Una città - anno II - n. 15 - settembre 1992

lettere dall'Etiopia L'orecchino d'oro. Faccioappenain tempoadarrivare ad Addis Abeba che, dopo aver incontrato il coordinatore del programma di cooperazionein cui lavorerò per i prossimi dueanni ed aver depositato il grosso del bagaglio nella suaabitazione, ripartiamo in auto portando con noi come passeggero un sacerdote copto.Viaggiamo in direzionesudovest per l'intera giornata e la suggestione del paesaggio e dei villaggi cheattraversiamoe le numerose buche che disgregano l'asfalto non sempre sono sufficienti a sostenereil mio capo che ripetutamente si piega in avanti sotto il peso della stanchezzaaccumulata durante la precedente notte insonne. Solo nel tardo pomeriggio, dopoaver lasciatodaun centinaio di chilometri la strada asfaltata, arriviamo a Soddo, capoluogodella regionedelWolaita, dove, dopo aver salutato il prete copto, ci rechiamopressola locale missionecattolica rettada "padri" cappuccini marchigiani. li coordinatoredel mio programmadi cooperazione risiede in Etiopia da circa dieci anni eproprio in questa missione cominciò la sua attività di volontariato come sondatore addetto alla trivellazione di pozzi profondi. Ha lavorato in questa zona per due anni, ha nozioni del dialetto locale e parla correttamente l'aramaico (lingua ufficialeetiopica) el'inglese oltreall' italiano, sua lingua madre. E' dunque di casa in questa missione. Anch'io vengo accolto cordialmente,mi si chiededella situazione politica in Italia, distribuisco i giornali che porto con me e che risalgono appenaal giorno precedente. Mi chiedono delle mie precedentiesperienzedi lavoro in Africa, sono interessati ali' evoluzione della situazione in Mozambico, alle trattativedi pacein corso. Non una domanda né una battuta sull'orecchino d'oro che porto al lobo sinistro e che invece ha suscitatocuriosità mista adilarità fra gli abitanti del posto,in particolare di sessofemminile. Lo porto del resto solo dalla vigilia della partenza,ma loro non lo sanno.Mi si dirà poi che in Etiopia lo portano solo i valenti cacciatori che hanno ucciso leoni ed elefanti. Da quel momento starò al gioco, confermando con spudorate menzogne le loro aspettative. Missionari cappuccini Lagiornatavolge al termine.Sotto la verandadell'edificio principale della missione, attendiamo il cadere delle tenebre. I missionari parlano fra di loro di malaria cerebraleedi febbri tifoidi, di lebbrae di colera,di salmonelleeparassiti. Poi si vaacena.E' unmercoledl di unasettimanaqualsiasidell'anno, masullatavolaapparecchiatatrovo riso e zuppa di verdura, carne e pesce,patateedaltre verdurecotte ed in insalata, vari tipi di frutta, vino bianco e rosso. A fine cena viene versato il caffè e fa la sua comparsaunabottiglia di whisky. Ci alziamo da tavola e il "superiore", che stava discutendo animatamentesul problema del banditismo che affligge le varie zone del paese inneggiando ai 4 kalashnikov di proprietà della missione,s'interrompe repentinamentee, con unamanochestringe il collo della bottiglia di wisky, mastica automaticamente una preghiera di ringraziamento. Preso un poco alla sprovvista mi ricompongo nel più contrito atteggiamento che riesco ad improvvisare senzaperaltro partecipare attivamente. Il ringraziamento dura comunque pochi secondi, il "superiore" riprende rapido il discorso nel punto esatto dove era stato interrotto, si mette sotto il braccio la bottiglia di liquoreetorniamotutti sullaveranda dove continueremo la conversazioneal frescodella notte. Io penso dentro di me che il Signore è veramente molto generoso con chi sa servirlo così devotamente. ArbaMinch ("Quaranta sorgenti") Pernottiamoin missioneedil mattino