Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

L'Italia vista dall'America Mr. Taylor dedica una grande parte del suo articolo a raccontarci che durante il secolo decimonono in Europa, col risveglio della coscienza nazionale nelle popolazioni rurali, queste non si lasciarono piu assimilare dalle città di diversa nazionalità. "I convertiti che erano andati perduti al loro popolo incominciarono a riconvertirsi di nuovo." Questo fu il caso di Trieste. Fra il 1880 e il 1910 coloro che in Trieste si dichiararono sloveni aumentarono dal 22 al 33 per cento. Senza dubbio Mr. Taylor possiede qualche fonte segreta d'informazione che non è a mia disposizione. Io ho soltanto a mio servigio le statistiche ufficiali austriache. Ed è ciò che queste dicono: che nel 1880 il 21,79 per cento della popolazione nella città, nei sobborghi e dintorni di Trieste presi insieme era slovena; ma il censimento ufficiale austriaco del 1910 dà 24,8 sloveni (non 33%); ed è da notare che nel 1910 le autorità austriache erano sfavorevoli agli ita- · liani e quasi certamente falsificarono il censimento a loro danno. Dove ha trovato Mr. Taylor che una "inchiesta austriaca del 1915 dimostrò che nella città di Trieste il 12 per cento della popolazione erano sloveni o croati di origine, ma si erano dichiarati italiani nel censimento per ragioni di convenienza o per vanagloria?" Spero che il lettore mi per– metterà di mettere in dubbio l'affermazione di Mr. Taylor salvo che egli non la documenti con qualche prova. Inoltre, domando a qualsiasi uomo di buon senso di decidere che valore possa esser dato a una inchiesta fatta dal Governo austriaco nel 1915, cioè in un momento quando era in guerra con l'Italia e si sforzava di conquistare gli slavi alla propria causa promettendo loro la conquista di rrieste. Mr. Taylor mi ricorda un profes– sore fascista che consigliava Mussolini sul trattamento delle minoranze na– zionali, Ettore Tolomei. Costui passava il tempo a scoprire "sustrati" italiani a .nomi e cognomi e località slave e tedesche. Ribattezzò Sterzing come Vipiteno, Rappersbichl prima Colcorvaro e poi Colle Renon, Francovich come Di Franco, J ancovich come Giacomini, Miroslav come Bruno e Grodzna come Giordana. Questa frenesia non era suo monopolio. Nella vecchia Austria-Ungheria tutti i fanatici nelle lotte nazionali trovavano "sustrati" delle proprie nazionalità nei nomi e cognomi di persone e nelle località appartenenti ad altre nazionalità. I nazionalisti italiani facevano lo stesso con gli slavi e i parroci slavi nei registri battesimali trasforma– ~ano nomi italiani in nomi slavi quando il padre del neonato era analfa– beta e non capiva di quei trucchi. I prussiani per germanizzare i polacchi, fecero meraviglie in tale stupidità criminale. Nessuno dovrebbe violare il diritto che ha un individuo a dare il nome a sé, alla sua famiglia, ai luoghi dove abita e che egli ama. La fedeltà nazionale come quella reli– giosa è una questione di sentimento attuale e non di provenienza. Ognuno deve avere il diritto di scegliere la via· che piu g!i piace per a~ dare al paradiso o all'inferno nell'altro mondo, e per vivere nel purgatorio nazionale di sua scelta in questo mondo. Non vedo perché dovrei cambiare la mia persuasione ora che la coscienza latente nazionale slava viene scoperta 654 BibliotecaGino Bianco

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