Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

L'Italia vista dall'America Gli studiosi americani che nel 1918, per conto del presidente Wilson, tracciarono quella che avrebbe dovuto essere la migliore frontiera tra l'I– talia e la Jugoslavia, non erano mossi da alcun pregiudizio in favore del– l'Italia. Eppure essi tracciarono una linea (vedi cartina) che coincide quasi per– fettamente con quella che divide il territorio misto italo-slavo dal territo– rio slavo. Naturalmente non tennero conto soltanto delle nude cifre, ma anche delle condizioni sociali; essi pensarono che la soluzione piu favore– vole alla pace, purehé fossero rispettati i diritti delle minoranze nazionali, era quella di stabilire un'amministrazione italiana di quel territorio misto. Forse a chi scrive sarà concesso di ricordare che prima che gli studiosi americani elaborassero quella soluzione, egli stesso, in collaborazione con un geografo italiano, era giunto a una identica conclusione 2 con grande scandalo dei fanatici nazionalisti italiani. Né sarebbe fuor di luogo ricor– dare che nell'autunno del 1914 il Primo Ministro serbo Nicola Pasic ammise spontaneamente che Trieste e l'Istria dovevano andare all'Italia; che nel marzo 1915, mentre si stava negoziando il Patto di Londra, il Primo Ministro russo Sazonov protestò energicamente e giustamente contro le pretese italiane sulla Dalmazia, ma non fece alcuna obiezione alle pretese italiane su Trieste e sull'Istria; e che nell'estate del 1917, il Pasic offrf al Ministro degli esteri italiano Sonnino un compromesso, ac– cettando le sue rivendicazioni su Trieste e l'Istria, ma non sulla Dalmazia. E sebbene l'imperatore romano Augusto capirebbe ben poco della babele attuale, forse ci ricorderebbe che egli fissò il confine amministrativo orien– tale d'Italia proprio al fium~ Arsa (vedi cartina). Quando la parte orientale della Venezia Giulia andrà alla J ugosla– via, la città di Fiume (Rijeka) diverrà una piccola "enclave" circondata da territori non soltanto etnicamente ma anche politicamente slavi. Prima del 1914 la città contava 24.000 italiani mescolati a 15.000 slavi. È divisa, da un fossato che a stento merita il nome di fiume, da Susak, che prima del 1914 era abitata da 11.000 slavi e da 1.500 italiani. Se coloro che faranno la pace metteranno da parte l'idea brutale di scacciare gli italiani dalle loro case, ed elaboreranno un sistema conveniente per la protezione dei diritti delle minoranze, in Jugoslavia come altrove, nes– suna persona di buon senso obietterà se Fiume sarà trasferita dalla so– vranità italiana a quella jugoslava. Analogo a quello di Fiume è il caso di- Zara. La linea Wilson del 1919, lievemente ritoccata a favore degli slavi, sarebbe oggi la miglior frontiera, a condizione che i diritti personali e politici delle minoranze slave venissero rispettati dagli italiani, e che gli slavi rispettassero i diritti delle minoranze italiane in Dalmazia, a Fiume e nella parte della Venezia Giulia ad essi assegnata. Sfortunatamente, né gli italiani né gli slavi, né qualsiasi altro popolo europeo, meritano fiducia in queste faccende. La storia di tutti i territori misti d'Europa, eccettuata 2 C. MARANELLI e G. SALVEMINI, La questione dell'Adriatico, Roma, "La Voce" 1920. 596 BibliotecaGino Bianco

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