Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

Ferruccio Parri le leggi fasciste, alle persone accusate del "delitto" di complicità in un "espatrio non autorizzato" veniva accordata la libertà provvisoria. Perciò il giudice di Savona ordinò che i due accusati venissero posti in libertà. Ma intervenne la polizia che li inviò al confino all'isola di Ustica in attesa del processo. Le persone condannate al confino erano trasportate in vagoni divisi da un corridoio in due file di celle, una per ciascun prigioniero. Una ca– tena passava attraverso un'apertura nella parete laterale fra una cella e l'al– tra e legava insieme per i polsi tutti i prigionieri, sicché se uno di essi faceva improvvisamente un movimento, tutti gli altri ne risentivano. L'u– nica ventilazione in ogni cella si otteneva attraverso un piccolo pertugio nella porta che dava sul corridoio centrale. Le celle erano freddissime d'inverno ed infuocate d'estate. Ogni sera il treno si fermava in una sta– zione, ed i prigionieri, ammanettati ed incatenati assieme, con i loro fa– gotti sulle spalle, venivano trasportati in carrozzoni tirati da cavalli fino al carcere locale, dove cenavano e trascorrevano la notte. Essi non ricevevano altro cibo. Alcuni uomini viaggiavano in queste condizioni di tortura per due mesi. Cosf Mussolini sperava di minare la loro salute o la loro forza di volontà. Carlo Rosselli ci ha cosf descritto la notte da lui trascorsa insieme a Parri nella prigione di Palermo prima che fossero trasportati al confino nell'isola di Ustica: Vi sono almeno un centinaio di noi nel "pozzo," che è la sezione del carcere di Palermo destinata ai prigionieri di passaggio. Intorno a noi squallore e confusione. Detenuti che si godevano un diversivo dalla vita d'ogni giorno, malviventi tratti fuori dalle loro topaie, prigionieri che avevano scontato la loro pena e però dovevano attendere alcune settimane prima di essere messi in libertà, prigionieri politici come noi... im– possibile dormire. Guardo Parri. Il suo viso magro pallido, incorniciato da una barba di tre settimane, è l'espressione stessa della nobiltà, Parri è la mia seconda coscienza, il mio fratello maggiore. Se la mia prigionia non mi avesse dato altro che la sua melanconica amicizia sarebbe una ricompensa sufficiente. Prima di conoscere Parri, l'eroe di stampo mazziniano mi sembrava una figura astratta e retorica. Ora lo vedo steso accanto a me, col dolore del mondo e con tutta la sua energia spirituale scolpiti nel volto. Nel maggio del 1927 mentre Parri e Rosselli erano confinati a Ustica, Mussolini affermò alla Camera dei Deputati che gli antifascisti condan– nati al domicilio coatto cominciavano a ricredersi, tanto è vero che parecchi di essi gli avevano scritto delle lettere di sottomissione. Quando Parri, Ros– selli, ed un altro uomo di carattere, Riccardo Bauer, lessero nei giornali quel che Mussolini aveva detto, gli scrissero che essi non avevano fatto alcun atto di pentimento o sottomissione e neppure intendevano farlo. Mussolini non lesse certo quella lettera alla Camera dei Deputati. Dopo aver trascorso un mese a Ustica Parri dovette rifare il penoso viaggio di ritorno a Savona. E qui, alla vigilia del processo, sia lui che Rosselli decisero di formulare per iscritto la loro posizione nei riguardi 693 BibliotecaGino Bianco

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