Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

L'Italia vista dall'America del regime fascista. Trascrivo qui e riassumo parte della dichiarazione di Parri: ... Non ho motivi personali di rancore contro il regime fascista. Sono fiero di aver servito lo Stato Italiano in pace e in guerra con fedeltà e abnegazione. Non ho mai appartenuto a partiti politici. Non ho alcuna responsabilità per i disordini degli anni immediatamente successivi alla guerra ... Il mio odio del fascismo ha ragioni morali. Respingo nettamente l'intera atmosfera del fascismo. I miei sentimenti sono condivisi da migliaia di altri giovani. Ieri soldati che combattevano per il loro paese, oggi essi sono nemici della retorica e della corruzione che caratterizzano il regime fascista. A questi giovani il fascismo dovrà rendere conto delle ferite da esso inflitte alla nazione. Il regime potrà perseguitarli e disperderli, ma non potrà mai soffocare la loro oppo– sizione ... Noi siamo certi che gli ideali di libertà e di giustizia, mal compresi e soffocati in tempi di servitu, sono imperituri. Nella fede in queste idee noi ci riconosciamo; nel dispregio di queste idee riconosciamo il fascismo. Contro le nostre persone esso ha bastone e manette: contro la nostra fede è impotente. Il fascismo ci condanna come "antinazionali." Ma dopo aver insegnato la storia italiana nelle nostre scuole ed aver servito il mio paese in guerra, io so che l'esempio del Risorgimento e del 1915 ci indica il nostro dovere di oggi. Quando nel novembre del 1926 ogni residua resistenza in Italia fu soppressa, sentii il dovere di fare una protesta che fosse una riaffermazione per l'avvenire di un'Italia migliore. Questa protesta poteva essere resa pubblica soltanto all'estero. L'ono– revole Turati, per l'altezza del suo animo e per la dignità della sua vita, poteva a buon diritto rappresentare, di fronte alla civiltà europea, la condanna dell'ottenebramento italiano e la nostra fede in un'Italia che darà libertà a tutti gli italiani. Visto che la legge fascista ci chiede conto di quel che abbiamo fatto, noi rivendichiamo con orgoglio la nostra responsabilità. Il nostro orgoglio è tanto maggiore oggi che la degradazione e l'ipocrisia della vita pubblica e la viltà delle classi dirigenti esigono un esempio di sacrificio e di fedeltà agli ideali. Oggi l'orizzonte è chiuso, ma abbiamo la certezza dell'avvenire. Signori giudici, il regime fascista condannandoci, ci onorerà. Al processo, Parri e Rosselli passarono risolutamente all'offensiva ac– cusando il governo fascista di aver trattato Turati ingiustamente e illegal– mente, e di averlo costretto ad andare in esilio per salvare la sua dignità e forse anche la sua vita. Alto, magro e pallido, Parri descrisse le condi– zioni infernali di vita nella Milano del novembre 1926. "Se fossi stato in Inghilterra, e cioè in un paese civile," egli disse, "avrei potuto conte– stare legalmente la legittimità della legge fascista. In Italia ciò era impos– sibile. Ma io rifiuto di riconoscere la sua legittimità, e perciò l'ho violato ad occhi aperti, e con piena coscienza di quello che stavo facendo." "Bra– vo," gridò una voce dal pubblico. Era quella del vecchio padre di Parri. Fu poi la volta di Rosselli. Assumendosi la sua piena parte di responsa– bilità per là fuga di Turati, egli disse che mezzo secolo prima uno dei suoi antenati aveva accolto e nascosto Mazzini morente nella sua casa di Pisa. Sicché, quando egli aveva portato in salvo all'estero uno dei migliori italiani, non aveva fatto altro che seguire l'esempio, e quasi il comando, della tradizione della sua famiglia. I giudici furono meravigliati dal coraggio di quei due giovani, ed il pubblico ne fu elettrizzato. Mentre si attendeva la sentenza, l'aula del tribunale, i corridoi, le scale, e tutte le vicinanze erano affollate. La 694 BibliotecaGino Bianco

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