Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

Caltagirone e Pescasseroli Masaryck come un .filosofo da dozzina, dato che non era un filosofo idea– lista alla tedesca, ma un ritardatario continuatore dell'illuminismo del se– colo XVIII; motivo per cui Croce avrebbe provveduto meglio alla sua coe– renza e dignità se avesse lasciato ad altri l'ufficio di commemorare Masa– ryck. Se io avessi ragionato cosf, potrei avere avuto torto, e potrei avere avuto ragione, ma sarei rimasto nei limiti dei diritti che competono ai citta– dini della "repubblica universale delle lettere." Ma se avessi negato a Croce il diritto di parlare su Masaryck per semplice dato e fatto che come cit– tadino di Pescasseroli Croce non era autorizzato a metter becco negli affari dell'Europa centrale, io avrei avuto torto marcio perché avrei vio– lato la costituzione della "repubblica universale" di cui sopra. Non so se m1 spiego. La costituzione di questa comunità internazionale impone ai suoi fe– deli un obbligo solo: non essere disonesti e non dire spropositi. Chi viene meno al primo obbligo, non è degno di grazia. Chi manca al secondo, merita le circostanze attenuanti, se errò in buona fede, perché la natura umana è soggetta ad errare. Ma nessuno ha il diritto di chiudergli la bocca con una pregiudiziale da parrocchia rurale. lo non mi occupo né dell'India, né della Cina, né di Caltagirone, né di Pescasseroli, perché sento di essere ignorante su quei soggetti come un bastone da pollaio. Per l'Italia è un altro affare. Sebbene non pretenda di essere un gran sapientone, io mi illudo di conoscere qualcosa dei suoi affari perché vissi nei primi diciassette anni della mia vita in Puglia, e vi ritornai poi continuamente tenendomi a contatto con pescatori, contadini e artigiani, e non coi "galantuomini" dei "circoli dei civili" o con preti; inoltre vissi lunghi anni in Toscana, otto anni in Sicilia, due in Romagna, uno in Lombardia, e visitai cogli occhi aperti tutte le altre regioni d'Italia meno la Sardegna, e per giunta ho dedicato piu di mezzo secolo a studiare la storia d'Italia e i problemi della vita italiana contemporanea. In base a questi titoli, senza essere diventato infallibile come Benedetto Croce e come il Papa, ritengo di poter dire sulle questioni italiane qualcosa che merita di esser detto. E infine ho un titolo il quale dà forza a tutti gli altri: un affetto che non è mai venuto meno, anzi è cre– sciuto in questi anni di sventure, per il popolo italiano dal quale provengo. Il giuramento di fedeltà, che prestai nel dicembre 1940 agli Stati Uniti d'America, mi obbligò a ripudiare ogni sudditanza verso "governi e potentati" esteri. Non mi obbligò in nessun modo a cambiare i miei sen– timenti verso il popolo italiano nei limiti beninteso della verità e della giustizia. Esso mi lascia una libertà di pensiero e di azione - nei limiti della verità e della giustizia - assai maggiore di quella di cui gode, puta caso, Don Sturzo. Egli ha un obbligo di obbedienza alle autorità ecclesiastiche, e queste fanno parte di una gerarc~ia internazionale i cui interessi possono trovarsi in contrasto con gli interessi nazionali del popolo a cui egli dovrebbe la sua fedeltà. A Don Sturzo mi sento particolarmente in diritto di ricordare- due 697 BibliotecaGino Bianco

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