Una città - anno II - n. 11 - marzo 1992

intervista a Hasim Seforovic, zingaro, con Marco Panzeffi e Pasquale Agostini della Giovanni XXIII e Rosella Neri, maestra elementare Nel vecchio convento di Fornò, ora rimesso a nuovo, c'è uno dei centri della cooperativa di solidarietà sociale Paolo Babini. In questo centro operano anche alcuni volontari dell'Associazione "Giovanni XXUI" (quella di Don Oreste Benzi di Rimini, per intenderci). Ed è qui che ci siamo incontrati con Hasim Seferovic, il capo di un gruppo di zingari che è stato al centro delle cronache forlivesi di questi ultimi mesi. A consentire questo incontro e ad aiutarci nell'inquadrate la situazione sono stati Marco Panzetti e Pasquale Agostini, entrambi della "Giovanni XXIII", e la signora Rosella Neri, maestra della scuola elementare De Amicis. Hasim è apparso subito cordiale e disponibile e così l' abbiamo sottoposto ad un vero e proprio bombardamento di domande. Ma, ahinoi, più di ogni teoria sulla non integrazione degli zingari vale la lingua parlata di Hasim. Dopo 22 anni di permanenza in Italia i verbi "avere" ed "essere" sono utilizzati regolarmente uno al posto dell'altro, sempre e solo nella prima persona singolare ed in ogni frase sono più le parole "smontate e rimontate" che non quelle corrette. Eppure non si può dire che non si faccia capire. Anzi, dopo pochi minuti la comprensione è totale e ti sembra normale che si possa parlare in italiano anche in quel modo. E' evidente, che in 22 anni, Hasim non ha avuto molte opportunità di scambiare quattro chiacchiere nella nostra lingua. Purtroppo non è davvero possibile riportare alla lettera la sua intervista. Quella che segue è una traduzione che nelle nostre intenzioni rispetta la fedeltà del racconto e le possibilità di comprensione del lettore. "Sono nato 44 anni fa in un villaggio musulmano della Bosnia, in Yugoslavia. Sono andato a scuola qualche anno, poi ho sempre lavorato con mio padre e mio nonno. Siamo generazioni di calderai, costruiamo e aggiustiamo pentole e tegami. A 14anni mi sono sposato. mia moglie ne aveva 13. L'ho scelta io, però per sposarsi ci vuole L-------- ,,.,,,.,,) ,,,-;,',,,-✓-.,,,. , . : , k:.·~ ; , l'autorizzazione delle due famiglie. Mio padre è stato subito d'accordo e allora ha preso due bottiglie di grappa ed è andato a casa della famiglia di lei a brindare. Loro hanno accettato e noi ci siamo sposati. Mio padre ha dovuto pagare anche 4 milioni di dinari (7800 mila lire), perché da noi la moglie si paga. Quando avevo 20 anni ho deciso di venire in Italia. Sono stato dappertutto. I miei figli sono nati in Italia e uno ha fatto anche il servizio militare. Con me adesso ci sono due figli piccoli e tre grandi già sposati. Ma in tutto ne ho 14. Gli altri sono un po' dappertutto ... Qui a Forlì siamo in 30: la mia famiglia e quella dei miei tre figli sposati. Viviamo nelle roulottes, ma non siamo nomadi. Noi siamo zingari, che vuol dire uomini liberi. Sono gli altri che ci fanno diventare nomadi mandandoci via e costringendoci a stare un giorno qua e uno là. I NOSTRI FIGLI E QUELLI DEGLI ALTRI Non so chi ci fosse all'altro capo del filo. Quello che è certo è che la mia collega "raccomandava" la propria figlia a qualcuno. "Una spintarella, mica chissà che cosa... ", mi ha detto. Una spintarella per un posto di lavoro di quelli sicuri. Ifigli son figli. Halifa è sposato, ma non ha figli. Ha lasciato subito il Senegal per cercar fortuna inItalia. Lafortuna è unposto di lavoro qualunque, di quelli dove il padrone ti chiede di fermarti un'ora in più per finire un lavoretto o dicominciare un'ora prima per preparare i pezzi per gli altri operai. Però è un lavoro e può permetterti, un domani, quelle due camere dove riunire la famiglia e avere finalmente dei figli. Lontano dalla fame e dalla miseria. I figli sono figli, anche per Ha/ifa. Hasim di figli ne ha 14. Son sparsi un po' dappertutto "perchè 14 sono troppi da seguire ... ". Ma i più piccoli, che vivono ancora con lui, vanno a scuola tutti i giorni. Lavati e ben vestiti. Anche quando, cacciati da Forlì, questi Rom trovarono un posto a Porto Garibaldi. Tutti i giorni avanti e indietro da P. Garibaldi a Forlì perchè i.figli, e i.figli dei figli, potessero frequentare una scuola in cui essere accettati. I figli sono figli, anche per Hasim. Son solo tre piccoli