Pietro Silva - L'Italia e la guerra del 1866

- 27 - combattimento, ma ve ne erano 6654 da parte degli austriaci; e che anche gii austriaci fossero stati duramente provati, lo dimostra il fatto che il loro capo non osò parlare subito di vittoria, e non si determinò all'jnseguimento. Tutto si pot~va dunque riparare. Custoza si mutò in una disfatta che grava sull'onore italiano, "'er tutto quello che avvenne dopo la battaglia nel campo italiano : una serie di errori e di colpe che appaiono incredibili, e la cui rievocazione anche oggi brucia. Le dolorose vicende di quei giorni hanno dato origine a una serie di pubblicazioni con le quali i vari capi si gettarono l'uno sull'altro la responsabilità dell'inazione. Da queste polemich~ una circostanza balza sicura e incontrovertibile :I 'errore di non aver stabilito l'unità del comando e dell'esercito, di esser~ rimasti in troppi a comandare e con idee troppo diverse. Sul Mincio nei due giorni successivi alla battaglia fu un incrociarsi di ordini e di contrordini e uno scatenarsi di dissidi : il re avrebbe voluto fermarsi e riprendere con le truppe riordinate la marcia in avanti, e intanto non si peritava di esprimere apertamente e in termini vivacissimi la sua sfiducia nel generale La Marmara, il quale nella notte tra il 25 e il 26 era ritornato alla sua idea della ritirata su Cremona e Piacenza, e solo il 27 decise di limitare la· ritirata alla linea d~ll'Oglio, per riprendere poi col Cialdini l'invasione dal Po. Ma intanto il Cialdini, in seguito alle notizie allarmanti e pessimiste giuntegli dal campo di Custoza, aveva deciso di ritirarsi dal Po e di concentrarsi verso Modena e Bologna,- e non si arrestava nemmeno davanti all~ istruzioni di La Marmara, che egli giudicava non come ordini, considerandosi semi-indipendente, ma come espressioni di semplici pareri ai quali rispondeva enunciando l'opinione propria ... E a tutto ciò si aggiunge la crisi nel comando scoppiata il giorno 26, quando di fronte ai dissidi col Re e col Cialdini, La Marmara si accorge che troppi erano a comandare, presenta le sue dimissioni e indica al re come suo successore alla testa dello Stato Maggiore il generale Cialdini. Ma Cialdini si mostra riluttante ad accettare, non ostante l'intervento del Re e del ministro Ricasoli. QueBiblioteca Gmo B1c1nco

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