Una città - anno III - n. 26 - ottobre 1993

la parola di Dio ti illumina. se I' Eucarestia ti dà la forza, dopo però devi confrontarti: ·•sono capace di amare un fratello? Anche se antipatico, anche se non dirà mai grazie?". La parola di Dio mi insegna che quelli sono i miei fratelli e questa è la palestra dove si fa esercizio di questo e anche gli altri contatti della vita, la famiglia, il lavoro, dove si vive. Anche le ragazze sposate mi dicono ''Ah suor Gemma, lei diceva che era una palestra. ma aveva ragione. perché quando è venuta in casa mia la zia di mio marito, non so come avrei fatto se non avessi visto voi curare gli anziani!" lo dico sempre che la nostracasa nondeve essere unospedale. con tutti i sussidi degli ospedali. ma una casa vera e propria. Ora ne abbiamo una trentina in tutto il mondo. In Madagascar ci sono delle case bellissime. Laggiù non sono ospitati degli anziani, ma soprattutto gli ammalati, che per loro sono un castigo. Invece gli anziani sono ancora la benedizione di Dio perché hanno la saggezza e l'esperienza; la loro tomba dovrà essere il luogo più onorato e più bello della casa e guai alla maledizione di un padre che dica al figlio: "Tu non verrai nella mia tomba!". Mentre gli ammalati, che sono moltissimi. vengono tenuti nascosti dalle famiglie. E anche laggiù c'è la vita di famiglia, si vive tutti assieme. Quando hanno inaugurato l'edificio di una casa c'era anche un ministro e le autorità e tutti cercavano l'appartamento delle suore col cartellino con la scritta "clausura". ·'Ma dove dormono le suore?". "Ma lì, lì, fra gli altri". Anche il ministro si scandalizzò. Si meravigliano un po' llltti. Ma don Mario diceva "Poche storie, siete le mamme, siete le sorelle, altro che letti con le tendine tirate per la suora..." Certo la suora è consacrata e deve avere un rispetto per lasua persona ..., ma anche la mamma allora. come lamamma. Anche qui, certo. dormiamo in ieme agli altri. Delle volte io dormo e non sento che mi chiamano. Una mattina ho detto alla sorella ·'La bimba è stata buona questa notte", "Ah sì. sono venuta io sette volte''. A girare una bimba che non poteva stare a lungo nella stessa posizione. E' così. e laggiù è molto bello. Da Bologna sono andate giù alcune per one a rendersi cento delle necessità e hanno visto che laggiù le suore non avevano tanta tela e al mattino dovevano disfare i letti. lavare le traverse bagnate, stenderle e rifare i letti al pomeriggio, perché non avevano i ricambi. Hanno detto "Questo non succederà più, perché al pomeriggio voi siete già stanche e mettersi a rifare dei letti" ... Allora è partito da Bologna un container pieno di tutto, c'era persino un mastello pieno di posate inossidabili, perché laggiù avevano ancora le posate di ottone che si dovevano lucidare con la sabbia. E perfino una forma di grana, col coltello apposito per tagliarla e allora, lì, alla vista di quel coltello, si sono commosse e hanno pianto dalla riconoscenza. quando c'erano le elezioni il parroco prendeva "I' Unitit" e gliela portava e il giorno dopo vedeva i risultati, era felicissimo e noi felicissime per lui. Però lui mi chiamava mamma, si vede che '·suora'' o '·madre'' non gli suonavano bene, ma non mi imbarazzava anche se poteva essere il mio papà. mi sentivo vicina a lui. sentivo che lui aveva bisogno di me. in effetti mi sentivo un po· mamma per lui... Se una donna lascia un po· gli egoismi, quello proprio per se stessa, ma si affida e si rimette un po' a servire chi ha bisogno clilei, diventa facile, perché la maternità che è innata viene esplicata. lo sono stata sempre convinta di questo e mi sono trovatabenis. imo,nonmi sono mai stancata. Equando mi chiamano mi alzo sempre, certo, colla preoccupazione che stiano male. ma con la gioia cli sapere cli essere utile. lo sono stata arricchita molto per quello che abbiamo avuto, come donna ... Abbiamo poi ognuno le nostre sovrastrutture che poi ci portano anche a dire ·'Adesso me le scuoto un po' queste cose", però io dico che in fondo la donna è_più felice quando dà. E non so, ma vedere che adesso tante unioni vanno male, non so cosa