Una città - anno II - n. 11 - marzo 1992

QUANDO SAREMO PIU' ADULTI••• intervista a Katia Baffioni, insegnante alle professionali di forli Hai fatto l'esperienza femminista. E' finita male? Difficile dirlo. lo credo che la donna per arrivare a conoscersi avesse bisogno di negare tutto quello che c'era stato prima. Cioè il tipo di rapporto con l'uomo, i ruoli, la situazione che~ra stata un po' delle nostre mamme e nonne. Con quella pazienza di sopportare, con quell'idea che la famiglia la fa la donna, che se incasa la donna sa amministrare bene le cose, da un punto di vista materiale ed affettivo, la famiglia va avanti, che se invece la donna, come si diceva una volta, ha i grilli in testa e magari decide di andare con un altro, o di non far da mangiare, di non essere dentro il suo ruolo, la famiglia va a catafascio. E anche il 68 se aveva posto il problema della grande lotta, della ribellione alla morale borghese, poi non ha mai messo in discussione il rapporto fra le persone e in particolare quello fra i sessi. E quindi vivere un'esperienza di lotta, di libertà da un punto di vista politico e vivere una situazione di frustrazione, di mancanza di dialogo ali' interno della coppia creava un grosso disagio. Una contraddizione che si è ampliata poi nel 75-76 quando è cominciato un discorso, almeno per me, di conoscenza delle donne, di aiuto alle donne, nei consultori autogestiti, di un impegno in un gruppo di donne. Ed è stato molto importante scoprire che altre donne vivevano le stesse situazioni, che altre donne le avevano vissute prima di noi e che per noi che pensavamo di star cambiando il mondo, non era poi cambiato molto. L'errore, comprensibile e all'inizio forse anche utile, può essere stato quello di assumere il ruolo del maschio, di pensare che la parità passasse dalla negazione della femminilità. Ora non trovo positivo negare se stesse, i propri tempi, il proprio corpo, e pensare che l'importante è il ruolo di potere nel lavoro e anche nei rapporti umani, vivendo poi, secondo me, l'esperienza della solitudine e negandosi l'esperienza della maternità e della famiglia che invece abbiamo scoperto essere peculiarità nostre. Quindi ritornando alla domanda iniziale, è andata male? Certo c'è molta più confusione. I nostri genitori avevano dei binari chiari, prefissati. Uscire voleva dire essere emarginati. Ora siamo usciti dal ruolo, almeno però ci conosciamo meglio, ed io so che non voglio essere un maschio. Una volta, però, nella divi• sione netta dei ruoli non veniva anche salvaguardata quella differenza? Questo non vuol dire che prima era meglio. Le donne allora stavano male, più di adesso. Ma anche i maschi non stavano bene, perché erano necessarie una serie di scappatoie. Penso a una società ormai prevalentemente borghese, perché in campagna tutto era più legato al mondo naturale, ai suoi tempi, quindi fisiologicamente più semplice, non c'era confusione mentale. Dopo, il ruolo a cui si è contrapposto il femminismo era quello di un padre padrone, di un marito padrone che sembrava sicuro di tutto, ma non era più così. Perché la sua sicurezza derivava dal fatto di avere alle spalle una donna che non solo gli mandava avanti la casa, quella gestione familiare che pure è indispensabile per vivere, ma anche che lo tranquillizzava, lo rassicurava, ed era punto di riferimento. Ora di questo, qualcosa è rimasto, qualcosa non c'è più, c'è una grande confusione, come un caos. Si spera che dal caos, quando di nuovo si sedimenteranno le parti, nasca qualcosa. Certo nel passato c'era una cristallizzazione della situazione che non consentiva a nessuna delle due parti di essere se stesse. Quindi non è che si stesse meglio. Un problema può esserci con i