seguente,di buon'ora, riprendiamo il viaggio in auto. Dopo oltre due ore su una strada che sempre più assume l'aspetto di una pista, arriviamo ad Arba Minch, cittadina del sud-ovest, capoluogodellaregionedel NorthOmo (ex Gamo Gofa), sede del programmadi cooperazioneemio luogo di residenza per i prossimi due anni. E" un agglomerato di casesparsein cui le costruzioni in muratura si contano in numero esiguo avendo comunque tutte il tetto di lamiera ondulata. Vi sono poi un gran numero di baracchee di abitazioni tradizionali (tucul). La cittadina occupa le pendici di una montagna nella parte in cui questadegradadolcemente in direzione di due laghi sottostanti. Oltre il centro abitato il terreno precipita, con una scarpata pressochéverticale, versoil fondo della Rift Valley, una profonda ferita della crosta terrestre che, come una arcaica cicatrice lunga migliaia di chilometri, attraversa l'Africa orientale dalla depressioneDancala(in Etiopia) al Nord del Mozambico. Qui si trovano appunto il p_iùestesolago Abaya ed il minore lagoChamo, sulle cui rive vivono i•n·gran numero coccodrilli ed ippopotami. I due laghi sono separati da una collina e da una fitta foresta dichiarati parco nazionale, all'interno del quale si è recentementeinsediata una popolazione, i Guge,, di etnia Galla (Oromo) i cui giovani, raccontano gli abitanti del luogo, peracquisire il diritto al matrimonio, devono dimostrare di avere ucciso un uomo. I testicoli della vittima sono in genere la testimonianza del superamentodella prova. Tutt'intornoallacittadina,sullemontagne ed in riva ai laghi, il paesaggioèdi unverdeintensograziealle recenti piogge. Ci rechiamosubito acasa di Paolo, mio collega di lavoro, checi haprecedutosul postoafine gennaio.Dal l'ultima voltachel'ho visto, alla fine dell'ottobre scorso, è dimagrito in maniera impressionanteed ha gli occhi di colore giallo sporco. Ci salutiamo allegramente, poi cominciano i racconti. In sei mesi di permanenza ha subito un furto nella suaabitazione, haavuto un attaccodi malaria e attualmente è bloccato in casa, consumato e indebolito dall'epatite virale. Scherziamo cinicamente sulle sue disgrazie mentre le dita sprofondatedentro alla tascadei pantaloni, cercano i miei più intimi attributi nel più profano degli scongiuri. Dò un'occhiataallacasettaincui abita, visto che dovrò abitarne una identicaadiacenteal lasua,manon ancora disponibile. In una stanza non ancora completamente arredata noto, adagiato su una sedia, un fucile mitragliatore e il relativo caricatore.Chiedo acosaserveed a chi appartiene. Paolo risponde s-vogliato che appartiene alla missione cattolica irlandese che appoggieremocon il nostro lavoro echeviene usatodal guardiano nottumochesi occupadelladifesa della casa dopo il furto subito. Quando a serail guardiano arriva e gli viene consegnata l'arma io escocon lui egli chiedocurioso di mostrarmenel'uso. Orgogliosome ne mostra il funzionamento e mi propina il suo curriculum di ex militare esperto di ogni tipo di arma. La serata è dolce, nuvole pesanti di pioggia oscurano l'orizzonte. Sotto di noi, placido, riposa il lago, inconsapevolenella suaeternità, delle umanemiserie. Rodolfo Galeo/ti da Palermo Da quando il Pds è entrato nella Giunta Regionale "La Rete" è vistacome l'unica aggregazionepolitica di opposizione al sistemadi potereconsolidato,equestoanche da parte di chi precedentemente non ne condivideva le posizioni. Quasiogni seraci sonomanifestazioni o piccoli gruppi chesi riuniscononellepiazzepervederecome si può andareavanti. A partecipareècomunqueunaminoranza,ma non tanto di politicizzati, quanto di acculturati e di giovani, che sonoveramentemoltissimi. Tutto questo, da