si sia inaridito, cosa non venga più considerato, e ci sto male... Dico la ve1ità,momenti di crisi non ne ho mai avuti. L'altro giorno ero fuori con una delle mie bimbe e dovevo tenermela vicina, dovevo tenere il suo passo, avvertirla dello scalino, tutte quelle cose... Allora una signorina che era dietro mi ha detto: "Lei non ha sbagliato vocazione'', "Lo so signorina" le ho detto, perché non so, forse alla sua età ancora non si hanno queste attenzioni per un bambino. Ho dovutocambiare ambienti, cambiare magaridal paesinosull'Appennino alla città ... però dopo il primo momento mi sono sempre trovata benissimo, e magari ho trovato tante persone che casomai non avevano la fede ma erano tutte buonissime persone che hanno capito il nostro lavoro e non ho mai dovuto lamentarmi di nessuno. E' l'idea della ·'casa·· che è buona, -certo, quando non è più possibile allora c'è l'ospedale- ma quello che si fa in una casa viene capito da tutti. Un po· di nostalgia del convento tradizionale, beh questo un po' sì. Ma non so se questo desiderio - dell'essere un po' più quieti e un po' meno affannati e senza responsabilità- mi accompagni eiasempre o sia stato un regalo degli anni ... non ho ancora saputo darmi una risposta. Noi dovremmo avere una casa di riposo, dove anelareper un po' clitempo a ricaricarci. però non siamo ancora riusciti a farla. E una volta parlandone mi hanno eletto: "perché non ci vai tu?''. Ho cominciato ad accampare tante ragioni, "ma io sono malata e poi sono vecchia", ma mentre le dicevo mi veniva una gioia tanto grande che non so, l'idea cliessere a tu per tu col Signore ... Questo mi ha fatto un po' di gola. elevodirlo. Comunque la cosa non si è ancora realizzata. Qui abbiamo la nostra ora alla matLa loro è una vita dura, le suore tina e il rosario. Delle volte dire il stanno 24 ore su 24 con degli am- rosario diventa una preghiera permalati; se poi non avessero una fino un po' noiosa, ma non è vero, ricarica continua non potrebbero. credo che anche il medico dovrebl lavori di casa cominciano alle 7, be avere un momento di silenzio, ma alle 6 c'è almeno un'ora di un quarto d'ora, 20 minuti, di racpreghiera tulle le malline; poi si coglimento. E' vero che le parole scandisce la giornata col rosario... sono un po' meccaniche, Santa Le sembra molto pesante? Sì, ma Maria Santa Maria Santa Maria, fino ad un certo punto, perché que- ma alla fine fa bene, calma. Ovviaste persone mi sono talmente fami- mente nessuno è obbligato, ma c'è Iiari che io non faccio fatica. sono chi lo fa volentieri. parte della mia famiglia, loro sono E poi al mattino, quando usciamo i miei. E se vale ceno la considera- dalla cappella, io mi dico "non è zione che loro sono anche il Signo- finita, adesso aneliamoa pregare di re, anche solo così, umanamente, li là". sento miei. Sarà perché hanno bi- E allora quando lavo la Valeria mi sogno di mc, e io, allora, mi sento sento come se avessi avuto la fortudi essere utile a loro, fatto è che mi na cli essere là duemila anni fa e sento appagata anche nel mio istin- poter fare quello che avrebbero clcto materno. Magari hanno 50 anni, sidcrato fare le donne di Gerusama dicono ancora "mamma'·. Per- lemme ... Che poi non hanno potuto ciò non è poi molto faticoso, anche fare, perché alla sera l'hanno dovuquesto lato aiuta molto, per mc è to seppe li ire in frena, iIgiorno dopo così. C'era un anziano che non ave- era fc~ta e non potevano uscire e va avuto figli e i nipoti lo chiama- quando sono andate, la mattina di vano zio equi tutti noi lochiamava- Pasqua, lui non aveva più bisogno mo zio, ma lui mi chiamava mam- di loro... ,ma. Ri~ordo che era comunista e B10oteca Gino • Bianco IMPARARE I.A MAl'ERNll'A ' Forse la maternità non è che l'estrema punta di una solitudine, il chiuso cammino di qualcosa che si ferisce e si nutre nella fatica di una pace sempre differita: di colpo l'infittirsi di oggetti, case da cui si esce in fretta, berretti che cadono, cigolio di letti, di colpo velocità di paesaggi, boschi, acque, città che salgono e parlano come il coro in Antigone e ci accompagnano senza compagnia e mormorano senza