figli. Forse in una fase della propria vita c'è bisogno di punti di riferimento chiari. Per poterli combattere magari. Il fatto che i nostri genitori ci obbligassero ad andare alla messa tutte le domeniche, è stato un elemento fondamentale per arrivare a dire "lì non ci voglio andare più". Adesso i genitori non portano i figli né alle manifestazioni di sinistra, ma nemmeno alla messa se sono cattolici, e non c'è più nulla a cui contrapporsi o qualcosa da emulare. C'è solo un'assenza generale di tutti. Perché il babbo ha da fare, la mamma lavora, eccetera eccetera. E mi sento di dire che qualunque tipo di educazione, non rigida, ma che faccia capire che i propri genitori sono così, che pensano quella cosa, è positiva. E quando il bambino sarà più grande, o li copierà o li rifiuterà. Nella mia esperienza di insegnante lo vedo. Loro non accettano bene che noi gli diciamo "puoi fare quello che vuoi". E' un gettare la responsabilità su di loro, e loro fan fatica a prendere decisioni, a fare scelte. E non è un caso che molti ragazzi facciano la scelta non tanto di passare il tempo, ma proprio di non vivere, la scelta brutta, pesante della droga, quella che poi ti taglia le gambe. Oppure, adesso, il fenomeno degli skinhead iniziato in sordina negli stadi, che è un combattere per qualcosa. Non avendo nient'altro per cui combattere, si combatte per la squadra del cuore. E siccome sta diventando pressante il problema delle altre razze, quell'aggressività accumulata, dovuta a tanti motivi, ma non ultimo alla mancanza di identità, ali' assenza di problematiche all'interno della famiglia, troverà nel diverso un qualcosa da combattere. In classe ne ho diversi che si riuniscono in bande, hanno ciondoli, distintivi con dei teschi, svastiche, uno ha i capelli rasati. E non è che discutano di politica, non c'è neanche un'ideologia fascista, solo affermazioni elementari, nessun desiderio di comprendere di più, di andare oltre. "Loro sono diversi, ci vengono a portare via il posto, occupano il nostro territorio, non li vogliamo". Basta. Ecerto non c'è nessun rispetto per la persona. E quando ci parli o li fai scrivere viene fuori solo una gran confusione, frasi a slogan, cose sentite dagli adulti e non approfondite. Siamo partiti da una certa crisi dei ruoli, una assenza ... E' la confusione dei ruoli che genera assenza. La madre si è trasfigurata. Educare oggi cosa vuol dire per una madre? Vuol dire che il figlio va a inglese, a pallavolo, a pallanuoto, a palla non so cosa, e tu tornata dal1'ufficio o da scuola corri come una deficiente per portarli di qua e di là. Ma questa non è educazione. Questo è scaricare su altri la responsabilità dell'educazione. E questo è un • éA, • 16 UNA CITTA' problema che ci riguarda da vicino come generazione. Perché noi siamo i classici sbandati, perché abbiamo rifiutato in toto quello che ci era stato offerto in quei ruoli cristallizzati, fissi, abbiamo tentato di rovesciare tutto e non ci siamo riusciti, non possiamo e non vogliamo tornare indietro e però abbiamo scaricato tutto sui figli. Non siamo mai diventati adulti, e scarichiamo sui figli il nostro bisogno genitoriale, devono farci loro da genitori, devono prendere loro le decisioni. Perché poi noi siamo genitori libertari, quelli che non obbligherebbero mai un bambino ad andare a far la comunione. Anch'io l'ho fatto e al limite lo ritengo giusto. Ma come un bambino di 6 anni non può decidere di farla, non può decidere neanche di non farla. E infatti il genitore dice "sospendo il giudizio", si deciderà più avanti, quando saremo più adulti. Ma tutto questo, purtroppo, non succede solo per la religione, ma nella vita quotidiana, sui fatti anche più banali. Compreso il caso