aneddoti, che non esauriscono certo nessuno dei problemi che toccano. Però tre casi non unici, anzi in qualche modo rappresentativi. Su cui ragionare un attimo in un momento in cui, soprattutto fra i giovani, coloro che hanno bisogno di un nemico stanno crescendo di giorno in giorno. M.T. Certo ci piacerebbe avere una casa, ma chi ce la dà? Allora viviamo nelle carovane. In alcune città ci sono posti attrezzati, con l'acqua e i gabinetti; in altre non c'è niente e la vita è dura. Io continuo a fare il calderaio e porto la mia roba al mercato. I miei figli hanno lavorato come manovali, ma poi ci hanno mandato via e loro hanno perso il lavoro. Lo so che la gente ha paura e pensa male di noi. Ma noi non siamo tutti uguali. In Italia non ho mai chiesto l'elemosina di un briciolo di pane e non ho nemmeno rubato. Nessuno del mio gruppo deve chiedere la carità o andare a rubare. La mia fedina penale è pulita, ho pagato anche tutte le multe perché non voglio essere espulso. L'altro giorno ho picchiato due ragazze della famiglia perché volevano un orecchino e allora sono andate a chiedere l'elemosina ... Io non voglio che chiedano I' elemosina. Finché non moriamo di fame ... La gente non deve credere che gli zingari siano tutti uguali. Ci sono quelli che rubano, quelli che chiedono la carità e quelli che lavorano. In fabbrica? No, in fabbrica non ci vado. Sono un calderaio, come mio padre e mio nonno, perché devo andare in fabbrica? Devo vivere col mio mestiere. Essere libero per me vuol dire questo e vuol dire avere un posto dove potermi fermare senza che all'improvviso ti mandino via anche se non hai fatto niente. Quando in dicembre ci hanno mandato via da Forlì abbiamo trovato un posto a Porto Garibaldi. Tutte le mattine, un po' io, un po' mio genero e i miei figli grandi portavamo i piccoli a scuola a Forlì. Tutte le mattine. Loro stanno bene in quella scuola, dobbiamo ringraziare le maestre e i bambini. E poi dobbiamo ringraziare Marco e Pasquale perché fin dall'inizio si sono preoccupati per noi e ci hanno aiutato moltissimo. Anche adesso. Loro vengono da noi oppure io gli telefono. Però se tu vieni devo esserci anch'io. Io sono il capo della famiglia. Tu vieni e chiedi se c'è il capo. Mia moglie e i bambini ti risponderanno e basta. Oc' è o non c'è, non puoi aspettarti altro, perché è con me che devi parlare. Noi non vogliamo dare disturbo a nessuno. Vogliamo stare in regola. L'altra settimana sono andato a Bologna, dove c'è un mio figlio. Nell'accampamento c'era molta sporcizia, allora sono andato dal capo e gli ho detto: "perché state in questa sporcizia? Ci vuole poco per pulire. In un pomeriggio tutti raccolgono la roba, la buttano via,.e il posto è più bello e non succede casino". Ma lui non ha detto niente, credo che non gli interessi ... Purtroppo dopo la gente ha paura e non vuole vedere nessuno zingaro. Adesso staremo a Forlì fino alla fine della scuola. Noi vorremmo starci anche dopo, ma chi lo sa? Basta poco perché ci mandino via, anche se non abbiamo colpa di niente, perché per la gente gli zingari sono tutti uguali. I VOLONfARI "Allora, Marco e Pasquale, vi siete messi in un bel problema. Da una parte voi fate, dall'altra c'è chi ha poca pazienza ... e disfa!". "Ti riferisci alle proteste degli artigiani di Villanova? mah, lì si sono lamentati non per dei problemi precisi o perché sia successo qualcosa in particolare, anzi si salutano anche, ma evidentemente queste carovane sono un elemento che cozza un po' con l'estetica della zona, che danneggia l'immagine ... Noi non vogliamo fare del populismo a tutti i costi, dire che è tutto bello, però se vogliamo che loro rispettino certe regole dobbiamo imparare a portagli un po' di rispetto. Noi abbiamo chiesto ali' Amministrazione Comunale di farsi carico non del problema dei nomadi in generale, ma di queste quattro famiglie, una trentina di persone, permettendo loro di avere un campo stabile, decente, minimamente attrezzato. Se vogliamo verificare le loro presunte buone intenzioni dobbiamo permettere che si stabiliscano in un posto. Ci sono un sacco di bambini che devono andare a scuola. Del resto glielo abbiamo detto fin dall'inizio: il piazzale deve essere sempre pulito, i bambini non devono andare in giro nudi, niente elemosina, anche se questo è un fatto culturale, un mestiere. Ed è ovvio che meno