consolazione. Un tragitto che implica per chi scrive o pensa il superamento di ogni romanticismo, la fine del rifugio e del compianto. Nessuna catar- ~ si: il suicidio, fosse anche la semplice idea diventa certo non impossibile, ma inafferrabile, un gesto che comunque non si può compiere subito e che se avviene come in Marina Cvetaeva, avviene "alla fine", non nell'assoluto ma nell'estrema prostrazione: in quel corpo che comunque muore dopo aver sistemato la cucina, che sale sulla sedia e la scosta ancora avvolto nel suo grembiule celeste. Così ci si china, sul corpo di giunco o legno della culla e poi si prosegue con un bagaglio di cui non conosciamo l'esatta entità, di cui non sappiamo il futuro. Come una marcia per campi innevati con accanto un piccolo corpo che può generare rabbia e senso di colpa e dunque delitti. La maternità non è "naturalmente" buona. Occorre imparare. Perché la sua solitudine non si trasformi in rancore bisogna farla proseguire fino alla punta di se stessa, una freccia che traversa la notte e anticipa i nostri passi affaticati. Occorre che sia "casa" nella dispersione del mondo e lotta contro la tentazione di rendere gli altri "superflui", contro il pericolo di essere noi stessi aguzzini. Difficile dire come. Esiste l'esercizio del coraggio che è intelligenza della bontà, la pazienza di cui parla Char: "Noi ci siamo storditi di pazienza selvaggia, una lampada a noi sconosciuta e inaccessibile sulla punta del mondo teneva svegli il coraggio e il silenzio", quel particolare tipo d'amore che consente di scivolare come Rebecca senza tuttavia cadere. Esistono le parole di Mitja Karamazov quando accetta di scontare la pena per un delitto non commesso solo "perché il bambino non pianga più, perché non pianga più neppure la sua nera madre senza latte...". Esistono le parole di Alioscia Karamazov che dopo il funerale di lljuscia chiede ai bambini di conservare in loro un angolo dove ricordarsi bambini. Mangiare ciambelle senza paura proprio accanto al dolore, consentire alla solitudine di fronteggiare se stessa, di sottrarsi alla sterilità per diventare frutto e veglia. Non un miracolo ma qualcosa che può (e deve) estendersi al mondo, che può (e deve) diventare politica e poesia. "La realtà non è forte, ha bisogno che noi la custodiamo", scriveva Hannah Arent ed è forse nel pensiero di questa donna che non è mai stata biologicamente madre ma che ha filosoficamente parlato un linguaggio di costruzione e protezione che possiamo trovare gli elementi poetici, oltre che politici per una riflessione sulla maternità. "La redenzione possibile dall'aporia della irreversibilità" -leggiamo infatti in Vita activa- "non riuscire a disfare ciò che si è fatto anche se non si sapeva e non si poteva sapere che cosa si stesse facendo, è nella facoltà di perdonare. Rimedio alla imprevedibilità, alla caotica incertezza del futuro è la facoltà di fare e mantenere delle promesse". Perdonare, fare e mantenere promesse. Non è il sogno ad insinuarsi fra questi termini soprattutto non è il misticismo di un mistero né l'asprezza della rinuncia ma la concreta possibilità di bruciare i gesti del passato, di stringere ogni volta che si realizza un perdono la cifra di una nuova alleanza. Ancora una volta cosa se non coraggio e solitudine esperiti fino alle loro radici possono consentire il perdono, il non chiedersi più, la cinghia del "voltarsi indietro" che si slaccia e si spezza? Così, fare e mantenere promesse potrà dare alla veglia il respiro della durata, servirà a "gettare nell'oceano dell'incertezza, quale è il futuro per definizione, isole di sicurezza ...". Promessa come salvezza dal rancore, cammino che si concluderà dove e quando deve, tempo nel tempo, costellazione scagliata oltre noi stessi. Se la maternità è come per Celan la poesia, un "dono che implica destino, allora non resta che attraversarla, fare che scanda su di noi il silenzio di una nevicata improvvisa e in questo silenzio dar riparo alla realtà, fare e mantenere promesse. Perdonare. Imparare. Antonella Anedda UNA CITTA' 7

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==