Quaderni Piacentini - Nuova Serie - n. 12 1984

LA SINISTRA FREUDIANA E LA RIVOLUZIONE CULTURALE Christopher Lasch Tanto la forza della critica del dominio propria della nuova sinistra, quanto la sua intrinseca debolezza si rivelano con particolare evidenza come tali se si pensa al fascino che sulla nuova sinistra sembra esercitare una tradizione intellettuale ostensibilmente ribelle a ogni interpretazione progressista, ma essenziale — come s'è visto — a quella nuova teoria della rivoluzione, la teoria della «rivoluzione culturale», che ossessionò l'immaginazione degli anni '60. Che cosa può aver determinato, allora, quell'improbabile amalgama di psicoanalisi e di pensiero progressista, di Freud e di Marx? Sembra, a prima vista, un notevole caso d'attrazione degli opposti. Freud insiste più sui limiti dell'umanità che sulle sue potenzialità, non crede nel progressosociale e insiste sul fatto che la civiltà nasce dalla repressione. Non c'è molto, nel suo pensiero, che sembra poter interessare riformatori e rivoluzionari, e infatti tutti i freudiani di sinistra hanno avuto i l loro daffare per aggirare, o eliminare quella dimensione tragica, deterministica, del pensiero di Freud, che lo apparenta più adAgostino e a Calvino che a Marx. E allora, perché, per cominciare, la sinistra s'è invischiata nella psicoanalisi? La risposta a questa domanda va probabilmente cercata negli avvenimenti politici degli anni '20 e dei primi anni '30. I l fatto che dal caos della guerra mondiale non si fosse materializzata una rivoluzione socialista, quando tutte le condizioni oggettive, nell'Europa centrale e occidentale, sembravano ideali per una svolta a sinistra, spinse molti a interrogarsi sulle condizioni soggettive che rendono impossibile il progresso politico e sociale. L'avvento del fascismo sembrò fornire una prova in più del fatto che esiste una profonda resistenzapsicologica al cambiamento liberatorio. Fece anche sorgere dei dubbi sull'inevitabilità del progresso storico, e sull'adeguatezza teoretica del marxismo ortodosso, che sul fascismo non seppe dire nulla di più illuminante del fatto che rappresentava l'ultima fase del capitaBiblioteca Gino Bianco

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