quanto mi hannodetto VENERDI20TTOBRE TEATRO IL PICCOLO via Cerchia 98, Forlì ore 20,30 RICORDIAMONATALIAGINZBURG parleranno: GINA LAGORIO OTI AVIA PICCOLO RECITERA' IL MONOLOGO "LA PARRUCCA" (di N. Ginzburg) a cura del coord. Donne Pds le persone con cui ho parlato, è assolutamente nuovo per Palermo. Per far capire il clima sociale che si respira può esserechiarificante questo episodio. In una scuola elementare una bambina, cui era morta la nonna per cause naturali, diceva alla maestraed ai compagni che era morta ammazzata: per lei era inconcepibile che si potessemorire senzaessereuccisi. Nei quartieri "caldi" della Palermo-centro, come Capo, Vucciria Ballarò, in cui la gente subisceun controllo mafioso non solo sul voto, ma anchedella vita quotidiana, ho visto lenzuoli e scritte, manon ho visto unapartecipazione diretta della gente. Ed infatti. quando si è deciso di non fare i fuochi d'artificio per la festa di SantaRosalia, che è una delle più importanti, ma di fare una fiaccolata, dato il momento tragico che si staauraversando, la reazione del "popolo" è stataessenzialmentedi malumore, perchégli si toglieva la sua festa. Parlando con alcune persone di questi quartieri echiedendoloro il perché di questareazione, la rispostache hoavuto èstata"tanto per noi non cambia niente•·. Una ideamolto diffusa, poi, èche quella di adesso non sia mafia. Nella loro visione la mafia è quella di prima degli anni '70, in cui il boss locale, a cui faceva capo il clan familiare, proteggevaeffettivamenteil popolo al posto di uno Stato che, in ogni caso, è sempre stato assente. Ho conosciuto personedella media borghesia, gente non collusa con la mafia, ma più di tanto non vogliono rischiare. Per dire: ho conosciuto un ragazzoche lavora all'USL e che haavuto l'incarico di andarein un paesevicino a fare dei controlli, che sicuramente lo porterebberoa prenderedei provvedimenti. Tali provvedimenti, secondo lui, lo metterebbero nei guai e quindi evita di effettuare ogni controllo. Nei quartieri come lo Zen I e lo Zen 2, di sera, non entraneanchela polizia enessuno mi ci ha voluto accompagnare. Invecesonostatadiverse volte nel quartiere dell' Albergheria e anche qui si rischiava molto: lo scippo, anchedi giorno, èassolutamente normale, è la via della sopravvivenzapermolti degli abita~ti di questi quartieri poverissimi. Inoltreentrarein unquartierecome quello vuol dire entrare in un territorio che non è il tuo e quindi lo si fa sempre a proprio rischio e pericolo. Mentre cammini la gentedei negozi,o quella che incontri casualmente,si sentein dovere di avvertirti del pericolo e ti consigliadi andarteneil primapossibile. I bambini sono in mezzoalla strada; nei primi tempi della giunta Orlando erano nati dei Centri di Aggregazioneperprevenireil loro progressivo ingresso nel mondo della malavita e gli scippi erano notevolmentediminuiti. In seguito ci sono stati contrasti con la giunta edaltri problemi vari edora i pochi Centri che sopravvivono, come quello di San Saverio ali' Albergheria, si basanoessenzialmente sul volontariato. Tanti ragazzini maschi sono la manovalanzadellamalavita, molti diventeranno i futuri mafiosi e nessunoreagisce ai furti. perché sennò salterebbefuori il coltello. Chi chiama la polizia è considerato unospione; io giravo conpersone in gamba,di ideeprogressiste. ma quando ci capitava di vedere unborseggiomi dicevano di stare zitta. perché "le cose vanno e vengono, in fondo sono solo soldi". In questi quartieri, in cui c'è acquaal passimo tre volte alla settimana.e per poche ore. ecase antiche e bellissime si sgretolano un po' alla volta, si è piano piano stratificata una forma di convivenza che ha una