loro fagottini dagli occhi obliqui dormono al ritmo dell'andatura materna. Stamane l'atmosfera è più definita e così anche le facce e i modi restano più aderenti a ciò che per questa gente il mercato significa: la possibilità di incontrarsi e di raccontarsi le cose successe, di mangiare insieme, di scambiarsi dei doni, di portare i bambini a curare e, soprattutto, di dimostrare la propria devozione all'interno delle chiese-tempio che proteggono la piazza. Il Medioevo continua e ritorna sui gradini di Santo Tomas e del Calvario. proprio sopra le grida del mercato. Uomini e donne in ginocchio versano acquavite da piccole bottiglie nascoste sotto il poncho. Cancellano gli spiriti cattivi: alcol e preghiere hanno questo Mi ha passato un comunicato del1'Associated Press: diceva che la sera prima il Commissario aveva incontrato la delegazione di esperti mandati a compiere un sopraluogo nell'Africa Occidentale e che, sentito il loro parere, era stato deciso di ridurre il piano di aiuti, a causa della crisi economica, ma di non modificarne l'impostazione. Quest'ultima clausola era stata accolta con moderata soddisfazione da parte dei governi dei paesi interessati. But we have never been consulted! esclamava Wilkins, più stupefatto che indignato. E c'era di più: aveva telefonato alla sua rappresentanza a Bruxelles, e da là gli avevano confermato a denti stretti che chi doveva decidere aveva già deciso prima ancora che noi partissimo. li viaggio, i contatti, le levatacce, le relazioni da scrivere in tre lingue, le ore passate a ripensare la questionedelleculturedi sopravvivenza; tutto messo in conto e scartato prima ancora che avvenisse; era previsto nel quadro della collaborazione tra America ed Europa. Certo che era previsto, gli ho risposto. Non mi dica che non Io sapeva. Ma se lo sapevano tutti! Il segretario, il funzionario francese, gli esperti di cinque paesi. Ci siamo fatti una vacanza, Mr Wilkins, un po' faticosa ma ben pagata. I pozzi continueranno ad asciugarsi, la terra sarà sempre più arida, lo harmattan continuerà a soffiare, il Sahara si allargherà e le popolazioni migreranno sempre più a sud per non morire di fame, le loro culture umiliate e distrutte, fino alla costa del1 'est e fino a questa città infernale, ma noi, l'Europael' America,avremo fatto il nostro dovere, che è quello di fare, di fare sempre e comunque, dighe, pozzi, concimi, progetti e piani. Benvenuto nel Regno del 'Uomo, g!i ho detto offrendogli da bere. Non sapevo affatto che tutto era stato deciso senza di noi, l'ho appreso da lui e in quel momento, e ignoravo se lo sapessero anche gli altri. Ho agito secondo la maliziosa ispirazione dell'istante perché anch'io, come Enrico V, ho cercato di cogliere miele dalla gramigna, e di trarre una morale dal diavolo in persona. Ho visto crescere di un balzo la mia reputazione demoniaca, e ho capito che il mio esperimento era appena cominciato. Alessandro Carrera impressioni di viaggio effetto. In piedi gli sciamani fannooscillare delle scatole di conserva dalle quali si libera il fumo del copale che brucia gli spiriti maligni che inquietano il mercato. Nuvole profumale avvolgono stoffe e argenti, galline vive e montagne di papaya. I fedeli si raccolgono in preghiera intorno ai sacerdoti-intermediari, i quali conoscono le formule per ottenere una guarigione, un raccolto favorevole, per scongiurare la cattiva sorte. Sono anche i depositari della farmacopea indigena e preparano decotti e rimedi per ogni male. I riti e le consultazioni continuano ali' interno per sollecitare l'intervento delle potenze divine. Qui come in molte altre chiese dell'altipiano di cattolico c'è rimasto ben poco: gli ornamenti. gli affreschi, le statue barocche dei santi spagnoli trasformati dall'animismo indigeno in idoliche simboleggiano le potenze della terra. I Maya venerano i loro dei sotto le fattezze delle immagini cattoliche importate con la forza da coloro che predicavano l'amore divino. Quello di cui poteva godere solo chi servisse il loro dio. Non c'è alcun banco né altare. Gli indigeni dispongono sul pavimento lunghe file di candele e di petali di rose. Ogni fiamma rappresenta il morto che essi hanno amato di più. Gli parlano. Il parroco cattolico venne quasi sbudellato il giorno che tentò di impedire queste cerimonie. Oggi è accettato perché si dà da fare e cura i bambini in un piccolo ambulatorio davanti alla chiesa. Usciamo da Santo Tomas confusi e provati, non come quando si esce da un cinema. Ripercorriamo il brusio del mercato e ci sediamo ad ascoltare un suonatore di marimba all'interno di un patio coloniale. Grandi pappagalli coloratissimi se ne stanno appollaiati sui rami di un ficus. Almeno una scena commentabile, nella sua tropicale ovvietà. E' ormai sera e c'è aria di sbaraccamento. Mangiata una pannocchia di "elote" (mais bollito con limone e sale) e raccolte le ultime cose gli indigeni si avviano verso gli autobus per tornare ai loro villaggi sulle montagne o caricano i muli e le spalle dei familiari per fare ritorno alle case nei boschi. Guardiamo con rispetto questa gente che ha saputo sopravvivere fisicamente e culturalmente alla Conquista, al Cattolicesimo, alla politica del governo ed alle forze armate. In un paese dove gli "indios" scappano da cinquecento anni per non essere massacrati, questi abitanti dell'altipiano restano a testimoniare un indomito attaccamento al proprio senso dell'identità. Un viaggio quassù è una buona occasione per tastare il proprio. Giulia Apollonio UNA CITTA I , ,

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