Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

Trieste e Trst Jugoslavia ha bisogno di Trieste e dell'Istria." Non è l'Italia né la Jugo– slavia che debbono decidere questa disputa. Sono gl'italiani e gli slavi che si trovano sul posto da secoli. Essi sono i soli proprietari legittimi della loro terra e dei loro destini. Che cosa intende fare Mr. Taylor con quegli uomini e donne che hanno sentimento nazionale italiano anche se hanno "sostrati" slavi? Li sterminerà? Li butterà a mare? Li affame– rà finché, grazie ad un ben manovrato plebiscito, si dichiarino slavi? Li affiderà a Stalin perché li deporti in Siberia? Parli chiaro su questo punto. Mentre aspettiamo la sua risposta, sforziamoci di conservare la no– stra intelligenza, il nostro senso comune e la nostra buona fede. Il senso comune e la buona fede dicono che senza dubbio la popolazione dell'I– stria Orientale . è compattamente slava e quindi dovrebbe andare alla Jugoslavia secondo il suo diritto e la sua volontà. Rimane il problema dell'Istria Occidentale e di Trieste. Questo è un territorio in cui italiani e slavi sono frammischiati indissolubilmente. Gl'italiani sono raccolti tutti nelle città· (secondo lo "Statesman's Year Book," del 1943, Trieste aveva 261.000 abitanti; Pola, 46.000; Monfalcone, 18.000; Pirano, 19.000; Capo– distria, 13.000; Parenzo, 12.000 Dignano, 11.000 Rovigno 10.000). Gli slavi filtrano nelle città ma sono dispersi per la massima parte in pic– coli nuclei su un territorio roccioso e poco abitato. Quale uomo di senso comune e di buona fede può pretendere che gli slavi riescirebbero a controllare la città di Trieste e quelle dell'Istria occidentale, salvo che non sieno distrutte le popolazioni italiane? I tecnici americani che nel 1919, per conto del presidente Wilson, tracciarono la frontiera piu adatta tra l'Italia e la .Jugoslavia, erano ga– lantuomini, non mossi da favore verso gl'italiani. Essi tracciarono una fron– tiera che coincide quasi perfettamente con quella che divide il territorio misto italo-slavo dal territorio slavo. Tennero conto non solo delle cifre morte ma anche delle condizioni sociali. Ritennero che la soluzione me– glio propizia alla pace, purché i dfritti della minoranza nazionale fossero rispettati, era di ammettere l'autorità italiana su quel territorio misto. Allo scrittore di queste pagine sarà forse permesso di ricordare che prima degli studiosi americani egli col compianto Carlo Maranelli era arrivato alla stessa conclusione (C. Maranelli e G. Salvemini: "La questione dell'Adriatico," Roma, La Voce, 1918). Né è fuori di luogo ricordare che nell'autunno del 1914, il primo ministro serbo, Nikolas Pasic, ammise che Trieste e l'Istria dovevano andare all'Italia; che nel marzo 1915, mentre si nego– ziava il Trattato di Londra, Sazonov, il primo ministro russo, protestò energicamente e giustamente contro le pretese italiane su la Dalmazia. La linea Wilson del 1919 potrebbe essere migliorata, secondo il parer mio, in favore degli slavi, tenendo presente il principio che meno numerosi siano gli slavi lasciati con gl'italiani, meglio sarà. Ma nell'insieme, la frontiera Wilson sarebbe la migliore purché i diritti personali e politici della mz'noranza slava fossero rispettati dagli italiani e purché gli slavi rispettas- 657 BibliotecaGino Bianco

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