limite di rovesciare sui figli anche i problemi della coppia, le incomprensioni, ecc. E non è un caso allora che la scuola sia diventata il punto di riferimento più importante. Ed anche il ragazzo sbandato che non studia, che fa buco, a scuola ci viene volentieri, non per studiare perché non lo fa, ma perché lì vede gli amici, ha il gruppo, c'è qualche insegnante con cui parlare. Il genitore, invece, è quello che dà i soldi. Avevo un alunno, figlio di grandi ricchi, che mi ha detto "signora se sono promosso mio padre mi regala una macchina di formula tre." Non è stato promosso e gliel'ha regalata ugualmente. A parte il fatto che è diseducativo regalare ad uno di sedici anni una macchina così, che era già negativo monetizzare l'impegno ad apprendere, ma poi, quello è stato bocciato e glie!' ha presa lo stesso. "Ma poi signora sa come si fa con i figli, gliela avevo già comprata ...". Sono errori poi che facciamo tutti, ma almeno sarebbe importante accorgersene. Adesso insegno al professionale. Quando facevo supplenze e saltavo da scuola a scuola ho visto delle differenze. Soprattutto fra liceo e professionali. Al liceo i ragazzi sono più abituati ad essere controllati, ad una certa rigidità, perché provengono da classi sociali in cui un po' ci si controlla ancora, non che non ci siano le contraddizioni, ma non si fanno scenate. Un po' com'era una volta, c'è uno strascico dei vecchi tempi. In famiglia non si fa vedere al figlio che si hanno dei problemi, così a scuola. Invece alle scuole tecniche e soprattutto professionali, questa maschera non c'è, i ragazzi vengono da ambienti senza una base culturale vasta, e non nel senso dei libri, nel senso antropologico, se vuoi, di non aver una sensibilità ad approfondire le cose ... Tu li vedi voltarsi verso il compagno e dire a voce alta "ma vai a fare dei ...". Forse al liceo dicono ancora "ma smettila" o mandano un biglietto. Qui è normale dirlo a voce alta. lo non discuto neanche più, gli dico "dove credi di essere" e quello chiede scusa. Ma chiede scusa a me, non perché pensa che quella cosa non andava detta. Oppure sono abituati al linguaggio delle botte e menano di dritto e di rovescio. Perché il CO padre e la madre menano. Per loro è normale. Ed è importante per loro tirare fuori l'aggressività che si accumula. C'è aggressività nel gruppo classe, c'è aggressività verso lo straniero. E i discorsi sono terribili. Sulla pena di morte, sulla tortura. Mi è capitato di ascoltare un discorso che mi ha shoccato. Si parlava di vivisezione, per la cosmesi, eccetera e mi hanno detto intanto che "beh in fondo gli animali non sono viventi" e poi che "si potrebbero usare i carcerati. Li paghiamo e a cosa servono?". Gli ho detto "guarda che già nei lager ragionarono così" e allora ci hanno pensato. Per dire che non sono discorsi politici, non sono collocati, non sono andati al Msi e alla Lega a sentire certi discorsi, gli vengono spontanei. Non c'è nessun valore della vita, e alla fine, te lo confesso, rivaluto il lavoro di tanti cattolici. Faccio fatica coi ciellini, perché sono troppo rigidi, ma almeno c'è un valore della vita. In senso laico non c'è un valore della vita. Non esiste. Non c'è una morale laica che io preferirei. Ma non esiste, non c'è. Spero che parlare con loro serva, certo io i risultati non li vedrò. Anche parlare della guerra non è sconvolgente. Sono abituati a sentire che hanno ammazzato tanta gente, che sono morti di là che sono morti di qua, che è stata gettata una bomba e che la mafia ha ammazzato quello e che il bambino è stato rapito. Non è questo che fa notizia. Fa molto più scalpore l'idolo che li ha traditi. Maradona. La cosa li ha sconvolti letteralmente. Perché un idolo, un dio che