si integrano, meno troCQ vano dei lavori, più vengono cacciati da un posto all'altro e più l'elemosina diventa l'unica risorsa. In più, a volte, pagano per quello che fanno altri. Nei giorni di mercato arrivano zingari da Rimini, da Bologna. Certo il problema c'è. A settembre, quando questo gruppo è arrivato da Faenza, I' Amministrazione Comunale ha installato due box di cemento armato con due WC e due docce ali' aperto! E quattro lavandini. Quella era l'area attrezzata di Villa Selva! Poi sono arrivati altri zingari, Sinti, cioè di origine italiana. Fra i Rom e i Sinti non corre buon sangue. Qualcosa deve essere successo. Sono stati danneggiati i bagni ed è scattata l'espulsione per tutti. I Rom sono allora andati in via Copernico, senza luce, acqua, gas. Siamo riusciti a farli stare lì fino al 23 dicembre. Ma quella è un'area destinataa uso giostre e il Sindaco ci ha avvisato che non potevano stare lì. Nel nuovo piano regolatore c'è un'area destinata a campo nomadi come auspica (o impone?) la legge regionale che stanzia anche dei finanziamenti specifici. Noi non abbiamo mai detto: risolviamo il problema degli zingari. Però prendiamo in considerazione questi, i bambini vanno a scuola, loro promettono di rispettare sia le norme igieniche che le leggi, mettiamoli alla LA MAISfRA za dovere ritagliare dei minuti dalle normali attività. Così, invece, si va avanti un po' alla giornata, cercando di adattarsi alle potenzialità dei bambini e di capire cosa maggiormente può servire a loro. I bambini che sono inseriti adesso alla De Amicis sono sei: due in prima e altri quattro distribuiti in tre terze, anche se come età sono più grandi. I genitori sono venuti ai primi di ottobre a chiedere di poterli mandare a scuola. L'italiano lo parlano così così, ma a livello pratico sono più svegli dei nostri. In generale sono inseriti molto bene. All'inizio stavano in disparte, guardavano cosa facevano gli altri, mentre adesso la situazione è tranquilla. Partecipano alle varie attività, parlano con i compagni: e sappiamo che dagli altri bambini si impara molto. E poi, grazie ai giochi insieme e alle partite di pallone, cominciano a nascere anche delle amicizie. Il comportamento degli altri bambini è tranquillissimo: così come non ci sono stati problemi quando i piccoli zingari hanno iniziato a frequentare, nessuno ha fatto storie quando sono tornati, a metà gennaio. Certamente dipende anche dall'atteggiamento sereno della famiglia. Sarà forse perché l'ambiente della De Amicis è molto eterogeneo, con bambini provenienti da varie zone di Forlì e di estrazioni sociali diverse. E poi alla De Amicis c'è una cultura, una tradizione di accettazione del diverso: forse ora si cominciano a raccogliere i primi frutti di una campagna di integrazione iniziata circa dieci anni fa quando dalla scuola speciale Dal Pozzo (annessa alla de Amicis), dove anch'io insegnavo, parecchi ragazzi, alcuni con handicap anche piuttosto gravi, sono stati inseriti nelle classi normali. Anche prova, aiutiamoli, dandogli delle possibilità, poi vedremo. Se fanno casino li manderemo via ... E così abbiamo cominciato a frequentarli tutti i giorni cercando di risolvere i vari problemi. Abbiamo contattato la scuola, abbiamo procurato alcuni volontari per il pomeriggio e poi tutti i problemi che uno da fuori nemmeno si immagina: sequestro dei camioncini, multe per i motivi più vari, tutti i permessi, i visti, i nulla osta, le vaccinazioni, poi le pratiche con la Prefettura. Praticamente, i mesi di novembre e dicembre sono serviti per sistemare queste cose. Abbiamo continuato ad occuparci di loro anche quando sono stati mandati via. Siamo andati a trovarli vicino a Ferrara, dove vivevano in condizioni davvero spaventose, sull'argine di un fiume col fango fino al ginocchio, con un freddo terribile. Ci siamo resi contochedi fronte al discorso "zingari" c'è molte volte ignoranza e si verificano situazioni molto ingiuste. Noi siamo coi piedi per terra, non chiediamo mica chissà quali interventi, però nell'area attrezzata dovrà esserci un minimo di servizi, di acqua calda, di docce chiuse, di luce. A Villa Selva avevano la luce, con un contratto regolare con l'ENEL e la bolletta è stata sempre pagata. Se non vogliamo che la gente in giro si lamenti perché vede degli zingaquesta volta non abbiamo dovuto fare proprio