complicità di fondo col vecchio concetto di mafia. Tutto passa attraverso il favore: se hai bisogno della carta di identità e vai in Comune ti ci vuole un mese,se invece chiedi il favorealla personagiusta in pochi giorni è fatta: la raccomandazione è prassi consolidata. Per questo Falcone,Borsellino, Ayala hanno nel prossimo numero: le miniere di formignano o di Roberto Balzani semprebattuto molto sulla necessità che ognuno si assuma la responsabilitàdei suoi atti quotidiani. li lavoro dei volontari nei Centri di Aggregazione è soprattutto su questo e per renderecosciente lagentedei propri diritti. ma.ed in tanti lo dicono. èanchenecessario che ai giovani di questi quartieri venganoofferte delle occasioni di lavoro e di impegno. Se ad un ragazzino, che in un giorno si fa 400.000 lire rubando dei motorini o scippandoeconquelle mantiene la famiglia, non gli si offre niente sarà sempre disponibile a fare il manovale per la mafia. Comunque una presadi coscienzac'è, il fatto stessochedaunpaio di anni si parli di "mafia" e non genericamente di delinquenza è positivo. Molto del lavoro sociale chesi sta facendo si rivolge soprattutto ai ragazzini e alle donne ed è dalle donne che è nato il fenomenodei pentiti. Non è facile accettarela situazionedi assolutoarbitrio che lamafia sta impostando; per le donne non è facile accettareche il figlio, se anchegli porta acasa500.000 lire al giorno, abbia la sicurezza di finir~ in galera, se gli va bene, o ammazzato. E poi, mentresino adora aspettavano che altri intervenissero, adesso sanno che se la devono cavare da soli, che devono cambiare innanzitutto loro. Rezia Roberti tauromachie Ho i miei dubbi sul fatto che la corrida non possaessereconsiderata uno spettacolo,dal momento che è tenuta in vita soprattuttodai soldi dei turisti che non la considerano certamenteun dramma. Il fatto che a volte, ad un toro particolarmente valoroso, venga risparmiata la vita mi ha fatto pensare a quei poveracci costretti a combattere contro le fiere nelle arene degli antichi romani dove, se un combattente si dimostrava particolarmente valoroso, gli si poteva salvare la vita. Anche per me lo scontro fra il toro e il torero rappresentaun dramma. Il drammadi un animale cheavrebbevolentieri fatto a meno di questo scontro sanguinoso, che si trova davanti adalcunepersonechesono lì per ammazzarlo, che va incontro ad un destino quasi scontato. Sono d'accordo nel ritenere che assisteread una corrida provochi un piacere innegabile, ma conoscogentechesi ecciterebbemolto nel vedere stuprare una donna o che darebbe chissà che cosa per poter prendereparteadunaazione di guerrae sganciarebombe adestra e a manca. Certo, il toropeseràsenz'altro 700 sulla corrida Non sono mai stato in Spagna e probabilmente non la vedrò mai. L'ho molto amata e studiata nei suoi poeti per un decennio tra i venti e trent'anni, quando leggere Lorca e tutti gli altri della "generazione del '27" significava non solo inoltrarsi in certi labirinti della "modernità" in poesia, ma anche e ancora esaltarsi per la testimonianza che da quei poeti veniva: la guerra civile, la repubblica, I' anti-franchismo. Lorca, fucilato subito nei primissimi giorni della guerra, ne era per noi il simbolo esemplare. le sue "gacelas" e le sue "casidas" ci facevano percepire per via di surreali incantesimi il "duende", quel mistero di malinconia, di amore e di morte che era per noi l'anima profonda della Spagna. In tutto questo la corrida non c'era. Anche se la voce di Arnoldo Foà aveva reso addirittura popolare un testo difficile earcano come il Llanto por lgnacio Sànchez Mejìas, il torero forse non grande ma certo grande amico di quei poeti: "Che gran torero nell'arena!