Una città - anno III - n. 21 - aprile 1993

I Via I le ferme decisioni Sono inZaire. Quando gli amici mi propongono il trekking Ruwenzori il mio rifiuto è netto. Li aspetterò nel comodo albergo di Buni dove le tre mogli nere del gestore francese preparano grigliate di bistecche di bufalo. Eludere le scatolette Simmenthal e i brodini liofilizzati sarebbe già un buon risultato. Dal giardino dell'albergo finalmente si offre alla cattura dell'obiettivo il massiccio Stanley, libero dalla quasi perenne corona di nubi che l'occulta. Bella foto, con un galoppo di nuvole biancastre. Proprio il ghiaccio delle tre vette, col suo algido fulgore di luce metafisica, convinse i nativi che queste fossero le Montagne della Luna. Di lì Tolomeo, un po' prima di Stanley, intu1che dovevano scendere le acque di cui si alimenta il fecondo ventre del Nilo. Ali' indomani gli amici, dopo aver predisposto i bagagli con viveri e panni di ricambio, si dirigono al luogo di partenza. Ed io sono con loro. le valide • • ragion, Fra le mie doti di viaggiatore nonpossocerto rivendicareuna forte propensione agli sforzi del cimento sportivo. Cosa mi ha indotto a cambiare idea? La noia di rimanere solo, la voglia di misurarmi con me stesso e con gli altri, l'orgoglio di poter dire "lo e' ero" quando tenteremo di stupire gli astanti col racconto di inaudite esperienze. Che è poi la vera ragione del nostro assurdo peregrinare. Tutto, quindi, all'infuori delle previste godurie di elevate sensazioni su cime altrettanto sovranamente elevate. Epoiché io non sono il Duca degli Abruzzi, che nel 1906conquistò la punta Margherita a 51 19 metri, mi manca anche lo stimolo dell'italianità e delle regali dedicatorie. A Mutwanga ingaggiamo in tariffa i portatori Bakonjo per una manciata di zaires. Sono scalzi, smunti e miseramente abbigliati. Ci riserviamo di risarcirli al ritorno con unamancia abbondante per evitare la taccia di perseveranti sfruttatori neocolonialisti. Mentre ci avviamo al sentiero, un ragazzo ci chiede una sigaretta informandosi sulla nostra destinazione. " .... Il terzo rifugio...". " Che lddio vi protegga ...". I tappa Comincia una lieta e spedita passeggiata che pare smentire il funesto presagio implicato dall'invocata divina tutela. C'è un bel sole e il sentiero si inerpica dolcemente. Ai lati alte erbe da elefanti e felci imperiali. Poi una foresta di alberi tapezzati di muschio verderame che incombono su un sottobosco di piante balsamiche e begonie. Affronto col passo elastico dei miei consueti scarponcini Clark le sei ore di marcia programmate. Non porto pesi, salvo la macchina fotografica, perché ho preferito tenenni leggero di stomaco e di bagaglio: mangerò al rifugio Kalonge che ci aspetta a 2138 metri. Improvvisamente una pioggerella fitta e incarognita si rovescia su di noi e trasforma il sentiero in un rivolo viscido. Non sto in piedi perché la para delle scarpe non fa presa e mi trovo ridotto a un wurstel immerso in salsa di fango. "Un passo avanti e due indietro" è la formula leninista ali' incontrario applicabile a questa situazione che rischia di riportarmi, in retromarcia, al punto di partenza. Uno alla volta i portatoFimi sorpassano correndo col loro carico di oltre 25 kg. Gli altri amici si sono sgranati lungo il percorso e, nello stordimento della fatica, nonso nemmeno sesiano avanti o indietro. C'è una sola soluzione: mi tolgo le scarpe e procedo scalzo recuperando un minimo di stabilità. Poco prima del tramonto sono al rifufRIKKING NZORI gio. Ho impiegato 13 ore: iI record dei tardigradi. Il tappa Dobbiamo raggiungere Mahangu, a 331O metri. Ho dormito un sonno da catalessi su di un catafalco di branda a castello dove i topi scorribandavano sulle coperte. Mi sono lavato gli occhi con due dita ali' esterno della capanna dove un fusto di nafta segato a metà raccoglie l'acqua piovana. Questa volta sono attrezzato meglio: scarponi anfibi e mantellina, tutto in prestito. Sono previste 5 ore di marcia, secondo lo schema tracciato da un folle, considerando che stiamo salendo ed i I terreno è sempre più impraticabile. Cominciamo in discesa verso il letto del torrente Nyamwamba, che scorre rapinoso fra sponde di macigni lucidi come metallo. Dobbiamo poi