niente di particolare per convincere gli altri genitori. Si sono preoccupati solo che i bambini fossero ben puliti e lavati. Ed infatti bisogna dire che sono sempre venuti a scuola puliti e con i vestiti in ordine. Alcuni genitori, poi, si sono dati da fare anche per il materiale scolastico. Come scuola, del resto, l'unica "agevolazione" che abbiamo concesso è stato il servizio mensa col pagamento della retta minima, cosa di cui comunque fruiscono anche famiglie "normali", in base al reddito. Riguardo ai programmi? Da parte degli insegnanti non c'è tanto la preoccupazione di svolgere un programma, quanto di farli partecipare alla vita scolastica facendo loro raggiungere degli obiettivi minimi. Cerchiamo di farli parlare, di insegnare a leggere, almeno per quanto riguarda i documenti, l'anagrafe e poi di insegnare a contare. Certo, c'è pur sempre la preoccupazione del confronto con gli altri bambini, che stanno facendo cose un po' difficili per loro, e non tutto si riesce a sminuzzare in modo da farglielo assimilare, anche se sono bambini molto intelligenti. Ci vorrebbe un insegnamento individualizzato: se si potessero fermare per un periodo lungo, si potrebbero fare dei progetti diversi, visto che in proposito ci sono delle disposizioni ben precise, che consentirebbero addirittura di avere un insegnante distaccato anche al pomeriggio per seguirli, certo senza ghettizzarli isolandoli in un'unica classe, ma anche senri in giro a fare i propri bisogni, occorre dare altre possibilità, altrimenti ... Adesso sono tornati e vorrebbero stabilirsi qui. Hasim è responsabile davanti ali' Amministrazione di quello che può succedere, dell'ordine del campo, della pulizia, e deve comunicare l'arrivo di altri zingari, anche se parenti. Per le visite ci vuole il permesso dei vigili. I bambini vanno a scuola, sono puliti e ben vestiti. Abbiamo preso contatto con gli asili perché ci sono anche bambini più piccoli. Fra l'altro adesso abbiamo nella nostra casa-famiglia una bimba piccolissima, nipote di Hasim, perché è nata pochi giorni prima che li cacciassero via, per cui la mamma l'ha lasciata in ospedale. Dove la metteva, se neppure loro sapevano dove andare, e con E' impegnativo, però stiamo cercando di trovare un percorso che ci permetta di programmare e di consolidare qualcosa in un arco di tempo piuttosto breve. E devo dire che in questo si stanno impegnando non solo gli insegnanti direttamente interessati, ma anche altri colleghi. Ci accorgiamo, ad esempio, che è inutile perdere due ore di tempo per spiegare cos'è un segmento, quando invece possono fare delle operazioni. E comunque loro vengono volentieri, non vogliono stare a casa. E la curiosità degli altri bambini sul loro modo di vivere? Se ne parla? Sì, ne parliamo. E sanno anche che fare il compito a casa, per loro significa farlo nella roulotte, dove lo spazio non è molto perciò capiscono che mentre noi sgridiamo i "nostri" o avvertiamo i genitori se non fanno i compiti o non studiano, con loro abbiamo un atteggiamento diverso. E poi si parla della loro vita: l'altro giorno, ad esempio, Domenico (uno dei bambini del campo) è venuto a scuola col viso tutto dipinto di nero, perché mentre dormiva il suo fratellino più piccolo gliel'ha disegnato col pennarello, e non era riuscito a mandarlo via. Vorrei anche fare una precisazione, che non mi pare insignificante, visto la diffidenza e la paura che un po' tutti abbiamo a proposito degli zingari: da quando questi bambini vengono a scuola, non si è mai verificato che sia venuta a mancare qualcosa ... quel freddo poi? Perché è vero che loro hanno le "carovane", ma si tratta di carovane un po' pietose. Certo non possiamo dire da un giorno all'altro "adesso compriamo le roulottes!" Se si troverà questo benedetto posto stabile si potrà pensare di migliorare un po' anche la situazione "carovane". I passi vanno fatti gradualmente e con attenzione, perché loro poi vogliono essere protagonisti della loro vita, non è che aspettano passivamente qualsiasi tipo di assistenza. E' gente che merita di essere conosciuta un po' meglio, che va messa alla prova e va però anche rispettata accettando il fatto che la loro cultura è diversa dalla nostra". pagina a cura di Massimo Tesei Foto di Cristiano Frasca GAIA ~?/CCM'vtO?W ~~ ~~ 52éu3a

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