/ Che buon montanaro sulle montagne!/ Come delicato con le spighe!". Amammo il "corpo presente" e "l'anima assente" di quel1'uomo ucciso nell'arena alle cinque della sera. Era un torero, ma poteva essere qualunque altro uomo. Nella prefazione del libro che ha fondato la leggenda letteraria della corrida, Morte nel pomeriggio di Emest Hemingway, scrisse Fernanda Pivano: "La corrida chili. Ma di quali 700 chili si tratta? Dice un volantino animalista spagnolo: "Quando il toro esce dal chiuso è già stato a lungo torturato. Lo hanno battuto con sacchetti pieni di sabbia e picchiato con bastoni alle gambe.Gli hanno spalmato un unguento sui piedi per rendergli impicciati i passi,gli hanno divaricato a forza gli zoccoli per renderlo più lento. Gli hanno limato la punta delle corna esponendo i nervi, gli hanno ficcato dell'ovatta dentro unanarice per togliergli il fiato, versato del laudano nelle orecchie, infilzato un ago nei testicoli. E' cosl che il toro entra nell'arena.'' Che eroismo! Che schifo! Che vergogna! Eccoli i terribili 700 chili! Niente ache vederecon quantoaccadeva nella Roma rinascimentale. Già, perché anche l'Italia ha avuto le suebravetauromachie.Finalmente non esistono più e non mi sembra che l'Italia sia tanto inferiore alla Spagna.Nel libro "Teatro nel Rinascimento. Roma 1450-1550" Fabrizio Cruciani riporta molti esempi:'·Infine furonouccisi i tori: molti uomini furono feriti edalcuni uccisi." (Burkard, 1487); "tucti questi seguitavano li tori, et così per loro ne furono morti o nove o diece,quali eranostrachi. in modo non facevanoquasi difesa, essendo stati stratiati octo zorni avanti decontinuo." (BeltrandoCostabili, 1508);"Nel 1500,nel S.Giovanni del 24 giugno, in una delle molte tauromachie che sono così gran parte delle feste dei Borgia, è il ducaValentino chesi distingue: si erafatta un'arenachiusadavanti a SanPietro e, narra Burckard, Cesarevi uccise5o 6 tori; mentrenei "diari" del Samdosi narradi 7 tori uccisi dal Valentino "combattendo a cavallo, a la zaneta" di cui uno tagliandogli la testa con un colpo solo, cosa che fece molto parlare. Però poi, Burckard dice: "che nel 150I in varie piazze( ...) furono uccisi buoi e ancheuomini". Si noti cheaquel tempo c'erano anchedelle tauromachie in cui le possibilità di vittoria fra toro e torero erano quasi pari, quindi il rapporto fra toro e matador era, a volte, bendiverso daquello attuale. Però,che differenza fra Cesare Borgia e i toreros di oggi! E poi, un eroe, per essere tale, deve necessariamenteammazzare, torturare, stupraree seviziare? "Eroe ècolui il qualesalottarecon eccezionalecoraggio e generosità, fino al cosciente sacrificio di sè, per una ragione o un ideale ritenuti validi e giusti" dice lo "Zingarelli". Perchè non può essere eroismo darsi da fareperobbiettivi umanitari: Gandhi, Leonard Peltier, RigobertaMenchue tanti altri che non hanno mai " matado" tori e ucciso volpi? Francois Tuccia èuna tragedia, non è uno sport. Sarebbe uno sport, cioè una gara, se il toro potesse combattere quando non fosse ignaro ... La corrida moderna non suscita emozione perché è uno spettacolo coreografico più che una tragedia". E dunque la crudeltà della costrizione e della morte prescritta, spogliata di ogni senso del tragico, è pura e orrenda macelleria pubblica. E dunque il toro èoggetto vivente e morituro di consumo. E dunque il rituale paraliturgico che ne precede e accompagna l'uccisione è desacralizzato e falso. Che chi lo compie ci creda (ma ci crede?) non importa. La corrida miscela insieme insopportabilmente due elementi che nemmeno la guerra accetta che siano uniti: la crudeltà e il divertimento. Inaccettabile. Per