Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

L'Italia vista dall'America poggiò mai la campagna fatta dai nazionalisti, precursori dei fascisti, per la conquista della Dalmazia. Il Risorgimento si era fermato a "Trento e Trieste." Parri rimase fedele a quella tradizione. Non chiedeva di meno, ma nemmeno di piu. La guerra dell'Italia contro gli Imperi Centrali doveva essere l'ultima guerra del Risorgimento che avrebbe completato l'unificazione nazionale. Di solito, in tutti i paesi, gl'insegnanti divengono degli ottimi uffi– ciali. Per la sua intelligenza ed il suo valore Parri fu promosso da tenente a capitano e poi a maggiore. Partecipò a nove offensive. Fu decorato quattro volte per atti di valore, e ricevette pure la Croix de Guerre fran– cese e la Croce per Merito di Guerra. Segui'. con entusiasmo l'opera del Presidente Wilson. Quando Leonida Bissolati dette le dimissioni dal ministero Orlando-Sonnino perché non voleva associarsi alla rivendicazione della Dalmazia, e sfidò apertamente i nazionalisti e Mussolini, Ferruccio Parri fu con lui, mentre Ivanoe Bonomi che era stato amico e seguace di Bissolati, lo tradi'. prendendo il suo posto nel governo. Dopo il suo congedo dall'esercito, Parri lavorò in qualità di redattore al Corriere della Sera fino al novembre 1925, quando il direttore Senatore Albertini fu costretto a lasciare il posto ad un fascista. Parri si rifiutò di lavorare sotto il nuovo direttore, nonostante gli fosse stato offerto un ottimo stipendio. Ma non rimase inerte, e divenne collaboratore clande– stino del quotidiano Corriere degli Italiani, pubblicato sotto la direzione di Giuseppe Donati, da antifascisti i quali si erano rifugiati in Francia. Quasi tutte le corrispondenze dall'Italia pubblicate nel 1926 da quel giornale furono di Parri. Nel novembre 1926 questa collaborazione cessò. Insieme a Carlo Ras– selli Parri stava preparando l'espatrio dall'Italia del capo socialista Filippo Turati, un uomo di 70 anni, malato, costretto a non uscire di casa, e sotto minaccia di essere inviato al confino. Turati riusd a fuggire attra– verso una scala di servizio mentre le guardie poste dinanzi al suo portone chiacchieravano fra di loro. Un conducente di taxi, uno di quegli umili eroi che si contavano a migliaia in Italia, il cui nome purtroppo mi è ignoto, condusse i tre fuggitivi in una casa di campagna che apparteneva ad un amico intimo di Turati. Da Varese, passando da una all'altra per– s_onasenza essere mai traditi, Turati, Rosselli e Parri giunsero nelle vicinanze di Savona. Quivi salirono a bordo di un motoscafo pilotato da un altro umile eroe, Italo Oxilia. Dopo aver portato in salvo Turati, Parri e Rosselli ritornarono in Ita– lia, loro campo di battaglia contro il fascismo, ove intendevano ripren– dere la lotta. Mentre stavano sbarcando sulla costa della Toscana, furono fermati da guardie di finanza. La polizia sospettò che avessero avuto una parte nella fuga di Turati. Essi non negarono di aver commesso "il delitto." Siccome erano caduti in mano al nemico, la migliore tattica era quella di sfidarlo apertamente senza badare alle conseguenze. Secondo 692 BibliotecaGino Bianco

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