riguadagnare la dorsale della Musasa, superando uno sbalzo di IOmetri. Dalla parete pendono brandelli di corda fissata con chiodi coperti di ruggine. Con me c'è Giorgio, che passa il mio peso di almeno tre volte. Preferisco fare strada io, prima che mi rovini le prese. Ce la faccio e mi siedo, ansimante, su di un tronco sporgente per assistere al tonfo di Giorgio sui sassi appuntiti del torrente. Così non è. Alla solita ora antimeridiana ricomincia a piovere. Proseguiamo dentro una lanceolata foresta di bambù che presto lascia posto ad una brughiera arborescente tutta drappeggiata di lunghe capigliature di licheni. Ai lati della pista si aggrovigliano cespugli di podocarpi, di elicrisi e di orchidee. Più in alto eriche giganti erododendri. Sarebbe alta poesia di profumi e colori se non fosse per le trappole del terreno ricoperto di cuscini di sfagno marcescente, di torbiere molli, di paludi vischiose nelle piccole conche vallive, di radici scivolose che gradinano la pista obbligandoci a procedere carponi. Per sollevarci afferriamo le deboli piante di margine che spesso ci rimangono in mano con tutto il nocchio della radice barbata. Dopo 9 ore siamo al rifugio. E' già occupato a metà da una comitiva italiana. Una ragazza magra come un chiodo mi mostra le scarpette "Superga" ridotte a colabrodo. Pensi che ce la farò domani?". "E' la tappa più dura. Lascia perdere". Me la ritroverò invella con 4 ore di anticipo su di me. lii tappa Semprepiù inalto, verso Kyondo (4200 metri), col respiro grosso. Previste 4 ore di marcia ma ormai il raddoppio lodò per scontato. Fa un freddo maledetto inmezzo a vapori di nuvole che ci avvolgono e ci inzuppano. Ogni tanto scrosci di pioggia scagliata da gelidi colpi di vento. Ma la fatica dell'arrampicata ci ribolle nel sangue. Avanziamo centimetro dopo centimetro. Nelle balugini di lucidità intravedo, poco prima della zona nivale, boschi di seneci e lobelie. I senecioni ergono fino a sei metri il loro cavo tronco squamoso sormontato da uncarciofo di foglie e stagliano le loro sagome di fragili giganti contro il fulgore lontano delle seraccate. Le lobelie emergono dal cespo di foglie con turgide pretuberanze. Qualche nicteride. con volo di libellula, sueehia nettare dall'alveare delle cellette triangolari che ne picchiettano la pelle. Tutto ruscella: dal cielo, dagli alberi, dai calici dei fiori e dalle coppe di foglie. E' il trionfo dell'acqua e della polmonite. Non vedo !"ora di togliermi dal liquido incanto. Scorgo il rifugio su di uno sperone di roccia sgombero di piante. Sembra lì e invece è là. Una tempesta di neve mi accoglie e mi accompagna fino alla porta sbarrata. Quando entro trovo una ressa di clienti che si contendono il caminetto. ritorno Mi ricavo uno spazio per dormire a te1Tanel sacco a pelo. La notte è terribile. L·operatore di una troupe televisiva italiana. che è qui per girare un documentario. ha un attacco di mal di montagna e piange come un bambino straziando ilcuore dei suoi colleghi e le orecchie degli aspiranti al sonno. Sono appena riuscito a calarmi nell'incoscienza, quando mi sento tirare per i piedi. Una delle mie compagne, che evidentemente mi attribuisce qualche virtù terapeutica, mi sussurra angosciata: "sto male''. L'accompagno all'aperto, fra vortici di nevischio, e qui vomita l'anima. L'escursione dell'indomani comprende la visita del Lago Nero e del Lago Verde, tino alla morena terminale del ghiacciaio Stanley. E c'è da superare un'orrenda cresta a strapiombo con l'aiuto di una corda fissa. Non ci penso nemmeno: io e altri tre decidiamo di anticipare il ritorno, che è programmato in sole due tappe perché, a quanto pare, si scivola più rapidamente di schiena che di petto. Ma noi rifaremo le solite tre tappe. Fotografo in fretta il catino del Lago Verde, che ho più sottomano, e abbandono questo luogo di meraviglie. Aiutandomi con mani, piedi e deretano, raggiungo in due giorni il rifugio più in basso dove aspetteremo gli altri. Quando arrivo ho le gambe irrigidite, a forza di puntare il tallone, le mani gonfie, il fiato mozzo, l'occhio stravolto. Ma sono salvo. Di fronte al caminetto conversiamo con un giovane missionario e i suoi compagni che hanno eseguito una vera scalata, con corde e piccozze. Gli amici non arrivano e si fa buio. Con cinque ore di ritardo ne entrano due. Gli altri, Giorgio e Maria, sono crollati prima del salto sul torrente Nyamwamba. Potrebbe essere la volta buona di Giorgio per il tonfo evitato all'andata. Ma il missionario non gioca: raccoglie tutte le torce dei presenti, si munisce di corde e con altri tre parte al salvataggio. Dopo due ore sono tutti di ritorno: li hanno raccolti boccheggianti, li hanno sollevati di peso, legati e trascinati fin qui. Giorgio mi guarda con tenero occhio amichevole: "Sto bene...'