capire poi quanto retroscena di nada, cioè di vuoto e di nulla, lo stesso Hemingway avvertisse nel "gioco" della corrida, basta leggere nei Quarantanove racconti il secondo, "La capitale del mondo", dove il ragazzo Paco muore di coltello in uno squallido locale simulando con un amico la parte del torero. Hemingway, che amava le simbologie vitalisticomortuarie, ha dato ne Il vecchio e il mare, nel vecchio Santiago e nel libero pesce spada, una misura molto più autentica del confronto tra vita e morte, e proprio nel segno di un cimento vero, ma pur sempre sullo sfondo di quel niente e così sia in cui Moravia riassunse il tutto della vita e della morte suicida di Hemingway. NON SOLO UOMINI Ma noi uomini sappiamo "stare" con gli animali? Certo, il primo problema che ci tocca come uno scandalo è la loro sofferenza, soprattutto quando siamo proprio noi a provocarla. Ingiustificata, superflua, anche sadica. Dobbiamo, e forse col tempo riusciremo a produrre una nuova etica dei rapporti tra le specie, a riconoscere anche i diritti degli animali, ad avere coscienza della loro coscienza. Probabilmente a tutto questo ci guiderà, e duramente, proprio la consapevolezza insopportabile del dolore che patiscono. La compassione è la nostra prima comunicazione con il mondo degli animali, il nostro primo linguaggio. Del resto è sempre così: anche nella nostra storia umana, la nostra parola è sorta dal dolore; si parla per elaborare l'angoscia originaria. E la "com-passione" degli animali ci darà parole nuove. Il loro dolore può renderci più umani: per esempio riscoprendo la coscienza tragica dell'esistenza. Vivere comporta inevitabilmente patire e produrre violenza. Ricordiamo l'Ignoto di Spoon River che negli inferi avrebbe voluto incontrare il falcone che in vita ha ferito e raccolto in gabbia: "Ogni giorno io cerco nei regni dell'Ade/ l'anima del falcone/ per potergli offrire l'amicizia/ di uno che la vita ha ferito e messo in gabbia". C'è in questa consapevolezza della comune soggezione, dell'uomo e dell'animale, a un destino di sofferenza, quasi come una lieve consolazione che ci giustifica. "Quando ucciderete un animale, ditegli in cuore: rDal medesimo potere che ti abbatte io pure sarò ucciso e consunto, poi che la legge che ti consegnò nelle mie mani, consegnerà me in mani più potenti". Così Gibran Khalil, il profeta, ci ha insegnato del Mangiare. E non si tratta solo di sublimazioni poetiche: ricordo che quando mi trovavo in Senegal, quegli amici che più di noi vivono a contatto con la Vita universale, per naturale intuizione e secondo una cultura lungamente radicata nel popolo, proprio così avevano imparato a trattare gli animali. Temono lo spirito degli animali uccisi, ma non quando hanno ucciso per necessità. Nella loro più semplice autenticità hanno sempre avuto più rispetto di noi per gli animali e anche meno problemi; naturalità di un popolo: a volte le nostre complicazioni etiche rivelano soltanto la nostra cattiva coscienza. Impareremo, ma mettiamo pure in conto tempi lunghi (e gli inevitabili errori). E' già qualcosa comunque che in questo cammino di civiltà anche in Italia si siano adottate recentemente le norme della CEE sulla vivisezione. Eppure non ci si può limitare a legiferare su questi errori e nemmeno a provar pena per il dolore di ogni vivente. E' una coscienza più ampia del nostro rapporto con gli animali che dovremmo scoprire: non è solo la loro morte che ci interroga; è la loro vita. Sappiamo "stare" con loro? Non dovremmo forse tentare anche una difficile uscita culturale dal nostro antropocentrismo? Senza cadere, possibilmente, in un reincanto del mondo, secondo la moda culturale