Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

L'Italia vista dall'America e dietro la bandiera del fascio, questa fu azione politica bella e buona (o secondo il nostro punto di vista brutta e cattiva) e fu comandata dal Papa. Che forse non hanno fatto politica i vescovi e i preti e i frati americani quando con le loro pressioni e minacce hanno obbligato il Go– verno di Washington a negare le armi ai repubblicani spagnuoli nella guer– ra civile col generale Franco? Che forse non fanno politica quando minac– ciano deputati o senatori di sottrarre loro i voti dei cattolici se votano o se ostacolano misure legislative che dispiacciono o piacciono ai vescovi che danno la parola d'ordine ai cattolici? Che forse non fecero politi– ca i cento e piu vescovi e cardinali italiani, che nel 1935 fecero pubbli– che dichiarazioni in favore della politica mussoliniana nella guerra di Etio– pia? Che forse non fece politica l'Azione Cattolica italiana quando esortò ufficialmente i cattolici italiani ad approvare e favorire quella guerra? La ragione per cui l'azione politica della gerarchia cattolica e dei fe– deli che accettano le direzioni della gerarchia cattolica deve essere riguar– data come azione religiosa e non politica, si deve trovare, secondo i tratta– tisti cattolici, nel fatto che quell'azione non è fine a se stessa, ma è un mezzo per raggiungere fini religiosi. È questo un argomento sofistico facile a demolire quando si pensi che, in fondo, ogni azione politica si ispira a certi dati princip1 morali e vuol raggiungere certi dati fini morali. Anche l'azione politica dei par– titi anticlericali si ispira a una concezione morale della vita pubblica. La massoneria italiana si ispirava nella sua azione politica a un ideale religioso anticattolico. Ed Ernesto Nathan, buon'anima, quando funzionava da papa della massoneria, pretendeva anche lui, come il Papa piu vero e mag– giore, che la massoneria non faceva azione politica, ma morale, umani– taria, educativa. Nessuno lo prese mai sul serio. Non è possibile vedere perché si debba attribuire un fondamento piu solido alle pretese analoghe dei trattatisti cattolici. Se i mezzi per raggiungere fini religiosi o morali sono mezzi politici, l'azione attraverso cui quei fini sono raggiunti, è azione po– litica. Certamente, se questo può fargli piacere, il de Corpel può sentenzia– re che un'azione politica diretta a raggiungere fini religiosi cessa di essere azione politica e diventa ;;i.zionereligiosa. Solamente egli dovrebbe ricono– scere che vi sono allora due azioni religiose. C'è un'azione religiosa numero uno che non ha niente di politico, come per esempio quando il cardinale arcivescovo di Boston l'altro giorno esortò le donne a non tingersi le labbra e non scollarsi in giu piu dello stretto necessario. E c'è un'azione religiosa numero due, come quando lo stesso cardinale nello stesso di– scorso esortò i fedeli a rimanere estranei alla guerra che si combatte oggi in Europa. Questa noi chiamiamo azione politica. Il de Corpel la chiami azione religiosa numero due per distinguerla da quell'altra, e non discutere– mo piu almeno su questo punto. Uno degli argomenti capitali, su cui i cattolici fondano la loro affer– mazione che il Papa e la Chiesa non fanno politica anche quando fanno 8 BibliotecaGino Bianco

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