Quaderni Piacentini - Nuova Serie - n. 12 1984

107 del dopoguerra torna l'ammirazione accanto alle critiche. Del resto, seWagner nel 1940 diventa, per dirla con Erwin Koppen, un protoHitler, indipendentemente dalla problematicità di questa diffusa genealogia, che qui non ci interessa, ciò sabota definitivamente la sua riduzione a pura espressionedell'Ottocento. Puòessere un precursore di un'esplosione terroristica del mito, ma questaesplosione ha luogo in pieno Novecento. In realtà nel rapporto con Wagner Mann proietta, come sempre, se stesso e i suoi problemi. Questo, che gli è statospesso rimproveratocome se egli non fosse stato il primo a rendersene conto (in Bilse e io), non esclude affatto il conseguimento di una certa formadi obiettività al di là delle molteplici oscillazioni determinate dall'oscillazione dell'io. Nello scorgere nel contrastowagneriano tra i l grande e i l piccolo, già identificato da Nietzsche, una caratteristica dell'Ottocento, egli toccava un punto difficilmente contestabile. Se poicessò di insistervi sopra è perché probabilmente si accorse che la rivoluzione artistica di Wagner, di cui egli non si era mai stancato di sottolineare l'importanza, andava nel bene e nel male al di là di quanto tollerava i l suo senso dell'ordine e che insomma tra i due, sottocerti rispetti, il più ottocentesco era lui. • Biblioteca Gino Bianco

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