·. La sua voce ha il tono esultante di chi sta per svenire. epilogo Quando giungiamo aMutwanga mi abbandono sull'erba. Sento di aver concluso un' impresa titanica. Quella che gli alpinisti considerano una semplice marcia di avvicinamento per adeguarsi progressivamente alle condizioni d'ambiente in alta quota. Sono sfinito ma sereno come un buddha che abbia raggiunto l'illuminazione: "E adesso finalmente un viaggio senza montagne...". Qualcuno osserva svogliatamente: "Ci rimane il vulcano Nyragongo, a 3600 metri. Fra qualche giorno. Ma,dopo quello che abbiamo fallo, sarà uno scherzo ...". Poiché solo a rammentare l'evento mi va via la voglia di scherzare, ne parleremo un' altra volta. O forse mai. Libero Casamurata '' ,urURO DI UN POPOLO "La vera bontà dell'uomo si può manifestare in tutta purezza e libertàsolo nei confrontidi chi non rappresenta alcuna forza. Il vero esame morale dell'umanità, l'esame fondamentale (posto così inprofonditàda sfuggire al nostro sguardo) è ilrapporto con coloro che sono alla sua mercè: gli animali. E qui sta il fondamentale fallimento del'uomo, tanto fondamentale che da esso derivano tutti glialtri." Continua in Cambogia la preparazione delle elezioni: un' operazione nella quale sono impegnati migliaia di membri militari e civili delle Forze dell'ONU. Ma la situazione è ulteriormente peggiorata. la stampa segnala quotidianamente scontri armati che hanno per protagonisti i governativi di Hun Sene i Khmer rossi, intimidazioni sulle popolazioni e attacchi sporadici alle stesse Forze dell'ONU. Dopo l'annuncio dei Khmer rossi che non parteciperanno alle elezioni, lo stesso Sihanuk ha abbandonato il suo posto (peraltro privo di potere reale) di presidente del Consiglio nazionale provvisorio che era stato formato sotto l'egida delle Nazioni Unite. L'ex re (che trascorre ormai buona parte del suo tempo, anche per ragioni di salute, a Pechino) ha preso lui pure in qualche modo le distanze dal processo eletto• raie. L'incertezza e le complicazioni di questa situazione risultano anche da questa nuova corrispondenza che abbiamo ricevuto da Sarah Wilson, una giovane inglese che si trova attualmente in Cambogia con il contingente dell'ONU (di lei abbiamo già pubblicato altre testimonianze nel n.20 del marzo '93) (Siem Reap, 7/3/93) "Il vostro voto sarà segreto" è la frase focale di queste future elezioni, confermate per il prossimo maggio, dal 23 al 28. E' una frase ripetuta innumerevoli volte nel corso del processo di civic education che i volontari delle Nazioni Unite stanno attivando capillarmente fin nei più remoti villaggi. Spesso la frase viene seguita da performance eseguite da khmer coinvolti in quest'ambizioso progetto. Vecchi, bambini, donne guardano attenti il possibile elettore nascondersi dietro I' electoral compartment nel momento dell'importante scelta. L'intento è quello di far capire al maggior numero di khmer che queste prossime elezioni saranno libere e giuste. Il processo di pace gestito dall' UNTAC ( United Nations Transitoria/ Authority in Cambodia) continua nonostante gli innumerevoli problemi che ha incontrato fino ad oggi, e soprattutto nonostante ciò che si prospetta per i prossimi mesi. E' inutile negare che il clima sta via via riscaldandosi, in tutti i sensi. Siamo infatti nel pieno della stagione secca e la temperatura tende ad aumentare di giorno in giorno. Allo stesso modo si moltipiicanogli incidenti. Quattro giorni fa è esplosa una mina anticarro, posta su un ponte, sotto il peso di un camion. Ci sono stati due morti e sette feriti. La mina era stata collocata durante la notte: di giorno, quella strada è solitamente percorsa da