va a puttane e prende la droga non si dà, perché è un essere perfetto. E io ho visto un filmato di Maradona ed ero con mio figlio e sono stata contenta perché anche lui ha detto "che era il minimo" che poteva fare dopo un'infanzia simile ... Poi per altri aspetti ho la sensazione che si tomi pari pari come prima. Per esempio il discorso della verginità. Frasi come "c'è la ragazza poco seria e la ragazza seria", "io voglio andare con tutte, però quando mi sposo deve essere vergine". Oppure adesso che dovrebbero sapere tutto sul sesso visto che c'è stata la rivoluzione sessuale, ti dicono che in casa non si può parlare di sesso. Che ne parlano con i compagni come abbiamo fatto noi. Come fu per me. Quando chiesi a mia madre mi disse "non ne fare una tragedia, non è nulla di eccezionale", "dico, ho capito, ma in concreto che cos'è?". E così imparai qualcosa dai racconti dei ragazzini di allora, nel bene e nel male. Fra l'altro alle medie ora hanno tolto da scienze il corpo umano, quindi non sanno nulla, non sanno cosa sono le mestruazioni, ho dato un tema sull'adolescenza e mi hanno chiesto se l'adolescenza era l'infanzia, ho tirato fuori le polluzioni notturne e sono diventati rossi e viola. E poi usano quel linguaggio? Certo, ma spesso dicono le cose senza sapere cosa vuol dire, e comunque lo vivono male, come cose brutte. In questa confusione di ruoli è più in crisi la madre o il padre? Credo il padre. Perché il padre era una figura un po' da uomo nero, che la madre tirava fuori quando la sua autorità non bastava. "Stai attento perché lo dico al babbo". Allora a quel punto tac. Perché anche allora questa figura non era presente, ma essendo quella che portava a casa i soldi, quella di cui la stessa madre aveva un timore che poi tutti recepivano, incuteva un timore reverenziale. Inoltre il padre era quello che, ali' occorrenza, doveva picchiare. La madre dava scapaccioni anche tutti i giorni, ma non contavano. Bastava uno schiaffo dal padre ed era una tragedia. Cos'è cambiato? Non l'assenza, ma l'autorevolezza di questa assenza. E però il padre è richiesto. Ma alla fine la cosa si è tradotta nella richiesta di prestazioni materiali, tipo portar giù l'immondizia. Una cosa che una volta qui in Romagna avrebbe sputtanato un uomo per sempre, e neanche la donna l'avrebbe voluto perché era anche un fatto di onore per la donna avere un marito di un certo tipo. Ora invece che la donna dice dell'uomo che è un imbecille, che non sa far niente, che se non ha dietro qualcuno che gli dice cosa fare non è capace di farlo, è chiaro che il messaggio che dà ai figli è che non si può credere a nessuno, che nessuno è autorevole. Se poi scomodiamo la psicologia, nel caso di dominanza femminile, nel caso di figli maschi, diventa un problema serio. Perché loro hanno assolutamente bisogno di una figura maschile in cui identificarsi. Un quadro fosco. D'accordo, assenza dei genitori. Ma un genitore che fingesse l'autorità funzionerebbe? No, certo. Sai cosa mi dice mio figlio? "Non sei credibile". Fra l'altro, involontariamente o meno, gli ho fornito gli strumenti intellettuali, il linguaggio per smontarmi. Il problema però non cambia. Gli hai fornito degli strumenti, ma poi? E' come un bambino che non ha ancora le ossa dure, le deve costruire. Se tu gli dici "guarda puoi allungare il braccio di destra o, però, se vuoi, quello di sinistra, puoi crescere la gamba destra di tre centimetri, ma se non ti va puoi crescere di due". E lui "ma allora cosa devo fare, cresco di due o di tre? Se non me lo dice qualcuno come faccio a saperlo?". Noi ci comportiamo così. Se tu mi chiedi qual'è la soluzione io non lo so. Credo che da sempre sia stato difficile fare i genitori. Io non