nordamericana. Certo però che la domanda c'è ed è giusta: come possiamo stare con gli animali? E le risposte sono molte. Accoglienza dell'Altro diverso da noi. O invece scoperta dell'unità della Vita più radicale ancora della diversità delle sue forme. Oppure ancora coscienza religiosa di tutto il Creato. Uscire dall'antropocentrismo può essere una benedizione; amplificazione e ricchezza; purificazione dell'istinto del dominio e della violenza. Non è forse significativo che la buona novella cominci proprio raccontando di un Uomo nuovo che "stava con le fiere e gli angeli lo servivano"? Il ritorno della pace originaria. Ma dovremmo scendere dalla nostra presuntuosa arroganza di considerarci il centro e imparare dal nostro incontro col mondo degli animali a pensare al tutto: "Il libero animale/ ...dove noi abbiamo futuro lui invece vede il tutto,/ e in quel tutto se stesso e salvo sempre" (Rilke) Vidi alcuni anni fa a Nfmes i manifesti della corrida e la gente a far la coda al botteghino dell'arena. L'idea di mettermi in fìla non mi sfiorò neppure, ma osservai per qualche minuto i manifesti: il profilo elegante e policromo del torero dritto e sicuro di fronte a un enorme muso di toro inferocito e incombente, demonizzato come le facce dei giapponesi nei films americani sulla guerra nel Pacifico. Pensai solo: il toro ha ragione, lo costringono ad avere ragione lui. Perché lui non è, come la liturgia vorrebbe, la morte; lui è la vita uccisa in un artificiale, prefabbricato e tutto umano meccanismo di morte. Che un uomo muoia nella corrida è soltanto stupido; che ci muoia il toro è per me una insopportabile iniquità. Niente e così sia. i figli di Milziade Una sera di questa estate, ai primi di luglio, con amici pittori, in trattoria. Quando si viene a parlare di terzo mondo, delle colpe e dei pregiudizi degli europei, della immigrazione al nord degli "extracomunitari" (stolta e ipocrita parola), dice un mio vecchio amico pittore: "lo sono figlio di Milziade. Quando anche "loro" avranno avuto un Milziade potranno pretendere quello che vogliono". Disse più o meno così. Milziade, si sa, è il vincitore di Maratona contro i persiani di Dario. Nell'anno 490 avanti Cristo. Che cosa da allora abbiano fatto in giro per Sergio Sala il mondo i figli di Milziade, prima greco-latini, poi cristiano-europei, e infine più estensivamente bianco-occidentali, l'intero mondo vecchio e nuovo è lì a portarne i segni. Diciamo solo che per ogni Socrate, o Lucrezio, o Leopardi, i figli di Milziade hanno prodotto ogni volta almeno dieci Cesare, o Cortez, o Mussolini, o Bush. Ha quindi torto l'Africa, che quando è stata saccheggiata e colonizzata dai figli di Milziade, non ha saputo produrre il suo Milziade per ricacciarli indietro. Oggi forse non dovrebbe chiedere l'elemosina dalla mano dei suoi stessi stupratori. E il mio vecchio amico pittore non avrebbe di che delirare. Infine: non lo so; ma perché ho messo insieme la corrida e i figli di Milziade? Quale filo profondo li collega? Andrea Brigliadori HANNO C'O11ABORA TO: Rosanna Ambrogetti, Giorgio Bacchin, Katia Baffioni, Patrizia Betti, Roberto Borroni, Andrea Brigliadori, Libero Casamurata, Fausto Fabbri, Daniela Filippelli, Rodolfo Ga-leotti, Liana Gavelli, Diano Leoni, Marzio Malpezzi, Wilma Malucelli, Silvana Massetti, Orlanda Matteucci, Alice Melandri, Franco Melandri, Stefania Navacchia, Carlo Poletti, Roberto Poni. Linda Prati, Vero Ravaioli, Piero Rinaldi, Rocco Ronchi. SergioSala, Gianni Saporetti. Elisabetta Saviotti, Fabio Strada.GiovanniTassani,MassimoTesei,I van Zattini. Progetto grafico: "Casa Walden". Fotoliti DTP: SCRIBA

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