molti mezzi. Incidenti come questo sono sempre più frequenticosì come continuano gli attacchi del CPAF (I' esercitogovernativo), diretti a respingere i DK (Khmerrouges). Questi ultimi hanno recentemente modificato le loro posizioni. Dopo l'ampia offensiva lanciata a livello nazionale dal CPAF, ora occupano villaggi ed aree fino a poco tempo fa considerate sicure (safe). La gente dei villaggi non ha difficoltà a rivelare la loro presenza: vengono e chiedono un po' di riso... Oggi, a destare maggiori preoccupazioni sono le azioni del CPAF. In prossimità delle elezioni, il timore di perdere il potere rende i governativi più violenti e decisi ad usare ogni arma a loro disposizione. In alcuni distretti della provinciadi Siem Reap le autorità governative, identificate col partito CPP (Cambodian People Party di Hun Sen) esercitano continue intimidazioni nei confronti della popolazione: estorcono le carte di registrazione che l'UNTAC ha consegnato ad ogni elettore, sperando così di avere un controllo diretto sul CO voto. Nell'ultimo mese si sono susseguiti una serie di attacchi contro l'UNTAC. Il più grave ha provocato la morte di due giovani donne cambogiane che si occupavano della registrazione dei futuri elettori. L'attacco più recente, cinque giorni fa, ha visto aprire il fuoco contro dei military observers, fortunatamente senza feriti. La campagna politica. che ufficialmente si aprirà il 7 aprile, in realtà è già attiva da tempo. Benché siano ben venti i partiti che appariranno sulla scheda elettorale, fino ad oggi solo tre hanno coperto tutta la provincia, con apertura di uffici e gran diffusione di insegne in ogni comune. Per gli altri diciassette, le prospettive di diffusione non saranno prive di difficoltà. Già adesso il CPP e il FUNCINPEC (il movimento dirello da uno dei figli di Sihanuk, il principe Norodom Ranariddh) si fronteggiano quotidianamente: si vada scontri su questioni di scarsa rilevanza a intimidazioni violente. E' questo il clima in cui si svolge il processo di informazione, punto focale dell'operazione. Donne e uomini khmer si muovono di villaggio in villaggio spiegando il perché di queste elezioni. La gente si mostra interessata soprallullo se il messaggio viene diffuso con l'ausilio di video.Allostesso tempo, non risparmia domande cui è difficile rispondere. Per esempio: "parlate di democrazia e di un futuro di pace, ma qui tuIlisono armati e continuano a sparare; cosa accadrà quando I' UNTAC andrà via?" Una donna che vive da molti anni nello stesso villaggio non esita a dichiarare che nulla è cambiato dal periodo del Poi Pot: l'unica cosa diversa è che oggi si può mangiare a casa propria. L'UNTAC continua la sua missione, pur criticata da più parti. Aquesto punto, è necessario arrivare alle elezioni: augurandosi che sia possibile aprire sedi elettorali nella gran parte del paese. L'UNTAC non lascerà il paese subito dopo le elezioni, ma assicurerà la propria presenza militare tino alla realizzazione della costituzione. Un sentimento di speranza unito ad un timore quotidiano accompagnano oggi molti khmer. Questeelezioni potrannoessere una base di lancio per una reale svolta del paese? Nessuno. oggi, sa o vuole rispondere. molti non nascondono timori più che lcgillimi sul futuro di questo popolo che soffre ancoraper una storia troppo presente e drammatica per essere relegata ai ricordi. Sarah Wilson Milan Kundera "Entrando inun allevamento intensivo la prima cosa che si può notare è ilpanico cieco degli animaliall'internodei box. Per loro lavista dell'uomo è associata ad un'infinità di stimoli negativi e pertanto la risposta immediata è quella di rifugiarsi nell'angolo più lontano. Entrando in un allevamento intensivo non ci si può non vergognare di essere uomini."(Roberto Marchesini, veterinario). QUESTA REALTA' SI PUO' CAMBIARE, AIUTACI CON LA TUA FIRMA. Puoi firmare tutti i giornidalle 17 alle 19 presso la sede di "Una Città" in Piazza Dante 21. DIFFUSIONE SPECIALISTARTICOLIDABAMBINO CENTROCOMMERCIALE«ILGIGANTE» BABYCROS·SGIGANTE ViaCampodeiFiori 47100 ForlìTel. 0543n21023 Fax 0543/724797 BABYCROS·SRIMINI ViaNuovaCirconvallazione, 21 47037 Rimin(iFO)Tel. 0543/777552

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