solo non rinnego nulla del 68, ma in quel momento credo sia stato formativo contrapporsi q una cultura cattolica, rigida, con le femmine chiuse in casa la domenica. Io non potevo andare a un cinema la domenica pomeriggio, era assurdo. Però adesso le ragazzine di 15 anni vanno al Bui Bui, fanno l'autostop alle due o tre di notte. E poi ce la si prende con la discoteca che dovrebbe chiudere prima. Forse dovrebbero essere i genitori a non abbandonare una ragazzina di 13 anni a fare l'autostop o a lasciare che salga con un ragazzo di 22 anni, che ha bevuto, è suonato, è stanco per la musica, e poi vuol fare il ganzo, far vedere che va veloce, e alla fine va a sbattere. Credo che ci sia una delega. Credo ci fosse anche una volta, ma una volta si delegava alla tradizione, alle norme. E' uso andar a messa alla domenica alle I I, è uso sedersi a tavola alla stessa ora, ecc. Adesso, quando mai? Epoteva avere comunque un senso. Che so, il momento del cibo che conservava un certo senso di sacralità, si fa assieme. Adesso loro mangiano dappertutto. Allora credo che sia fondamentale che certe norme vengano salvaguardate. Per il 68 ogni "norma" era repressiva ... Inibiva le pulsioni, l'uomo era buono e sempre represso dall'esterno. Un beli' abbaglio ... E non è un caso che molti che hanno fatto quel!' esperienza, molte donne e anche molti uomini, siano finiti dallo psicoanalista. Alla fine molti di noi, che avevamo buttato a mare tutte le regole, che avevamo fatto la liberazione sessuale, che vedevamo un mondo tutto variegato, colorato, in cui si poteva scegliere tutto liberamente, eccetera, sono finiti a cercarsi una guida, psicologica o religiosa. Guarda, quando avete fatto quella serata col bramino, col rabbino ... sì col rabbino, ma anche quella col bramino organizzata da Gigi, chi c'era? Gente di sinistra. E solo qualche anno fa sarebbe stato impensabile andare a serate come quelle. Dimmi la verità. Entrando abbiamo scherzato sulla canzone della Mia Martini, gli uomini che non cambiano ... Ma probabilmente neanche le donne cambiano. Non cambiano le persone. Ci sono solo delle prese di coscienza di come si è. E siccome si è più cose si può anche mettere a frutto questa conoscenza e scegliere come essere in un certo momento. Questo non vuol dire poi che non ti ripeti. Ma io non sono cambiata. Sono cosciente di certi meccanismi che si mettono in moto in me, di una certa educazione che mi ha condizionata, eccetera. E forse gli uomini devono farlo ancora questo percorso. Forse, non dico che sia così. Forse essere attaccati ha portato gli uomini ad arroccarsi. O altrimenti cercano di essere come vuole l'altro, ma anche questo non è un lavoro su di sé. L'unica soluzione è che nella coscienza di se stessi e nelle rispettiva diversità si possa trovare una convivenza. lo sono io, pregi, peculiarità e difeJti del mio sesso, così tu, vediamo se riusciamo ad accettarci. lo non voglio fare il maschio e non voglio che tu faccia la femmina. Ed è molto difficile, non è che ci stiamo riuscendo. Per ora spesso, capita che o mi adeguo al vecchio ruolo, facendo tutto quello che vuoi tu, oppure divento il tuo alter ego come maschio, se vai fuori tu allora anch'io, se ti fai delle storie, allora anch'io, se fai politica allora io mi faccio un gruppo ... Forse, però, avendo sofferto "fra virgolette" di più, le donne si sono messe in discussione più profondamente. Non che gli uomini non soffrano, ma nel contesto socio-antropologico che dicevamo prima ... Ho un alunno di terza che per prendermi in giro dice sempre "ma nell'ambito psicosocio della psicomotricità ..." Simpaticissimo ... a cura di Fausto Fabbri e Gianni Saporetti

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